Sono felice di questa tua sortita. Fa spedire
a più gente che puoi: anche se, come sempre, saranno
in dieci a leggerti come si deve.
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Padova, 28.XII.90
Cara Silvana,
lasci il professore per ragioni di misura
e anche per il resto, lo sa, Ugo mitizza e crea maestri (o mostri?)
dappertutto. Io sono semplicemente un amico di lunga data e di lungo
corso. Mi scuso di battere a macchina ma non scrivo con molta chiarezza
e quindi sarebbe una fatica decifrarmi. Un caro augurio, anche da
parte della Gianna, per il nuovo anno.
Caro Ugo, due
delle quattro foto sono a Milano; le ho consegnate a Crocetti otto
giorni fa. Però Cucchi preferirebbe che si recensisse su
Poesia da persona di sua fiducia il tuo libro, prima;
e successivamente, anche in autunno, dar spazio agli inediti. Forse
non ha torto. Che ne pensi?
Ieri laltro
è stata sepolta, alle porte di Firenze, mia zia, morta il
24 dicembre. Per questo ho avuto vacanze di Natale un po anomale,
come timmagini. Adesso conto di riposarmi un poco. Buon Anno
anche a tua madre e ad Aurelio, se si ricorda di me.
14.2.91
Caro Ugo, è
un pezzo che non ti mandavo due righe; e scusa il soggetto riprodotto
qui; ma la cartolina evoca comunque Giotto! Grazie dellapprezzamento
per la mia fatica (che non timmagini quanto mi pesi!) dei
capitoli sulla nostra poesia 1900-45. Ma ormai sono in ballo e continuerò:
fino (credo) a tutto il 92 e oltre.
Stai bene? Hai
gite in programma a nord di Roma? A Roma ero laltro ieri per
commemorare Sereni con amici illustri. Chiudo con un abbraccio e
un saluto per Silvana.
22.3.91
Caro Ugo, un
po mi stupisce il tuo ripensamento sulla destinazione (e copertura)
del Quaderno Giapponese, dal momento che pochi giorni fa ne parlavo
a Rebellato: il quale non ti conosce ma si fida della
mia raccomandazione e dei nomi autorizzanti che giustamente ho citato
in tuo favore. Nessun problema, per lui.
Vedi tu. Lui
sarebbe daccordo; ma ora, se non ti va più bene...
Ad ogni modo, almeno per lui, non cè alcuna premura.
Pensaci tranquillamente.
Un augurio affettuoso
per la Pasqua anche a Silvana e ai tuoi da parte di Gianna
e da me .
1° aprile 92
Caro Ugo, questi
vizi non sono che una parte di tutti quelli che mi lavorano dentro...,
e tuttavia non cè nulla che non vada (rassicùrati)
in questo periodo, salvo una lombalgia dalla quale sto tirandomi
fuori col Voltarèn. Anzi, fra il 7 e il 12 sarò ad
Atene a sproloquiare di poesia. He(l)làs...
Cari saluti (anche
a Silvana e alla tua mamma) dalla Gianna e da me.
11.V.92
Caro, grazie
(anche a Silvana) dei saluti. Ti pare proprio paludamentato
il mio modo di scrivere, in Poesia? Io speravo, quasi,
lopposto... Almeno per questi testi.
Sono comunque
un po in secca, ora, e stanco della primavera già torrida.
(Ieri, a Roma, un caldo infame). Ho sonno, e sono appena le sei
di pomeriggio. Mah. Ciao.
16.6.92
Caro Ugo, eccoti
le vecchie porte. Basta con esiziali progetti, basta!
Camperai 100 anni, così... Un disastro! Dure parole, le mie
su Firenze; ma mi è parso, così, di scindermi dai
soliti cori... E quel che ho scritto, lo pensavo. (Almeno, scrivendolo).
Anche la Gianna
vi saluta, Silvana e te. Auguri per il 26 (lo sai che la Gianna
è nata il 25? E il 26 era nato mio Padre? Grande costellazione!
Seconda solo alla Bilancia, dico io...).
2.IX.92
Caro Ugo, di
ritorno da una breve giornata di vacanze in montagna (la neve, ieri!)
trovo il Poe (bellissimo dono); ma specialmente il nuovo libretto,
dove ti riconosco intero e capace di restaurarti(ci), se davvero
fossimo icone mancate. È una sorpresa, te ne
sono grato. Non appena possibile, ridirò a C. delle poesie
inedite in giacenza presso la rivista, dove purtroppo non ho accesso
alla stanza dei bottoni. Con affetto. Evviva il lapsus
di Luino!
Vigevano, 30.XII.92
Caro Ugo, conosci
questa piazza meravigliosa? Neppure Firenze ne ha che possano starle
alla pari! Solo Ascoli Piceno... Auguri affettuosi a voi tutti (mamma,
Silvana, Aurelio).
Padova, 28-V-93
Caro Ugo, sono
tornato ormai da un mese. Cina + Hong Kong. Faticoso, però
suggestivo, tutto dal più al meno, perfino ci tornerei unaltra
volta.
Ho ricevuto il tuo saluto. Chi è Elena?
Padova, 10-8-93
Caro Ugo, grazie
delle cartoline. Noi siamo tornati dalla montagna (bellissime e
grandi camminate sempre oltre i 2000 di altitudine!). Certo, ebbi
il tuo libriccino; e tu hai ricevuto il mio (voglio dire quello
che ti ho spedito io con dedica?). Se ci riesce, poi andremo, dopo
tre anni, anche in Inghilterra. A Poesia sto per consegnare
il cap. su Vigolo (1935). Per Sinisgalli, aspetta il 38 (Campi
Elisi). Dammi tue notizie. Con affetto.
Padova, 20-IX-93
Caro Ugo, grazie
della tua lettera in 8 quadri (adoro Hopper e il Doganiere Rousseau!).
Sono, come ogni mese, in angoscia per la scadenza del capitolo crocettiano
(ora tocca a Lavorare stanca; e non mi piace; però ebbe grandi
echi, verso il 45, quindi...). Anche per questo non ti ho
mai lodato il Gesù (credo); o forse me lo leggesti al telefono
e allora, subito, manifestai lapprezzamento, anzi di più,
la simpatia ammirata per quella suite. Farò prestissimo la
tua ambasciata a Piersanti (ero con lui ieri, a Lerici, ma non sapevo
dei tuoi versi urbinati!). Saluta i tuoi cari. Un abbraccio.
Padova, 22-IX-93
Caro Ugo, ho
parlato con U. Piers; e, daccordo, manda pure i tuoi versi
urbinati; ma dovrai rispettare precedenze, non so dovute a quanti
e quali autori, i cui testi sono già stati consegnati tempo
fa. Così pare. Questa cartolina debbo averla da 18 anni.
Dunque, solo a un grande amico potevo spedirla!
Padova, 3 dic. 93
Caro Ugo, ho
ripreso in mano il Gesù della Carnia e mi sembra veramente
bella... Non è che te lo dica per contraccambiare la tua
fedeltà a Orto e nido (edito nell87 ma scritto sul
finire degli anni 70: in un periodo critico-enfatico, ma anche
ricchissimo della mia vita...). Il tuo è un poemetto con
il sostegno del duende, anche se tu lo spezzetti in scene che vogliono
sembrar separate... Mi sono liberato (per Poesia) dellesecrabile
Quasimodo. Adesso tocca a Penna, leggèro leggèro.
Saluta i tuoi, tutti e tutte.
Padova, 18-I-94
Caro Ugo, a questora
probabilmente dormi; sono le 8,25 e sono preoccupato delle notizie
del terremoto a Los Angeles, dove ho amici ai quali inutilmente
ho provato subito a telefonare; linee bloccate, chissà fino
a quando (cfr. Pomerania per questi miei affetti di là dagli
oceani).
Anchio soffro a ogni corsa a Firenze (detestata Firenze...),
nel cogliere in mia madre il graduale restringersi degli orizzonti,
che sconvolge ogni logica gerarchia, facendoti apparire
enormi certe questioni come la denuncia allINPS della ragazza
somala che le fa assistenza, ecc. ecc. Così finiamo (anche)
per litigare, rovinando tutto. I ragazzi, poi, che pur vedo sempre,
hanno da fare, da studiare, da impegnare altrimenti le loro giornate,
comè ovvio. E ti ho già detto che, in questa
settimana, è difficile che trovi il tempo di chiamare Luzi
e gli altri grandi amici fiorentini. Poi me ne dolgo!
Spero, anzi ne sono certo, che le lastre, se le hai fatte, abbiano
cancellato le apprensioni tue e di chi vive nel tuo raggio ossessivo.
Quel che non può risanare è la malinconia, statutaria
nel poeta, e salentino per giunta. Comè possibile guarire
andando a Lecce a dissipare un po di soldi? Forse non hai
fatto la mossa giusta andando in pensione a 50 metri; ma di qui
non è facile sentenziare, quindi abbandono la presa. Devi
pubblicare un libro da Passigli? Hai la parola di Mario? Se è
così tanto meglio. Bastano quei 100-l50 lettori che avranno
i tuoi versi in dono. Ormai è così, invariabilmente
o quasi. Sono loro ad accorgersi che da 30 anni esisti. Io non chiederei
di più, a patto di esistere autenticamente e fedeli. Ciò
che nel tuo caso non è da dubitare.
Ti ringrazio di aver apprezzato il mio Quasimodo. Ora
(in attesa che esca il Penna: voto 7=) mi accingo all'amato ma non
meraviglioso Sinisgalli (che ebbi la fortuna di frequentare, da
amico, fra il 73 e il 79). Quanto alla Gioppi, lo sapevi
che è una mia creatura? Si laureò con me una decina
di anni fa con una bella tesi sulla poesia di Solmi; superando le
mie remore abituali, ho anche scritto una prefazioncina ai suoi
versi (Il fuoco e la misura). Le dirò dei tuoi elogi e la
inviterò a spedirti le sue poesie.
Chissà che, con tutti questi rivolgimenti negli assetti dei
quotidiani, non possa io ritrovare una minima continuità
di collaborazione. Una volta, e per tanti anni, mi pareva impossibile
non avere a disposizione un osservatorio sulla carta
stampata (cominciai su La Nazione, anno 1963). Staremo
a vedere, se mai ci sarà un pertugio. Ma non me la sento
di affaticarmi a domandare: per decoro e per pigrizia.
Chiudo, anche perché ho parecchio da fare stamattina. Pane,
frutta (alla Piazza); e, in Comune, la ricerca dellufficio
dove firmare per i 13 referendum (o referenda?). So che ti stupisci
ma io sono, tendenzialmente, un pannelliano; detesto la TV di Stato,
lodierna ammucchiata progressista e soprattutto
la Repubblica, lo sai? Insomma, vivo da laico e da minoritario.
Sui giornali non leggo quasi altro che la politica (+ lo sport).
Con affetto, e con laugurio per voi tutti, anche da parte
della Gianna.
Padova, 21-V-94
Caro Ugo, ti
ringrazio di essere lettore cosi puntuale e vivo dei miei capitoli
(sono a soli 5 dalla fine, evviva!). Però L. d. L.
è un fiacco, modesto poeta, anche secondo me: sincerità
della sua fiamma a parte... Non aveva torto il nostro Oreste, no...
Con affetto (saluta la mamma, Silvana e Aurelio).
P.S. Le edizioni di Pomerania sono di 500 copie ciascuna,
sai? Comunque...
Padova, 29-V-94
Caro Ugo, in
pochi giorni ricevo limmaginazione con tuoi versi
un po crudi e crudeli (adatti alla sede) e, ieri pomeriggio,
Poesia! Sai che ho il privilegio di averne sempre, o
quasi, una copia-pilota; e per lappunto questo è un
fascicolo con Poliziano, Luzi (me come suo critico) e queste poesie
tue che séguitano a piacermi molto. E con una fotografia
adattissima alla serie. Aveva ragione Crocetti a non voler quella,
così artistica, mandatagli una prima volta.
Insomma, ci tenevo a felicitarmi: per primo. Dopo tutti gli elogi
a me, anzi le glorificazioni della tua telefonata! Laltra
sera, qui, cera C. in una libreria off, dove ospitano ogni
mese un poeta. (A marzo, ero io). Ottima sostanza ideale, filosofica...;
ma niente ritmo, lui. Leggendoti, notavo quanta sapienza di suoni
si sdipani in quel che scrivi. Lui pareva un autore tradotto.
Stamattina, sui Colli Eugànei, dopo mesi, una passeggiata
con la Gianna (due ore-due ore e mezzo, non di più; ma forse
a te paiono tante... Fa già caldo, cerano ciliege (amarene)
da rubare e ciliege, bellissime, da comprare in paese. Abbiamo rubato
e acquistato, imparzialmente.
È domenica, sto con un orecchio alla radio (è quasi
finita la serie B) e preparo alcune cose per domani, cose pratiche
da espletare (banche e altri negozî). Ho anche sul fuoco gli
zucchini, da trifolare. Sono un maestro nellarte di cuocere,
né troppo né poco. Detesto le faccende (spazzare,
fare i letti) ma ai fornelli non sto malvolentieri, lo sapevi? Spero
ti arrivi presto Poesia. Con affetto.
Padova, 10-VIII-94
Caro Ugo, due
cartoline in una volta, grazie! e dallItalia centrale che
evidentemente deve sembrarti ancora vicina, mentre lontanissima
pare ti sia quella settentrionale... Ma a Urbino, adesso, chi cè?
chi ci passa le estati, scomparsi dal nostro mondo, o comunque da
quelle plaghe coloro che lavevano abbellita fino agli anni
70, quando le circostanze della mia vita mi ci conducevano
ancora? Sto pensando non più a Traverso (mortovi nel 68
) ma ad Assunto, a Parronchi, a Luzi... Chi cè dunque,
e che cosa di così attraente da spingerti ancora te
pigro e preoccupato a farvi capo? E come ti è venuto
sottocchio il mio Sproloquio, che mi fu vietato di leggere
come relazione a un convegno e dunque dovetti (era il
90) accantonare vergognoso per tornarci su dopo qualche tempo?
Peccato che i due ultimi versi la tipografia li abbia scambiati
di posto! Comunque, ho capito: a Urbino ti sei visto con
Piersanti (hai goduto le sue narrazioni di conquiste femminili?)
e lui ti ha dato una copia di Pèlagos. È
così? Pubblicherà i tuoi versi presto?
Sono (siamo) in città aspettando, finora invano, i promessi
temporali: se li sarà accaparrati, anche quelli, la Lombardia,
regione a me peraltro diletta, lo sai. Una défaillance di
Giuliano (mio figlio), che era indispensabile alla realizzazione
del disegno, articolato su vari mezzi di trasporto treni,
traghetti, autobus cimpedirà di andare in Scozia
come si prevedeva per una dozzina di giorni, dopo il 20 agosto (gli
è rimasto un esame di luglio, da ritentare allinizio
di settembre, quindi...) e così rimandiamo alla seconda metà
di settembre: non più Scozia ma Spagna (Spagna-bis, dopo
il bellassaggio del marzo scorso), e naturalmente senza Giuliano,
che ha un altro esame a fine mese. Con lui, dunque, abbiano passato
solo una settimana di luglio, 23-30, a Madonna di Campiglio, fra
Adamello e Brenta; bellissima e salutarmente faticosa, come altre
volte ti ho raccontato. Panini (autogestiti) a pranzo, colazione
e cena abbondanti, nellappartamentino preso in affitto come
sempre. Mediamente, quattro-cinque ore (nette) di cammino, però
una settimana è corta, bisognava passarcene due.
Approfitterò (sto già cercando di farlo) di questa
forzata dimora a Padova per stendere il terzultimo capitolo
dellopus magnum La figlia di Babilonia di Bigongiari.
Ma non è che, oggi, mi ci incanti più su quelle follie
dorate come un tempo... Non è ancora nausea, ma distacco
sì... E dovrò trovare il tono giusto per non eccedere,
stavolta, nelle censure critiche... Se Dio vuole, col 94 finisce
questa fatica, intrapresa in questi stessi giorni del 1990!
Non ho molto tempo per scrivere altro; forse la mia poesia ha bisogno
di pause, di guardarsi intorno smettendo di guardarsi dentro? Non
saprei. Mandami qualcuna delle tue schegge, se hai novità.
Nel 95 coi Quaderni del battello ebbro farò
una autoantologia, penso abbastanza vasta. Poi cercherò gli
editori per gli almeno 3 libri che ho pronti non da oggi. Un po
alla volta, un po alla volta... Ma le cose dell80-85,
invecchiano.
Anche la Gianna ti saluta. Ringrazia Silvana per la firma sulle
cartoline. A presto.
Padova, 10-X-94
Caro Ugo, non
ricordo lettere tue, né cartoline, ispirate a un tono anomalo...
Sei certo di avermele spedite?!
Questo mese salto la puntata (la penultima) di Poesia,
perché ho dovuto lavorare su altro. Il tempo mi manca sempre,
né riesco a porre un rimedio. (E tutto ciò che mi
chiama a Firenze è angoscia).
Ho con me i tuoi versi, mi piacciono. Vedrò se mi viene in
mente una rivista decorosa in cui sistemarli. Saluta i tuoi. Con
affetto.
Padova, 20-X-94
Caro Ugo, volevi
vedere i segni della mia dedizione ai maiores nostri? Ho fatto il
pieno, nello spazio di 5 giorni! Spero che i due poeti ne siano
felici... Un saluto affettuoso.
(Non ti dico la pena che mi ha dato il pensiero di Aurelio...).
PD, 8.12.94
Caro Ugo, naturalmente riceverai Lozio; ma è
che il Faccolino non ne ha mandata copia (dei due numeri della nuova
serie) neanche a me; inqualificabile assurdità! Prima di
spedire inediti tuoi (e miei) voglio verificare a che livello siamo.
Lo chiamerò al più presto al telefono per scuoterlo...
I tuoi versi sono molto belli, cè un uso (come piace
a me) della rima provocatrice di significato. Auguri per tutti (e
per tutto).
Padova, 10-1-95
Caro Ugo, ti
ringrazio per la prima lettera dellanno nuovo. E speriamo
che tua madre si riprenda; è accaduto alla mia, privata di
due figli nellarco di uno stesso anno, l85... Speriamo.
Io, sì,
scrissi molti versi a caldo dopo che morirono Giò
(mia sorella) e Marco. Due testi uscirono anche sullAlmanacco
dello Specchio: quello per mio fratello fu scritto che
lui era ancora vivo, sia pure senza speranza di resistere a lungo.
Essendoci in calce un Marco in corsivo, più dedica
che titolo, qualcuno ha pensato (dimmi un po!) che quei versi
fossero dedicati a Marco Forti, curatore dellAlmanacco...
Roba da matti! Ma, tornando ai miei fratelli, poi non sono riuscito
a collocare in nessun libro (edito o progettato) le poesie che li
riguardavano. Lo stesso vale per certe altre, composte non tanti
anni fa nel ricordo di mio padre, morto nel 67, e presenza
determinante sia in Corpo e cosmo (Scheiwiller, 1973) sia in In
parola (Guanda, 1977). Eppure non sono testi peggiori di altri;
soltanto subentra in me una strana reticenza... Daltronde
non vorrei mai dare al pubblico una raccolta che fosse interamente
luttuosa, in senso etimologico.
Che tu scriva
di e per Aurelio, intendevo dirti, è più che motivato.
Poi forse ti verrà, come viene a me, listinto di lasciar
posare, più che per altre scritture, quei testi.
Da noi è freddissimamente sereno. Ma invece sento di disastri
in Sicilia e disagi dalle vostre parti. Davvero ti è precluso
il moto per via del malanno di cui mi parli? Non sarà un
alibi per startene a fumare più che mai le tue orribili sigarette?
Per il testamento, capisco le tue inclinazioni; sappi, tuttavia,
che donare alla Nazionale è un affare serio, arduo. Là
sono stracolmi di libri, e molti anche per donazione. Credo che
finire in un sottoscala ai tuoi libri dispiacerebbe; e, peggio,
in una cantina senza neppure uscire dagli scatoloni. Perché
non pensi a qualcosaltro? A biblioteche come il Viesseux
(non facile nemmeno questa soluzione, temo), oppure a biblioteche
di quartiere? Ad es., il grecista Dino Pieraccioni lasciò
tutto alla biblioteca del rione di mia madre: cioè lo stesso
rione di Macrì, Panarese, Zaganio... E dove Luzi visse lungamente
ai tempi delle inarrivabili Primizie: E minoltro sospeso,
entro nellombre....
Ad ogni modo,
passerà qualche decennio prima che questi discorsi diventino
concreti; e a quel punto magari non ci saranno più libri
ma dischetti da computer, sempre per risparmiare spazio.
Ahimè...
Avrai ricevuto
Poesia. Nei versi che ho improvvisato per Fortini cè
un punto fermo sbagliato, a metà. La frase continuava. Ma
hai visto che fotografia hanno trovato, del 70 mi pare, scattata
a un ristorante fiorentino? Come eravamo. Rispetto a quei giorni
ho mantenuto solamente il peso corporeo.
È bello,
serenamente, il nuovo (ma in parte non nuovo) libro di Bandini.
Poeta fra i migliori e pochissimo conosciuto. Beato lui, almeno,
che a 63 anni (meravigliosamente portati, per la verità)
approda alla collana maior di Garzanti. Di libri bellissimi ho letto,
in ottobre, La stanza di Giacobbe di Virginia Woolf; romanzo che
non conoscevo, a mio disdoro. Quelli come lei, sì che sono
scrittori... Ho un culto per Virginia e per Forster (assai più
che per Thomas Mann, ad esempio, o per Hesse). Anglomania? Non credo.

Le tue poesie
sono già allOzio. Aspetta ad abbonarti
che escano, direi. È una rivista decente, non entusiasmante.
Ma non è che io abbia uninfinità di strade aperte,
quindi evviva l Ozio!, e ben vengano e crescano
anche le fortune delle edizioni Amadeus, se non altro già
ospitali per due volte, per quel che mi riguarda.
Caro Ugo, un affettuoso abbraccio a te e un augurio per voi tutti,
in particolare alla tua mamma.
Padova, 19-1-95
Caro Ugo, ti ringrazio anche della seconda lettera del Nuovo Anno.
Per parte mia, ti propongo questo bando, del premio Serenissima,
malgrado il balzello della tassa di lettura... Naturalmente non
ho idea di chi potrà concorrere, data lappetibilità
cospicua dei 6 milioni per linedito. Ma perché non
provi? Io sono il più autorevole fra i giurati,
dopotutto...
Sto preparando gli appunti per lincontro fiorentino (10 febbraio
p.v.) su Parronchi. Non voglio rileggere il capitolo apparso da
poco (Poesia) su I giorni sensibili, e dunque ho scelto
di parlare a braccio, sulla scorta di fogli che sto
riempiendo a notazioni e notizie (sì, notizie, visto che
la notorietà di Parronchi, anche in Patria, non è
poi enorme!). Di lui Pananti ha appena stampato cose nuove, deliziosamente
senili; e la Polistampa altro editore fiorentino di scarsissima
rinomanza i versi anteriori a Coraggio di vivere. Una ripresa
interessante, specie per una serie degli anni 50 che o non
conoscevo o non ricordavo. Il titolo complessivo, Per strade di
bosco e città, ne ricalca uno già vallecchiano (ma
non possiedo quel libro).
Sono, malgrado la conclusione della storia... per titolo...,
assillato da altre scadenze: soprattutto debbo rapidamente, per
una pubblicazione del nostro Istituto, convertire in saggio
una chiaccherata (del 93) sulla polemica Boine-Croce: amori
con le nuvole / amori con lonestà...
E non avevo nessuna voglia di tornare su questo argomento, sia pure
di per sé notevolissimo. Ormai però non posso tirarmi
indietro. Mi piegherò.
Ricomincia a piovere, dopo sedici giorni di bellissima (benché
gelida) stagione. Leggi il Manuale di poesia di G. Conte (Guanda
1995): mi pare degno di attenzione, ed è perfino cattivante,
almeno nelle (prime) pagine che ho letto per ora.
Ti saluto, sono le 8.16 (di mattina) e aspetto un falegname, factotum,
che deve ripararci le serrature di un armadio. A questora,
forse, tu hai preso sonno... Come gli abitanti di Boston, anzi di
Los Angeles.
Padova, 17-3-95
Caro Ugo, è
uscito stamattina sul Giornale questo mio frettolosissimo
ricordo del nostro Francesco. La pagina era già evidentemente
stata riempita da altri articoli, sicché la coda
del pezzo è saltata, per necessità; ma ti riguardava,
quindi mi piace che tu la riceva, col mio saluto affettuoso.
Il 15 marzo è morto a Roma, dovera nato settantuno
anni fa, il poeta e ispanista Francesco Tentori Montalto.
Come accade a molti traduttori di classe, anche Tentori ha dovuto
sopportare una relativa sottovalutazione della propria autonoma
statura di poeta. Certo è che le due carriere, del traduttore
e del poeta, si sono intrecciate e rafforzate vicendevolmente. Nella
memoria del lettore ne resta forse un accento unico, ben riconoscibile.
A Tentori dobbiamo splendide versioni per i massimi editori
italiani da Borges (LAlleph, Altre inquisizioni, Lartefice,
Elogio dellombra), qualcuna anteriore al 1960, e dei grandi
lirici della Spagna novecentesca (da Machado a Jiménez, da
Prados a Cernuda). È per suo merito che abbiamo preso dimestichezza
con la narrativa e la poesia del continente ispano-americano, rappresentato
in un paio di felicissime antologie; un continente nel quale Tentori
avrebbe quindi analizzato il ruolo specifico del cubano Eliseo Diego
e di altri anche più giovani.
Nel disordine della mia biblioteca non faccio che imbattermi in
opere tradotte da Tentori, con qualche escursione anche nei secoli
passati: ecco, nel Siglo de Oro, drammi di Lope, di
Calderón... Ma il Novecento rimaneva il suo territorio delezione,
e nella lingua difficile della modernità egli rifletteva
e affinava di continuo il proprio stile, la sua compita individualità
dautore. Se era nato (nel 24) a Roma, Firenze gli fu
più consona, per via duna proporzione innanzitutto
etica. E, tra i fiorentini, molto gli aveva insegnato Luzi, specie
quello sobriamente discorsivo degli anni 50: una lezione mai
venuta meno, essendo Tentori un refrattario agli sperimentalismi
di giornata e di facciata, come dimostra in una quindicina e più
fra libri e libretti.
Almeno qualcuno vorrei citarne: Lettere a Vilna e Nulla è
reale (Vallecchi 1960 e 1964), il secondo col mirabile Diario de
Nuevo Mexico, scritto direttamente in spagnolo, testimonianza del
soggiorno pressoché simbioitico in un paese dellanima.
E ancora: Viaggio in uno specchio (Guanda 1978), Dialogo con lassente
(Cominiana 1989) e Penitenziali, Omaggi e un dialogo (Book 1993),
dove la gravità di un endecasillabo che si snoda come il
metro naturale del cuore subisce incrinature sempre più fitte,
mentre il gusto della poesia-dedica, sagomata a misura del destinatario,
consegue effetti di forte presa.
Ne dò qui un esemplare, indirizzato a Ugo dAndrea,
solitario poeta salentino (lultimissimo titolo di Tentori,
una plaquette edita fuori commercio da Pananti a Firenze è
appunto Cartoline per Ugo dAndrea): Lo invidio, sai,
quel limbo / di orti segreti e lindolente volo / delle ore
contemplate nellazzurro / della tua sigaretta. Reggi a tanta
/ quieta bellezza? al mite, al maestoso / incedere del giorno, ai
suoi tramonti....
Ci mancherà, non ne dubito, nei prossimi anni, la dolcezza
di questo accento così classico, di questa pronuncia assorta,
confidenziale.
Padova, 22.6.95
Caro Ugo, dunque
non era il tuo fantasma, a Ca Dolfin, il 9 giugno scorso!
Non credevo ai miei occhi e mi sentivo in colpa, per di più,
per come erano andate le cose (ho cercato anche di spiegartelo...).
E poi la mia fretta di tornare qui, in vista della partenza quasi
allalba, lindomani. Punita, la fretta, dal fulmine che
ha bloccato (il sabato) ogni treno fra Mestre e Padova, sicché
il Pendolino delle 6.23 è partito alle 8.45, io coi piedi
zuppi per averli infilati entrambi sotto il diluvio delle
sei in una pozzanghera. Meno male che è arrivata in
stazione, con asciugamani e ricambi, la Gianna, in partenza lei
per Verona e anche lei costretta a lunghissima attesa... Così
sono arrivato a Roma alla riunione del Mondello, che ormai avevano
deciso per quasi tutte le sezioni; per fortuna, in viaggio, li ho
chiamati grazie al telefonino duna gentile compagna di scompartimento
(il progresso!), avvisando e dando indicazioni: almeno, ho evitato
di prendermi oltre al danno subito le beffe e lonta che spetta
ai ritardatarî.
E voi siete ripartiti
già il sabato? Potevamo davvero, averlo saputo, mangiare
insieme, tutti e quattro. Unaltra volta, speriamolo. Quanto
a Raffo, io lo stimo parecchio ed è un peccato che anche
lui ogni volta peni per trovarsi un editore decente (e magari finisce
nelle avide fauci del Leone, che buon editore non è...).
Di Bonaviri ho letto molto, anche la Contrada: ci fu unepoca,
sulla metà degli anni 70, che lui veniva spesso a Firenze
e con valigie cariche di libri (suoi) che regalava agli amici degni,
fra i quali ebbe la bontà dinserirmi. Sul piano del
comportamento, era un po insistente e forse megalomane, tuttavia
il suo valore è indiscutibile. Di lui mi sembra di aver recensito
solamente un romanzo (Dolcissimo) e le poesie di O corpo sospiroso:
ciò che, immagino, gli è parso un omaggio saltuario
e inadeguato. Ma, ti ripeto, ne ho stima sincera.
È unora
insolita per scrivere lettere (le cinque del pomeriggio), ma volevo
darti un riscontro, colpito come son restato dal rivederti ex abrupto,
in una sede così negata alle confidenze. Però ho avuto
modo di conoscere Silvana, e questo è già abbastanza.
Del mio vivere un po concitato fra la prepotenza degli orari
e gli ordini di servizio, ti sarai fatta unidea... Che presidente
sono...
Prima, eravamo
stati in Spagna, come ti dicevo: Salamanca, León, Burgos,
con epicentro a Valladolid e corsa finale a Santiago de Compostela.
Tutto il giorno, o quasi, al di sopra del poetabile, credimi.
Un abbraccio.
Ti ho salutato la Gianna e tu (adesso) salutami Silvana. Affettuosamente.
Saluta anche
la tua mamma.
Padova, 10 agosto 95
(a Stia dormì, estasiato, Campana: cfr. La Verna)
Caro Ugo, dopo
la settimana eccitante, di grandi camminate, in Val di Fassa, eccoci
di nuovo a casa; con poche speranze di viaggi ulteriori perché
mia madre è a Firenze tutta lestate e la Gianna deve
lavorare sodo (e io?). Un ricordo affettuoso a voi tutti.
Padova, 6.IX.95
Sono passato
dalle parti di Pienza mentre cera il nostro M.L.; ma non ho
avuto il tempo di fermarmi a salutarlo.
Caro Ugo, solo
questo placido residuo delle mura veneziane, in riscontro alle tue
plurime vedute, marine e di terra. Lozio è
uscito, ma si vede che le tue poesie non arrivarono in tempo per
questo fascicolo. Mi premurerò di far sì che escano
nel prossimo, visto che faccio parte di un sedicente comitato
di direzione (!). Scrivilo, quel che ti senti di scrivere,
nella poesia di Francesco. Da stamparlo, poi, troveremo. Bandini
è bravo; Scattaglini anche, pur nella sua ossessività
(che ci comunica). Saluti ai tuoi.
Padova, 8.1.96
Caro Ugo, la
tua lettera ha impiegato 21 giorni da Galatone a Padova... Sarà
stato per limprudente suo contenuto, che dici? La piccola
che ami appartiene al Vate; attendi, almeno, che lui
lasci questa terra, non ti sembra? Ha letà del nostro
Bertolucci (anzi, l6 giorni di più), quindi non ci saranno
da aspettare decenni. Naturalmente voglio pensare a un tuo scherzo,
o capogiro da poeta. Sta arrivando il tuo nuovo libro? Il mio (dicono
così alla Marsilio) per marzo dovrebbe esserci: 73 poesie,
solo poche uscite nel frattempo su rivista. Hai avuto Origine e
destino? A questo punto, prova a telefonare al prof. Rafanelli (Loretto)...
Io te lavevo fatto spedire, ma... Con augurî affettuosi
per il 96.
Padova, 17 febb. 96
San Nicolò
nella quale, parecchi anni fa, ho portato Luzi: che molto ne restò
colpito, da come la sincontra inattesa.
Caro Ugo, è
arrivato il tuo Bosco, e di corsa lho attraversato. Grazie
della dedica generosa. Mi sembra tutto molto affilato, composto
e coerente: gremito di lari, di patrie, con uninclinazione
a Sinisgalli (o, qua e là) a Caproni, che ha ormai espulso
il betocchiano da me segnalato quasi trentanni
or sono!
Naturalmente rileggerò e ne riparleremo. Sono felice di questa
tua sortita (o conferma, direbbe la critica). Fa
spedire a più gente che puoi: anche se, come sempre, saranno
in dieci a leggerti come si deve. Con affetto.
Padova, 22.3.96
Caro Ugo, ricevo
la tua molto amara lettera; spero che tua madre sia uscita dal coma
e tu dalla tua remissività così cupa. Spero. Grazie
della ripromessa lettura della mia origine e del mio destino (ebbri?
chissà...), ma intanto, con luscita del nuovo libro
(disponibile dai librai da domani, credo), Numeri primi, ho fatto
la dolorosa constatazione che parecchie copie sono da buttar via
per due sedicesimi (da p. 64 a p. 95) pieni di pagine bianche e
di poesie che, con effetto ridicolo, sono stampate luna sullaltra!
Pare che alla Marsilio non sia mai successo finora: dovevo arrivare
io, evidentemente... Se trovi una copia a Lecce, guarda subito in
che condizione è (temo che ci siano in giro un centinaio
di questi oggetti-aborto). Ti accludo in fotocopia quanto scrissi,
nellanniversario, per Gatto; più ampiamente ne vedrai
ancora in aprile su Poesia. Tutto qui. Un augurio affettuoso
anche per Silvana, anche da parte della Gianna.
Padova, 7 agosto 96
Caro Ugo, ebbi
a suo tempo i tuoi, vostri saluti, da Firenze e da Urbino. Noi siamo
appena tornati da otto giorni di montagna (di stanza a 1738 metri;
ma ci siamo spinti, a piedi, fin verso i 3000); vista di ghiacciai
e altre meraviglie, in quel di Sondrio. Ora premono i molti lavori
lasciati in tronco. Ho visto gli Atti in onore di Macrì (Giornata
fiorentina al Vieusseux) e anche il volume coi saggi montaliani.
Per il Giornale ho scritto una noticina, di più
non si poteva... State bene, con un saluto affettuoso.
P.S. Farò il corso 96-97 sulla poesia di Betocchi. Piacerà?
Padova, 24 dic. 96
vigilia di un Natale che passeremo a Verona poche ore; Capodanno,
invece, a Firenze, dove mia madre, oltretutto, non potrebbe stare
da sola. Il resto delle vacanze qui, studiando sempre, alla rincorsa
del tempo perduto, per placare i creditori che giustamente
esigono la consegna del lavoro pattuito. Che assurdità aver
accettato, per debolezza o per un po di soldi, impegni che
ti rovinano le giornate, lanno intero... Julita
introvabile anche dai pochissimi che ne sapevano qualcosa. Mi dispiace.
Ma la Grecia è proprio un altro universo, quasi staccato
dal nostro. Flitis non aveva contatti, o quasi, con noi di
qua. Un augurio anche a Silvana.
Padova, 19.VI.97
Caro Ugo, penso
che gradirai questa visione romana, anche se spedita da Padova,
tra un viaggio e laltro (torno infatti da Roma, dove risarò
la settimana ventura). Ho ricevuto la tua lettera notturna, in strana
busta (da stampe o libri). Grazie di quel che ti rimarrà
del Gioco e la candela, e se anche per te questa varrà quello.
Sorrido al tuo citarmi La Nazione, sulla quale cessai
di scrivere nel 1980... Non ho sedi sulle quali scrivere di poesia
doggi. Ma tu spedisci intanto una copia a Crocetti, meglio
se con dedica; e forse su Poesia una breve scheda si
potrà fare. Con molta pazienza nellattendere, e lo
sai...
La mia schiena-gamba va meglio; spero di potermi concedere un po
di montagna, cioè di buona fatica, dopo il 20 luglio. Sta
bene e disegna, intanto, sulle carte, il tuo indispensabile grand
tour. Un abbraccio.
24 dic. 97
Caro Ugo, ho
forzato fiabescamente le tue confidenze sul freddo che fa (anche)
a Galàtone (gala del Salento). Perdona al poeta queste libertà.
Un mucchio di augurî per lAnno che viene!
(gelate salentine)
Per Ugo / e Silvana
La cucina del diavolo, le pentole
a cui manca il coperchio
nel Salento
provvidero alla casa in quel Salento
dove linverno non è atteso
ma
il secolo decrepitando bùbbola
ogni anno di più.
Non ci pensavano
i committenti, o così volle il diavolo
nei panni dellaccorto capomastro
coi suoi ponteggi e règoli infallibili.
E fu pronta la casa, ariosa nitida
gemma e gala del Salento - ma senza
impianto di riscaldamento.
Solo una stufa, monumentale, erede
di quelle ove sincubano felici
interi giorni e arcate di capitoli
nei romanzi russi dellOttocento.
Anche tempio di amori, di preghiere,
e fornello di fulgide cotture.
Ma a dicembre, a gennaio, mentre il secolo
decrepitando arrota i venti e bùbbola
nei suoi fragili carri scortecciati
e perduti sulle vie natalizie
ai proprii nidi, eccoli coricati
i dolci coniugi prima di notte
e prender sonno ai geli che la luce
regala ai cieli sul punto di andarsene...
E lui, temendo che sognerà cupo,
si fa forza, ripensa a quelle stufe,
agli appena discesi da una slitta
che romanzescamente vi sinternano,
membra elette, dai piedi al cuore, accesi
del loro brizzolato portamento...
E chi ascolta venir su dal Salento
al teporoso Settentrione il seme
di novelle sì strane sente il brivido
della distanza e si ridice: - O lunga,
o lunghissima Italia, o calza scura
di Befana, in cui ci si nasconde,
creduli doni di noi a noi stessi,
poeti di torrone e mandorlati,
scorze darancia, e carbone, e paura...
24 dicembre 1997
10.8.98
Caro Ugo, dopo
la nostra conversazione telefonica di poco fa, mi è venuto
in mente di consegnarti questi versi di fantasia, divaganti,
che per pura coincidenza han trovato collocazione sul quotidiano
più diffuso del Veneto.
[Sul Gazzettino di Venezia, nel bicentenario leopardiano. N.d.R.]
Se i libri da lontano
Sarete stanco, signor passeggero.
La notte è andata, e voi qui sul mio carro
tutta una tirata sotto le stelle.
Fa freddo? Queste che il rosa addolcisce
sono le mura di Recanati.
E queste le chiavi della città.
Entrate da solo, sarà affar vostro
orientarvi il dedalo non è
nelle vie dove non si sente un grido
ma semmai nel cuore di chi sapete.
Il poco sole forse gioverà.
Penso che un paio dore basteranno
a farvi capire se questo viaggio
era opportuno o inutile. Se i libri
da lontano dicevano già tutto.
Io intanto lego il carro a questi lecci
su cui insiste la luna (o cara luna...).
Siate calmo. Io vaspetto. Mi direte.
15 giugno 1998
Padova, 20.8.00
Garni Mayr - Gruppo del Sella e Passolungo. Ci dormimmo
lanno passato, una notte.
Caro Ugo, evidentemente qui era più a settentrione di Urbino.
Ultima Thule! Ma chi vedevi, oltre al poeta Umberto P.? Voi
li cercate invan: son tutti morti (cita Leopardi nel Dialogo
di un Folletto...). In ogni modo: stai bene? Noi abbastanza e
affettuosamente vi ricambiamo i saluti.
(3 - Fine. Le precedenti puntate su Apulia, nn. III
e IV 2005)

Caro Professor
Bernardini,
eccole con sollecita premura il mio poemetto:
LA PORTA DELLE PECORE, con le poesie aggiunte: queste non sono da
illustrare. Voglia leggerlo, se mai, anche Lei , oltre al Suo figliolo,
e dirmene, o darmene (se crede) il Suo raro giudizio.
Le mando il poemetto per la gentile e buona amica signora Rolli.
Per laltra faccenda dellAlbero, ne scriverò prestissimo
a Macri e Le farò sapere. Poi verrò a visitarLa, un
pomeriggio, preavvisandoLa per tempo. Ed ora mi conceda due parole
per il Suo figliolo. Arrivederci e cordialissimi saluti di affettuosa
amicizia (se mi consente).
Caro e giovane
Alberto, noi ci siamo conosciuti un paio danni fa credo
in occasione dun premio Salento. Lei mi parve allora
così giovane: ora so che è allUniversità;
vede: siamo colleghi: auguri per gli studi e lavvenire: Firenze
poi è città unica e Gliela invidio.
E veniamo al
servigio che così di buon grado e con freschezza tutta giovanile
sta per volermi rendere: grazie infinite. Ho parlato stamani col
Suo Papà, che è un fior di garbo e di urbana gentilezza,
e di cui Lei certamente deve andar fierissimo.
Non so ancora con qual Editore stamperò il volumetto, comunque:
ho scorso di nuovo poco fa La neve e mi
sono soffermato nei Suoi schizzi-disegni: sono altrettante poesie.
Ne faccia delle uguali per il mio librino e mi farà contento:
sa (scherzo) i poeti sono sempre incontentabili.

Ho segnato qua e là appiè di pagina
i motivi figurativo-affettivi che Lei dovrebbe illustrare: che sono
lautunno, tetti, orti, rondini, qualche figura umana appena
pastellata in punta di piedi o di lapis foglie, vecchie
nere, un Crocifisso alla parete (ce la fara?: certamente), e soprattutto,
come suggerisce il titolo, molte pecore.
Naturalmente, Lei modifichi, amplî, saffidi dunque al
Suo estro piu libero e ne bilanci un po le punte, penetrato
che abbia lo spirito del mannello di versi (che poi sono un racconto,
a chi ben guardi). Dunque, vorrei raccomandarLe, ma so che non ne
ha bisogno, di legrere con un po di raccoglimento il mio modesto
lavoro. Sono fiducioso che ne registrerà illustrativamente
il succo vitale, il poco che cè. Dia poi i disegni
al Suo Papà che avrà la bontà di ritornarmeli
per la stessa signora Rolli: o verrò io a prenderli. Di nuovo,
molti auguri per tutto e mi tenga suo Ercole Ugo DAndrea.
DAndrea, o della poesia neoclassica
Nuove lettere per laltra riva
Era così: fragile,
timidamente ironico, affabulatore con pochi intimi, e comunque ansioso,
ossessivamente disposto a non lasciare respiro a chi gli manifestasse
sicura amicizia o gli prospettasse spiragli di spazi decenti per
la sua poesia.
Era proprio come la sua poesia: cristallo soffiato, sabbia resa
trasparente da magici processi chimico-fisici indotti da fucine
domestiche, enucleati da fuochi accesi in caverne ammiotiche. Per
questo ogni volta che varcava la linea di confine degli affetti
primari si sentiva in pericolo. Rientrava allora precipitosamente
nel fortilizio con difese vitali (madre-rifugio, moglie-madre),
invocando per di più complicità e protezioni di amici
e corrispondenti. Luzi e Ramat fra gli altri: prima degli altri,
e sopra tutti gli altri. Perché sentiva lincontenibile
urgenza di rimettere nelle loro mani tutto di sé, virtù
e vizi, tormenti reali e fantasmatiche rappresentazioni: vita e
teatro. Compiacendosi degli abbandoni e avvolgendosi nel calore
della comprensione, o ritraendosi corrivo di fronte allindifferenza
(a volte allinsofferenza), di chi aveva eletto a nume tutelare
di sé e della sua poesia.
Fu, in ogni caso, continuatore di una tradizione che aveva visto
intellettuali e scrittori salentini a contatto permanente con Roma,
con Firenze, con Parma, con Milano, aggiungendovi Urbino e i poeti
che vi gravitavano, e Padova, e lui, che fu uomo di pianura
e di depressioni da marmorto eccentriche geografie montane.
Rari, e mai oltre un sobrio formalismo, i rapporti con altri poeti
di una piccola patria che riteneva simultaneamente trincea e prigione,
terra desilio e terra delezione, per niente preoccupandosi
della contraddizione e dellambiguità, perché
proprio da queste seppe trarre ogni volta la forza dei risorgimenti,
dei notturni vitalismi, della bronzea determinazione ad andare avanti,
senza mai darsi (senza mai dare) alcuna tregua.
Flessibile e pervicace, al modo di un vinco: ecco quel che fu, e
come ci piace ricordarlo. Ricca di risonanze emergenti per partenogenesi:
così, la sua poesia, come vogliamo leggerla e interpretarla,
visto che è (ed è stata ritenuta) altra
anche nella linea della tradizione non soltanto salentina della
scrittura di profonda eco spirituale.
aldo bello
Ogni cosa è
sempre prossima alla fine, nella poesia di Ercole DAndrea:
ogni corpo, ogni passo, ogni sguardo, hanno sempre un rapporto con
la fine. I fiori, i grilli fra le case, il mandorlo, lalba,
la foglia, il passero sul davanzale, tutto precipita verso la fine.
È poesia che dice la consapevolezza, a tratti angosciosa,
della fragilità dellesistenza, che dice lo sbigottimento,
la rassegnazione davanti allo sgretolarsi delle creature, al dissiparsi
delle loro storie.
La morte si affaccia nel paesaggio discretamente o con prepotenza,
affiora dalle pagine di un libro, si insinua dentro un verso come
similitudine o metafora, assume le sembianze di un perduto affetto.
Tutto è transeunte nella poesia di DAndrea, e tutto
è eterno. Ma leterno non è altro che una rivelazione
della realtà: è lo stupore che viene da un ricordo,
dai fenomeni delle stagioni, da un abbaglio, dai colori del cielo
o di unicona.
Leterno è nella metafora del mare, nel desiderio di
un senso dinfinito, indefinito, sconfinato: Ditemi:
prima di morire / avrò varcato il mare?. Prima di morire:
leterno, quindi, è unansia che attraversa lesistenza,
che non sta dopo, oltre, ma dentro, nelle profondità.
Il tempo della poesia di Ercole DAndrea non è che continua
replica: tutto quello che accade è già accaduto; ogni
pensiero è già stato pensato; i giorni e le notti
sono soltanto la copia copia annerita dei giorni e
delle notti che sono ormai stati.
Una figura di madre va e viene tra il transeunte e leterno,
tra la vita e la morte, tra il presente e il passato, tra la veglia
e il sonno, tra una ragione e un incanto. Creatura di cielo e di
terra, la madre è lincarnazione dellidea del
tempo, il punto di riferimento nella spazio quotidiano, larchetipo
dellorigine delluniverso.
Da una figura di madre DAndrea ha in dono temi, motivi, modelli
culturali, significati che vengono continuamente caricati di valenze
nuove e poi rinviati alla madre stessa, forma primitiva ed esemplare,
che li accumula, li stratifica, li pone in relazione.
La madre è un codice dellesistenza; è un reticolo
segnico, un testo fluttuante, in continua espansione.
Ed è verso questa forma, verso questa figura, che si orienta
la ricerca del senso dellesistenza; in essa si cercano le
ragioni, si generano le domande e le risposte, si indagano i rapporti
con il passato, con la propria storia e con quella dellaltro;
è questa figura che muove il desiderio di conoscenza che
poi si realizza o tenta di realizzarsi con un gesto
di tradimento: la madre racconta, ma il figlio / vuole vedere
il mare, / la prima stella sul mare / e lascia il pozzo bianco al
verdeoro della campagna.
Al figlio non basta più il racconto della madre, la sua conoscenza,
la sua esperienza. Vuole cercare altre storie da aggiungere, da
sovrapporre, da confrontare, da stingere, da tramandare con le sillabe
di una poesia. Per listante che una poesia può durare.
antonio errico
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