Anche quando non ci sono naufragi di petroliere
le acque e le coste del
Mediterraneo
continuano ad
essere sede
di pesanti
inquinamenti.
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A Bruxelles città che nei cartelloni dellaeroporto
si presenta come capitale del Belgio e dellEuropa
(in realtà, è solo la sede di alcune importanti istituzioni
dellUnione) uno dei piatti forti di ogni programma
turistico di gruppo è, da qualche anno, una visita al Parlamento
europeo. Qui cittadini di ogni Paese dellEuropa comunitaria
sono accolti da funzionari che parlano perfettamente la loro stessa
lingua (il numero dei traduttori in servizio presso questa istituzione,
5.400, è senza pari nel mondo e assorbe una buona parte
1 miliardo di euro ogni anno! delle spese amministrative
interne).
Guidati dagli stessi funzionari, in unora e mezzo-due ore,
gli euroturisti visitano poi lenorme sala dove si riuniscono,
in assemblea plenaria, i 732 parlamentari di 25 Paesi, gli spaziosi
emicicli che ospitano le venti commissioni, i corridoi-labirinti
dove ci sono gli uffici dei gruppi politici, dei singoli deputati
e delle loro segreterie, di dirigenti, funzionari, impiegati, uscieri.
Dopo dieci minuti di rilassante coffee break in uno dei bar del
Parlamento, lultima tappa è in una saletta dove i componenti
del gruppo possono rivolgere domande al funzionario che ha fatto
loro da guida per ottenere chiarimenti su quanto hanno visto e sentito
e anche per avere informazioni su qualsiasi aspetto della politica
e dellattività dellEuropa comunitaria.
Le domande sono, di solito, piuttosto generiche. Riguardano, ad
esempio, le caratteristiche e i poteri delle istituzioni. Talvolta
ma piuttosto raramente emergono accenni critici, come
quando qualcuno chiede di sapere se è vero che un certo numero
di deputati europei, tra gli altri gli italiani, sono pagati molto
bene e aggiungono allo stipendio generosi rimborsi spese e anche
il mantenimento a carico del Parlamento del loro staff.

Ci racconta tutto questo, durante un nostro viaggio di lavoro a
Bruxelles, uno dei funzionari che guidano le visite al Parlamento
europeo. Gli chiediamo: «E domande sullEuropa utile»,
cioè sui benefici pratici che i cittadini ricevono dalle
iniziative dellUnione? Il funzionario allarga le braccia e
scuote la testa. «Non ci crederà: ma ci capita di sentirle
ogni morte di papa. E non solo aggiunge il nostro interlocutore
da parte dei turisti. Altrettanta scarsità dinteresse
per quella che lei definisce lEuropa utile è dimostrata
da gran parte dei suoi colleghi, i giornalisti, che avrebbero, credo,
il dovere dinformare i cittadini sui piccoli e grandi benefici
pratici che la fabbrica Europa produce per loro».
Il funzionario si aspetta che noi ci affrettiamo a smentire la sua
affermazione. Non ci sentiamo di farlo. Allora il nostro interlocutore
affonda il coltello nella piaga con un esempio di fresca attualità:
«Mi sa dire quanti giornali e altri mezzi dinformazione
hanno presentato e illustrato con adeguato risalto le iniziative
dellUnione annunciate il 12 luglio da Jacques Barrot,
vicepresidente della Commissione europea per proteggere le
nostre coste e i nostri mari dallinquinamento da petrolio?».
Non siamo in grado di dirglielo. Possiamo però promettergli
che almeno i lettori della nostra rubrica saranno informati su questultima
prodezza vedrete che la definizione è meritata
dellEuropa utile.
Detto e fatto. Una breve ricerca ed ecco che, con questo articolo,
la promessa è mantenuta.
Cominciamo col precisare che liniziativa dellEuropa
utile di cui stiamo per parlare è una normativa adottata
il 12 luglio di questanno dal Consiglio dei Ministri dellUnione,
su proposta della Commissione europea e del Parlamento europeo,
allo scopo di creare difese efficienti contro linquinamento
da petrolio delle coste e dei mari dellEuropa comunitaria.
Difese che e non da oggi sono non solo indispensabili
ma anche estremamente urgenti.
Lo si è affermato diffusamente, in questo caso su tutta la
stampa e a livello mondiale, quando sono naufragate le superpetroliere
Erika e Prestige e centinaia di chilometri
di coste e tratti marini sono stati letteralmente avvelenati da
veri e propri fiumi di petrolio. [La petroliera Erika
si spezzò in due tronconi al largo delle coste bretoni il
12 dicembre 1999, riversando nel mare atlantico oltre 10 mila tonnellate
di greggio; la Prestige naufragò nel novembre
di tre anni fa al largo delle coste della Galizia, nel nord ovest
della Spagna, lasciandosi dietro una marea nera di 77 mila tonnellate
di gasolio. Il disastro più grave per il nostro Paese, invece,
risale al 1991, quando affondò nel mar Ligure la petroliera
Haven, che riversò in mare 50.000 tonnellate
di petrolio, con danni irreparabili alla flora e alla fauna. N.d.R.].
Poi il problema è stato messo in archivio, allontanato dallattenzione
dellopinione pubblica e, purtroppo, anche da quella di molti
politici. Tuttavia è rimasto aperto: e in forma grave. Questo
perché anche quando non ci sono naufragi di petroliere le
acque e le coste dellUnione, soprattutto quelle del Mediterraneo,
continuano ad essere sede di pesanti inquinamenti. Avviene per gli
illeciti scarichi in mare effettuati da un certo numero di petroliere.
Per effetto di questi scarichi nel solo Mediterraneo vengono gettate,
ogni anno, dalle 100 mila alle 150 mila tonnellate di petrolio,
provocando danni enormi al turismo e alla pesca.
Sono, dicevamo, scarichi illeciti. Contravvengono infatti alle norme
per la sicurezza marittima mondiale stabilite da unagenzia
dellONU, la IMO (International Marittime Organisation). La
maggioranza degli operatori marittimi rispetta queste norme. Una
minoranza invece non lo fa: ed è sufficientemente consistente
da provocare un rischio dinquinamento permanente per le nostre
coste, i nostri mari, i loro habitat naturali, le comunità
locali.
È per riportare al rispetto delle regole questa spregiudicata
e pericolosa minoranza che, con la sua normativa, è intervenuta
lUnione europea. Lha fatto istituendo unAgenzia
europea per la Sicurezza Marittima che non intende porsi in competizione
con lOrganizzazione delle Nazioni Unite, ma aggiungersi ad
essa. Vediamo come. Anzitutto, lAgenzia europea, parlando
a nome di 25 Paesi che, complessivamente, hanno una flotta che rappresenta
il 24 per cento del totale mondiale, ha, internazionalmente, particolare
autorevolezza e quindi notevoli possibilità di ottenere attenzione
e considerazione. Operando sulla base di quanto ha stabilito il
Consiglio dei Ministri dellUnione, essa contribuisce inoltre
a rendere più difficile il mancato rispetto delle norme internazionali
sulla sicurezza marittima. Spieghiamolo meglio con un esempio.
Finora, in applicazione delle norme internazionali, linquinamento
di acque e di coste con illeciti scarichi in mare di petrolio veniva
punito soltanto se risultava avvenuto per responsabilità
del proprietario della nave o del capitano. Con la normativa dellUnione
larco dei possibili colpevoli da identificare e da punire
sallarga al gestore della nave, al noleggiatore e agli ufficiali
responsabili del controllo della petroliera. I cento e uno trucchetti
legali e no per evitare le sanzioni previste contro
coloro che deliberatamente, incautamente o per leggerezza inquinano
mari e coste diventano così più difficili. E nasce
la speranza di riuscire a convincere un sempre maggior numero di
operatori della navigazione a rispettare le regole.
Attualmente ogni anno lungo le coste dellUnione europea viene
trasportato circa un miliardo di tonnellate di petrolio. Quello
che viene scaricato abusivamente in mare costituisce circa il 10
per cento del totale. Nel giro di qualche anno, con lapplicazione
della nuova normativa, dovrebbe ridursi al 5 per cento, anche meno.
Per raggiungere questo risultato, lAgenzia europea sarà
dotata di strumenti adeguati ad esempio, di un satellite
che dal cielo monitorerà le navi sospette e segnalerà
i loro spostamenti ai porti interessati ma avrà bisogno
anche della collaborazione di tutti i governi dei 25 Paesi dellUnione,
in particolare di quelli che hanno mari e coste da difendere dallinquinamento.
Questi governi saranno invitati, anzi saranno obbligati dalla normativa,
ad effettuare più severi controlli sulle navi in transito
e a tenere gli occhi più aperti che in passato sulla totalità
del traffico marittimo.
Per questa operazione, che potremmo definire coste e mari
puliti, il sostegno dei mezzi dinformazione si
fa notare a Bruxelles, nelle sedi delle istituzioni sarebbe
non solo gradito ma importante.
E, aggiungiamo noi, sarebbe anche doveroso. Siamo in presenza di
una grossa, positiva notizia: che promette, oltretutto, séguiti
di notevole interesse. Un esempio: lUnione europea ha già
chiesto il progressivo ritiro dalla navigazione delle petroliere
a scafo unico e laumento dei risarcimenti per le vittime dellinquinamento.
La guerra europea agli avvelenatori di mari e di coste va dunque
avanti. Gli operatori dellinformazione non possono, con il
silenzio, nasconderla allopinione pubblica.
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