Settembre 2006

Un fattore di crescita

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Dall’Europa al futuro
Carlo Azeglio Ciampi  
 
 

 

 

 


Una politica
di difesa europea la chiedono
i nostri cittadini e la stessa comunità internazionale,
che reclama più Europa sulla scena del mondo e più Europa a difesa della pace.

 

Tre sono le direzioni di sviluppo dell’Europa che mi preme richiamare:
- Dare all’Europa una Costituzione; una Carta dei diritti ai cittadini; istituzioni adatte all’Unione allargata. Non dimentichiamo che solo istituzioni efficienti potranno realizzare le attese dei nostri popoli!
- Realizzare un autentico governo dell’economia, affinché l’euro sia non solo fattore di stabilità, ma anche di crescita duratura.
- Costruire un’Europa che abbia più voce in politica estera e sia munita di adeguate capacità di difesa. Perché solo un’Unione autorevole e credibile potrà tutelare la sicurezza dei nostri cittadini; contribuire alla stabilità del mondo; affermare e diffondere la nostra cultura di pace e difendere i nostri valori democratici.
Mentre il processo di ratifica del Trattato costituzionale deve proseguire, è necessario impegnarsi nelle ultime due direzioni indicate. Perché è dall’evidenza di un mondo scosso da tensioni sempre più profonde e dalle attuali difficoltà dell’economia europea che nasce il disagio dei nostri cittadini.
In economia, crescita e occupazione devono essere il fulcro dell’azione europea. Vanno moltiplicati gli investimenti nella ricerca, nella formazione e nella innovazione tecnologica, per accrescere produttività e competitività e creare durature prospettive di progresso. Ma soprattutto, affinché la crescita effettiva si approssimi al potenziale della nostra economia, è necessario che il governo della moneta sia affiancato da un più incisivo coordinamento a livello europeo delle politiche economiche nazionali.
Già nel 1998, quando ero ministro del Tesoro, avanzai all’Eurogruppo, da poco costituito fra i Paesi aderenti all’euro, la proposta di adottare verso i maggiori problemi finanziari, economici e sociali lo stesso approccio seguito per la stabilità monetaria. Suggerii di svolgere, in comune, sia il loro approfondimento sia l’individuazione di obiettivi condivisi nel contenuto e nei tempi di realizzazione e lasciare a ciascun Paese la scelta dei modi con i quali conseguirli.
Oggi auguro che presto venga istituito – su iniziativa dei Paesi che più hanno a cuore i destini dell’Europa – un Comitato di studio, volto ad avanzare proposte specifiche per il completamento del mercato unico, a cominciare dal settore finanziario, e per il rafforzamento dell’Eurogruppo ai fini dell’avvicinamento dell’obiettivo di un efficace “governo dell’economia”, a mio avviso, indispensabile interlocutore del “governo della moneta”, esercitato dalla Banca centrale europea.

Altro tema, non meno importante per la vita degli europei, è quello della sicurezza e della difesa. Per quanto riguarda la sicurezza interna, anche negli ultimi anni sono stati realizzati importanti progressi. Mi riferisco alla Convenzione di Schengen, ora recepita nel sistema dei Trattati in vigore, e più recentemente a quella di Prüm, che costituisce uno sviluppo più avanzato rispetto a Schengen e alla quale l’Italia ha aderito poco tempo fa. Questo dimostra la capacità del progetto europeo di avanzare e di porsi sempre nuovi obiettivi: se necessario, all’inizio, con la partecipazione solo dei Paesi che vogliono e possono, ma aperta a tutti, come è avvenuto per l’euro.
Torniamo all’occasione della memoria, e parliamo di De Gasperi. Nel mese di agosto ricorreva non solo il 52° anniversario della scomparsa del grande Statista italiano, ma anche del fallimento della Comunità europea di Difesa, alla quale egli aveva consacrato enormi energie, e nella quale aveva fermamente creduto. Alle sue intuizioni e alla sua tenacia si deve l’inserimento, nel Trattato istitutivo della Comunità politica europea, dell’articolo 38, che prevedeva la nascita di una Comunità politica europea, con una «struttura federale o confederale».
Ricordiamo quanto dichiarò alla stampa italiana ed estera il 31 dicembre 1951, al rientro dai negoziati di Parigi sulla Ced: «Una vera unità organica dell’esercito non è possibile senza una graduale unità politica, la quale a sua volta può resistere soltanto se è contemporanea a un processo di unificazione economica. Perciò la delegazione italiana ha proposto che la Comunità di difesa sia dotata di un organo a carattere parlamentare [...] e che questa Assemblea» debba «determinare, entro sei mesi dall’inizio della sua attività, il progetto di costituzione federale e confederale».
Nel suo intervento all’Assemblea consultiva del Consiglio d’Europa del 16 settembre 1952, ribadì il suo convincimento che: «non si possa assicurare la solidarietà degli sforzi militari senza realizzare un minimo di solidarietà nei settori dell’economia e del lavoro. Per la solidarietà economica, una gamma di possibilità si presenta: dall’unione doganale alla riduzione delle tariffe e alle tariffe preferenziali; dalla Banca confederale unica, fondata su una convenzione monetaria che riunisca le differenti banche nazionali, alla moneta unica, di conto o corrente, dall’abolizione dei contingenti al mercato unico».
Tutte le potenzialità di sviluppo futuro dell’Europa – nei settori costituzionale, politico, economico, monetario, militare – erano già insite nel pensiero lungimirante di De Gasperi. Dopo il 30 agosto 1954, il progetto di una politica di difesa europea è rimasto accantonato per decenni. Ma nel mondo turbolento di oggi è più urgente che mai: malgrado gli importanti progressi realizzati negli ultimi anni, la Politica europea di Sicurezza e di Difesa rimane l’anello debole delle politiche comuni. Una politica di difesa europea è certamente obiettivo ambizioso. Ma la sua realizzazione deve essere, da subito, perseguita con chiarezza, lungo una linea di condivisa politica estera. Lo chiedono non solo i nostri cittadini, ma la stessa comunità internazionale, che reclama più Europa sulla scena del mondo e più Europa a difesa della pace.
Ma a tal fine è necessaria un’Unione europea che nelle sedi internazionali, specie quando è in pericolo la pace, parli con una sola voce.
Di fronte al conflitto israelo-palestinese, che rischiava di divampare in un più vasto incendio, l’Italia, la Francia, altri Paesi europei hanno fatto molto per far tacere le armi. Ma se l’Unione europea, forte di solidi rapporti di amicizia con tutte le Nazioni di quella tormentata regione, fosse subito intervenuta come protagonista di un’opera di pacificazione, la nostra azione sarebbe stata sicuramente più efficace. Noi ci siamo lasciati alle spalle secoli di conflitti, di nazionalismi esasperati, di odii che sembrava dovessero durare per sempre. Oggi tutti i nostri popoli sono animati da spirito di fratellanza. È un successo che dà a noi europei prestigio e credibilità quando ci impegnamo, non solo con le parole, per riportare altre Nazioni tra loro nemiche sulla via della riconciliazione e della pace. Questo è il cammino che noi abbiamo percorso, con un tenace impegno durato decenni.
Voglio ancora una volta ricordare le parole di Alcide De Gasperi quando, il 10 dicembre 1951, a Strasburgo, all’Assemblea del Consiglio d’Europa, dopo avere affermato che «un balzo solo» non sarebbe stato sufficiente per costruire l’Europa, lanciò questa esortazione: «Solamente se possiamo dare sin d’ora questa visione costruttiva e luminosa potremo attirare le masse, ispirare loro il necessario slancio ideale e conquistare gli spiriti delle giovani generazioni».
Oggi, un Trattato Costituzionale è stato firmato da tutti gli Stati membri; ma esso non è ancora entrato in vigore. Attendiamo che tutti i popoli europei chiariscano la loro posizione al riguardo!
Deve ancora essere costituita un’autentica Unione politica, mentre l’Europa necessita di istituzioni più forti. Deve essere completato il mercato interno e rafforzata la moneta unica, attraverso un effettivo e incisivo governo dell’economia. Deve essere perseguito l’obiettivo di una politica estera e di difesa comune europea, affinché il nostro Continente disponga di un efficace strumento di pace, di presenza attiva sulla scena internazionale.
Spetta ai Governi e alle generazioni di oggi e di domani impegnarsi, fino in fondo, in queste direzioni. Se mancheremo l’appuntamento con la Storia; se non sapremo consolidare le basi per nuovi orizzonti di benessere per i nostri figli e i nostri nipoti; se chiuderemo gli occhi dinanzi ai pericoli del mondo, rischieremo di far affievolire il soffio vitale che fino ad oggi ha animato la costruzione europea. L’ho detto in passato e intendo ribadirlo oggi: non è l’Europa delle piccole ambizioni che vogliamo costruire. Ma l’Europa delle grandi speranze; l’Europa che sa assolvere alle proprie responsabilità; che si prepara al futuro nel rispetto dei propri valori, nell’interesse dei suoi cittadini e con la memoria viva del suo secolare passato, del suo patrimonio di cultura, di civiltà, che non è solo straordinaria eredità, ma anche vincolante impegno.

 

   
   
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