Resuscitare
i fantasmi dei vecchi nemici
è diventata una moda nellEuropa centrale: questi
fenomeni non
devono essere
linizio discreto
di una deriva
funesta per il
nostro Continente.
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LEuropa è un continente particolarmente frammentato
e differenziato. Ma fin dalla notte dei tempi il destino ha voluto
che le sue diverse componenti fossero così strettamente interdipendenti
e legate fra di loro che oggi possiamo considerarle come una sola
entità. Anche il minimo movimento che si registri in qualsiasi
campo dellattività umana ha degli effetti diretti o
indiretti sullinsieme del nostro continente. Ogni volta che
un francese, un olandese, un ceco o un tedesco credono di pensare
esclusivamente ai fatti propri, compiono in realtà degli
atti il cui impatto e significato coinvolgono tutti gli altri Paesi.
La Repubblica Ceca si trova nel cuore stesso dellEuropa, in
unenclave esposta ad ogni forma di violenza. Qui sono nati
o finiti buona parte dei conflitti europei. Noi dellEuropa
centrale abbiamo unesperienza diretta del grado di interdipendenza
che raccorda le diverse componenti dellEuropa in quanto realtà
politica. Ecco perché sentiamo con più forza di altri
la nostra responsabilità nei confronti della storia europea
e comprendiamo con maggiore chiarezza che la costruzione dellEuropa
costituisce unoccasione unica per noi e per tutto il Continente.

Nei momenti cruciali della storia europea la nostra posizione geografica
ha sempre messo sia noi sia i nostri dirigenti di fronte a dilemmi
terribili. Dobbiamo far soffrire il popolo sottoponendolo a un diktat
oppure fargli altrettanto male respingendolo? Dobbiamo optare per
una soluzione cosiddetta pragmatica oppure fare una scelta etica?
Fu questa lalternativa crudele di fronte alla quale il diktat
di Monaco mise il presidente ceco Edvard Benes , nel settembre
del 1938. Egli sapeva benissimo che le condizioni erano state dettate
da un pazzo e che i nostri alleati del tempo le avevano in seguito
ratificate, tradendo non solo i trattati internazionali, ma anche
i loro valori fondanti. Nellinteresse dellonore nazionale
e per salvaguardare la nazione sarebbe stato giusto non piegarsi.
Ma Benes sapeva che questo voleva dire migliaia e migliaia
di morti e un Paese distrutto, senza contare la sconfitta militare,
quasi certa, nelle mani di un avversario infinitamente più
potente.
Negli anni Trenta Benes incarnava le migliori tradizioni del
nostro Continente. Aveva preso parte alla creazione della Società
delle Nazioni, dedicava il suo tempo alla costruzione di rapporti
pacifici tra gli Stati ed era una delle voci autorevoli che metteva
in guardia lEuropa contro il pericolo nazista. Con la lucidità
e la finezza propria degli abitanti dellEuropa centrale capì
in anticipo le atrocità a cui si andava incontro e si adoperò
senza successo per svegliare lOccidente apatico. Sfidando
lopposizione dei nazionalisti cechi e del partito dei tedeschi
dei Sudeti di Henlein, egli aprì le frontiere a migliaia
di rifugiati tedeschi e austriaci che nella seconda metà
degli anni Trenta trovarono in Cecoslovacchia il rifugio più
accogliente dEuropa. Hitler scatenò contro Benes
una propaganda odiosa, con alcuni stereotipi che riaffiorano oggi
come un fiume sotterraneo.
Benes sapeva che la decisione di respingere il diktat di Monaco
avrebbe provocato lopposizione e lincomprensione del
mondo democratico, il quale lavrebbe stigmatizzato come un
nazionalista ceco nemico della pace e un provocatore che sperava
ingenuamente di trascinare le altre nazioni in una guerra rischiosa
e inutile. Decise di capitolare senza combattere, convinto di fare
un gesto più responsabile del capitolare al prezzo di enormi
sacrifici. Malgrado tutto, la guerra ebbe luogo e le perdite umane
e materiali furono enormi. Sia i cechi sia coloro che a Monaco avevano
sperato ingenuamente di salvare la pace dovettero pagare un tributo
altissimo.

Gli accordi di Monaco sono stati un trauma storico che continua
a pesare sul modo di ragionare dei cechi di oggi. Nella sua frustrazione,
Benes decise di impedire ad ogni costo che accordi del genere
potessero essere sottoscritti una seconda volta. La sua famiglia
fu deportata per ordine di Hitler e dallesilio londinese Benes
divenne il simbolo della tradizione democratica e della lotta dei
cechi contro il nazismo, alla stessa stregua di de Gaulle per i
francesi, della regina Wilhelmine per gli olandesi e di Churchill
per il popolo britannico. Ricordo ancora quante speranze erano riposte
su di lui. Agli occhi del Paese Benes era il garante della
libertà, della democrazia, dellindipendenza, delle
prospettive di futuro.
Comè stato possibile che questuomo vecchio e
distrutto si sia arreso senza lottare ai golpisti comunisti nel
1948? E ancora, cosa ha condotto questo sostenitore delle migliori
tradizioni liberali e democratiche europee, odiato sia dai nazisti
sia dai comunisti, a maturare progressivamente lidea che la
pace a lungo termine non poteva essere garantita se non al prezzo
dellespulsione di milioni di tedeschi? Altri uomini politici
del tempo, fra i quali Churchill, Roosevelt e i polacchi Sikorski
e Mikolajczyk erano dello stesso avviso.
Il comportamento di Benes nelle giornate tragiche di Monaco
e nel dopoguerra non cesserà di essere motivo di discussione.
Da parte mia, continuo ad avere un giudizio critico sulle decisioni
che egli prese nei momenti cruciali. Tutte avevano un punto in comune:
il pragmatismo posto al di sopra della soluzione morale.
Ma più che la critica alla capitolazione di fronte al male,
mi interessa lorigine del male, il percorso e i meccanismi
sociali che lo resero tollerabile. È un fenomeno troppo nascosto,
anche se rivelatore della nostra singolare capacità di proiettare
le sconfitte su capri espiatori. Non smettere di criticare le loro
scelte è un modo di lavare la nostra cattiva coscienza. Anziché
seguitare a interrogarmi sulle ragioni che spinsero Benes
ad accettare gli accordi di Monaco e lidea dellespulsione,
voglio pormi unaltra domanda: come ha potuto farlo e perché
non ha incontrato alcuna resistenza? Non voglio assolutamente relativizzare
il peso della decisione e le responsabilità individuali.
Un uomo politico ha il compito di prendere delle decisioni in nome
degli altri e ne porta la responsabilità davanti ai propri
concittadini, nonché al tribunale della storia.
Sottolineo soltanto che, se vuole essere equo, questo tribunale
non deve scaricare lintera responsabilità su un solo
individuo. Gli uomini politici dellEuropa, i giornalisti e
le figure pubbliche in genere dovrebbero capire che sono responsabili
e delle proprie azioni e della propria passività, specialmente
quando soccombono alla tentazione di permettere che il genio malefico
del nazionalismo esca dalla lampada o ne ignorano le conseguenze.
Resuscitare i fantasmi dei vecchi nemici è diventata
ahimè una moda nellEuropa centrale. Non dobbiamo
permettere che questi fenomeni siano linizio discreto di una
deriva funesta per il nostro Continente. Sono certo che i tempi
in cui un uomo politico europeo come Edvard Benes fu chiamato
ad affrontare dei dilemmi terribili sono lontani. Ma credo che la
storia del Benes uomo e statista sia una lezione per il futuro,
oltre che una grande tragedia dellepoca contemporanea. Ogni
tragedia è una sfida per lumanità. La lettura
che ne facciamo e le conclusioni che traiamo dipendono prima di
tutto dalla nostra coscienza.
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