Dicembre 2005

 

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Le giravolte
AA.VV.
 
 

 

 

 

 

 

I libri non invecchiano mai

Sono sotto il gazebo del mio giardino, a metà mattinata. Ho preso il caffè nero da poco, cioè appena sveglio. Sono sommariamente vestito da camera, ovvero ho indossato un paio di brache corte dall’elastico in vita e un camiciotto a quadretti di flanella: acconciatura pesante, dovuta al fatto che l’iniezione settimanale ha lo scopo di debilitare anziché tonificare il mio tarato organismo, ond’evitare che certe cellule malate si propaghino, rinforzate dal benessere.
Sopra un lato del grande tavolo è saltato il più fedele dei miei quattro cani, il quale attende pazientemente ch’io cominci a scrivere. Cosa? Finché potrò godere di questa sistemazione, sono sicuro che mai potrò soffrire di depressione. Intorno, il gazebo è pieno di ospiti pigolanti; ma il problema non è quello del vivere volontariamente chiuso dietro la cancellata d’un presunto castello, bensì trovare un tema plausibile...
Scrivere si fa sempre più difficile, non puoi nemmeno divertirti con i fatti di cronaca, poiché brillano per idiozia o per malvagità, argomenti di scarso contenuto, fra l’altro, saputi e risaputi a destra e a sinistra. Cosa ti puoi inventare? Un disastro fatto di vuoto, chiamato presente.
Non resta che leggere, alla ricerca – perché no? – di libri vecchi. Sì. M’è appunto arrivato il programma di una casa editrice che stampa soltanto cose stantie, però poco note. Serve alla ricerca di opere perdute. È un catalogo speditomi da Lucca, dove, a quanto pare, ho sempre amici bibliofili, specialisti in storia locale, in esoterica e spiritismo, in geografia, viaggi, esplorazioni, in collezionismo e curiosità varie. È un caleidoscopio di notizie a me sconosciute. Una sorpresa.
Per esempio, cosa sapevo sul sale delle acque termali della mia città? Cosa sapevo, in materia di letteratura greca, delle seguenti commedie di Aristofane: Gli Acarnesi, I cavalieri, Le nuvole, I calabroni, La pace, Gli uccelli? Pubblicazioni per lettori di cose che nessuno più legge... Tutti libri descritti nei loro poco noti contenuti, ma anche circa lo stato di manutenzione attuale: «Una traccia di tarlo nell’angolo del margine interno che interessa molte pagine, alcune delle quali brunite...».
V’intriga l’occultismo? Costa, ma vale come pezzo di antiquariato! Eccovi un volume, legato in brossura, di ben 236 pagine, scritto da un tale Camillo Flammarion per Sonzogno a Milano: «Esemplare con guasti al dorso». Sarebbe troppo lungo continuare, la fonte è inesauribile; merita però che io riproduca qui, per gli amanti delle pagine veramente e scientificamente “gialle”, il sito www.darislibri.it. Non certo quello da guida telefonica. Nessuno fa pubblicità a cose bibliografiche; a me piace farla.
D’altra parte, le scoperte utili non mancano. Per esempio: chi pubblicò Ovra (Fascismo e Antifascismo)? Un certo Guido Leto, a Rocca San Casciano. Chi pubblicò Seconda Guerra Mondiale. Fronte russo? La parola al ministero della Difesa: «[...] pp. 747, con 43 tavole fuori testo, ripiegate su cartine strategiche. Piccolo strappetto e altre marginali tracce d’uso». Vi troverete molto materiale documentario sulla Campagna di Russia. Aggiungo una rarità, Alan Moorehead, La guerra del deserto.
E i prezzi? Domanda legittima. Variano assai e non sono da poco. A questo punto, rimando il lettore, pignolo e paziente di queste notizie, minute quanto preziose per chi voglia saperne di più, all’editrice “Daris Libri e Stampe”, Lucca. Attenzione, però: è tanto fitta l’impaginazione, sono tanti i titoli, nonché nomi e cognomi degli autori, altrimenti destinati al macero, che rischiate la vista! Insomma, si tratta di una lettura simpaticamente pericolosa. Esiste anche questa.

florio santini

 

Se in azienda fa freddo

... Quasi sempre è una questione di “clima”. Per “clima aziendale” s’intende un insieme di fattori che condizionano le dinamiche relazionali e lavorative all’interno di un’azienda.
Ogni azienda o team di lavoro è composto da persone, ciascuna delle quali portatrice di diversi valori, esigenze, aspettative, stili lavorativi. Tutti questi elementi, messi in relazione tra di loro all’interno di un sistema, possono uniformarsi immediatamente oppure cozzare e quindi, rispettivamente, favorire o ostacolare la crescita dell’azienda o del gruppo in cui le persone operano.

È importante, allora, che i rapporti tra i colleghi appartenenti ad una stessa area o “famiglia professionale” siano improntati alla collaborazione e al reciproco rispetto.
Ma ciò non basta: questo tipo di relazione deve sussistere fra tutte le persone appartenenti alla medesima azienda, e a diversi livelli gerarchici.
La parola più spesso adoperata per indicare l’attenzione che il management pone alle necessità della propria popolazione aziendale, utilizzando anche appositi strumenti per rilevarle, è People satisfaction. Un termine altrettanto in uso nella medesima accezione è Employ solvey: soluzioni alle esigenze fatte emergere dagli impiegati.
Ma cosa esattamente può determinare l’insoddisfazione di un dipendente? E a quali conseguenze può portare questa insoddisfazione a lungo andare?
Innanzitutto, la mancanza di condivisione dei valori aziendali e la scarsa conoscenza di essi o degli obiettivi. Lavorare in un’azienda della quale non si condividono i valori o non si conoscono mission, vision e obiettivi a breve e lungo termine può risultare frustrante, fa sentire la persona poco coinvolta o responsabilizzata, causa un elevato turn over.
La mancanza d’informazione sulle strategie e i progetti a livello sia orizzontale che trasversale o verticale, poi, può ostacolare fortemente il lavoro in alcune aree, può trasparire all’esterno nei rapporti con i clienti ed essere percepita come disorganizzazione, può anche in questo caso far sentire le persone meno coinvolte, perché poco partecipi allo svolgimento dell’intera “vita” aziendale.
La scarsa comunicazione fra le persone, e in particolar modo l’assenza di feed-back, rallenta enormemente lo sviluppo e la crescita, sia sul piano individuale sia su quello dell’intero sistema, determina scarsa integrazione tra le persone e un “clima freddo” in cui diventa difficile lavorare e fidarsi gli uni degli altri. Quando non si è capaci di esprimere un giudizio sull’operato di colleghi e superiori, oppure sollecitarne direttamente il parere con una richiesta di feed-back, si alimentano insoddisfazioni espresse per “vie traverse” con tacite ripicche o pettegolezzi interni e si impedisce il miglioramento della propria e dell’altrui attività lavorativa.
Infine, ma non per ultime, le esigenze dei singoli, sia a livello personale sia a livello professionale, possono influire enormemente. Un esempio di esigenza di tipo professionale può essere quello di migliorare o modernizzare strumenti e procedure. Il non poter soddisfare le esigenze del cliente perché le procedure e gli strumenti non lo consentono è altamente frustrante, soprattutto per il personale di front office, e trasmette una cattiva immagine dell’azienda all’esterno.
Ancora, possono esserci esigenze di crescita professionale, e quindi diviene necessario mettere le persone in grado di acquisire nuove competenze per migliorare la loro professionalità, o per fare esperienze che consentano l’acquisizione di capacità pratiche; dare delle possibilità di far carriera in senso verticale specializzandosi in un ambito, o in senso trasversale acquisendo più competenze di diverso tipo.
Le esigenze personali, invece, possono essere flessibilità di orari, possibilità di avere convenzioni con centri ricreativi o addirittura avere questi ultimi all’interno dell’azienda, servizi ai dipendenti, come asili nido o persone che disbrighino pratiche al posto del diretto interessato (rilascio di alcuni documenti, pagamento bollette, ecc.), o ancora concedere durante le pause un’ora di collegamento gratuito a Internet, proprio per assolvere alle suddette incombenze per via telematica.
Il rispettare o soddisfare queste esigenze fa sentire le persone in azienda considerate davvero come tali, e non come dei semplici “elementi produttivi” presenti all’interno di essa.

Di conseguenza, è assolutamente importante utilizzare strumenti che siano in grado di rilevare le necessità delle persone e l’andamento del clima aziendale: strumenti come questionari, colloqui individuali, focus group, cassette dei suggerimenti. Fra questi, è di particolare interesse ed efficacia il focus group, gruppo di discussione finalizzato alla focalizzazione di alcune problematiche della vita aziendale. Se condotto nella maniera adeguata, è certamente un ottimo metodo per fare emergere fabbisogni e aspetti legati alle relazioni interne ed esterne (con i clienti) del personale.

Analizziamo i criteri essenziali per la buona riuscita di un focus group. Innanzitutto, la composizione dei gruppi, che devono essere preferibilmente eterogenei, quindi composti da più famiglie professionali, per consentire di verificare le relazioni a livello trasversale. Inoltre, devono essere costituiti da un numero di 8/10 elementi e non di più.
Un altro importante criterio è legato alla conduzione: la discussione deve essere avviata da consulenti esterni mediante delle “domande-stimolo”, e presieduta dai partecipanti. Infatti, ulteriore criterio è quello relativo al ruolo del consulente. Quest’ultimo, infatti, non deve presiedere la discussione, ma deve solo sollecitarla, animarla quando langue, ma poi deve assolutamente estraniarsi dal gruppo, osservarne le dinamiche, annotare le idee e le esigenze che emergono, intervenire al limite come moderatore, se è il caso.
Infine, ma non di minore importanza, il criterio della riservatezza: è necessario che gli interventi rimangano anonimi, per consentire una maggiore libertà nell’esprimersi da parte dei dipendenti. È proprio per questo stesso motivo che al focus non devono presenziare o intervenire i diretti superiori di ciascuna area o famiglia professionale.
È molto utile far seguire il focus alla somministrazione di questionari, che possono contenere spunti per animarlo: le risposte agli items del questionario per l’analisi del clima, infatti, possono contenere delle affermazioni utili ai consulenti per preparare e proporre le domande-stimolo.
Altrettanto utile sarebbe se successivamente ai focus fossero realizzati dei colloqui individuali, per approfondire tematiche fatte emergere da alcune persone o verificare l’esistenza di problematiche accennate o non palesate, ma notate dai consulenti.
Alcune persone, infatti, nonostante si venga a creare uno “spazio protetto”, non se la sentono di esprimere completamente alcune opinioni davanti agli altri, così come possono anche esserci alcuni indizi che vengono fuori attraverso le dinamiche di gruppo, e che solo l’occhio attento ed esperto del consulente può notare.
È evidente quindi come tutti questi strumenti possano e a volte debbano essere utilizzati in forma integrata e assolutamente in maniera continuativa. Un monitoraggio sporadico non porta a nulla; è importante invece effettuare delle rilevazioni periodiche, con dei risultati confrontabili nel corso del tempo. Questo servirà anche ai dirigenti, per valutare il grado di crescita nel tempo da parte dell’azienda. Servirà per individuare i bisogni dei singoli e molto spesso anche quelli della clientela.
Non per niente l’amministratore delegato di una famosissima azienda del settore telefonia ha dichiarato che se un cliente chiede qualcosa che le procedure non sono in grado di offrire, il personale fa di tutto per fargliela ottenere ugualmente, poi l’azienda provvederà pure a modificare le procedure per mettere in grado il personale di essere sempre efficiente e lavorare al meglio.
Un’attenta analisi di tutti gli elementi descritti, quindi, offre l’opportunità non solo di vivere meglio l’azienda, ma anche di farla crescere e migliorare per essere sempre più a “misura” del cliente, sia interno che esterno.

ilaria ferramosca

 

   
   
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