Dicembre 2005

Frammenti di memoria

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La musica di Gizzi
Sergio Bello
 
 

Seppe trasformare i numeri in note,
le operazioni
matematiche in scale melodiche che affondavano
le radici nella
tradizione
romantica del tempo.

 

Una delle tante famiglie immigrate a Galatina, (come i Liguori, gli Astarita, i Pennino, e via dicendo), quella dei Gizzi. Il padre, Vincenzo, era direttore di banda, e aveva una forte influenza sui figli: una ragazza, casalinga, e tre ragazzi, ciascuno dei quali avrebbe intrapreso una “carriera” distinta, ma non marginale, nel panorama delle arti e mestieri dell’epoca.
Uno dei ragazzi, Raffaele, avrebbe impiantato una tipografia, dislocandola in via Siciliani, esattamente a fianco dell’abitazione della famiglia. L’altro, Nicola, sarebbe diventato un meccanico, tra i primi attivi a Galatina, fra l’altro proprietario di una moto (una “Guzzi”), di quelle che piuttosto raramente circolavano nel territorio provinciale. Era a suo modo uno spirito creativo, studioso delle meccaniche motoristiche, tanto da venire poi chiamato ad insegnarle nella locale Scuola d’Arti e Mestieri. Aveva aperto un’attrezzatissima officina in via Turati, e anche lì riceveva i propri allievi, impartendo loro “lezioni pratiche” che completavano il ciclo di quelle teoriche tenute nelle aule scolastiche. I galatinesi lo rispettavano, per loro era “don Nicola”, il professore che di pomeriggio era in tuta, con le mani nere di olii e di grassi, e che non di rado, la sera, teneva corsi complementari sui motori a scoppio per due e per quattro ruote.

Terzo maschio della nidiata, Eugenio. Il quale era professore di matematica nella scuola media privata galatinese, ubicata presso l’Orfanotrofio femminile, che evidentemente funzionava anche da pensione, visto che Eugenio teneva lezione soltanto per le studentesse esterne, pendolari o fisse. E tuttavia egli considerò l’insegnamento della matematica il modo più onesto e leale di guadagnare per vivere, mentre i suoi interessi intellettuali più profondi lo portarono a coltivare la musica, e meglio ancora la nobile arte della composizione, alla quale dedicò tutta la sua vita personale e privata.

Dunque, seppe trasformare i numeri in note, le operazioni matematiche (ma sarebbe meglio dire aritmetiche) in scale melodiche che affondavano le radici nella tradizione romantica del tempo, senza trascurare (ecco l’influenza del padre!) le composizioni più vivaci, cadenzate sui ritmi della marcia, che avevano avuto, tra gli altri, molti spiriti creatori nel Sud. Basti ricordare le continue tournée delle bande musicali pugliesi e meridionali oltreatlantico, ma soprattutto (alla fine del XIX secolo) nelle regioni dell’Impero Ottomano; e basti ricordare che molti direttori di bande musicali erano chiamati a dirigere le bande di Costantinopoli e a comporre le marce militari, civili e d’intrattenimento.
Rientra in questo contesto la composizione “Farfalle erranti”, che riproduciamo nelle pagine seguenti, titolo in realtà eccentrico per una “marcia” da eseguire a quattro mani su pianoforte: ma testo appropriato per una cerimonia che prevedesse, appunto, una marcia, con il suo alternarsi di snellezza e di solennità esecutiva.

Nessuno dei fratelli Gizzi sembra si sia sposato, ragion per cui il cognome non è più presente tra quelli di Galatina. Non abbiamo avuto, finora, notizia di una pubblicazione dell’opera del compositore. Ne proponiamo alcune pagine, al fine di stimolare più attenti studi e ricerche, anche per valutare il valore complessivo di una musica che – per quanto ci è stato riferito – almeno sul filo della memoria, per racconti tramandati oralmente, ebbe un buon successo anche oltre i confini dell’area salentina.

 

   
   
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