Settembre 2006

Obiettivi: Credibilità, risanamento e crescita

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Il manifesto programmatico di Draghi
Filippo Cucuccio  
 
 

 

 

 

Draghi delinea
per Via Nazionale un futuro prossimo di autonomia
e di affidabilità
indispensabili
per esercitare
quel carisma
istituzionale
che in passato
ha segnato picchi di eccellenza.

 

Come sempre anche quest’anno il tradizionale appuntamento di fine maggio della lettura delle Considerazioni Finali del Governatore della Banca d’Italia ha costituito l’occasione per offrire una diagnosi puntuale degli aspetti positivi e negativi della situazione economico-sociale del Paese, nonché le relative terapie utili a sopportare e a promuovere il suo ritorno alla crescita.
Infatti, ad una prima analisi è stato proprio questo il motivo dominante e conduttore che ha scandito i passaggi logici delle Considerazioni 2006, seconda uscita ufficiale di Draghi; ma se quello della crescita è stato l’obiettivo dichiarato e facilmente percepibile di questo documento, c’è un altro profilo, a mio avviso, che getta su di esso squarci di luce nuova e che può essere riassunto nella riconfigurazione del ruolo della Banca d’Italia. Un’istituzione le cui scelte operative sono state al centro di un dibattito talvolta anche aspro se non addirittura di reale contestazione sulla definizione del proprio ruolo, giudicato non più di arbitro ma di parte in causa.

Di questo travagliato periodo, culminato in iniziative della magistratura volte ad accertare illeciti sconfinamenti di ruolo, vi è una traccia significativa nella prima pagina delle Considerazioni, ove si parla di una Banca d’Italia «uscita ferita»; vulnerata, dunque, nel suo patrimonio di credibilità e rigorosità istituzionale.
Ma ecco poco dopo seguire un passaggio che non costituisce solo un comprensibile scatto d’orgoglio, ma è volto a riaffermare una corretta collocazione dell’istituto di Via Nazionale, definito «luogo di eccellenza dove è profondamente sentita la nobiltà del servire l’interesse pubblico» 1. Un ruolo rivendicato di “civil servant” al più alto livello che non si esaurisce in una dichiarazione di principio formale, ma si sostanzia nella puntigliosa definizione di un vasto perimetro operativo.
Al di là di un’opportuna riconsiderazione della struttura centrale e periferica della stessa Banca d’Italia condotta nel segno dell’efficienza del servizio prestato e nell’implicito proporsi a modello nell’ambito di un sistema giuridico-amministrativo che molti passi deve ancora compiere sulla strada dello snellimento burocratico, vale allora la pena di analizzare con cura le tre linee d’azione da intraprendere sulle quali si sofferma Draghi.
La prima linea consiste nel contribuire in modo sostanziale al disegno e all’attuazione della politica monetaria del Paese nell’ambito dell’area euro. Un chiaro segnale di come l’Italia sia calata a titolo definitivo e irreversibile nello scenario di integrazione europeo e venga chiamata a svolgere un ruolo di protagonista che derivi non solamente da una sia pur prestigiosa tradizione storica.
Una linea d’azione, dunque, che rivela un’adesione ancor più decisa di quanto avvenuto in passato alla costruzione di una casa europea; infatti, non è casuale che da un lato vengano ricordati da Draghi i benefici che ne derivano in termini di stabilità dei prezzi e protezione dall’erraticità dei mercati finanziari, mentre dall’altro non si manca di puntare l’indice verso una finanza pubblica che ha in gran parte disperso i vantaggi della moneta unica.
Con un’ulteriore avvertenza: questo atteggiamento non deve certo tramutarsi in uno spossessamento di competenze e responsabilità, ma viceversa in uno stimolo a tradurre in atti concreti le norme approvate a Bruxelles. Non a caso, più avanti affrontando il tema della produttività dei servizi, «essenziale per la crescita dell’economia» e pur riconoscendo il contributo che potrà essere fornito dalle direttive europee in questa materia, Draghi non esita a sottolineare come siano le scelte discrezionali dei governi nazionali a imprimere l’indirizzo decisivo sulla strada della liberalizzazione.
Un orientamento che emerge con altrettanta nitidezza nel caso della direttiva europea sui mercati finanziari, letta in un’ottica di rafforzamento della concorrenza tra mercati regolamentati e sistemi gestiti da intermediari, ambito in cui il Governatore perentoriamente riafferma la necessità di rimuovere le barriere all’accesso ai servizi di compensazione e regolamento, ricordando le persistenti difformità normative e tecniche che minacciano la vanificazione dei potenziali benefici auspicati.
La seconda linea di operatività ricordata da Draghi concerne l’adeguamento della vigilanza ai nuovi princìpi internazionali, espandendone e rafforzandone l’azione. Chi volesse rendersi conto della vastità di compiti che ricadono in quest’area potrebbe affrontare la lettura del capitolo della Relazione Annuale dedicata alle funzioni di Vigilanza 2, dove si trova puntuale riscontro a quanto fatto, sia in termini di vigilanza sulle banche e sugli intermediari finanziari, sia in ambito di promozione e tutela della concorrenza nel settore del credito, di supervisione sui mercati e di sorveglianza e offerta diretta dei servizi di pagamento. Peraltro, non si vuole dare conto in questa sede della lunga elencazione che costituisce il dettaglio analitico di un’accurata contabilità di interventi, quanto piuttosto sottolinearne l’aspetto qualitativo ai fini di un corretto ed efficace funzionamento del mercato nell’ottica di una visione fisiologica complessiva del sistema economico.

Ed è proprio nell’articolazione di questo obiettivo che si iscrive la convinta adesione di Draghi ad un modello di vigilanza per finalità, diretta emanazione della legge per la tutela del risparmio approvata nel dicembre 2005, ove è accolto il principio della ripartizione delle competenze delle autorità di controllo sulla base di tale parametro. Al riguardo, il Governatore afferma testualmente che questo modello «offre benefici in termini di specializzazione dei controlli, speditezza del processo decisionale, trasparente identificazione delle responsabilità rispetto alle finalità assegnate e all’esercizio dei poteri attribuiti» 3.
Sono applicazioni concrete di questo principio di ripartizione il trasferimento delle funzioni antitrust nel settore bancario all’Autorità garante della concorrenza e del mercato, nonché l’attribuzione alla Consob di nuove competenze in materia di regolamentazione e controllo sull’offerta dei prodotti finanziari di banche e assicurazioni.
Ad ogni buon conto, se il modello per finalità costituisce un’occasione di chiarezza nell’accertamento delle responsabilità del “chi fa che”, non deve far venir meno, ma anzi promuovere, la collaborazione tra le diverse autorità, cosa che «è essenziale per il migliore esercizio della discrezionalità amministrativa e per contenere i costi della supervisione a carico dei soggetti vigilati» 4. In questo senso un esempio significativo è fornito alcune righe prima, quando Draghi annuncia l’abolizione dell’obbligo di comunicare all’organo di vigilanza il progetto di acquisto di partecipazioni di controllo nelle banche prima della sua proposizione al competente consiglio di amministrazione della banca acquirente: una misura che pone fine ad un atto che ormai appariva ai più null’altro che una forma ingiustificata di autentico vassallaggio.
E infine, alla conclusione di questa analisi, si giunge alla terza linea d’azione del perimetro delineato da Draghi, identificandola nel «tornare a proporre la Banca d’Italia nel ruolo di consigliere autonomo, fidato del Parlamento, del Governo, dell’opinione pubblica» 5. Con queste parole si completa idealmente il manifesto programmatico di Draghi, autentica tavola dei valori, delineando per Via Nazionale un futuro prossimo (che è già cominciato) di autonomia e di affidabilità indispensabili per esercitare quel carisma istituzionale, basato su un indiscutibile prestigio e su un assoluto rigore morale, che in passato ha segnato dei picchi di eccellenza sintetizzabili nelle figure di alcuni Governatori, da Einaudi a Menichella, da Carli a Ciampi.
Le recenti ipotesi di modifica dello statuto della Banca d’Italia, l’adozione per la prima volta nella sua storia di un codice etico (aspetti anche questi accennati nelle Considerazioni 2006) sono altrettanti segnali di una svolta ormai attuata e che trovano una adeguata lettura nei parametri di consapevole orgoglio e autonomo giudizio, pilastri di una reputazione che ha travalicato i confini nazionali, collocando spesso la Banca d’Italia a modello di riferimento per gli organismi omologhi di altri Paesi europei e non.
Ecco allora che il «tornare alla crescita», obiettivo sfidante delle Considerazioni 2006 al quale si accennava all’inizio, acquisisce una valenza strategica e operativa di particolare spessore, dettando tempi e cadenze della ricomposizione di un disegno strutturale di elevato profilo politico e istituzionale. Ed è in questa ottica che le parole conclusive pronunciate dal Governatore: «Ci sia di incoraggiamento la consapevolezza che il Paese nella sua storia ha saputo rispondere a sfide ben più drammatiche» 6 suonano a reale incitamento a procedere speditamente sul difficile terreno di un risanamento e di una crescita dell’Italia che non sono solo economici, ma soprattutto morali.

 

   
   
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