Settembre 2006

L’europa utile

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Una spina dorsale solida
Mario Pinzauti  
 
 

 

 

 

Utilizzando fondi europei, le PMI
in pochi anni
sono divenute
le protagoniste di una spettacolare crescita.
Fino a meritare
di essere definite “un gigante
dell’economia
europea”.

 

La coincidenza potrebbe essere stata casuale, vale a dire che i diversi avvenimenti potrebbero non essere collegati da una sola regia. Certo è stata una coincidenza interessante, forse anche utile. Parliamo di fatti importanti tutti avvenuti nell’Europa Comunitaria attorno alla metà dello scorso giugno: i meeting che, a livelli nazionali e internazionali, hanno coinvolto i rappresentanti delle Piccole e Medie Imprese europee e il Consiglio Europeo che ha riunito a Bruxelles i capi di Stato e di governo dell’Unione.
Al vertice di Bruxelles (15-16 giugno) il Presidente del Consiglio italiano, Romano Prodi, ha detto che «il lutto è finito e che è tempo d’iniziare un’offensiva contro l’euroscetticismo». Il “periodo di lutto”, dato per concluso dal primo ministro del nostro Paese, è la “pausa di riflessione” che un altro Consiglio Europeo, quello del giugno 2005, decise dopo la traumatica esperienza del “no” al progetto di Costituzione europea espresso con i referendum svoltisi in Olanda e in Francia. Nei dodici mesi trascorsi da allora c’è stata, come più volte ha notato Pier Virgilio Dastoli, direttore dell’Ufficio per l’Italia della Commissione europea, molta pausa e poca riflessione.
Nel senso che da parte dei governi e delle forze politiche non molto si è fatto e non molto neppure si è detto per riparare i danni prodotti dai due referendum al processo d’integrazione europea.

Le parole pronunciate da Prodi al Consiglio Europeo del giugno di quest’anno potrebbero essere dunque solo l’espressione di una bella ma debole speranza, tuttora lontana dal terreno dei fatti: anche perché, come ha notato nel corso della stessa riunione Ursula Plasnik, ministro degli Esteri austriaco, «non si esce dall’impasse con i miracoli», miracoli che oltretutto a Bruxelles, nella riunione di metà giugno, almeno a occhio nudo non si sono visti. L’affermazione del nostro Presidente del Consiglio ha ottenuto la piena approvazione di Angela Merkel, la cancelliera tedesca, ma una maggioranza di dubbi e di tendenze a rinviare al 2007, forse addirittura fino al 2008, la pausa di riflessione.

Allora: o il “lutto” continua oppure Prodi ha parlato dopo aver visto o intravisto qualche possibilità di via d’uscita non tanto forse nelle posizioni della maggioranza dei governi dell’Unione quanto nelle pressioni che vengono dall’Europa utile, quella che lavora per il benessere dei cittadini e che nelle riunioni internazionali e nazionali di metà giugno delle Piccole e Medie Imprese ha messo si può dire in vetrina una serie di grandi successi?
L’ipotesi più plausibile potrebbe essere la seconda. Questo perché i successi delle Piccole e Medie Imprese sono fatti cui diventa sempre più difficile negare un significato politico, in quanto essi stanno componendo l’immagine di un’Europa che non riempie mesi e anni con pause di riflessione, ma va avanti, cresce, fino ad assumere grandi dimensioni.
Forse leader come Prodi, come Angela Merkel e qualche altro cominciano a credere – o a sperare – che l’immagine di quest’Europa possa riportare un minimo di ottimismo e di fiducia all’interno dell’Europa politica, influenzarne in modo apprezzabile gli indirizzi, aiutarla a superare “il lutto” seguito ai due referendum del 2005 e a raggiungere un accordo sul progetto di Costituzione entro il 2008-2009?
Potrebbe essere. Anzi, ci auguriamo vivamente che sia così. Anche perché altrimenti l’Europa politica, quella dei governi, dimostrerebbe di non sapere interpretare, nemmeno capire l’Europa utile, quella al servizio dei cittadini, che va avanti e, senza bisogno di pause di riflessione, ha la meglio sugli ostacoli posti sul suo cammino.
Quello che è certo fin da ora è che l’Europa utile è impegnata alla meglio per aiutare l’Europa politica a uscire dalle sue attuali difficoltà. Come negli stessi giorni del Consiglio Europeo di metà giugno ha riconosciuto Gunter Verheugen, vice presidente della Commissione Europea. Ha detto Verheugen: «Le PMI sono un bene per l’Europa e l’Europa è un bene per le PMI».
In queste parole era chiara non solo la proclamazione di un grande successo ma anche del suo straordinario significato politico. L’uno e l’altro nati sei anni fa e sviluppatisi a grande velocità.
Già la partenza, con la “Carta Europea delle Piccole e Medie Imprese”, approvata dal Consiglio Europeo di Feira (13-14 giugno 2000) fu, si può dire, alla grande. In questo documento si afferma che «le piccole imprese sono la spina dorsale dell’economia europea». E si aggiunge che «le piccole imprese devono essere considerate la forza propulsiva dell’innovazione, dell’occupazione e dell’integrazione sociale e locale dell’Europa».
Già al via del rapporto di collaborazione con le Piccole e Medie Imprese c’era stata, dunque, una calorosa dichiarazione di fiducia da parte delle istituzioni europee. Fiducia che presto le PMI hanno dimostrato di meritare pienamente.
Utilizzando fondi europei, mettendo a frutto assistenza, indirizzi, facilitazioni legislative fornite direttamente da organismi dell’Unione o rese possibili da varie forme d’intervento (in materia di semplificazione delle norme per le assunzioni, per ottenere crediti, per utilizzare al meglio le possibilità offerte previste dal Mercato Unico, eccetera), le PMI, in pochi anni, sono divenute le protagoniste di una spettacolare crescita. Fino a meritare di essere definite dalle istituzioni dell’Unione «un gigante dell’economia europea».
Lo sono davvero? Rispondono le seguenti cifre. Nelle PMI (sono definite tali, secondo i criteri europei, quelle che hanno non oltre 250 dipendenti) ci sono oggi, sul territorio dell’Unione, 75 milioni di dipendenti, che rappresentano l’80 per cento della forza lavoro dell’Europa comunitaria (con percentuali anche più alte in alcuni settori produttivi, quale il tessile, le fabbriche di mobili, le imprese edili). In totale, le PMI dell’Unione sono 23 milioni. E costituiscono la stragrande maggioranza – esattamente il 99 per cento – dell’insieme delle imprese europee.

Nessun dubbio, dunque: esse sono oggi un vero gigante dell’economia. Anche se composto da tante, tantissime particelle, alcune delle quali di dimensioni minuscole.
Le PMI dell’Unione sono, abbiamo detto, 23 milioni. Tra di esse prevalgono le aziende piccole e piccolissime. Quelle con un numero di dipendenti che va da 1 a 9 sono il 91 per cento del totale, quelle da 10 a 49 dipendenti il 7 per cento, mentre quelle da 50 a 250 dipendenti costituiscono solo il 2 per cento.
Il gigante PMI è, in altri termini, la somma di una moltitudine di nani: che però tendono a crescere e a rafforzarsi. Grazie agli aiuti e all’assistenza dell’Europa: e a un forte spirito imprenditoriale del quale, qualche volta, fa parte una buona dose d’inventiva e fantasia che spesso, si può dire, un certo numero di piccoli e medi imprenditori regala ai loro colleghi di altri Paesi europei.
Accade tra l’altro durante i convegni sull’attuazione della Carta Europea delle PMI che si tengono con una certa frequenza in diverse capitali europee. L’ultimo si è svolto a Vienna il 13 e il 14 giugno scorso, i due precedenti a Dublino (2004) e a Lussemburgo (2005). In queste sedi, assieme alle cifre che documentano i successi, sono in primo piano i risultati dell’inventiva e della fantasia di singoli imprenditori, di gruppi o di Paesi. Presentati come “best practices”, migliori esperienze (o pratiche), in un numero limitato ma apprezzabile di casi dimostrano che anche con pochi soldi e scarsità di uomini nel mondo delle PMI si può arrivare a buoni, talvolta ottimi risultati.
Ad esempio, i 350 partecipanti al convegno di Vienna di quest’anno hanno preso atto di una curiosa iniziativa tedesca con cui si propone un concorso per la creazione di una piccola impresa disponendo solo di cinque euro! E – certamente con maggiore considerazione! – hanno esaminato anche le numerose esperienze già realizzate o in fase di attuazione in vari Paesi (Danimarca, Irlanda, Paesi Bassi, Finlandia, Svezia) nel campo del commercio elettronico.
Altre “best practices” che negli ultimi convegni hanno raccolto notevole interesse e che stanno avendo più di una replica in vari Paesi europei sono una guida austriaca sui cento e mille modi per creare una PMI, un programma ungherese per utilizzare al meglio a favore delle imprese più piccole le norme del Mercato Unico, l’istituzione, in Belgio, di un particolare fondo di garanzia – si chiama SOCAMUT – per favorire l’accesso al credito, eccetera eccetera.
Le pratiche che hanno dato risultati positivi o almeno interessanti e hanno riscosso i consensi più vasti sono sempre raccolte in opuscoli stampati e diffusi dalla Commissione e anche messe a disposizione dei 300 “Euro Info Centers” (EIC) che operano sul territorio dell’Unione e assicurano alle PMI un’assistenza non stop.
È così che, almeno sulle scelte più importanti, i 23 milioni di nani, cioè le PMI d’Europa lavorano insieme e insieme operano come un gigante dell’economia europea. Un gigante che è davvero, come ha detto Gunter Verheugen, un bene per l’Europa, anche politica. Come, del resto, sono un bene per l’Europa, anche politica, altre imprese dell’Europa utile, sia pure non delle dimensioni e del peso delle PMI e tuttavia di una significativa importanza.
Tra le più recenti segnaliamo i successi delle iniziative del programma “Media” a sostegno del cinema europeo. Sono stati resi noti nel corso della 59ª edizione del Festival cinematografico di Cannes dal commissario europeo per la società dell’informazione, Viviane Reding. La Reding, parlando in occasione della giornata che il festival dedica al cinema prodotto nei Paesi dell’Unione, ha annunciato: «Finalmente la globalizzazione è arrivata anche per i nostri film. Finalmente il nostro cinema ha una presenza e una visibilità mondiali».

Alcuni dati hanno dato forza alle affermazioni della Reding. Quest’anno diciassette film europei sono arrivati alla selezione finale del Festival di Cannes. È un traguardo mai raggiunto prima e affianca altri importanti traguardi: come l’assegnazione di un Oscar (come migliore documentario del 2006) al francese “La marche de l’Empereur” (nelle sale italiane, La marcia dell’Imperatore).
Questi e altri risultati, resi anche possibili dai finanziamenti messi a disposizione dal programma comunitario “Media”, permettono di prevedere un primato mondiale per il cinema made in Europa? Un obiettivo tanto ambizioso non è, per ora, realistico.
A tutt’oggi i film europei incidono solo per il 12% sul mercato australiano, per l’8,3% su quello turco, per il 6,7% su quello russo e addirittura per un misero 2,3% negli Stati Uniti. La strada per raggiungere e battere la concorrenza americana, ancora dominante nella stessa Europa, resta dunque lunga e faticosa. Ma i dati di Cannes, le parole della Reding ci dicono che essa è stata finalmente imboccata. Grazie a un’altra iniziativa dell’Europa utile – il programma “Media” – dove i lutti e le riflessioni di eccessiva lunghezza non sono ammessi.

 

   
   
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