Se vuole recuperare il gap con il resto
dEuropa, il Paese
deve ritrovare
il coraggio delle
decisioni perché stiamo per essere
catapultati in coda al treno
dellEuropa.
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I Cantoni elvetici, tanto per dire. Ci sono quattro talpe enormi,
ciascuna lunga 420 metri e del peso di tremila tonnellate, sotto
le montagne svizzere, alternativamente impegnate in unimpresa
gigantesca: lo scavo del tunnel più lungo del mondo. Sono
talpe meccaniche costruite in Germania, capaci di sbriciolare la
roccia più dura al ritmo di circa due centimetri al minuto.
Dal 1996 sono al lavoro, insieme a 1.500 tra ingegneri, geologi,
tecnici e operai dogni genere, per costruire una doppia galleria
ferroviaria lunga 57 chilometri che accorcerà a 2 ore e 40
minuti il tempo di viaggio da Milano a Zurigo, riducendolo, cioè,
di unora. È il foro che supererà
lattuale record planetario detenuto dal tunnel di Seikan,
che collega Hokkaido e Honshu, in Giappone. Stiamo parlando del
Gottardo.
I numeri parlano dellopera ciclopica. Saranno scavati 120
chilometri di gallerie; ogni perforatrice ha un consumo elettrico
di cinque megawatt, pari al fabbisogno di un paese di mille abitanti.
Il cantiere utilizza 500 mila litri dacqua al giorno prelevati
dai fiumi della zona; gli operai provengono in gran parte da Paesi
con forti tradizioni minerarie, come il Sudafrica, e sono alloggiati
in città-fungo sorte appositamente, con prefabbricati per
i cui servizi sono state deviate linee elettriche ad alta tensione
e condotte idriche ad uso civile. Il materiale scavato ammonta a
13 milioni e 300 mila metri, equivalenti a 24 milioni di tonnellate,
o, se si preferisce, a una quindicina di piramidi di Cheope. Una
parte è riciclata per farne calcestruzzo da utilizzare allinterno
delle gallerie, unaltra serve a ricostruire il delta del fiume
Ruess, dalle parti di Lucerna. Lungo il traforo, i treni viaggeranno
a 250 chilometri/ora in due tunnel distanziati di 40 metri: a est
i convogli diretti a Milano, a ovest quelli per Zurigo. La sicurezzaß
è garantita dalle gallerie di scambio che consentono ai treni
di cambiare binario, da due stazioni di soccorso a venti chilometri
luna dallaltra, da cinque tunnel demergenza che
conducono ad altrettante città: Erstfeld, Amsteg, Sedrun,
Faido e Bodio.
Il Gottardo sarà operativo dal 2014. Costerà 19 miliardi
di euro. Allo stato, già scavati una sessantina di chilometri.
I cittadini dei Cantoni interessati ne sono entusiasti: il traffico
su gomma, che negli ultimi dieci anni è aumentato del 1.015
per cento, sparirà quasi del tutto dalla circolazione. Ne
guadagnerà la qualità della vita dei paesi e delle
città. Non per nulla la società Alptransit sul suo
sito Web vende souvenirs e organizza visite ai cantieri e «giornate
delle porte aperte». Nessuno, qui, ha paura del nuovo. Nessuno
teme di non trovare più in negozio le stesse pantofole. Nessuno
si sente vecchio. Nessuno vuole restare recluso nel passato.

Le Regioni dItalia, tanto per dire. Riapertura al traffico
della galleria Brasile, percorribile in direzione nord
tra Genova e Bolzaneto. Nel nostro pavidissimo Paese degli egoismi
locali oggi fa notizia persino la ripercorribilità di unoperetta
da tre soldi, esattamente nove milioni di euro, magari importante
per il traffico locale, ma non certamente di rilevanza nazionale.
Perché, allora, tanta emblematica importanza? Perché
in altri Paesi opere come questa fanno parte delle cose correnti,
quotidiane. Ma da noi anche la modestia è una novità.
A causa del blocco delle opere infrastrutturali cominciate nel 1975,
attualmente abbiamo le stesse infrastrutture di trentanni
fa, mentre la domanda è cresciuta del 300 per cento.
Siamo un caso unico al mondo. Unanomalia nella storia dello
sviluppo civile e sociale. Una contraddizione lapalissiana. Infatti,
si predica insistentemente la crescita della produttività,
ma è fin troppo facile osservare che essa è legata
alla velocità non solo della produzione, ma anche del trasporto.
Causa principale del blocco delle opere, sostiene lex amministratore
delegato di Autostrade per lItalia, Vito Gamberale, è
la frammentazione delle autorizzazioni e delle competenze, mali
endemici delliperburocrazia nazionale. Ma anche la legge sugli
appalti produce effetti dannosi: in nessun Paese europeo si ha una
legge specifica basata sul massimo ribasso, perché questo
vuol dire fare lopera in perdita, dunque farla male e bloccarla.
Che succede, allora? Che Autostrade, avendo volontà di investire,
potrebbe spendere 11-12 miliardi di euro in pochi anni, a vantaggio
del Paese, ma ha difficoltà a farlo. Sostiene Gamberale:
se vuole recuperare il gap con il resto dEuropa, il Paese
deve ritrovare il coraggio delle decisioni. Perché la realta
è questa: stiamo per essere catapultati in coda al treno
dellEuropa, mentre continuiamo a gingillarci tra sì
e no alla Tav, sì e no al carbone per le centrali elettriche,
sì e no ai tunnel e alle varianti di valico, sì e
no al Ponte di Messina, sì e no al Mose di Venezia...
Ma come può avanzare un Paese già soffocato dai lacci
burocratici, grazie ai quali ci son voluti trentanni per portare
a termine i lavori del Brasile e ora strangolato da
un partito del no che vuol bloccare tutto, compreso
il futuro dei nostri figli? Comè possibile che si debba
assistere a mascherati spoil systems anche per le opere pubbliche,
per cui a ogni cambio di giunta locale o provinciale o regionale
o nazionale inevitabilmente si pensa di modificare progetti e stanziamenti
già decisi e operativi? E si badi bene: il male che facciamo
a noi stessi non lo toccheremo con mano in tempi lunghi o medi.
Si rivelerà in tempi immediati. E non riguarderà qualche
valle o qualche pianura, una centrale o unarteria. Coinvolgerà
lintero Paese. E allora si giungerà ad un apocalittico
si salvi chi può.
La lezione della Storia, tanto per dire. Nel 1766 alcuni cittadini
inglesi chiesero al loro Parlamento il varo di una legge per la
costruzione di un canale tra i fiumi Mersey e Trent, nel versante
occidentale del Regno Unito. Quei cittadini sostenevano che una
nuova via dacqua, attraverso una delle regioni più
dinamiche del Paese, avrebbe consentito ai fabbricanti di ceramiche
delle Midlands di raggiungere più agevolmente il porto di
Liverpool e i mercati mondiali. La legge fu approvata e i lavori,
iniziati a spron battuto, si conclusero nel 1776, dopo la costruzione
di 70 dighe e 5 tunnel, di cui uno particolarmente lungo (circa
4 chilometri) e complicato. Il Grand Trunk Canal, come fu chiamato,
divenne larteria di un grande distretto industriale che collegava
le città di Birmingham, Manchester, Nottingham, Stoke on
Trent e Liverpool, che è come dire il cuore della grande
rivoluzione industriale su cui la Gran Bretagna avrebbe costruito
nelle generazioni successive la sua potenza mondiale.
Manco a dirlo, il successo delloperazione scatenò una
sorta di febbre dei canali e dette il via a progetti
analoghi nella stessa Inghilterra, in Francia e in America. Da noi
leco di quelle grandi opere pubbliche arrivò tardi,
affievolita dalle distanze e dalla scarsa attenzione delle nostre
classi dirigenti per i problemi della modernizzazione.
Agli inizi del Seicento lItalia aveva probabilmente il Pil
superiore a quello della Francia e della Gran Bretagna. Alla fine
del Settecento, con qualche eccezione, (lagricoltura lombarda
e le bonifiche toscane), era divenuta una delle regioni più
conservatrici e stagnanti del Vecchio Continente.
Il presente, tanto per dire. Il caso della Val di Susa (e di Civitavecchia,
di Brindisi, di Venezia, di Messina, e via negando) non sarebbe
così preoccupante se non fosse un altro segnale di una cultura
antimodernizzatrice che sembra essere divenuta lideologia
dominante del Paese. Negli anni Sessanta, quando furono terminati
i lavori per lAutostrada del Sole e fu rinnovata la rete telefonica
nazionale, lItalia era più dinamica della Francia.
Avevamo una grande industria chimica, costruivamo dighe colossali
in America e in Asia, detenevamo posizioni di tutto rispetto nel
settore ferroviario e in quello aeronautico, eravamo una potenza
nucleare emergente.
Conosciamo gli scandali e le tragedie, dal Vajont al Petrolchimico
di Marghera e alla diossina di Seveso, che hanno offuscato limmagine
di alcuni grandi comparti delleconomia nazionale. Ma in altri
Paesi (si pensi al grave incidente nucleare di Three Mile Island,
e altri) scandali e tragedie ebbero leffetto di rafforzare
i controlli e le misure di sicurezza. Da noi, invece, vennero usati
dal violento massimalismo ambientalista per creare unatmosfera
di sospetto e di diffidenza verso qualsiasi progetto industriale
e tecnologico di grande respiro.
Dopo aver gettato alle ortiche (per un incidente avvenuto altrove)
la sua notevole esperienza nucleare a scopo pacifico, lItalia
conservatrice oggi non vuole le centrali elettriche, le opere di
sbarramento e di regolazione della Laguna veneta, i raddoppi autostradali,
i depositi delle scorie nucleari, le ferrovie urbane, i trafori,
il Ponte sullo Stretto, lalta velocità e persino i
mulini a vento per lenergia eolica. E in questo fronte
del no confluiscono verdi, no global, centri sociali, qualche
parroco populista, qualche sindacalista in libera uscita, qualche
politico ultrà, tutti disposti a barattare il futuro del
Paese contro un po di consenso. Dietro questi apostoli dalla
carne (politica) debole, gli adepti alle culture locali, dagli orizzonti
limitati, incapaci di spirito predittivo. Da mettere in mora al
più presto, se non si vuole tornare alle latitudini bucoliche
del Paese rurale. Restino, costoro, e solo costoro, imprigionati
nel loro passato.
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