Il Piano D
è un appello che
lEuropa rivolge
ai cittadini perché laiutino a
superare le
attuali difficoltà politiche.
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Sembrano due linee parallele. Ma non lo sono. Anzi, a certe condizioni,
potrebbero incontrarsi e unirsi.
Parliamo anzitutto dellaiuto che, con il Piano D,
lEuropa politica chiede ai suoi 453 milioni di cittadini in
un momento di crisi di cui hanno messo in luce la gravità
il fallimento dei referendum francese e olandese sulla Costituzione
europea e la guerra fredda per il bilancio 2007-2013, conclusasi
con la pace fredda del compromesso raggiunto al Consiglio europeo
di dicembre. Parliamo poi dellaiuto che lEuropa utile,
in questo stesso momento, offre ai cittadini indicando loro la strada
che li porta, o meglio potrebbe portarli, al superamento dei loro
maggiori problemi, primo tra tutti quello della disoccupazione.
Si può dire che le due linee abbiano una comune origine,
la stessa sorgente. Quando nella primavera 2000 il Consiglio europeo
di Lisbona approvò una strategia che derivò il nome
dalla capitale portoghese, lEuropa politica prese a marciare,
anzi a correre con il vento in poppa spinta dallimpegno di
fare delleconomia dellUnione, entro il 2010, la più
competitiva del mondo e di risolvere, nellarco dello stesso
periodo, i più gravi problemi economici e sociali dellEuropa
comunitaria, tra laltro creando 20 milioni di nuovi posti
di lavoro.
Questo grande progetto non poteva non coinvolgere lEuropa
utile, cioè quellinsieme di iniziative di piccola,
media e notevole grandezza prese per migliorare le condizioni di
vita dei cittadini, ad esempio offrendo loro come abbiamo
segnalato su queste pagine garanzie sulla genuinità
e sulla qualità dei cibi, la tutela dal rischio di endemie
e epidemie, la difesa dallinquinamento delle acque marine,
la protezione del cinema europeo dalla concorrenza americana, eccetera
eccetera. Ecco perché il consenso popolare, talvolta un vero
e proprio plauso, andò sia allEuropa politica sia allEuropa
utile. Nelluna e nellaltra allora buona parte dei cittadini
videro spesso lespressione dello stesso progetto, quindi,
sostanzialmente, una sola linea.

Le cose cominciarono a cambiare; le due Europe, nel giudizio popolare,
presero a diversificarsi quando, per effetto della crisi economica
generale, e anche della tendenza di alcuni governi a scaricare sullUnione
la responsabilità di loro gravi errori, gli obiettivi stabiliti
a Lisbona apparvero sempre più utopistici. Lalto tasso
di astensionismo alle ultime elezioni per il Parlamento europeo
mise in drammatica evidenza lesistenza di due linee parallele
nel giudizio dei cittadini a proposito dellUnione. I referendum
francese e olandese dellanno scorso denunciarono la distanza
che si stava creando tra una linea e laltra. Distanza poi
confermata dalle cifre dei successivi eurobarometri.
Era peggio di quanto avesse temuto Altiero Spinelli quando aveva
parlato del rischio di arrivare allEuropa dei mercanti. Se
non si trovava il modo dinvertire la rotta si sarebbe finiti
col dar vita allEuropa dei mercatini, a mortificare politicamente
il processo dintegrazione cominciato il 9 maggio 1950, con
lappello rivolto ai tedeschi dal ministro degli Esteri francese
Schuman per la messa in comune delle energie del carbone e dellacciaio.
Ora con il Piano D e linvito ai cittadini europei
perché, dintesa con i governi nazionali e le istituzioni
dellUnione, si mettano al lavoro per curare i propri mali
economici e sociali, il tentativo dinvertire la rotta, dunque
di far incontrare le due linee parallele e di ridare consenso popolare
a tutta lEuropa finalmente è in arrivo.
È un tentativo che ha probabilità di successo? Non
azzardiamo previsioni, dato che i danni già provocati sono
notevoli. Diciamo tuttavia che ci sembra che ci si muova nella direzione
giusta. Non è poco con laria che tira in Europa. Ma
vediamo di che si tratta.
Il Piano D (D come Dialogo, Dibattito e Democrazia)
è un appello che lEuropa rivolge ai cittadini perché
laiutino a superare le attuali difficoltà politiche.
Approvato in ottobre dalla Commissione europea e articolato lungo
tutto larco del 2006 in un gran numero di convegni, eventi
di vario genere (solo quelli organizzati dalla Rappresentanza italiana
della Commissione sono 72!), avvicina parecchie diecine di migliaia
di cittadini, raccoglie le loro opinioni, le loro richieste, li
informa sui vantaggi che sono stati offerti loro sia dallEuropa
politica (garante tra laltro di una pace che dura da sessantanni),
sia dallEuropa utile: con la speranza di raccogliere, alla
fine, una notevole messe di consensi.
Per aumentare le possibilità di successo di questa che si
potrebbe sottotitolare Operazione di amicizia europea
ancora la Commissione mette si può dire in bella mostra sul
palmo della mano tesa verso il cittadino dellUnione lofferta
di rendere di nuovo possibili, con un impegno comune, gli obiettivi
di Lisbona, soprattutto quello di una sostanziale riduzione del
numero dei disoccupati.
Lofferta parte da una segnalazione alla quale segue una proposta.
Il 2007, ricorda la Commissione, sarà lanno europeo
delle pari opportunità per tutti, dunque loccasione
anche per riaffermare il diritto al lavoro per ogni cittadino. Ma,
si aggiunge da parte della Commissione, per ottenere che il riconoscimento
di questo diritto passi dalle parole ai fatti occorre creare una
serie di condizioni obiettive. La prima, la più importante
è che il disoccupato abbia una cultura o unesperienza
che gli permettano di svolgere il lavoro disponibile. E questo purtroppo
in tantissimi casi non avviene.
In Europa sono addirittura 80 milioni i lavoratori scarsamente qualificati.
Lo denuncia la Commissione europea in un suo documento (una Comunicazione).
Nella stessa sede aggiunge che senza le riforme dei sistemi distruzione
«buona parte della prossima generazione dovrà confrontarsi
con lesclusione sociale».
Occorre dunque che governi nazionali, imprenditori, sindacati facciano
un balzo in avanti per creare una forza lavoro che benefici di unistruzione
e di una formazione lunghe tutto larco della vita. È
un obiettivo che viene indicato come indispensabile da parecchi
anni. Ma finora, secondo la Comunicazione della Commissione, «pochi
sono gli adulti che partecipano allistruzione lungo tutto
larco della vita». Qualche progresso si nota grazie
soprattutto allaumento dei laureati in matematica, scienze
e tecnologie. Ma molto resta da fare e la cifra citata prima
80 milioni di lavoratori europei «scarsamente qualificati»,
secondo la Commissione lo sottolinea drammaticamente.
La Commissione ritiene che per superare questi ritardi un lavoro
enorme dovrà essere fatto da governi, imprenditori, sindacati,
singoli cittadini per dotare chi opera in unazienda pubblica
o privata o aspira a farlo almeno di otto competenze chiave. Sono
le seguenti:
1) saper comunicare nella lingua madre;
2) saper comunicare in una lingua straniera;
3) avere una cultura di base in matematica, scienze e tecnologia;
4) possedere competenze informatiche;
5) essere dotato di capacità di apprendimento;
6) avere attitudini interpersonali, interculturali e competenze
sociali e civiche;
7) essere dotato di spirito imprenditoriale;
8) avere espressione culturale.
Queste competenze chiave indicate dalla Commissione
e fatte proprie anche dal Parlamento e dal Consiglio dei
Ministri dellUnione possono contribuire, secondo la
Comunicazione, «allespansione personale, favoriscono
la partecipazione attiva e migliorano le capacità dinserimento
professionale».
Sarà davvero così? Speriamolo. In ogni caso, offrendo
ai cittadini la sua ricetta contro la disoccupazione
ed evidentemente impegnandosi a contribuire a realizzarla, la Commissione
dimostra, anzi conferma, che lEuropa continua a meritarsi
sulluna e sullaltra delle due linee lamicizia
e la fiducia popolari.
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