Utilizzando fondi europei, le PMI
in pochi anni
sono divenute
le protagoniste di una spettacolare crescita.
Fino a meritare
di essere definite un gigante
delleconomia
europea.
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La coincidenza potrebbe essere stata casuale, vale a dire che i
diversi avvenimenti potrebbero non essere collegati da una sola
regia. Certo è stata una coincidenza interessante, forse
anche utile. Parliamo di fatti importanti tutti avvenuti nellEuropa
Comunitaria attorno alla metà dello scorso giugno: i meeting
che, a livelli nazionali e internazionali, hanno coinvolto i rappresentanti
delle Piccole e Medie Imprese europee e il Consiglio Europeo che
ha riunito a Bruxelles i capi di Stato e di governo dellUnione.
Al vertice di Bruxelles (15-16 giugno) il Presidente del Consiglio
italiano, Romano Prodi, ha detto che «il lutto è finito
e che è tempo diniziare unoffensiva contro leuroscetticismo».
Il periodo di lutto, dato per concluso dal primo ministro
del nostro Paese, è la pausa di riflessione che
un altro Consiglio Europeo, quello del giugno 2005, decise dopo
la traumatica esperienza del no al progetto di Costituzione
europea espresso con i referendum svoltisi in Olanda e in Francia.
Nei dodici mesi trascorsi da allora cè stata, come
più volte ha notato Pier Virgilio Dastoli, direttore dellUfficio
per lItalia della Commissione europea, molta pausa e poca
riflessione.
Nel senso che da parte dei governi e delle forze politiche non molto
si è fatto e non molto neppure si è detto per riparare
i danni prodotti dai due referendum al processo dintegrazione
europea.

Le parole pronunciate da Prodi al Consiglio Europeo del giugno
di questanno potrebbero essere dunque solo lespressione
di una bella ma debole speranza, tuttora lontana dal terreno dei
fatti: anche perché, come ha notato nel corso della stessa
riunione Ursula Plasnik, ministro degli Esteri austriaco, «non
si esce dallimpasse con i miracoli», miracoli che oltretutto
a Bruxelles, nella riunione di metà giugno, almeno a occhio
nudo non si sono visti. Laffermazione del nostro Presidente
del Consiglio ha ottenuto la piena approvazione di Angela Merkel,
la cancelliera tedesca, ma una maggioranza di dubbi e di tendenze
a rinviare al 2007, forse addirittura fino al 2008, la pausa di
riflessione.
Allora: o il lutto continua oppure Prodi ha parlato
dopo aver visto o intravisto qualche possibilità di via duscita
non tanto forse nelle posizioni della maggioranza dei governi dellUnione
quanto nelle pressioni che vengono dallEuropa utile, quella
che lavora per il benessere dei cittadini e che nelle riunioni internazionali
e nazionali di metà giugno delle Piccole e Medie Imprese
ha messo si può dire in vetrina una serie di grandi successi?
Lipotesi più plausibile potrebbe essere la seconda.
Questo perché i successi delle Piccole e Medie Imprese sono
fatti cui diventa sempre più difficile negare un significato
politico, in quanto essi stanno componendo limmagine di unEuropa
che non riempie mesi e anni con pause di riflessione, ma va avanti,
cresce, fino ad assumere grandi dimensioni.
Forse leader come Prodi, come Angela Merkel e qualche altro cominciano
a credere o a sperare che limmagine di questEuropa
possa riportare un minimo di ottimismo e di fiducia allinterno
dellEuropa politica, influenzarne in modo apprezzabile gli
indirizzi, aiutarla a superare il lutto seguito ai due
referendum del 2005 e a raggiungere un accordo sul progetto di Costituzione
entro il 2008-2009?
Potrebbe essere. Anzi, ci auguriamo vivamente che sia così.
Anche perché altrimenti lEuropa politica, quella dei
governi, dimostrerebbe di non sapere interpretare, nemmeno capire
lEuropa utile, quella al servizio dei cittadini, che va avanti
e, senza bisogno di pause di riflessione, ha la meglio sugli ostacoli
posti sul suo cammino.
Quello che è certo fin da ora è che lEuropa
utile è impegnata alla meglio per aiutare lEuropa politica
a uscire dalle sue attuali difficoltà. Come negli stessi
giorni del Consiglio Europeo di metà giugno ha riconosciuto
Gunter Verheugen, vice presidente della Commissione Europea. Ha
detto Verheugen: «Le PMI sono un bene per lEuropa e
lEuropa è un bene per le PMI».
In queste parole era chiara non solo la proclamazione di un grande
successo ma anche del suo straordinario significato politico. Luno
e laltro nati sei anni fa e sviluppatisi a grande velocità.
Già la partenza, con la Carta Europea delle Piccole
e Medie Imprese, approvata dal Consiglio Europeo di Feira
(13-14 giugno 2000) fu, si può dire, alla grande. In questo
documento si afferma che «le piccole imprese sono la spina
dorsale delleconomia europea». E si aggiunge che «le
piccole imprese devono essere considerate la forza propulsiva dellinnovazione,
delloccupazione e dellintegrazione sociale e locale
dellEuropa».
Già al via del rapporto di collaborazione con le Piccole
e Medie Imprese cera stata, dunque, una calorosa dichiarazione
di fiducia da parte delle istituzioni europee. Fiducia che presto
le PMI hanno dimostrato di meritare pienamente.
Utilizzando fondi europei, mettendo a frutto assistenza, indirizzi,
facilitazioni legislative fornite direttamente da organismi dellUnione
o rese possibili da varie forme dintervento (in materia di
semplificazione delle norme per le assunzioni, per ottenere crediti,
per utilizzare al meglio le possibilità offerte previste
dal Mercato Unico, eccetera), le PMI, in pochi anni, sono divenute
le protagoniste di una spettacolare crescita. Fino a meritare di
essere definite dalle istituzioni dellUnione «un gigante
delleconomia europea».
Lo sono davvero? Rispondono le seguenti cifre. Nelle PMI (sono definite
tali, secondo i criteri europei, quelle che hanno non oltre 250
dipendenti) ci sono oggi, sul territorio dellUnione, 75 milioni
di dipendenti, che rappresentano l80 per cento della forza
lavoro dellEuropa comunitaria (con percentuali anche più
alte in alcuni settori produttivi, quale il tessile, le fabbriche
di mobili, le imprese edili). In totale, le PMI dellUnione
sono 23 milioni. E costituiscono la stragrande maggioranza
esattamente il 99 per cento dellinsieme delle imprese
europee.

Nessun dubbio, dunque: esse sono oggi un vero gigante delleconomia.
Anche se composto da tante, tantissime particelle, alcune delle
quali di dimensioni minuscole.
Le PMI dellUnione sono, abbiamo detto, 23 milioni. Tra di
esse prevalgono le aziende piccole e piccolissime. Quelle con un
numero di dipendenti che va da 1 a 9 sono il 91 per cento del totale,
quelle da 10 a 49 dipendenti il 7 per cento, mentre quelle da 50
a 250 dipendenti costituiscono solo il 2 per cento.
Il gigante PMI è, in altri termini, la somma di una moltitudine
di nani: che però tendono a crescere e a rafforzarsi. Grazie
agli aiuti e allassistenza dellEuropa: e a un forte
spirito imprenditoriale del quale, qualche volta, fa parte una buona
dose dinventiva e fantasia che spesso, si può dire,
un certo numero di piccoli e medi imprenditori regala ai loro colleghi
di altri Paesi europei.
Accade tra laltro durante i convegni sullattuazione
della Carta Europea delle PMI che si tengono con una certa frequenza
in diverse capitali europee. Lultimo si è svolto a
Vienna il 13 e il 14 giugno scorso, i due precedenti a Dublino (2004)
e a Lussemburgo (2005). In queste sedi, assieme alle cifre che documentano
i successi, sono in primo piano i risultati dellinventiva
e della fantasia di singoli imprenditori, di gruppi o di Paesi.
Presentati come best practices, migliori esperienze
(o pratiche), in un numero limitato ma apprezzabile di casi dimostrano
che anche con pochi soldi e scarsità di uomini nel mondo
delle PMI si può arrivare a buoni, talvolta ottimi risultati.
Ad esempio, i 350 partecipanti al convegno di Vienna di questanno
hanno preso atto di una curiosa iniziativa tedesca con cui si propone
un concorso per la creazione di una piccola impresa disponendo solo
di cinque euro! E certamente con maggiore considerazione!
hanno esaminato anche le numerose esperienze già realizzate
o in fase di attuazione in vari Paesi (Danimarca, Irlanda, Paesi
Bassi, Finlandia, Svezia) nel campo del commercio elettronico.
Altre best practices che negli ultimi convegni hanno
raccolto notevole interesse e che stanno avendo più di una
replica in vari Paesi europei sono una guida austriaca sui cento
e mille modi per creare una PMI, un programma ungherese per utilizzare
al meglio a favore delle imprese più piccole le norme del
Mercato Unico, listituzione, in Belgio, di un particolare
fondo di garanzia si chiama SOCAMUT per favorire laccesso
al credito, eccetera eccetera.
Le pratiche che hanno dato risultati positivi o almeno interessanti
e hanno riscosso i consensi più vasti sono sempre raccolte
in opuscoli stampati e diffusi dalla Commissione e anche messe a
disposizione dei 300 Euro Info Centers (EIC) che operano
sul territorio dellUnione e assicurano alle PMI unassistenza
non stop.
È così che, almeno sulle scelte più importanti,
i 23 milioni di nani, cioè le PMI dEuropa lavorano
insieme e insieme operano come un gigante delleconomia europea.
Un gigante che è davvero, come ha detto Gunter Verheugen,
un bene per lEuropa, anche politica. Come, del resto, sono
un bene per lEuropa, anche politica, altre imprese dellEuropa
utile, sia pure non delle dimensioni e del peso delle PMI e tuttavia
di una significativa importanza.
Tra le più recenti segnaliamo i successi delle iniziative
del programma Media a sostegno del cinema europeo. Sono
stati resi noti nel corso della 59ª edizione del Festival cinematografico
di Cannes dal commissario europeo per la società dellinformazione,
Viviane Reding. La Reding, parlando in occasione della giornata
che il festival dedica al cinema prodotto nei Paesi dellUnione,
ha annunciato: «Finalmente la globalizzazione è arrivata
anche per i nostri film. Finalmente il nostro cinema ha una presenza
e una visibilità mondiali».

Alcuni dati hanno dato forza alle affermazioni della Reding. Questanno
diciassette film europei sono arrivati alla selezione finale del
Festival di Cannes. È un traguardo mai raggiunto prima e
affianca altri importanti traguardi: come lassegnazione di
un Oscar (come migliore documentario del 2006) al francese La
marche de lEmpereur (nelle sale italiane, La marcia
dellImperatore).
Questi e altri risultati, resi anche possibili dai finanziamenti
messi a disposizione dal programma comunitario Media,
permettono di prevedere un primato mondiale per il cinema made in
Europa? Un obiettivo tanto ambizioso non è, per ora, realistico.
A tuttoggi i film europei incidono solo per il 12% sul mercato
australiano, per l8,3% su quello turco, per il 6,7% su quello
russo e addirittura per un misero 2,3% negli Stati Uniti. La strada
per raggiungere e battere la concorrenza americana, ancora dominante
nella stessa Europa, resta dunque lunga e faticosa. Ma i dati di
Cannes, le parole della Reding ci dicono che essa è stata
finalmente imboccata. Grazie a unaltra iniziativa dellEuropa
utile il programma Media dove i lutti
e le riflessioni di eccessiva lunghezza non sono ammessi.
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