Settembre 2006

Vecchio Continente in crisi?

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L’ombra degli Stati-nazione
Niall Ferguson Docente alla Harvard Business School
 
 

 

 

 


Come già il Sacro Romano Impero, l’Unione europea continuerà ad avere le sue Corti, i suoi istituti
rappresentativi e la sua burocrazia:
tentacoli al posto di un braccio
esecutivo unico
e forte.

 

Alla vigilia dei referendum, in pochi avrebbero scommesso su una bocciatura franco-olandese della nuova Costituzione europea. Dopo tutto, Francia e Olanda erano tra i fondatori dell’Ue. La necessità di un’«unione sempre più stretta» è stata a lungo un dogma di fede in entrambi i Paesi, almeno all’interno delle élites politiche – aspetto che mi era stato fatto notare quando, nel corso di una lezione ad Harvard, avevo previsto la vittoria del “no” in Francia. Indignati, i miei studenti francesi mi avevano contraddetto, certi che la campagna per il “sì” avrebbe senz’altro avuto la meglio.
Eppure, tanto in Francia che in Olanda la Costituzione era stata bocciata da evidenti maggioranze, lasciando le élites politiche in preda allo shock. Nei giorni successivi ai referendum, gli analisti hanno sostenuto che gli elettori francesi e olandesi non stessero rifiutando la Costituzione in sé, ma esprimessero proteste su questioni di economia interna – come l’inflazione e la disoccupazione – o inquietudini sugli effetti dell’allargamento europeo. L’Olanda, ad esempio, teme che la decisione di avviare i negoziati di adesione con la Turchia possa rafforzare in Europa l’illiberale influenza dell’Islam, già abbastanza forte, agli occhi degli olandesi secolarizzati, in conseguenza dell’immigrazione.
Queste spiegazioni non sono però del tutto convincenti. L’Europa ha affrontato problemi economici analoghi di disoccupazione e di inflazione negli anni Settanta e Ottanta. All’epoca, anche l’allargamento che contemplava l’ammissione di ex dittature del Mediterraneo come Grecia, Spagna e Portogallo, era materia controversa. Tuttavia, gli elettori dei sei Paesi fondatori di quella che era la Comunità Economica Europea non persero la fede. Accordarono il loro consenso a misure come l’Atto Singolo Europeo e l’Unione Economica e Monetaria, che implicavano modifiche tanto radicali quanto quelle proposte oggi dalla nuova Costituzione.

No, le decisioni di Francia e Olanda non possono essere liquidate come semplici voti di protesta. È accaduto qualcosa di più profondo. L’Europa non è pronta per una Costituzione genuinamente federale, ecco perché l’Unione europea non potrebbe mai trasformarsi negli Stati Uniti d’Europa.
La nuova Costituzione, a dire il vero, non era esplicitamente volta a istituire gli Stati Uniti d’Europa. Il linguaggio federalista era stato deliberatamente evitato in tutto il testo, per timore di contrariare non soltanto i britannici, ma anche gli antifederalisti danesi. «Ispirata dalla volontà dei cittadini e degli Stati d’Europa di costruire un futuro comune – recita l’art. 1 della Parte Prima – la presente Costituzione istituisce l’Unione Europea, alla quale gli Stati membri attribuiscono competenze per conseguire i loro obiettivi comuni. L’Unione coordina le politiche degli Stati membri dirette al conseguimento di tali obiettivi ed esercita sulla base del modello comunitario le competenze che essi attribuiscono all’Unione». Non c’è alcun “Noi, il popolo”, al modo del preambolo della Costituzione degli Stati Uniti d’America.
E tuttavia la Costituzione mirava a consentire alle istituzioni dell’Ue esistenti di operare con metodo più federale attraverso l’ampliamento e la semplificazione delle competenze. L’Ue dispone già di molti degli attributi degli Stati Uniti. Ha una Presidenza, un Senato (il Consiglio dei ministri), una Camera dei deputati (il Parlamento) e una Corte Suprema. Se da un lato, inoltre, l’Ue è lontana dall’avere una politica estera comune, dall’altro la nuova Costituzione ha tentato di colmare questa mancanza.
L’art. I-16 stabilisce inequivocabilmente: «La competenza dell’Unione in materia di politica estera e di sicurezza comune riguarda tutti i settori della politica estera e tutte le questioni relative alla sicurezza dell’Unione, inclusa la definizione progressiva di una politica di difesa comune che può condurre a una difesa comune».
Eppure, come sanno gli studenti di storia americana, furono le differenze riscontrate nella struttura economica e nelle dimensioni degli Stati membri a generare le maggiori difficoltà per gli estensori della Costituzione degli Stati Uniti. Ecco la chiave per comprendere le ragioni del fallimento della Costituzione europea. Come nel caso degli Usa, all’interno dell’Ue esistono due diversi tipi di mercato del lavoro. Nello stesso modo in cui alcuni Stati americani accettavano la schiavitù e altri no, alcuni Stati Ue rispettano modelli socialisti e altri no – di qui i timori francesi sul pericolo che il loro tanto celebrato “modello” subisca l’offensiva anglosassone. Il modello irlandese “basse tasse e alta crescita”, imitato da alcuni audaci nuovi membri dell’Ue, contribuisce soltanto ad accrescere l’inquietudine francese di fronte all’allargamento.

Ancora più rilevante la questione delle dimensioni. Come lo Stato di New York e la Virginia facevano apparire piccola Rhode Island, così gli Stati membri dell’Unione variano dal minuscolo Lussemburgo alla gigantesca Germania. I vecchi accordi precedenti l’allargamento miravano a compensare queste differenze. Malgrado la Germania rappresentasse circa il 22 per cento della popolazione (e coprisse una percentuale leggermente maggiore del Pil) della vecchia Ue, disponeva appena del 16 per cento dei seggi in Parlamento e pagava tra la metà e i due terzi di tutti i contributi netti al bilancio dell’Unione.
Il difetto fatale della nuova Costituzione risiedeva nella possibilità di porre termine a questa situazione svantaggiosa per Berlino. Con il sistema attuale, denominato voto a maggioranza qualificata, decisioni importanti – soprattutto rispetto all’integrazione economica – sono prese dai rappresentanti membri che siedono in Consiglio dei ministri. A tali voti sono stati assegnati valori che non rendono giustizia ai Paesi più grandi: Germania, Gran Bretagna, Francia, Italia, ciascuno di questi Stati dispone di circa il 17 per cento dei voti necessari ad assicurare una maggioranza qualificata.
Secondo la proposta Costituzione, tuttavia, una maggioranza qualificata richiederebbe il consenso di «almeno il 55 per cento dei membri del Consiglio, con un minimo di 15 rappresentanti Stati membri che totalizzino almeno il 65 per cento della popolazione dell’Unione». Introducendo il criterio di proporzionalità, la seconda parte della formula accresce sensibilmente l’importanza della Germania: Berlino vedrebbe aumentare il proprio peso, arrivando a disporre di oltre un quarto dei voti necessari a conseguire la maggioranza qualificata.
Qui risiede il vero significato della Costituzione: il Trattato avrebbe palesemente rafforzato il ruolo della Germania, un motivo di inquietudine in più per francesi e olandesi.
Il probabile, definitivo tramonto di questa Costituzione significa che l’Ue si trova nel punto in cui anche gli Usa sarebbero rimasti paralizzati, se i Tredici Stati non avessero mai superato gli articoli della Confederazione (poi superati dalla Costituzione)? No. L’Ue è già molto più avanti sulla strada della federazione di quanto non lo fossero gli Stati Uniti nel 1787. Ecco perché il rifiuto della nuova Costituzione non prelude alla fine dell’Europa. Gli accordi Ue vigenti possono generare confusione, ma sono attuabili. In realtà, funzionano persino ora che solo 12 dei 25 membri usano l’euro e solo 13 hanno firmato l’accordo che azzera il controllo passaporti alle frontiere.
Senza una nuova Costituzione, l’Europa sarà meno simile agli Stati Uniti e più vicina al Sacro Romano Impero. Non ci sarà alcun singolo ministro degli Esteri europeo da contattare, quando il Segretario di Stato americano desidererà parlare all’Europa. Non ci sarà alcun singolo presidente, nessun grandioso esercito europeo. Come già il Sacro Romano Impero, l’Unione europea continuerà ad avere le sue Corti, i suoi istituti rappresentativi e la sua burocrazia. Non un braccio esecutivo unico e forte, ma molteplici tentacoli sovrapposti.
È questo che gli elettori francesi e olandesi chiedevano? Fino a che l’alternativa resterà una federazione nella quale sia un altro Paese a dominare, la risposta è sì. I francesi possono detestare i troppo liberali anglosassoni. Gli olandesi possono temere l’illiberale orda musulmana. Entrambe le nazioni, però, conservano memorie piuttosto recenti della vita in un’Europa dominata dai tedeschi.

 

   
   
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