Il Papa non ha
nulla di cui doversi scusare, perché
non ha attaccato
lIslam, ma ha
parlato dellIslam, del Cristianesimo
e dellEbraismo e lo ha fatto in nome del libero pensiero.
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Certe volte si deve scrivere come in apnea. Ed è questo
un caso: non solo per le straordinarie coincidenze che hanno caratterizzato
le prime settimane di settembre, ma anche perché alcune vicende
sono ancora in progress: sappiamo quando, dove e come
sono incominciate, non ci è dato precisare quando, dove e
come andranno a finire. Dunque, è necessario attenersi ai
fatti (certi o accertati) e su quelli soltanto ragionare, mettendo
da parte ipotesi e interpretazioni su futuri sviluppi che le cronache
potrebbero smentire nello spazio dun mattino.
Primo dato reale: la Storia ha cambiato corso l11 settembre
di cinque anni fa, nel 2001, con le stragi alle Twin Towers, al
Pentagono e nel cielo americano (un aereo precipitato forse per
la reazione dei passeggeri; vettore diretto con tutta probabilità
verso la Casa Bianca), consumate dai razzisti fondamentalisti musulmani.
Allepoca, tutti gridarono di essere americani,
compresi quei tristi figuri che immediatamente dopo, al cospetto
delle decisioni statunitensi di reagire e di attaccare il terrorismo
islamico a livello planetario, voltarono velocemente gabbana, rientrando
nellovile materialista che nega qualsiasi uscita di sicurezza;
e compresi quei personaggi ambivalenti, figli dellopulenza
occidentale e delle garanzie di libertà assicurate dalla
civiltà occidentale, che con il loro terzomondismo daccatto,
rigorosamente antiamericano e appunto antioccidentale
non cessano di rinnovare il complesso di colpa, anche cristiano,
di cui si lamentava Nietzsche, sebbene si tratti di individui privi
di autentica fede religiosa praticata, e impegnati in vaniloquenti
girotondi o in marce di tribù settarie che con larghe complicità
spacciano ogni anno la visione edulcorata di un San Francesco pacifista
ante litteram.

Il punto di snodo è in quel World Trade Center che la violenza
cieca trasformò in Ground Zero, in morte di massa, in sacrificio
di vittime innocenti appartenenti a novanta etnie diverse, in emblema
della capacità distruttiva dei kamikaze islamici. Da quel
momento mutò pelle la storia del mondo: non più guerra
in campo aperto, ma scontro fra chi prega per vivere e chi vive
per pregare, e più realisticamente, fra chi esalta la vita
come dono supremo dato da Dio e chi celebra la morte, nel nome di
un presunto martirio, come transito glorioso nel paradiso
delle Uri: tra una civiltà inclusiva, cioè tollerante,
qual è quella dei cristiani, o crociati che li si voglia
strumentalmente definire, e quella dellesclusione, musulmana,
intollerante, sorda al dialogo sincero, discriminante nei confronti
dellAltro e anche al proprio interno. Nel testamento del kamikaze
che diresse la strage alle Twin Towers era scritto: «Ai miei
funerali non voglio esseri impuri, cioè cani e donne. In
particolare, quelli più impuri, cioè le donne incinte».
Sarà anche per il tentativo di raggiungere una pari dignità
che tra gli estremisti imbottiti di esplosivo ci siano state anche
alcune giovani donne?
(I rapporti tra Oriente e Occidente erano già stati stravolti
nellanno del Signore 1187, quando Saladino costrinse alla
resa Gerusalemme, la città dei re David e Salomone, senza
che fra le sue mura ci fosse un solo musulmano. Figlie di una conquista
bellica, dunque, sono le moschee di Omar e di al-Aqsa, insieme con
le mura volute dagli Ottomani che avrebbero fuso insieme le figure
del Sultano e del Califfo, tramandando nel tempo la indivisibilità
dei poteri).

Secondo dato di fatto: lattacco concentrico al Papa, dopo
il discorso allUniversità di Regensburg. Un caso montato,
intanto, dalla tv araba Al Jazeera, la stessa che aveva invitato
allo scontro per le vignette satiriche danesi (ma quattro mesi dopo
la loro pubblicazione), e poi dallinsipienza dei media occidentali
(esclusi quelli tedeschi), i quali hanno estrapolato, dalla citazione
dellimperatore bizantino Manuele II, la frase: «Mostrami
ciò che Maometto ha portato di nuovo e vi troverai soltanto
cose cattive e disumane, come la sua direttiva di diffondere per
mezzo della spada la fede che egli predicava».
Ora, ci sono molti modi di aggredire un Capo spirituale che ragiona
da uomo libero sulla più importante questione del nostro
tempo, lislamismo politico e il jihadismo su base teologica.
Lasciamo perdere il Gran Muftì turco, ritenuto evidentemente
a torto un moderato, il quale pretende chiarimenti, ritiri
di documenti e scuse da parte del Vaticano, dimenticando che nella
sua terra i sacerdoti cattolici vengono accoltellati per metter
fine a missioni già umiliate dallostracismo e dallodio
o abbattuti a colpi di pistola nelle parrocchie, al modo di don
Andrea Santoro, fatto fuori a Trebisonda appena nel febbraio scorso
da un giovane muslim irato per le solite vignette; e dimenticando
anche che nella parte turca dellisola di Cipro i suoi correligionari
hanno trasformato in moschee o in magazzini ben 130 chiese cristiane.
Prescindiamo pure dagli appelli alla mobilitazione anticristiana
di Al Jazeera e di Al Arabiya e delle altre emittenti musulmane
dAfrica e dAsia, che terrorizzano le assottigliate comunità
cristiane sopravvissute come dhimmi, che è come
dire cittadini di seconda categoria. Facciamo finta di ritenere
tattiche e non strategiche le minacce non solo diplomatiche
di principati dispotici arabo-islamici, di fratelli musulmani
che perseguono lo sradicamento della civiltà occidentale,
di esegeti coranici delle principali università del Califfato,
secondo i quali Maometto avrebbe promesso, dopo quella di Gerusalemme,
la presa di Roma, per la gloria universale di Allah. Mettiamo per
un momento da parte il cosiddetto pensiero di esponenti politici,
anche di rilievo, dallarea hezbollah allarea hamas,
che predicano mobilitazioni di massa per protestare contro loffesa
papale che ritengono insostenibile: proprio costoro, che non cessano
di massacrare inermi civili nei mercati, nelle piazze e nelle strade
dal Vicino Oriente allIndonesia. Sorvoliamo su tutto questo
e su altro ancora.
Sta di fatto che, come ha scritto Magdi Allam, è desolante
limmagine dei musulmani che hanno dato vita a un fronte internazionale
unitario, riesumando quellalleanza trasversale e universale
già emersa al tempo delle vignette satiriche, e che attesta
in modo inequivoco che la radice del male è una cieca ideologia
dellodio imperante tra i musulmani che violenta la fede e
ottenebra la mente. Scrive anche Allam: «Le considerazioni
riferite dal Papa, citando limperatore bizantino [
]
sulla diffusione dellIslam tramite la spada, sia da parte
di Maometto allinterno della Penisola Arabica sia da parte
dei suoi successori nel resto del mondo (con talune eccezioni),
sono un fatto storico incontrovertibile. Lo attesta lo stesso Corano
e la realtà del passaggio allIslam dellinsieme
dellImpero bizantino a est e a sud del Mediterraneo, più
la successiva espansione a nord in Europa e a est in Asia. Negare
la realtà storica è semplicemente folle e non può
che generare follia...».
Lezione per lOccidente e per la Cristianità? Piantarla
di considerarsi la causa di tutto quel che nel bene e nel male succede
in seno allIslam e nel resto del mondo: «Lideologia
dellodio è una realtà ancestrale che esiste
in seno allIslam sin dai suoi esordi, per il rifiuto di riconoscere
e di rispettare la pluralità delle comunità religiose
che sono fisiologiche, data la soggettività del rapporto
tra fedele e Dio e lassenza di un unico referente spirituale
che incarni lassolutezza dei dogmi della fede [
]. I
pretesti che possono scatenare la furia mutano, ma il problema è
tutto interno a un Islam trasformato dagli estremisti da una fede
in Dio in unideologia tesa a imporre un potere teocratico
e totalitario su tutti coloro che non sono a loro immagine e somiglianza».

Il segno dellintristimento è proprio qui: è
la sordità dellIslam a ogni alterità. Al Khamil
aveva ascoltato (senza convertirsi) San Francesco, e aveva ascoltato
Federico II, al quale aveva riconsegnato Gerusalemme, senza sguainare
la scimitarra. Così il Paleologo, nel dialogo con il Persiano
nel 300. La sua forza era nellascolto, nella comprensione,
nel reciproco arricchimento culturale e spirituale: una forza che
oggi lIslam non ha più. Daltra parte, che cosa
propone lOccidente? Limmagine del nemico di se
stesso, al modo di Cronos con i propri figli, nel momento
in cui sostiene Ratzinger nega il diritto naturale,
vale a dire la legge fondata sulla ragionevolezza, e quando sostiene
che la libertà può coincidere con lautodistruzione,
con il suicidio, con leutanasia, con luso della droga;
oppure quando proietta videocassette olandesi con trucide effusioni
omo-e-lesbo; e quando rigetta il Dio dei Padri e il costume dei
padri: con questo e con altro suscitando fastidio e senso di disgusto
che confortano il disprezzo, non guadagnano stima ma deprecabilità,
e coinvolgono non i singoli (dei quali poco importa) ma lintera
società in un giudizio ultimativamente negativo.
In queste condizioni lOccidente, un giorno scientifico e oggi
scientista, trabocca di maghi, di indovini, di cartomanti, di imbonitori
astrologhi, di new agers, e respira credenze orientaleggianti, mentre
uomini terrorizzati dal vuoto abbracciano altre religioni, che sembrano
piene di spiritualità, come il buddhismo, e che appaiono
offrire certezze rassicuranti e comportamenti rigorosi, come lIslam.
È il trionfo dellirrazionalismo. Ma intanto, mentre
i culti più strambi fanno proseliti, molti sacerdoti, vescovi
e talora anche cardinali si danno da fare non per insegnare Cristo,
cioè il Logos (Verbum), ma per celebrare cerimonie sincretiste,
multireligiose, come se si potesse dialogare adorando insieme divinità
diverse, e non attraverso il riconoscimento di un comune denominatore,
la ragione, (proprio quella non esaltata, ma imprigionata dallIlluminismo),
che può aprire alladorazione di un Dio nello stesso
tempo razionale e misteriosamente grande.
Questo ha detto il teologo Ratzinger in Baviera, mettendo in campo
il più autentico dramma del nostro tempo, rievocando un Islam
senza cedimenti irenisti o multiculturali; e parlando di un Occidente
cristiano e del suo fulcro identitario come di un universo culturale
e spirituale creato dal messaggio biblico e da quello greco-romano
capaci di coniugare ragione e fede in molti modi diversi che, non
nel loro corso storico, ma nella loro scaturigine e nel loro approdo
parlano di un Dio che «vive e si esperisce, nonostante il
mistero, in vera analogia con la condizione umana»: un Signore
e Padre non capriccioso, tuttaltro che arbitrario, diverso
dal Dio dellortodossia maomettana, e soprattutto da quello
saturnino invocato dai tagliagola delloscurantismo
jihadista di cui abbiamo non poche esperienze (dalla vicenda otrantina
al colpo alla nuca di chi ha stoicamente dimostrato «come
muore un italiano»).
Dunque: il Papa non ha nulla di cui doversi scusare, perché
non ha «attaccato lIslam», ma ha parlato dellIslam,
del Cristianesimo e dellEbraismo veterotestamentario e greco,
e lo ha fatto in nome del libero pensiero. Ha fatto ciò che
nel mondo islamico, pena la decapitazione per arma bianca, è
proibito fare: ha ragionato sulla fede, sulle Scritture, sul Corano,
e ha collocato anche il credo di Cristo, di cui è vicario
sulla terra, in un contesto di libera discussione con la ragione
umana, con la scienza moderna, con la filosofia e con la cultura
di questo nostro mondo e di quellaltro. È stato ciò
che i predicatori islamici di violenza non sono in grado di essere,
a causa del loro patologico Dna religioso: un gesto da guida civile
e spirituale di un mondo di liberi. Ha definito il jihad come lo
intendono gli spiriti ottenebrati del fondamentalismo: una sub-cultura
violenta incompatibile con Dio. Fermi alle loro conquiste scientifiche
del 400 (peraltro non del tutto autoctone, ma in gran parte
derivate dalla sapienza persiana, indiana e persino cinese) e alla
visione del mondo che vide il pensiero di Averroè sconfitto
dalla teologia di Al Ghazali, e bloccate le lancette della loro
storia alle acque di Lepanto e sotto le mura di Vienna, essi ribattono
con i ritornelli delle Crociate, aggiungendo la conquista cristiana
violenta del Nuovo Mondo. Ma appunto qui è la grande contraddizione.
Se si pensa al passato per lunghi tratti oscuro della
Chiesa di Roma, nellaffermazione del jihad incompatibile con
Dio si coglie il monito rivelatore dei cristiani del nostro tempo
recente: chi ha conosciuto gli orrori del fanatismo mostra a chi
oggi ne è attratto le cicatrici della Storia.
Si mormora, anche in un certo Occidente: questo è un Papa
diverso. Bella scoperta! Ma scoperta a metà, perché
manca il coraggio di mettere nero su bianco e di dare, dopo lassunto,
le prove (che sono evidenti). Sicché una cosa va chiarita
senza indugio: Ratzinger è diverso da Wojtyla. Il Papa polacco
aveva alle spalle il teologo tedesco. Ratzinger non ha (ancora)
nessuno che lo protegga, neanche a livello extra-religioso. Infatti,
è stato lasciato solo. Il che, comunque, non è servito
a scoraggiarlo: la solitudine ha contraddistinto interamente la
sua vita.
Dunque: Benedetto XVI è diverso da Giovanni Paolo II. Va
tuttavia sottolineato che Wojtyla conosceva perfettamente la pericolosità
del rinascente fondamentalismo, che con lavvento di Khomeini
aveva caratterizzato proprio linizio del suo pontificato.
Mistico danimo, ma anche filosofo della storia e leader religioso-politico,
Karol Wojtyla aveva però costruito sullanalisi spassionata
della realtà una strategia di dialogo sistematico e di coinvolgimento
delle élites islamiche ovunque presenti nel mondo, predicando
la fede comune nellunico Dio dei figli di Abramo,
a servizio della pace e della giustizia.
Benedetto XVI osservando forse con occhio critico i giochi
doppi e tripli dei musulmani, e gli eccidi di cristiani, le persecuzioni,
gli assassinii di suore e missionari, le fucilazioni e quantaltro
già nella messa inaugurale aveva cancellato ogni riferimento
a rapporti fraterni con il gelido monoteismo islamico.
Spezzato il triangolo wojtyliano, era rimasto solo il vincolo speciale
tra Ebraismo e Cristianesimo, mentre veniva rimarcato che ciascuno
doveva pregare per conto proprio, senza cedimenti a relativismi
di sorta. Sicché il Pontefice ha abbandonato senza remore
il terreno della mediazione, delle sfumature, dellibridismo,
e ha attaccato frontalmente il jihadismo, chiudendo in questo modo
una stagione cattolica grondante equivoci e persino di accettazione
dellAltro come negazione di sé, che aveva avuto nel
tedesco Hans Küng il teologo di riferimento.
Senza citare nessuno, papa Ratzinger ha probabilmente aperto la
partita definitiva con quellIbn Taymmyia, teologo estremo
della guerra santa islamica e dello sguardo rivolto allindietro,
alla pratica della prima Umma (la comunità dei credenti)
musulmana della Medina, fondata (sgozzamenti inclusi) dal Profeta:
costui è stato il padre spirituale dei wahabiti, dei Fratelli
Musulmani, di bin Laden, delle masse intonse e delle formazioni
sanguinarie che esorcizzano la propria arretratezza culturale, civile,
economica, e le proprie conseguenti frustrazioni, brandendo nel
cielo la scimitarra, nellinane tentativo di richiamare lattenzione
di un remoto e impassibile Allah.
Terzo fatto, di dolente cronaca umana: è scomparsa la Cassandra
del nostro tempo. Oriana Fallaci non è più tra noi.
Sono desolati il buen retiro di Manhattan e il rifugio di Milano,
che ascoltarono il ticchettio nervoso della portatile con la quale
aveva stilato pagine memorabili per quotidiani e libri; tacciono
i telefoni con i quali dialogò, e più spesso litigò
con furia ariostesca con amici (pochi), avversari (molti degli amici)
e nemici (quasi tutti gli altri). Firenze non le ha riconosciuto
il Fiorino dOro come cittadina celebre (Franco Zeffirelli
ha deposto il suo nella bara della scrittrice), e figuriamoci se
poteva mai avere una nomination per un Nobel intitolato
al coraggio: del resto, non lo hanno dato neanche a Borges, del
quale ricorre e passa sotto silenzio il ventesimo
della scomparsa, forse perché i progressisti e i radical-chic
planetari lo avevano ritenuto dapprima uno dei loro, poi lo avevano
scaricato, trasferendolo alla parte neocon (teocon?), cioè
conservatrice, tutti del tutto dimenticando che si trattava di un
genio.
Roba da piccoli corvi, si dirà. Il fatto è che, fra
laltro, un Nobel per la letteratura era più logico
che venisse assegnato a un giullare, uno di quegli ex di Salò
esperto in cambi di casacca, il quale, sempre fra laltro,
si era ampiamente esercitato nellinsultare Oriana, accompagnato
nella filippica moraleggiante dalla moglie, anchessa commediante,
che aveva definito Oriana una terrorista, mentre al Social forum
di Firenze unaltra eccelsa attrice, tale Guzzanti, elegantemente
aveva ironizzato sul cancro che condannava a morte Oriana, e mentre
un politico che fa della claque tutta la sua forza elettorale, uno
della levatura di Diliberto (si scrive proprio così?), ammetteva
con onestà che Oriana gli faceva schifo, e uno scrittore
di satanici versetti, mantenuto, protetto dalla fatwa iraniana che
lo condanna a morte e rigovernato dallOccidente, attaccava
gli scritti di Oriana sullo scontro di civiltà e sulla viltà
dellOvest, del Nord e degli occidentali.
Oriana non cè più, non cè proprio
più. Nel senso che i suoi colleghi (tanti) e colleghe (tantissime)
che finché fu in vita accanitamente la invidiarono, e soprattutto
per questo si autodifesero disprezzandola, hanno dapprima versato
fiumi dinchiostro per sfornare coccodrilli mandrilli, poi
hanno immediatamente rimosso nome, vita, opere, virtù (tante,
emeriti cialtroni!) e miracoli (uno su tutti: venti milioni di copie
dei suoi libri vendute nel mondo, gazzettieri e cortigiani!).
Ha ragione Galli Della Loggia: cè una forte suggestione
simbolica nella coincidenza tra la morte di Oriana e gli attacchi
islamici al Papa; una suggestione che appare legata allepisodio
del lontano 1979, quando la giornalista, dovendo intervistare Khomeini
rigorosamente in chador, una volta giunta al suo cospetto buttò
via lo scialle e seccamente diede al suo interlocutore del tiranno.
Quel gesto diventava il centro dello scontro, anticipava
«il senso di quanto da lì a non molto sarebbe divenuto
il motivo dominante del rapporto difficile tra lOccidente
e lIslam: lurto delle mentalità e delle culture,
lurto tra due concezioni antitetiche delleguaglianza
tra le persone [
] e della loro dignità». Con
lintuizione di chi per mestiere è chiamata a interpretare
i segni del tempo, Oriana capì che quel pezzo di stoffa doveva
diventare una bandiera, un emblema della sua identità.
Era simultaneamente iraconda, ironica, dura, ossessivamente perfezionista,
scostante, vanitosa; traboccava di talento, creatività scontrosa
e spiazzante, coraggio personale e professionale, sincerità
spinta fino al limite della provocazione, disprezzo per lipocrisia
e per lambiguità, riservatezza schiva per i propri
sentimenti offesi dalla sorte, generosità mai esibita, affetti
abissali.
Io so che era anche capace di piangere lacrime disperate. Lavevo
intercettata nella Sala Vip di Fiumicino, proveniva dagli Stati
Uniti ed era diretta ad Atene. Era morto il suo grande amore, Alekos
Panagoulis. Mi accolse con distacco: niente intervista. Va bene,
le dissi, ti do comunque buone notizie su tua madre e tua sorella,
che ti salutano; fumeremo tutte le sigarette che vuoi in silenzio,
fino a che non chiameranno limbarco. Mi sedetti non accanto,
ma quasi di fronte a lei, che mi sembrava più minuta e fragile
di altre volte, rannicchiata comera, e infreddolita, su una
piccola poltrona di pelle scura. Non so quanto tempo trascorse.
So che ad un certo punto scattò, si avvicinò e mi
ingiunse letteralmente di accendere il magnetofono.
Feci appena in tempo. Perché scoppiò in un pianto
dirotto, sette minuti di parole grondanti, le guance pallide rigate,
le pupille profonde, i pugni chiusi: «Glielo dicevo sempre,
stai attento, Arlecchino, quelli ti faranno fuori, non fidarti,
cammina con gli occhi aperti
». Quelli erano
i colonnelli greci, che avevano preso il potere. La abbracciai.
Ci vedremo ad Atene, promisi. In casa di Alekos, mi confermò.
Nellintera storia della Grecia non si era mai vista una folla
così sterminata presente a un funerale. Lapplauso durò
oltre un chilometro. Quando la rividi, a New York, stava finendo
di scrivere Un uomo, ma non me ne accennò, e non parlò
della metropoli americana né delle trascorse esperienze professionali.
Ricordò Firenze e i lungarni della sua fanciullezza, avesse
avuto tempo avrebbe voluto conoscere Lecce, «lì in
fondo a quella regione smilza e troppo piatta per essere un confine
serio»: e forse pensava già al pericolo saraceno, o
turchesco, o arabo, insomma musulmano, e comunque mediterraneo.
(Cera, quando il Gr1 e gli altri giornali radio andavano in
onda da via del Babuino, una discoregistroteca gestita da un giovane
sveglio ed entusiasta, che mi disse daver raccolto quel documento
sonoro, di averlo schedato e conservato. Che ne è stato,
dopo il trasferimento armi e bagagli a Saxa Rubra? Ritengo che dovrebbe
essere scampato. Perlomeno, me lo auguro).
Con le sue opere ha scritto Lucia Annunziata «scolpì
il secolo». Fu la prima inviata speciale globale, incontrò
tutti i potenti della terra e non perdonò niente a nessuno,
visse tutte le storie tragiche e grandi del pianeta, creò
un linguaggio e dunque uno stile, restò un gigante solitario
e disconosciuto, esiliato dai salotti mediatici (che si sarebbe
in ogni caso guardata dal frequentare). Non per nulla, in unepoca
di presenzialisti, se ne è andata in solitudine e in punta
di piedi. E sebbene ateo-cristiana per autodefinizione,
un personale messaggio ce lo ha voluto lasciare. Nel senso che ha
desiderato che un prete cattolico (monsignor Fisichella) fino allultimo
respiro le tenesse stretta la mano; e che fino al cimitero evangelico
la accompagnasse un quieto rintocco di campana.
(E questo mi ricorda un episodio non banale narrato dalla penna
quasi profetica di Giovannino Guareschi, in uno dei suoi celebri
Don Camillo vs Peppone che arricchirono il versante
umoristico-politico della nostra cinematografia al tempo della commedia
allitaliana. La vicenda raccontava di un giovane partito in
moto, con altri compagni, per una manifestazione evidentemente non
proprio pacifica, visto che tornava in bara a Brescello. Essendo
comunista, dunque scomunicato, non poteva avere esequie religiose;
e tuttavia aveva chiesto almeno un suono di campane, con il quale
don Camillo-Fernandel aveva accompagnato il mesto corteo cui partecipava
il sindaco rosso Peppone-Cervi. «I rintocchi della campana
sono la tua voce, Signore», aveva sussurrato il prete.
Era da quella voce ondulare che voleva esser fasciata nel viaggio
verso lultima riva Oriana? Con quellestremo rintocco,
di fronte alla Croce spezzata, allOccidente prostrato, allidentità
rinnegata, segretamente intendeva dare una ragione al misterioso
ossimoro atea-cristiana? Gli echi liberati dal bronzo sospeso nel
cielo di Firenze riportavano la sua anima tormentata e gentile fra
i lungarni di uninfanzia troppo presto svanita? Hai deposto
le armi, ora, amica mia. È placata la collera. LAlieno,
il kamikaze-cancro che per ucciderti si è dovuto suicidare,
ti dia la pace che forse non avevi mai conosciuto. Ti allieti una
musica siderale, incontaminata, adamantina. E ti sia per sempre
lieve la terra).
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