Un efficiente
sistema integrato
di trasporti
su scala europea
rappresenta
un obiettivo
prioritario ai fini della riduzione degli squilibri
regionali.
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Molti studi teorici ed empirici sottolineano la relazione che intercorre
tra le potenzialità di sviluppo di unarea geografica
e il volume delle infrastrutture economiche e sociali di cui essa
dispone. Un soddisfacente livello di dotazione infrastrutturale
del territorio genera infatti una serie di vantaggi economici diretti
e indiretti, sotto forma di maggiore produttività e di maggiore
efficienza del settore industriale, che nel complesso accrescono
la capacità competitiva di un Paese sul mercato globale.
Di fronte allincalzare della concorrenza e alle crescenti
difficoltà dellindustria europea, il problema dello
sviluppo infrastrutturale dellUnione europea e soprattutto
delle sue regioni più svantaggiate, che rischiano di rimanere
del tutto emarginate dal processo di integrazione ha assunto
sempre maggiore rilevanza.
Ad alimentare il dibattito su questo argomento hanno contribuito,
oltre allallargamento ad Est delle frontiere dellUe,
che ha portato la propria superficie territoriale vicino ai quattro
milioni di kmq, anche gli effetti prodotti dallapplicazione
delle regole fissate in sede comunitaria dalla disciplina di bilancio
degli Stati membri. Gli stringenti vincoli posti dal Trattato di
Maastricht e dal Patto di stabilità alle politiche fiscali
nazionali hanno infatti spinto i governi di molti Paesi a risanare
le finanze pubbliche anche attraverso la compressione delle spese
per investimenti delle amministrazioni.
Questa decisione, se da un lato sembra giustificarsi per limpraticabilità
politica di più incisivi interventi sul versante del welfare,
che assorbe in media nellUnione quasi la metà della
spesa pubblica corrente, dallaltro appare in netto contrasto
con la necessità di realizzare in tempi ragionevoli un efficiente
sistema europeo di grandi reti infrastrutturali, necessario per
sfruttare appieno le opportunità offerte dallistituzione
del mercato unico.
Dopo avere oscillato nel periodo che va dalla fine degli anni Ottanta
allinizio degli anni Novanta attorno al 3 per cento, in Europa
lincidenza degli investimenti pubblici diretti sul prodotto
lordo si è progressivamente ridotta, fino ad attestarsi (nel
2004) poco sopra la soglia del 2 per cento (in Germania, all1,4
per cento); cioè ad un valore che, tenuto conto delle carenze
e delle strozzature nelle opere infrastrutturali, non appare certamente
coerente con lobiettivo della Strategia di Lisbona di fare
dellEuropa «leconomia basata sulla conoscenza
più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare
una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di
lavoro e una maggiore coesione sociale».
Il Trattato di Maastricht del 1992 attribuisce notevole importanza,
ai fini del consolidamento della Comunità, alla creazione
di reti transeuropee nel settore dei trasporti, dellenergia
e delle telecomunicazioni. Probabilmente, però, è
solo a partire dal 1993, a seguito della pubblicazione del celebre
Libro Bianco della Commissione Delors, (Crescita, competitività
ed occupazione), che si è cominciato ad acquisire una crescente
consapevolezza degli svantaggi derivanti dalla carenza di grandi
opere infrastrutturali; carenza che ha indotto parecchi studiosi
e policy-maker a mettere in dubbio la compatibilità delle
regole sovranazionali di bilancio con le esigenze di sviluppo e
di integrazione del Continente europeo. In particolare, è
apparso sempre più evidente come la realizzazione di un efficiente
sistema integrato di trasporti su scala europea rappresenti un obiettivo
prioritario ai fini della riduzione degli squilibri regionali e
del pieno rispetto del principio della libera circolazione delle
persone e delle merci allinterno della Comunità.
A più di una dozzina di anni dalla pubblicazione del Rapporto
Delors si registrano, purtroppo, ancora sensibili ritardi nella
costruzione delle reti transeuropee, pur avendo più volte
le istituzioni comunitarie ribadito che esse rappresentano progetti
determinanti per sostenere la crescita economica e garantire la
coesione territoriale dellEuropa, soprattutto ora che i suoi
confini si sono allargati ad Est.

Per quanto riguarda il settore dei trasporti, è vero che
sono stati compiuti apprezzabili progressi in materia di interoperabilità
ferroviaria, ma è anche vero che sono pochi i progetti di
grandi dimensioni finora ultimati: il collegamento fisso tra la
Danimarca e la Svezia, laeroporto Malpensa alla periferia
di Milano, la rete di treni ad alta velocità tra Londra,
Parigi e Bruxelles, e la linea ferroviaria che collega lIrlanda
del Nord e lEire.
Secondo alcune stime, una volta entrate in funzione, le reti transeuropee
potrebbero assicurare un incremento del prodotto lordo dellUnione
di quasi mezzo punto percentuale allanno e circa un milione
di nuovi posti di lavoro; esse però richiedono massicci investimenti
da parte degli Stati membri, dato che il contributo dei fondi comunitari
risulta limitato ad appena un decimo del loro importo. Cioè,
in assenza di compartecipazione dei capitali privati, gli Stati
per realizzare tutti gli interventi programmati si dovrebbero accollare
una spesa addizionale di circa 400 miliardi di euro, corrispondenti
a più del 4 per cento del Pil della Ue-25. Naturalmente,
questo enorme sforzo finanziario andrebbe a ricadere soprattutto
sulle spalle dei maggiori Paesi dellUnione, che sono poi quelli
che, avendo sfondato il tetto del disavanzo, debbono mettere in
atto severe misure di risanamento.
Per ovviare a questa situazione dimpasse, che penalizza in
modo particolare le regioni più periferiche della Comunità,
alcuni economisti hanno proposto di introdurre nel Patto europeo
di stabilità la cosiddetta golden rule, con lobiettivo
di escludere dal calcolo del deficit di bilancio dei singoli Stati
membri le spese pubbliche per investimenti, le quali potrebbero
essere così finanziate ricorrendo allindebitamento.
In linea di principio, questa proposta non sembrerebbe mettere a
repentaglio la sostenibilità delle finanze pubbliche né
il livello di benessere delle generazioni future. I maggiori oneri
derivanti dal servizio del debito potrebbero essere fronteggiati,
infatti, con la maggiore ricchezza generata dagli investimenti pubblici.
Dato che la golden rule presuppone una precisa individuazione
delle spese effettivamente suscettibili di generare reddito addizionale,
e dato che la sua adozione potrebbe indurre i governi ad assumere
comportamenti opportunistici, il suo ambito di applicazione potrebbe
essere circoscritto proprio alle reti transeuropee. Spingerebbero
verso questa soluzione sia le oggettive difficoltà che incontrano
numerosi Stati membri a finanziarne la costruzione senza espandere
il disavanzo, sia il fatto che esse costituiscono uno dei mezzi
più importanti per accrescere le potenzialità delleconomia
europea.

La saturazione di alcune grandi arterie di comunicazione, la crescita
del trasporto su strada a scapito di quello ferroviario e del cabotaggio
marittimo, nonché i ritardi registrati nella realizzazione
delle reti transeuropee, sono tutti fattori che rischiano di pregiudicare
seriamente le prospettive di sviluppo economico e sociale dellUnione.
In base ai due principali indici impiegati per la misurazione della
competitività delle diverse regioni del globo (il Growth
Competitiveness del World Economic Forum, e il World
Competitiveness Year-book dellInstitute for Managerial
Development), nel 2004 lItalia si collocava già agli
ultimi posti fra i principali Paesi dellOcse per quanto concerneva
rispettivamente la qualità del complesso delle infrastrutture,
lefficienza delle reti di trasporto, la disponibilità
di impianti energetici, lo sviluppo dei sistemi logistici, e gli
investimenti nel settore della ricerca e nelle tecnologie dellinformazione
e della comunicazione.
Focalizzando lattenzione sui maggiori Paesi europei, da un
recente studio di Confindustria si evince che lItalia presenta
un livello di infrastrutturazione del territorio superiore a quello
della Spagna, ma di gran lunga inferiore a quelli del Regno Unito,
della Germania e della Francia. I punti più deboli del nostro
Paese sono costituiti, sempre secondo quello studio, dalle linee
ferroviarie e dalle reti di telecomunicazione: posto infatti pari
a 100 il dato medio dei cinque Paesi considerati, per entrambe queste
infrastrutture lindice si colloca su un valore inferiore a
93. Solo nella dotazione di reti stradali, pur rimanendo sotto la
media, lindice dellItalia si attesta su un valore prossimo
a quello della Francia e della Germania.
Il nostro sistema di trasporti, in particolare, non solo appare
sottodimensionato rispetto a quello dei principali Paesi dellUe,
ma è anche afflitto da un persistente squilibrio in favore
della strada. Basti rilevare che in Italia si contano ben 5,5 tonnellate
di merci trasportate su gomma per ogni tonnellata di merce trasportata
su ferro, a fronte di un rapporto che in Germania risulta pari a
0,5, in Francia e nel Regno Unito a 1,1 e in Spagna a 4.
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