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Per ciascuno di quelli che in un modo o nellaltro si sono
arricchiti, ci sono stati migliaia di emigranti partiti poveri dal
nostro Paese e tali rimasti oltreoceano, o tali ridiventati, con
il saldo negativo dello spaesamento, dellestraneità,
della difficoltà della lingua, dellassenza della famiglia,
degli amici, dei luoghi cari, della memoria generatrice di incancellabili
nostalgie. E altri innumerevoli anche questo si sa, pur se
non esistono indagini specifiche e numeri certi in proposito
morirono già nel corso della traversata, oppure poco dopo,
falciati dagli incidenti sul lavoro, in quanto manodopera a bassissimo
costo (nelle miniere, in modo particolare, e nei cantieri di strade
e di ferrovie), senza alcuna forma di protezione, esposta ad angherie,
soprusi dogni sorta e persecuzioni razziali che portavano
al cospetto di tribunali per sommari giudizi e per morte per linciaggio.
Nello sterminato archivio delle storie di emigrazione, Elena Pianini
Belotti ne ha colto una, così come, per una qualche ragione,
si coglie un filo in particolare dentro una grossa matassa. È
la vicenda di Gildo, sedicenne figlio di contadini impoveriti della
zona di Albino, in Val Seriana, provincia di Bergamo, costretto
a partire, ai primi del secolo scorso, insieme con il padre, per
cercare fortuna in America.
Della sua vicenda lautrice ha fatto romanzo, ragion per cui
non è dato di sapere se, al filo della vita di Gildo, ne
abbia mescolato qualche altro: ciò non è sufficiente,
tuttavia, a consolarci di fronte alla tristissima parabola del giovanissimo
contadini emigrato contro la sua volontà, in quanto i fatti
narrati da Pane amaro sono comunque veri, né è possibile
rincuorarsi come magari capita di fare al cinema, vedendo
certi film crudelissimi pensando che soltanto di invenzione,
in fondo, si tratta.

Il protagonista di una vicenda come quella narrata in Pane amaro
può senzaltro non chiamarsi Gildo, può non essere
nato in Lombardia ma in Trentino, in Campania, in Puglia o in Sicilia,
può non essere finito negli Stati Uniti bensì in Argentina
o in Svizzera, in Francia o in Belgio o in Australia, ma non cè
dubbio che sia esistito, che la sua vita sia andata pressa
poco come è riferito qui e che, di altri, simili a lui, fratelli,
gemelli, anzi, suoi, ne siano esistiti a centinaia, o a migliaia.
Come lui, costretti a partire dalla miseria e dalla mancanza di
lavoro, convinti a tentare le fortuna dagli amici, dai familiari
e, non di rado, dalle mitiche foto giunte dallAmerica, raffiguranti
paesani vestiti elegantemente alla guida di qualche lustra macchinona:
spesso e volentieri, un fotomontaggio con fondale di cartone dipinto,
dove lunica cosa vera è la faccia del paesano, finta,
ovviamente, lautomobile e finti, a volte, persino gli abiti.
Tutto nel Nuovo Mondo andrà male a Gildo, timido, mite, impacciato,
condannato ad essere un eterno perdente; e anche la musica, che
per un momento sembra promettergli riscatto e vita diversa, grazie
al suo talento per la fisarmonica, si rivelerà un buco nellacqua:
non ultimo, perché gli verrà rubata, e perché,
avendola acquistata a credito, e non potendo più pagare,
finirà in carcere, con qualche anno di manicomio in più.
Fin dallinizio, di romanzo corale si tratta, nel senso che
il pane è amaro per molti, e che allesistenza di questo
personaggio si affiancano e si mescolano quelle di tanti altri come
lui, a volte un po più fortunati, ma, più di
frequente, anche meno, e non è difficile immaginare che questo
significhi per loro la morte. Accanto al protagonista
salgono sul palcoscenico, dunque, alcuni per rimanerci fino alla
fine, altri soltanto per un breve passaggio, i suoi familiari, i
parenti, gli amici vecchi e i pochi nuovi, i datori di lavoro, gli
intermediari, i preti, i rari personaggi buoni e i molti cattivi,
i senza scrupoli, gli imbroglioni, gli sfruttatori e i taglieggiatori
di ogni sorta.
Grande merito quello di aver fatto di una storia vera una narrazione,
di un saggio un romanzo, senza che il lettore noti mai le rugosità
di una qualche giuntura, il passaggio da un genere ad un altro.
La scrittura smussa ogni cosa, amalgama il materiale, sicché
le numerose vicende scorrono al modo di un fiume nel quale le acque
provenienti da sorgenti diverse si fondono perfettamente.
E il dettaglio storico, accurato, sulla vita degli emigranti italiani
in America ai primi del Novecento, oltre che sui luoghi di provenienza,
sullesistenza grama dei contadini di montagna, continua a
riportare alla memoria, con forza, che linvenzione può
al massimo riguardare i dialoghi. Tutto il resto è specchio
di vite realmente vissute.
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