Settembre 2006

SCENARI

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Usa a rischio crack
Laurence Kotlikoff Docente Boston University
 
 

 

 

 


L’unica via di uscita è la riforma delle pensioni e
del sistema fiscale, ma non c’è alcun leader politico in grado di realizzare un progetto
del genere.

 

La tesi è provocatoria, ma non irrealistica: gli Stati Uniti potrebbero far bancarotta, perché sono alle prese non soltanto con debiti ufficiali considerati gestibili, ma anche con debiti non ufficiali che sono enormi. Calcolando l’uno e l’altro dei debiti, il deficit fiscale è, secondo due diverse analisi condotte a termine di recente, di 63,3 trilioni di dollari, mentre il debito ufficialmente ammesso dal governo è di circa 5 trilioni. I numeri veri sono diversi da quelli ufficiali, e farvi fronte implicherebbe un aumento delle imposte del 70 per cento, oppure una riduzione drastica dei benefici-base per gli anziani e i pensionati, che dovrebbero essere dimezzati. Gli aggiustamenti dovrebbero essere di entità tali, che solamente un potere politico molto forte, determinato e maturo potrebbe realizzare.
I debiti non ufficiali emergono dal risultato del calcolo del peso fiscale conseguente ai pagamenti che dovranno essere effettuati nel prossimo futuro a favore di anziani e di pensionati, oltre alle spese per la difesa e per il funzionamento del governo. L’Esecutivo ha assunto impegni per l’avvenire che nel caso migliore ammontano a 63 trilioni, ma che in realtà potrebbero essere molti di più.

La bancarotta, dunque, potrebbe avvenire oggi stesso. Le nazioni finiscono in bancarotta se la gente smette di acquistare titoli di Stato o di possederli e inizia a venderli, i tassi di interesse salgono, il debito pubblico aumenta, la valuta si indebolisce e il governo è obbligato a stampare più moneta per acquistare i titoli che emette, ma nessuno acquista più sui mercati. È in questo modo che si innesta un meccanismo che vede il governo stampare moneta sufficiente soltanto per pagare i propri conti.
Metà del governo emette i titoli, e l’altra metà, la Banca centrale, li acquista. Alla fine di questa strada c’è non l’inflazione, ma l’iperinflazione, e questo è ciò che potrebbe avvenire negli Stati Uniti.
Unica maniera per evitare questo scenario è la riforma delle pensioni e del sistema fiscale, ma non c’è alcun leader politico in circolazione determinato a realizzare sul serio un progetto del genere.
Nella mia indagine sul tema, faccio riferimento anche all’immigrazione. La mia tesi è questa: l’immigrazione potrebbe essere utile se arrivassero persone che portano denaro. Gli immigrati che facciamo entrare negli Stati Uniti, invece, hanno bisogno di tutto, richiedono spese di polizia, di sanità, di istruzione e di accoglienza, e, a conti fatti, le loro rimesse fiscali coprono a malapena queste uscite. Un’immigrazione di questo tipo non aiuta l’America, come neanche l’Europa a risolvere i problemi fiscali, anzi li complica. Abbiamo bisogno di immigrati diversi: più colti, di mezza età, capaci di vivere con quello che guadagnano dopo l’arrivo. Ogni Paese del mondo vorrebbe averli, tutti tentano di attirarli e alcuni, come ad esempio il Canada, riescono a farlo meglio degli Stati Uniti.
Tornando all’Europa: come affronta il Vecchio Continente i rischi di disastro fiscale che descrivo nella mia indagine? Ecco: il Governatore della Banca centrale europea, Bernanke, è uno dei migliori al mondo, un economista di prima classe. Ma si tratti del governatore europeo o di quello americano, quando la politica fiscale è il rischio maggiore, ogni Governatore dovrebbe fare di tutto per abbassare i tassi di interesse, che negli Usa sono ancora decisamente alti. I nostri mercati finanziari ora hanno paura, ma avrebbero dovuto averla per lo meno cinque anni fa. Le crisi finanziarie, quando arrivano, sono precipitose, si sviluppano nel giro di ventiquattr’ore, com’è avvenuto negli anni scorsi in Argentina, in Russia, in Israele e in Bolivia.
Ecco anche perché in alcuni miei interventi faccio riferimento a Modigliani. Franco Modigliani era un mio buon amico e il suo modello si sta avverando nell’economia americana. Lo dimostra il fatto che abbiamo un tasso nazionale di risparmio del 2 per cento rispetto al 12-15 per cento degli anni Cinquanta e Sessanta. Il governo prende i soldi ai giovani e li dà agli anziani sotto forma di pensioni e di benefici sanitari, creando in questo modo pericolosi squilibri, come ad esempio il fatto che sono le persone della terza età a consumare di più. Modigliani aveva indovinato la natura degli squilibri dell’America.

 

   
   
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