Andiamo verso una società che non ha più
operai, ma neppure un ruolo ben preciso per insegnanti
o per medici: una realtà indistinta, sempre meno
capace di definire le sue piattaforme politiche.
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Proprio in questi ultimi mesi Tallin, capitale dellEstonia,
sta completando una rete Wi-Fi (Wireless Fidelity, per
i collegamenti senza fili) che coprirà tutta la città,
consentendo ai cittadini di collegarsi a Internet da qualunque luogo:
dalle case, dai parchi, da un tram, dallautomobile
Accedendo
a questa rete e utilizzando via Internet i servizi di Skype, sarà
possibile parlare gratis con qualunque parte del mondo. È
la fine delle società telefoniche tradizionali, non soltanto
quelle che offrono servizi su rete fissa, ma anche le società
di telefonia mobile.
Skype sta infatti per mettere in commercio un software che permetterà
di accedere ai suoi servizi i quali consentono, appunto,
telefonate gratuite da un normale cellulare. Oggi lo si può
già fare, ma il collegamento richiede un po di tempo.
Il nuovo software cancella questattesa: non ci si accorgerà
neppure che la telefonata transita su Internet anziché su
una rete telefonica tradizionale.
Skype appartiene a una nuova generazione di aziende che propongono
di eliminare tutti i costi e tutti gli intermediari inutili, i quali
difendono interessi diversi da quelli dei consumatori. Sono aziende
ultramoderne, nelle quali non vi sono dipendenti che difendono le
loro rendite. Se la società guadagna, una quota del profitto
viene immediatamente distribuita ai consumatori, abbassando il prezzo
e allargando la quota di mercato. Se perde, il prezzo non cambia
e si tagliano gli stipendi dei dipendenti.
Due studiosi italiani, Massimo Gaggi e Edoardo Narduzzi, (e più
precisamente un giornalista esperto di problemi economici e un imprenditore
dellhi-tech), autori del libro La fine del ceto medio e la
nascita della società low cost, invitano a riflettere su
due questioni di fondamentale importanza.

Innanzitutto, la fine inevitabile di ogni protezione, e quindi
di tutte le aziende protette. Ma non perché nel mondo spiri
una ventata di totale liberismo: semmai, accade il contrario, ma
sotto la pressione dei consumatori, i quali non sono più
disposti a pagare rendite e inutili intermediazioni. Si tratta di
un processo inarrestabile. Grazie a Ryanair viaggiano quasi gratis
e vedono i prezzi di Wal-Mart, imparano a fare acquisti partecipando
alle aste di eBay e si accorgono di quanto costa il commercio tradizionale.
Pensiamo ad Alitalia, che non riesce a convincere assistenti di
volo e piloti a trasferirsi da Roma a Milano e pertanto, quando
il loro vettore parte da Malpensa alle 11 del mattino, vengono pagati
dalle 8, ora in cui si imbarcano a Roma per raggiungere Milano e
iniziare il turno di lavoro. Contrariamente al passato, di fronte
a recenti scioperi non ci sono state sommosse: i passeggeri hanno
con molta semplicità scelto altre compagnie, lasciando che
Alitalia cominci a colare a picco da sola. Telecom Italia ha pochi
anni per evitare la stessa fine.
Di qui alle scelte politiche il passo è breve, ed è
questa la seconda questione posta dai due autori. Se ci si abitua
alle telefonate gratuite di Skype e ai costi di Easyjet, si fa poi
fatica ad accettare unimposizione fiscale elevata, oppure,
se la si accetta, ci si chiede che cosa si stia pagando: servizi
efficienti, o una costosa intermediazione?
Due soli modelli fiscali sopravvivono nella società low cost:
quello scandinavo, dove le tasse sono elevate e la qualità
dei servizi pubblici è eccellente, e quello dei Paesi dellEst
europeo, i quali hanno adottato laliquota unica: è
il 16 per cento in Romania e poco più negli altri nuovi Paesi
membri dellUnione europea.
Nellera post-industriale del consumo globalizzato scrivono
Gaggi e Narduzzi entrano in crisi gli stessi elementi fondanti
dellessere classe media: la ragione politica, lorigine
economica e lidealità sociale. Dunque: andiamo verso
una società che non ha più operai, ma neppure un ruolo
ben preciso per insegnanti o per medici: una realtà indistinta
più monocorde che omogenea sempre meno capace
di declinare la diversità delle aspirazioni, dei bisogni,
dei desideri di consumo. E anche di definire i suoi riferimenti
culturali e le sue piattaforme politiche.
È la classe della massa senza steccati
dunque non la classe di massa dellidentità
proletaria che di fatto perde progressivamente i propri connotati,
dal momento che rappresenta la gran parte del corpo sociale, dal
quale sono esclusi soltanto, in basso, i lavoratori senza una specializzazione
e, in alto, i ceti ristretti dei beneficiari della ricchezza generata
dalla conoscenza creativa.

Ecco: questa classe della massa è caratterizzata da consumi
low cost: acquisti facilmente replicabili e riconoscibili ovunque
nel mondo. Ikea, Ryanair, Wal-Mart, Virgin, Zara, H&M sono soltanto
alcuni dei marchi che interpretano la nuova identità comportamentale
della fine irrimediabile della classe media. Nei fatti, è
un vero e proprio magma sociale, un contesto in continua ebollizione,
nel quale convivono una, cento, mille e nessuna classe.
Sostengono testualmente gli autori: «Scivoliamo così
ben oltre la logica ancora classista del welfare state
(pensioni modeste per i siderurgici, ma sontuose per i telefonici
e gli elettrici; la protezione della cassa integrazione per i disoccupati
dellindustria, ma non per quella dei servizi, eccetera), per
dare spazio a un universo umano flessibile, decontrattualizzato,
desideroso di allargare al massimo le possibilità di consumo.
Un universo sottoideologizzato, deciso a procurarsi beni e servizi
presso il fornitore mondiale che offre le condizioni più
convenienti, che pretende una minor intermediazione da parte delle
istituzioni tradizionali, religiosamente aperto, integrato in tempo
reale con tutti i canali di comunicazione o di interazione e sempre
meno baricentrato sulle tradizionali agenzie di socializzazione,
a cominciare proprio dalla famiglia».
Fenomeni come la crisi dei partiti politici e della stampa, che
pure sono il risultato di una serie di processi di origini diverse
(dalla crisi di fiducia in un sistema politico che tende sempre
più a sostituire la spinta ideale col puro professionismo,
alla diffusione dei nuovi media elettronici che erodono
lo spazio dei giornali di carta), vanno letti anche in questo contesto:
è sempre più difficile mettersi in sintonia con una
società che, finite la storia e leconomia della materia,
si spoglia delle limitazioni della sua dimensione controrivoluzionaria
e della scelta delegata per farsi domanda senza confini, fluida,
segmentata, apolitica o neopolitica, semplificata e cinica. È
la società del potere diffuso, non più contenibile
negli steccati politici e organizzativi ereditati dal recente passato,
che aspetta di essere governata da chi sappia definire un nuovo
quadro di riferimento, una dimensione intellettuale capace di reinterpretare
i concetti di progresso e di sviluppo.
E a questo punto, si possono tirare le somme. Affermano infatti
i due autori che con la fine della classe media arriva al capolinea
la grande trasformazione sociale della Rivoluzione industriale e
si entra in una nuova era caratterizzata da: 1) lemersione
di unaristocrazia molto patrimonializzata e affluente, che
comprende i vincitori della roulette dellinnovazione; 2) laffermazione
di un ceto della conoscenza con redditi medio-alti; 3) una società
massificata di reddito medio-basso, ma alla quale lindustria
del low cost garantisce laccesso a beni e servizi un tempo
riservati a ceti più affluenti; 4) una classe con scarso
potere dacquisto (operai, pensionati senza redditi integrativi,
ma ormai anche insegnanti con famiglia a carico), sempre più
schiacciata verso modelli sociali da Terzo Mondo emergente.
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