Settembre 2005

Sull’esperienza dell’Uem

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L’Africa adotta
un simil-euro
M. B.  
 
 

 

 

 

 

La nascita
di un’unione
monetaria dovrà superare non pochi ostacoli
economici,
finanziari
e politici in una
regione del mondo che deve fare i conti con enormi problemi sociali.

 

In Italia qualche forza politica lo contesta, mentre l’euro sta avendo un certo successo, imponendosi non soltanto sui mercati valutari e nelle riserve ufficiali. Nell’Africa meridionale l’obiettivo di una moneta unica africana – sulla falsariga della valuta europea – è ormai in calendario: dovrebbe nascere fra poco più di un decennio, intorno al 2016, come afferma il Governatore sudafricano, Mboweni. L’idea – sostiene – è che intorno a quella data vi sia nella regione un’unione monetaria e quindi un’unica moneta. Non è dato sapere quale sarà la valuta: la questione sarà oggetto di negoziati. Sta di fatto che questa idea è presa in considerazione in molte regioni del mondo, perché ritenuta uno strumento per rafforzare la stabilità finanziaria ed economica di una data area geografica.
In una recente intervista rilasciata ad un quotidiano sudafricano Mboweni ha specificato che l’iniziativa riguarda i quattordici Paesi che fanno parte della Southern African Development Community, un’organizzazione fondata nel 1992 (Angola, Botswana, Repubblica democratica del Congo, Lesotho, Malawi, Isole Mauritius, Mozambico, Namibia, Seychelles, Sud Africa, Swaziland, Tanzania, Zambia e Zimbabwe).

La tabella di marcia prevede l’abolizione di barriere entro il 2008, la creazione di un’unione doganale entro il 2010, la nascita di un mercato unico entro il 2015 e la creazione di una sola moneta comune entro il 2016.
Il progetto d’integrazione considera anche quattro criteri di convergenza: un’inflazione a una cifra entro il 2008 e al di sotto del 5 per cento annuo entro il 2012; il deficit di bilancio al di sotto del 5 per cento annuo del Prodotto interno lordo nel 2008 e intorno al 3 per cento del Pil nel 2012; un debito pubblico inferiore al 60 per cento del Pil entro il 2008; infine, riserve pari ad almeno tre mesi di importazioni entro il 2008 e pari a sei mesi di importazioni entro il 2012.
L’idea di un’unione monetaria è da tempo nell’aria in Africa meridionale, ma solo recentemente questo progetto è stato confermato e reso più concreto con l’introduzione di scadenze precise. Anche se alcuni esperti temono che questo obiettivo sia troppo ottimista, e auspicano che il problema principale sia di raggiungere un livello accettabile di convergenza macroeconomica. D’altro canto, lo stesso Mboweni non ha nascosto come la strada verso una moneta unica sia in salita. La nascita di un’unione monetaria dovrà superare non pochi ostacoli economici, finanziari e politici in una regione del mondo che deve fare i conti con enormi problemi sociali, a cominciare dall’epidemia di Aids: il venti per cento della popolazione adulta delle economie più dinamiche, Sud Africa e Botswana, è infetta dal virus HIV.
Il primo ostacolo individuato da molti osservatori è la moltiplicazione degli accordi internazionali. Sostiene Paul Masson, docente a Toronto e autore (insieme con Catherine Pattillo) del recente volume The Monetary Geography of Africa: «La strategia di creare una moneta africana è complicata dal fatto che alcuni Paesi partecipano a progetti di unioni doganali e monetarie diversi».
In uno dei suoi bollettini periodici la stessa Banca centrale europea aveva fatto notare che «gran parte dei Paesi africani (47 su 53) partecipano a più di un accordo regionale (in alcuni casi tre o quattro), il che implica incoerenze e conflitti». Dei quattordici Paesi che appartengono alla Sadc, cinque fanno parte anche della Southern Africa Customs Union, nata nel 1910, e quattro della Common Monetary Area, creata nel 1986.

La parcellizzazione istituzionale si accompagna a divergenze economiche. L’economia della regione è dominata dai servizi (pari al 66,9 per cento del Pil totale), ma le differenze tra i vari Paesi sono evidenti: il Sud Africa rappresenta addirittura il 70 per cento del Pil regionale. Il Pil pro capite oscilla dai 3.880 dollari delle Isole Mauritius agli 88 dollari della Repubblica democratica del Congo.
Allo stesso modo, i tassi di inflazione sono molto diversi da Paese a Paese, e oscillano dal 3 per cento del Sud Africa al 123 per cento dello Zimbabwe. Gli Stati della regione, poi, sono ancora poco integrati: nel periodo 1999-2003, il commercio interregionale è stato pari al 22 per cento del commercio nell’intero continente. Sul piano finanziario, i Paesi della regione soffrono di un basso livello di risparmio e di limitati investimenti dall’estero. L’eccezione è il Sud Africa.
Nel tentativo di migliorare il sistema finanziario della regione la Sadc ha creato nel 1995 un comitato di banchieri centrali, provenienti dai quattordici Stati membri, che si riunisce due volte all’anno. Molti osservatori notano che questi funzionari sono preparati e competenti e ricordano che la Sadc ha tre lingue ufficiali: l’inglese, il francese e il portoghese.
Due gli atteggiamenti di fronte a questo progetto. Da una parte si sostiene che è apprezzabile che date specifiche sulla creazione di una moneta unica siano state decise: gli obiettivi sembrano difficili, ma non impossibili da raggiungere. Dall’altra parte, invece, si critica la presenza di date certe, che potrebbero ostacolare l’uso dei criteri di convergenza: l’approccio africano a una moneta unica dovrebbe essere legato all’obiettivo dell’unità africana, un concetto omnicomprensivo che rende il processo di selezione più difficile di quanto sia possibile immaginare.
Altri osservatori credono che un’unione monetaria con tassi di cambio e d’interesse fissi non sia la strada migliore per Paesi che subiscono shock esterni diversi. E si chiedono quindi se il processo d’integrazione non debba poggiare piuttosto sulla Common Monetary Area, che già oggi utilizza il “rand” come ancora monetaria, e quindi prevedere un aumento graduale del numero dei Paesi che possono legare la propria valuta alla divisa sudafricana, un po’ come avvenne in Europa, dove si utilizzò il marco tedesco prima dell’introduzione dell’euro.
La strada verso un “euro africano” sembra piuttosto difficile, ma il tentativo sarà una chiave di lettura interessante con la quale interpretare nei prossimi anni l’evoluzione delle economie della regione. Mboweni sostiene che quando sarà vecchio ci sarà una Banca centrale africana. Oggi ha 46 anni. E molta determinazione.

 

   
   
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