Settembre 2006

SCENARI

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Il declino?
Comincia dalle università
Larry Siedentop Docente Oxford University
 
 

 

 

 

Nell’ultimo mezzo secolo, l’Europa ha perso ciò che per secoli è stato
il suo maggiore vantaggio
competitivo,
l’istruzione
superiore.

 

In questi tempi si sente spesso parlare di minacce alla posizione dell’Europa nel mondo e del suo “inevitabile” declino rispetto non soltanto agli Stati Uniti d’America, ma anche ai centri emergenti di ricchezza e potere come la Cina e l’India. I francesi hanno trasformato queste ansie in un progetto per l’Unione europea: un programma per lo sviluppo di campioni industriali europei, di una politica estera unificata e di forze militari più potenti e integrate. Ritengo tuttavia che la minaccia alla posizione del Vecchio Continente vada oltre tutto ciò, e che, in larga misura, sia autoimposta.
Nell’ultimo mezzo secolo, l’Europa ha goduto di una prosperità senza pari nella sua storia. Tuttavia, durante questo periodo ha perso – quasi intenzionalmente – ciò che per secoli è stato il suo maggiore vantaggio competitivo, l’istruzione superiore. L’Europa ha trascurato le proprie università. Dopo tutto, l’ascesa dell’Europa, dall’XI secolo in avanti, è stata strettamente collegata allo sviluppo delle sue università. Nel periodo di maggiore splendore, le università offrivano un modello di discussione disciplinata e di ricerca disinteressata del sapere, allontanandosi in questo modo dalle proprie origini clericali. Nelle università dell’Alto Medioevo, come Padova e Parigi, la critica della fisica aristotelica ha svolto un ruolo importante nella nascita della fisica moderna e del metodo sperimentale.

Nel XIX secolo le università europee hanno definito gli standard del sapere propriamente detto in tutto il mondo civilizzato. Il loro ruolo era sociale e intellettuale. Come il clero medioevale, le università erano al di fuori della stratificazione sociale convenzionale e offrivano uno strumento di mobilità sociale.
Nel XX secolo, negli anni precedenti il secondo conflitto mondiale, l’importanza dell’egemonia intellettuale europea viene rivelata dalla fuga di un numero elevato di accademici europei, spesso ebrei, verso il Nord America. Essi hanno contribuito alla nascita delle università americane.
A che punto siamo attualmente? Tra le università europee, tra le migliori venti, appaiono soltanto i nomi di Oxford e di Cambridge. Le università americane vincono di gran lunga la competizione. E l’assegnazione dei Premi Nobel segue lo stesso andamento. Ma perché accade tutto ciò?
Una domanda ovvia – relativa alla qualità della ricerca universitaria e dell’insegnamento – riguarda il finanziamento delle università. La discrepanza tra la percentuale di Prodotto interno lordo destinata al finanziamento universitario negli Stati Uniti e nell’Unione europea è scioccante. In media, gli Stati Uniti destinano alle proprie università più del doppio rispetto all’Unione europea, il 2,6 per cento contro l’1,2 per cento. Le conseguenze per il supporto agli studenti sono amare, anche se il numero di ragazzi coinvolti nell’istruzione terziaria è molto inferiore. Le conseguenze per aule, risorse bibliotecarie e laboratori sono fin troppo evidenti.
Un articolo apparso su Le Figaro quest’anno ha fatto notare che chiunque venga lasciato in un edificio di una qualsiasi università francese potrebbe indiscutibilmente pensare di trovarsi in un Paese del Terzo Mondo recentemente colpito da una guerra civile. Vernice scrostata, graffiti e sistemi idraulici difettosi sono all’ordine del giorno. La situazione non è così ovunque – i Paesi nordici e i Paesi Bassi sono un’eccezione – ma è abbastanza diffusa da essere preoccupante.
L’argomento del finanziamento universitario solleva, giustamente, una domanda sul ruolo dei finanziamenti privati, che spesso fanno la differenza nella spesa del Pil tra Stati Uniti e Ue. È solo un caso che il successo di Oxford e di Cambridge derivi dal fatto che godono di significativi finanziamenti privati? Il ruolo dominante dello Stato nel finanziamento delle università europee è in netto contrasto con la tradizione americana degli ex-alunni che sostengono la propria Alma Mater.

Il finanziamento privato non solo influenza le risorse disponibili, ma anche l’autonomia dell’istituzione e l’atteggiamento dei suoi laureati. Un elemento straordinario degli studenti americani è che, nonostante paghino alte rette e si laureino con debiti considerevoli, provano gratitudine nei confronti della propria università, il che, francamente, non è una caratteristica frequente sulla scena europea. Contribuire al costo della propria istruzione li rende più riconoscenti, e quindi studenti più diligenti?
Maggiori finanziamenti privati alle università dovrebbero diventare obiettivo della politica pubblica. Ma in questo modo verrà turbato il sistema europeo basato sul welfare. Prendiamo in considerazione le reazioni di protesta sollevate dall’aumento, relativamente modesto, delle rette universitarie voluto da Londra e il fallimento della classe politica e dei media inglesi nel far comprendere alla gente che negli Stati Uniti le rette più elevate vengono in parte distribuite per sovvenzionare gli studenti provenienti da famiglie meno abbienti.
L’eccessiva fiducia nel finanziamento pubblico delle università europee potrebbe inibire il loro ruolo di promotori della mobilità sociale. L’egualitarismo dei sistemi universitari europei riduce la loro capacità di rivolgersi ad aspirazioni educative differenti, differenti gradi di motivazione e differenti livelli di abilità.
Nel Regno Unito la proposta di rinominare i politecnici “università” è nata dalla paura di creare laureati di “seconda classe”. Il contrasto con gli Stati Uniti – dove gli junior college, i liberal arts college privati, le università statali e private offrono apparentemente un sistema maggiormente rivolto ai vari interessi e abilità – è molto evidente. Una maggiore varietà istituzionale riduce il timore di un sistema “binario” (ossia basato sulle classi). Il retaggio del conflitto di classe in Europa sta ostacolando lo sviluppo di università di alto livello in un’epoca d’istruzione superiore di massa. La sfiducia nei finanziamenti privati, la filantropia che ha un ruolo ridotto rispetto agli Stati Uniti, l’ostilità populista alla selezione degli studenti in base alle capacità, tutto ciò agisce contro lo sviluppo di un sistema di eccellenza. E l’Europa ne esce perdente.

 

   
   
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