A giudicare più
dai risultati
che dalla retorica,
lultimo decennio
si colloca tra
i migliori nella storia dellUnione
europea.
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I politici europei sembrano avere imparato ben poco dalla débacle
costituzionale del recente passato. NellEuroparlamento, gli
idealisti incalliti propongono di rilanciare il dibattito sui valori
europei condivisi, promulgare una Costituzione riveduta ma completa,
e indire un altro referendum, questa volta su scala continentale.
I leader nazionali, dicono, sono paralizzati e confusi, e solo quelli
europei sono in grado di rimettere in moto il processo.
Lintellighenzia fa loro eco, pontificando che lUe sta
vivendo una crisi istituzionale. Per tali critici, la risposta alla
sconfitta della democrazia è una maggiore democrazia, quindi
la risposta alla sconfitta della Costituzione è unaltra
Costituzione.
Va però detto che, al di là della retorica, sta pian
piano emergendo un consenso più pragmatico circa il futuro
dellUe, soprattutto tra i leader nazionali. Pochi sono schietti
come il ministro degli Esteri olandese, che ha recentemente sancito
la morte del Documento. Eppure, quasi tutti ne condividono le opinioni.
Nessuno ha intenzione di aprire seriamente un dibattito sulla riforma
costituzionale prima del 2009 e, anche in quel momento, senza lapporto
di modifiche radicali. Muovendo aspre critiche ai progetti più
ambiziosi dellEuroparlamento, i Parlamenti nazionali hanno
compiuto un passo senza precedenti. Lanno di riflessione assomiglia
sempre più a una cortina fumogena dietro la quale seppellire
i resti della Costituzione. Piuttosto, lEuropa ha bisogno
di successi politici più concreti.
Tale consenso pragmatico poggia su una serie di lezioni estremamente
significative impartite dalla storia recente. Una è quella
secondo cui, lungi dallessere paralizzate, le istituzioni
dellUe funzionano invece piuttosto bene. A giudicare più
dai risultati che dalla retorica, lultimo decennio si colloca
tra i migliori nella storia dellUnione, soprattutto grazie
allallargamento, alleuro e alla crescente armonizzazione
delle politiche di sicurezza interna ed esterna.
Superata limpasse della riforma costituzionale, gli ultimi
mesi hanno visto lapprovazione del bilancio, un passo avanti
in direzione delladesione di Turchia e Croazia e ulteriori
sviluppi in ordine alla deregolamentazione dei servizi. Quanto allIran
e agli altri dossier, va riconosciuta allUe una crescente
coordinazione in materia di politica estera e di sicurezza interna.
Per di più, lUnione ha già di fatto (ma non
di nome) una Costituzione: un organo permanente di legge suprema
rappresentato dal già emendato Trattato di Roma. Le principali
revisioni cui è stato sottoposto in passato erano motivate
da obiettivi funzionali di primaria importanza, i cosiddetti grand
project, come il Mercato comune e la moneta unica. La Costituzione
oggetto di bocciatura, però, era un documento conservatore,
improntato più al consolidamento che allespansione.
Per i cittadini Ue una politica estera globale supportata da un
potenziamento delle forze armate stile Usa è né allettante
né conseguibile. Tasse, sanità, pensioni, istruzione,
cultura, infrastrutture e anche i nodi principali della legislazione
sullimmigrazione sembrano destinati a restare per lo più
confinati agli ambiti nazionali. La maggioranza della popolazione
europea approva un accordo costituzionale equilibrato
di questo tipo, poiché alcune tematiche rimangono prerogativa
nazionale e altre vengono affidate a Bruxelles. Una riforma costituzionale
radicale metterebbe il carro davanti ai buoi.
Se lUe raccogliesse unaltra lezione fondamentale, capirebbe
che occorre rifuggire dagli schemi astratti per dedicarsi nuovamente
alla concreta risoluzione dei problemi. La politica delle riforme
graduali ha fatto dellUnione il maggiore successo politico
dellultimo cinquantennio. Oggi nella stessa Francia si auspica
un «ritorno alla politica Monnet-Schuman dei piccoli passi
e dei progetti concreti».

Il Centro per la Riforma Europea ha recentemente proposto un piano
attuabile per potenziare e rendere più efficienti la programmazione
della politica estera, le politiche di ricerca e sviluppo e di difesa,
le procedure relative ai brevetti europei e lapertura verso
i Balcani. La cooperazione flessibile, alla quale non tutti gli
Stati prendono parte, sta dando buoni risultati nella lotta al terrorismo
e potrebbe venire estesa alla collaborazione in materia finanziaria
e fiscale.
Questo nuovo pragmatismo, precedentemente sposato da Tony Blair
insieme ad altri anglosassoni, comincia ad affermarsi
in modo sempre più marcato anche in Francia, dove maggioranza
e opposizione concordano sul ridimensionamento delle riforme. Solo
qualche riforma istituzionale chiave dovrebbe essere strappata al
progetto costituzionale: il resto è da scartare.
A dispetto delle rituali critiche che la Commissione muove a tale
cernita, le proposte per la designazione di un ministro degli Esteri,
la riassegnazione del peso elettorale e la riforma dei turni presidenziali,
oltre a mettere a tacere lampollosa retorica costituzionale,
paiono promettenti.
Qualcuno obietterà che stratagemmi tecnocratici di questo
tipo non possono avere successo, a meno che lUe non si avvicini
agli elettori. Riflessione, questa, nobile e toccante; il fallimento
della Costituzione impartisce tuttavia una terza lezione: i tentativi
di ovviare alla pubblica mancanza di fiducia tramite riforme costituzionali
e democratiche, o facendo ricorso ad elucubrazioni sullidentità
europea, sono controproducenti.
Il dibattito intorno alla Costituzione era mirato a legittimare
lUnione. Facendo sì che i cittadini prestassero attenzione,
si informassero, rimpinzandosi di idealismo, e sostenessero lUe.
Niente di tutto ciò è avvenuto. Fino al momento del
referendum, nessuno sapeva della Costituzione, e i suoi contenuti
rimasero oscuri anche dopo il voto.
Nella mancanza assoluta di giustificazioni chiare e concrete, lastratto
dibattito intorno alla struttura costituzionale è servito
solo a ridurre la politica al minimo comune denominatore: sospetto
verso le élites politiche, xenofobia, protezionismo particolaristico
e sterili dispute ideologiche. Se intendono riconquistarsi la fiducia
popolare, i politici europei devono riconoscere, con un linguaggio
che le platee nazionali possano afferrare, il successo del compromesso
costituzionale presentando per il futuro riforme meno ambiziose.
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