Settembre 2005

Sistema bancario, apparato produttivo e sviluppo sociale

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Il culto dell’innovazione
Filippo Cucuccio  
 
 

 

 

 

Un sistema
bancario
e finanziario
indicato a modello di riferimento
e a snodo cruciale per un percorso di crescita virtuosa.

 

Non è certo una grande novità sottolineare che ancora una volta l’innovazione si presta con successo ad essere una valida chiave di lettura interpretativa di un documento così significativo quale la Relazione della Banca d’Italia 1. Semmai, a stupire è la notevole consonanza di accenti sull’innovazione, assunta a valore centrale dello sviluppo sociale economico italiano, consonanza riscontrabile in altri documenti che sempre in questo periodo hanno provato a fotografare la realtà del nostro Paese 2.
C’è da aggiungere che non si tratta di una mera concettualizzazione, ma di un’analisi attenta alle diverse forme attraverso cui l’innovazione si manifesta; e tra queste una posizione di rilievo va di sicuro riconosciuta alla sua espressione tecnologica.
Infatti, è da qui che muove lo stesso Governatore nelle “Considerazioni Finali”, tratteggiando in modo esplicito le caratteristiche di un “technological divide” sul versante dell’economia reale. Dapprima, quando a proposito degli Stati Uniti, citati come esempio di economia in crescita, ricorda che «la spesa per beni strumentali e programmi informatici è cresciuta nel 2004 del 13,6% in volume […]; gli investimenti in calcolatori e attrezzature elettroniche sono aumentati del 33% nel 2003 e del 27% nel 2004» 3. Poi, con il focus rivolto alle nostre imprese, Fazio sottolinea come per quelle a tecnologia medio-alta gli esempi di delocalizzazione si siano rivelati fruttuosi o comunque tali da non influenzare negativamente l’occupazione in Italia; mentre nei settori tradizionali «lo spostamento all’estero di una parte della produzione ha carattere difensivo» 4, fotografando così la realtà di un Paese che arranca nel tentativo di conservare le proprie quote di mercato.
Ancor più esplicativo è, successivamente, il severo giudizio stilato dal Governatore nel raffronto della nostra industria con quella degli altri Paesi maggiormente progrediti, amaramente sancendo: «Ai ritardi dell’ammodernamento dell’apparato produttivo dei settori a tecnologia medio-alta e allo scarso sviluppo di quelli ad alto contenuto tecnologico è riconducibile il differenziale di crescita della produttività e di competitività della nostra industria nei confronti dell’estero» 5. Una diagnosi sicuramente cruda, ma che trova puntuale riscontro nelle cifre fornite dall’ISTAT sull’apparato produttivo italiano e nelle preoccupate parole pronunciate dal Presidente della Confindustria in occasione dell’assemblea annuale della categoria.
Va subito detto che via Nazionale non si limita alla formulazione degli aspetti diagnostici, ma come è sua abitudine propone una terapia, un percorso virtuoso suggerito al Paese, inteso nella somma delle sue diverse componenti, compresa quella finanziaria. Ed è proprio in quest’ottica che viene nuovamente indicato il sistema bancario quale elemento propulsore per «sostenere le aziende più dinamiche a promuovere, ponendo a frutto la base informativa di cui dispone, processi di aggregazione e di consolidamento tra imprese» 6. Un’indicazione che fa da pendant all’altra secondo cui «pesa sulla nostra economia, limitandone la capacità di sviluppo, la frammentazione dell’attività produttiva» 7, mettendo in modo inequivocabile sul tappeto un tema caro agli economisti delle diverse scuole, il problema dell’ottimo dimensionale.
L’investitura del sistema bancario anche in questo caso non rimane un’indicazione generica, ma viene suffragata da notazioni concrete: infatti, il Governatore sottolinea la funzione degli intermediari finanziari nel promuovere valide iniziative nell’ambito del venture capital (vox clamans in deserto già da qualche lustro!) e nell’assecondare sia le nuove iniziative nei settori a tecnologia avanzata, sia gli investimenti in ricerca e sviluppo. In definitiva, un sistema bancario e finanziario indicato a modello di riferimento e a snodo cruciale per un percorso di crescita virtuosa.

Legittimo a questo punto chiedersi da cosa nasca la convinzione di Fazio sui meriti del sistema bancario. La risposta, come si vedrà, non è difficile da cogliere su una pluralità di versanti. Il primo, parzialmente determinato da alcune vicende congiunturali che hanno vista coinvolta la Banca d’Italia nella veste di suprema autorità di vigilanza, viene evidenziato nelle stesse “Considerazioni Finali” e riguarda gli aspetti di concentrazione e di efficienza del sistema bancario (ecco tornare sotto altra forma il tema dell’ottimo dimensionale). L’istantanea scattata da Fazio ci ricorda che nel giro di dieci anni l’Italia è passata dalle 994 banche di fine 1994 alle 778 dello scorso anno: il tutto accompagnato da una maggiore diffusione in tutte le aree del Paese e da un deciso aumento della concorrenza.
C’è, poi, un secondo versante ancor più diretto che porta l’attenzione sugli ingenti investimenti profusi dal sistema bancario nel settore dei sistemi informativi ed elaborativi. Si vengono, così, a disegnare i tratti di una “macchina bellica” considerevole: si pensi, ad esempio, nel campo dei canali distributivi allo sviluppo degli Automated Teller Machines (ATM) e dei Point of Sales (PoS) che registrano una capillarizzazione – 37.000 ATM e 840.000 PoS – che non sfigura persino nei raffronti internazionali, non fosse altro per la rilevante parte di gap già colmata.
Ma l’illustrazione della potenza di fuoco del sistema bancario italiano non si ferma certo qui. Si guardi allora il capitolo dei diversi canali telematici dalle cui pagine emerge in modo inconfutabile il loro crescente gradimento da parte della clientela. Si scopre, così, che il canale telefonico ha visto aumentare la clientela dai 4,6 ai 5,3 milioni dello scorso anno; e che anche le connessioni dirette sono cresciute, raggiungendo quota 390.000 clienti, di cui l’85% costituito da imprese.
Sono cifre rilevanti che, nelle valutazioni degli esperti di via Nazionale, evidenziano un’accelerazione persino superiore a quella registrata dai servizi offerti tramite Internet, dove comunque più di cinque milioni di clienti hanno utilizzato servizi di tipo dispositivo, fotografia fedele della realtà di una popolazione sempre più orientata verso l’e-banking.
Anche l’analisi degli strumenti di pagamento, sia tradizionali sia innovativi, fornisce un’ulteriore evidente conferma della capacità di questa macchina bellica. Si prenda il caso delle carte di debito, alle quali spetta di diritto un ruolo di primo piano per la crescita di un milione di unità (sono arrivate a 26 milioni complessivi) e per i 610 milioni di transazioni effettuate su PoS. E anche le carte di credito non sono da meno, pur registrando una sostanziale immutabilità nel numero degli esemplari in circolazione (12 milioni), ma con un marcato incremento delle transazioni effettuate (giunte a oltre 430 milioni).
In più, proprio su questo versante non è difficile ipotizzare ulteriori significativi margini di crescita, soprattutto se si porrà rimedio all’uso fraudolento delle carte – un fenomeno che nel 2004 è stato pari all’uno per mille del valore complessivo delle transazioni – adottando misure concretamente orientate ad accrescere il loro livello di sicurezza. In questa prospettiva una soluzione in positivo può essere offerta dal graduale spostamento verso l’uso della tecnologia del microchip con standard di sicurezza più elevati.
Se, poi, si passa sul versante degli strumenti di pagamento innovativi è singolare che la prima osservazione concerna l’uso prioritario su Internet di strumenti tradizionali, quali le carte e i bonifici, con le prime che hanno rappresentato l’8,8% delle transazioni elettroniche complessive e i secondi che hanno superato il livello di 23 milioni di operazioni svolte. Ma c’è un secondo aspetto originale su cui vale la pena di soffermarsi: la riduzione della domanda di carte prepagate di origine bancaria scesa dal 2,3% all’1,5%, anche se in valore assoluto la crescita a 800.000 esemplari ha superato il 15%: una singolarità che trova una spiegazione nella qualità del pubblico che si avvale di questo strumento, persone fondamentalmente interessate ad effettuare micropagamenti con strumenti anche diversi da quelli usualmente collegati a conti di deposito. Non è, infatti, un caso che contestualmente si sia verificato un travaso di interesse verso le carte prepagate postali, quadruplicate rispetto al 2003 e ormai superiori in numero a quelle bancarie.
Ci si può fermare qui in questo viaggio nelle statistiche e passare così a stendere alcune brevi considerazioni conclusive.
Innanzitutto, la riaffermazione della distinzione di ruoli che è comunque bene ricordare nell’assunzione di responsabilità di tale portata: in questo senso è forte il richiamo di Fazio, secondo cui «la finanza non può sostituirsi all’imprenditore nel perseguimento dell’innovazione, nella progettualità, nell’innalzamento della produttività» 8.
In altri termini, per il sistema bancario se il sì è incondizionato per il ruolo di stimolatore e di propulsore, altrettanto secco è il rifiuto per imbarazzanti e pericolose sovrapposizioni di competenze.
Una seconda considerazione che si può desumere per analogia da quanto affermato a proposito dell’Italia in ambito europeo è un richiamo a ciò che occorre: «più che una diversificazione delle regole […], la valorizzazione delle diversità e delle genialità» delle singole componenti.
E, infine, due moniti che vale la pena citare a mo’ di suggello: «ritrovare la fiducia» e «operare fattivamente per riprendere la via dello sviluppo economico e civile» 9.
Un sigillo che trova nella creatività, nella vitalità innovativa, in una parola nella tensione verso l’innovazione, l’humus giusto per la rifondazione di un Paese proiettato, si spera, verso un futuro prossimo più roseo.

 

   
   
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