Settembre 2006

 

Indietro
Le giravolte
AA.VV.  
 
 

 

 

Una rettifica più che legittima

Venerdì 9 settembre 2005: La Gazzetta del Mezzogiorno, “Cultura e Spettacoli”, pag. 20. È un vecchio numero di giornale, uno spazio intero dedicato al successo letterario della penisola pugliese; me l’ha portato a far vedere un fedele lettore, chiedendomi se mai avessi letto questo “pezzo”. È firmato da un certo Gino L. Di Mitri, che non conosco e che, in verità, non mi conosce. Vi è un accenno al sottoscritto, che risale alla data di cui in principio: uno svarione tale da citare per danni lo sprovveduto autore.
Dunque, secondo costui io sono morto da un bel po’ di tempo e avrei prodotto, con la mia assenza, un certo guasto letterario a questo nobile Paese. Una frase, che riprendo alla lettera, da una grossa balla scritta e stampata: “Morti Florio Santini, che pur sempre era un minore, e il grande Paolo Caccia Dominioni, la letteratura sembra disertare la Terra d’Otranto”.
La frase mi allieta e mi onora; rimane il fatto che sono ancora vivo. Allora? Com’è possibile che nessuno abbia spedito formali condoglianze a casa mia?
Evidentemente nessuno ha letto il succoso articolo, ricavandone un’improvvisa funebre notizia di una certa (voglio sperare...) importanza culturale. Mi chiedo, di conseguenza, a cosa servono i giornali e chi ne corregge le bozze, quelle bozze su cui sto distruggendomi gli occhi.

Tutta la mia gratitudine, dunque, per il presente aggiornamento, che proviene da un amico di Torre dell’Orso, e non certo dall’università. Si è trasformata in un saggio di dietrologia, quella rilettura della quale ingiustamente tutti dicono corna. Invece, in questo imperdonabile caso, è provvidenziale, doverosa, lecita.
Non sapevo che due personaggi come Florio Santini e Paolo Caccia Dominioni fossero tanto autorevoli e necessari nel campo delle lettere salentine. Ringrazio perciò chi stampò l’errore, che – secondo molti – fa da indizio di buona fortuna.
Come scrivevo sopra, rimane il fatto che, da quel venerdì 9 settembre 2005, è trascorso un bel po’ di tempo e l’auspicata vis letteraria di Terra d’Otranto s’è indebolita assai. Perché? Spiegazione facile. Seguite questi nomi: continuano ad essere sempre gli stessi, anche se scelgo i maggiori. Dico Tommaso Fiore, Vittorio Bodini, Antonio L. Verri, Vittorio Pagano, Gino Pisanò, Giacomo Mojoli, Michele Di Carlo e molti altri ancora...
Rimane una lacuna grave, e vorrei farvela notare per correttezza. È quel tipo strano di “Asino Arpista”, che La Gazzetta del Mezzogiorno distrattamente seppellì “ante litteram”; proprio lui, non scherzo! Evviva chi legge all’indietro!

florio santini

 

Cinque poesie dalla terra crocifissa

Conoscevamo già la cifra stilistica di Salvatore Bello, appartato poeta (ma anche umoroso narratore), nel quale le manifestazioni del reale e dell’onirico si incardinano su piani equidistanti e simmetrici, con una resa credibile del tracciato creativo. Qui cogliamo alcuni versi elettivamene scelti, ritenendo che in essi dato concreto e visione si fanno insieme tramite maieutico, veicolo cognitivo, punto di volta, concerto lirico intrigante.
Da osservare che poesia dopo poesia anche il codice linguistico denota un registro originale, riconoscibile, afferente a una sfera semantica sapientemente risolta in un alfabeto colto, e in una grafia narrativa, in un’algebra metrica, che traducono la voce di Salvatore Bello in pregevoli atti comunicativi di canto diretto, e in larghe vibrazioni della memoria, del presente. E del cuore.

a.b.


Acqua di roccia
Se il tuo pensiero più tuo elude
il fonte della vita, mortale
la stretta di ataviche spire, lamento
lo scorrere lento di carsica vena.
Di amen in amen apocalittici eventi
contammo; chi espunge la regale
natura gonfiandosi di libero arbitrio?
Un fardello t’aggrava il passo,
e vai solitario per inferni d’opachi
deserti, a te stesso invisibile,
inviso al creato tradito. E mentre
irrompe nell’agorà il tuono del vero,
e un lampo di genio addita
un senso di rotta, sta’ attento
a staccare la spina incarnita
nell’acqua di roccia, lucente, che
sverginata o svenata non sia. E tu
come un fiotto venisti a luce,
eloquente sei qui, ma inerte
con chi ti ideò immortale,
e al varco fatale attende, paziente.
Dal primo vagito all’ultimo
gelo affannano cupi fantasmi,
acute brame corrodono. E più,
più non sanno come sfamarti
e dissetarti le provvide mani
della terra crocifisse, morenti.

I sentieri degli avi
L’uno tra agavi portava al mare,
l’altro tra ginestre alla collina,
rimandano a un’età, a una storia,
a scambi di ridenti sguardi, di tenere
compiacenze di qua dai tratti
indecifrabili del cuore, dai disciolti
aneliti, dai convenevoli.
Per chine e ascese lei trasalendo
a un fruscio da siepe a siepe, a svolazzi
da ramo a ramo, e se urtava a un sasso
a un puntello a un rovo, lui a stringerle
il polso, carezza d’anima, respiro
di fronda, crepuscolare frinire di cicala.
Fin che l’ombre affrettavano al luogo avito,
a un recondito nido di care sembianze
che un lume perenne animava.

Mi distolgo dagli estesi orizzonti
L’inverno è passato, ho svegliato
l’aurora biondo crine disciolto, labbra
dischiuse all’aria novella; contro il ruvido
affaccio d’Altomare s’infrange
il gridìo dei gabbiani e mi svia
dall’arterioso distonico fluire;
vette innevate all’opposta ripa, già
salpato il naviglio stipato di ruggini
e d’anime votate ai gorghi; fu
a un esausto tramonto che un divo sole
parvemi affogare in una fluida voràgo,
il crepuscolo m’avvolse di domestiche ombre
e paventai un viaggio senza ritorno;
o l’ora s’appressa?, mi distolgo
dagli estesi orizzonti, da questo
recinto d’esigui passi, saturo d’amore.
Una vela, o vecchissima mia, ci attende
per una rada assegnata, per una quiete
non fugace al riparo dalle folgori.

Onirica per Emanuel
Traluce il sogno di puerili ardori,
ma un cielo infido già s’abbruna,
teschi dentati oscillano tra i cipressi.
Seduto sul cantone riesumi il tempo
che un panno di delizia innocente
t’avvinse a una poppa di caldo latte;
o vai avido al balcone della figlia
bella di fiori accesi sul petto lunare; e più
mi sorprendi, Emanuel qui nato ai “Grotti”,
che al tuo sax vibra New York
e in spechi dei giganti di vetro
sfidi al flauto la dolce Euterpe
dietro traendoti la corte maliarda
delle notti insonni (insisto
a rammentarti i vizi capitali). Torni
a questi lidi che vaghezza d’albe
e tramonti si contendono: carezze
vaporose intorno all’aurorale grembo,
viluppi rossifuoco di dolce puerpera.
Tintinnano gocciole dai gerani,
o sei tu che piangi, Emanuel?

A Michele che sposò la luna
Si leva con le stelle alte,
si disseta alla fonte littoria
in piazza Arcudi, prende un viottolo
uno dei tanti per uliveti e orti: sradica e pianta
per due euro che spende al Bar o ai Tabacchi.
Farnetica alto, a ogni passo una tirata,
a ogni sagrato una mezza croce.
Michele ignora gaudi e dolori,
sul pagliericcio col mozzicone spento
tra l’indice e il medio, col suo sorriso scemo
appeso al labbro: “Iu àbbitu ‘cquài,
‘cquài dormu e moru ‘cquài”,
“Qui abito, qui dormo e muoio qui”;
al finestrello un tondo di luna.

 

L'isola globale

Nelle mie opere ho sempre cercato di interpretare il mondo, il tutto della nostra esperienza umana, attraverso quel poco che ci è concesso di conoscere, cioè l’ambiente, il luogo in cui si nasce e si cresce. In questo caso si tratta di Malta, una terra eccezionalmente piccola, che comunque raccoglie in sé tutte le qualità che compongono una nazione grande, completa. A mio parere, anche in base a quanto ho cercato di mettere in evidenza nella mia ricerca sul tema, questa fragile isola è riuscita a sopravvivere e ad essere riconosciuta anche come uno degli Stati membri dell’Unione europea, perché ha affermato la propria identità, quella di isola molto piccola, ma completa.
Il tema esistenziale, comunque, continua ad essere presente. Isola come terra dove si vive, terra come isola interiore. In queste condizioni, dunque, si possono riconoscere tutti gli abitanti della terra, un’unica isola, in cerca di senso e si significato.
In questi haiku, una breve scelta di quanto sono riuscito a scrivere in vari Paesi stranieri, cerco di esprimere il senso del mistero di chi si riconosce come completo e altrettanto piccolo in un mondo così grande e incompleto. La realtà e il desiderio: le due componenti di una terra perfetta, inaccessibile. Il resto dell’universo invita nuove riflessioni.
Spero, dunque, che questi haiku possano offrire non soltanto una riflessione sul Sud europeo, dove termina in qualche modo la penisola italiana, ma anche un pensiero su quanto si può far ancora per costruire un mondo di uomini che si riconoscano nella loro umanità come tale. Il ruolo della poesia deve essere questo, altrimenti la poesia è semplicemente un genere inaridito, estinto, un lusso formale e inutile.

oliver friggieri

Gira il mondo,
Il luna-park della vita
Fa giro-giro-tondo.


Di fronte agli applausi
Leone e tigre al circo
Vogliono la giungla.

Passata è la festa,
Pillola dell’anno
Contro la routine.

Suonano le campane
Per ogni occasione. Sanno
Ogni gioia e ogni dolore.

Un uomo e una donna
Mai d’accordo prima, ora
Insieme nella tomba.

Davanti alla gente
Il buffone ride, piange
Quand’è solo.

Quando parli
Capisci quante cose sono
senza nome.

Fai scendere nel cuore
Il secchio e t’accorgi
Che il pozzo è senza fondo.

Quando al tuo cuore
Parli, e lui tace,
Aspettati la fine.

Per ogni viaggio
Serve un passaporto,
Per il viaggio del cuore no.

L’uccello attende
Di voltar pagina: dal trespolo
Al piolo.

Per l’altro mondo,
Un biglietto aperto.
Attendilo, prima o poi.

Appena tocchi il timo,
Se ne accorge. Per parlarti
Ti riempie di profumo.

Di fronte alle vetrine
Un mendicante cerca nelle tasche
E ci trova un buco.

All’ombra la pianta
Ha atteso il sole e infine
È morta di tristezza.

L’asino della noria
Triste chiede perché
Non s’arriva mai.

L’uomo con il cibo
Muore: dove con il troppo,
Dove con il poco.

L’onda orgogliosa
Andando a riva
Si sfilaccia tutta.

Se degli amici hanno litigato
È solo il crollo
D’una casa d’argilla.

I ragazzi con la sabbia
Costruiscono castelli e poi
Continuano a desiderarli.

È un suono la parola.
Appena entra in te rimbomba
Tutta l’anima.

Un vecchio vuol capire
Cosa ha fatto il tempo.
Niente testimoni fuorchè le foto.

Il cuore si fende
Ogni giorno poco a poco,
Infine spezzato cede.

Conserva la chiave
Dopo aver aperto il cuore,
Così puoi richiuderlo.

S’è spaventata la farfalla
Appena s’è posata
Su un fiore di plastica.

Con un po’ d’amore
Il cane si lega a te
Con un contratto a vita.

Noè sull’arca
Volendo piacere a Dio
Fece entrare tutti gli animali.

S’è fatta l’autopsia
Al poeta, hanno trovato
Un cuore infranto.

Dalla luna l’uomo
Non ha portato niente,
Solo delusioni.

Hanno abbattuto l’albero.
I suoi uccelli confusi
Ne vanno in cerca.

Dal grattacielo
L’uomo scorge di lontano
Le caverne da cui proviene.

Mentre moriamo
Ci portiamo dietro
Il desiderio di vivere.

Dalle porte del Paradiso
Le anime buone passano
Senza passaporto.

Una farfalla al buio
Si è invaghita d’una candela
E s’è bruciata.

Per le nostre madri
I bambini sono marinai
Perché li portano le navi.

Bevi per dimenticare?
Se hai bevuto sognerai:
E il sogno ti fa ricordare tutto.

Se l’arcobaleno
Perde i colori, diventerà
Solo un’incurvatura.

Quando credi
Di sapere i numeri
Conta le stelle.

Di tutti i viaggi
L’uomo più si stanca
Di quello del cuore.

Uomo e donna
Oggi unico cuore, domani
Forse nemici.

L’asino insultato
In silenzio piange.
Dio gli asciuga le lacrime.

Sul palco la vittima
Finge di morire.
Il toro muore davvero.

Raglia l’asino.
La gente ride. Dio
L’ammira.

L’uccello stamattina
non ha cantato; forse
ha fatto brutti sogni.

In cima alle montagne
L’esploratore s’accorge
Che non è il suo posto.

Dal fondo del mare
Il sommozzatore riemerge
Col senso del pesce.

Gira gira il mondo:
Ecco perché l’uomo
Soffre di vertigini.

Ogni isola è una barca.
La gente che ci abita naviga
senza mai approdare.

Il pesce grande
Mangia il piccolo. Tutto
Si misura col righello.

Il mondo è tondo –
Così dice la gente
Che lo vede piatto.

Se l’uomo perde
Il sentimento, gli rimane
L’istinto della guerra.

Non ha preso sonno
Il sagrestano, e se n’è andato
A suonare le campane.

Il principio lega,
Finché il tempo lo scioglie
Per una manciata di monete.

Qualcuno è stato ucciso.
All’assassino la condanna:
Se ne uccide un altro.

Nella banca della sorte
Ognuno gioca ciò che ha
Finché s’indebita.

Fin dall’inizio l’uomo
Ha desiderato rose senza spine.
Ecco rose di plastica.

Il pittore dipinge
Sempre frutta. In vita
Non l’assapora mai.

Fine dell’anno:
La gente beve e mangia,
Il cuoco sbadiglia.

Con le lacrime si nasce,
Con esse continui. Crescendo
Le avrai consumate tutte.

Un bambino è nato:
Se resta in silenzio, è morto.
Se piange, vivo.

Una festa in onore del nonno:
Tutti felici, lui silenzioso
Pensa a un’altra cosa.

L’ospedale è addobbato,
Ma il malato brama
La porta esterna.

Non c’è frutto sull’albero.
Chiedigli perché.
Ti racconterà la storia.

L’uomo ha creato
Gli aeroplani. Dio
Gli uccelli.

Perché Newton,
Caduta la mela,
Non l’ha mangiata?

L’artista ha creato
Cose sorprendenti,
Ma continua a sbadigliare.

Nel campo dove il saggio
Ha seminato la risposta
È cresciuta la domanda.

La gente ride
Dell’asino. Lui tace.
Il silenzio la sua risposta.

È uscita la lumaca
Felice della pioggia,
Un uomo l’ha schiacciata.

Durante le guerre
Dio si consola
Guardando gli animali.

Sale l’arcobaleno,
Le creature lo salutano,
La guerra continua.

La folla applaude.
Il toro sanguina
E stramazza al suolo.

C’è tanto spazio.
L’acrobata vuol camminare
Solo sulla corda.

Per il clown nel circo
La risata è applauso. Fuori,
Offesa.

Perdi una cosa,
La cerchi ovunque,
Fuorché nel suo posto.

Non troverai Dio
Nelle cattedrali se non lo vedi
In una formica.

Ti metti gli occhiali
Per vedere diversa
La stessa cosa.

“Breve è la vita”:
così dice il vecchio vedendo
i giorni passare.

La gente di un’isola
Nasce al limite:
Tra terra e acqua.

Il sommozzatore si ricorda
Che nove mesi li ha già passati
In un acquario.

Il leone inferocito
Si fissa allo specchio,
La sua rabbia.

Con niente ti stordisci!
Il mondo ti fa girare sempre,
Neanche te ne accorgi.

La porta della giungla
è sempre aperta. L’uomo
Entra e esce.

Un uccello ha detto una parola
Che nessuno ha capito. A Dio
è entrata nel cuore.

La folla applaude,
Il matador saluta,
Il toro morto.

L’uomo e la tigre.
Se vince lui – bravura.
Se lei – tragedia.

Quando sogni
Trasformi la vita
In sciarada.

Sei caduto nell’ascesa?
Alzati e cura le ferite,
Abituati a cadere.

Vuoi capire un sogno?
Leggi il diario segreto
Scritto dal tuo cuore.

L’uomo crede
Che gli animali siano muti.
Non parla le lingue.

Esatto il numero
Dei ciottoli in fondo al mare.
Lo sa solo Dio.

La rosa comprende
Che vivrà per poco – sfiorisce.
Perciò profuma adesso.

Un giorno le pietre
parleranno e scriveranno
La storia vera.

Guerre e guerre,
Un intervallo tra di loro.
Questa è la storia.

Il turista scatta
Le foto di ciò che manca
Alla cartolina.

I bambini gioiscono
Del tempo davanti a loro,
Tanto non si vede.

Il poeta scrive
Canti per gli animali,
E poi li mangia.

T’invecchi e rovisti
Nelle tasche per vedere cosa resta.
Nulla, tranne memorie.

L’idealista
Vuol cambiare il mondo.
Il mondo cambia lui.

Il silenzio non è morto.
Dagli un’occasione e vedrai
Quanto fracasso fa.

La carica del cuore
S’arresta ogni volta che
S’esaurisce il desiderio.

Il silenzio è un concentrato
Di parole dette, e infine
diventa suono comune.

Non aver paura della vita.
Nella giungla affila i denti,
O fatti crescere le ali.

Una lacrima naviga
A lungo nelle caverne nostre,
Finché poi affiora.

Ogni volta che Dio
Sorride al mondo,
Un fiore spunta.

Il fiore chiese a Dio
Cosa doveva fare,
E si è riempito di profumo.

Si mostrano le stelle
Ogni volta che Dio s’affaccia
Alla sua finestra.

Invecchia l’uomo
Di fronte al mistero. In silenzio
Dio sorride.

La formica sospira.
Le orecchie dell’uomo colgono
Solo suoni grandi.

Un giorno capirai
Le fiabe della fanciullezza.
Con il tempo s’avverano.

Per vivere devi scommettere
Al casinò del tuo cuore
Fino all’ultimo centesimo.

Una farfalla vola
E s’avvicina a te, non troppo.
Niente confidenze.

Tu ridi sempre.
Se piangi, Pulcinella,
Nessuno ti crederà.

Conterò i ciottoli,
E se mi restano i numeri,
Conterò anche le foglie.

Una farfalla vola
Di qua e di là – va
Come le dice il cuore.

Circondato dall’acqua
Come rana su pietra
– chi vive in un’isola.

Se vuoi dipingere il mondo
Ti conviene usare la matita
Per poter cancellare.

Per cominciare a scrivere
Il poeta affila la parola
Sulla lama del cuore.

Castelli in aria.
Castelli sulla sabbia.
Così sparì l’ambiente.

Il cuore è discreto.
Senza rumore batte.
Senza rumore si ferma.

È un contratto il mondo.
C’è un tempo per entrare,
E un tempo per uscire.

Il tuo cuore ti conficca
Le radici, e il corpo
Te le scioglie.

Un verme calpestato.
Il suo dolore muto
Altrettanto tremendo.

Di fronte alla folla
Il dolore altrui
è solo spettacolo.

La tigre sogna
Di uscire dalla gabbia
E farvi entrare l’uomo.

Ho chiesto a un verme
Chi l’ha creato. Mi ha risposto:
“Qualcuno che mi ama!”.

Senza parole nasce
L’uomo, affinché ricordi
Che il silenzio è di Dio.

L’uomo inventa
Le parole, e il cuore si lamenta
D’essere ancora muto.

Dio parla
Con la lingua del silenzio.
È suono da dentro.

Prima di toccare te
La morte tocca gli altri,
Per abituarti.

Sotto la lente
La lucertola diventa coccodrillo.
Chissà se è vero?

Andiamo nella giungla.
Ti farò vedere ciò che resta
Degli antenati.

Lungo tutta la vita
Coltiva una menzogna, basta
Che non ci credi mai.

Cos’è il passato?
Una memoria che come la sfiori
Ti diventa fiaba.

Non profuma la rosa,
E non cantano gli uccelli,
Quando piange Dio.

Gli angeli in Paradiso
Non usano le ali,
Perché sono in casa.

“Quanta gente normale!
Quanta gente più bella di me!” –
dice Monna Lisa.

Una parola riesce a entrare
Dentro a un uomo e lì resta
Come pietra.

Facci ridere, buffone!
C’è bisogno che qualcuno soffra
Per le tristezze nostre.

Prima di dormire
I santi del Paradiso
Dicono le preghiere.

Con tutta la rabbia
L’onda viene e va,
Senza decidersi.

L’Arca è piena,
E in Noè solo un pensiero:
Dov’è la colomba?

Questo problema
Oggi lo scordi, domani
Ne avrai un altro.

Sul volto del mare
Gocce di pioggia cadono:
Le lacrime di Dio.

In principio ho imparato
A parlare. Cresciuto,
Imparerò a tacere.

Dipingi un sorriso,
E se lo dipingi bene,
Aggiungi un bacio.

Un mendicante desidera
Le briciole degli altri
Per fare festa.

Entra l’uomo
Nella giungla per imparare
La nostalgia.

Per salire in Paradiso
Il ragno tesse una tela
Dalla terra al cielo.

Castelli in aria!
Oh, se potessi capire
Perché son caduti...

Ti ho portato questa rosa,
Lungo la strada s’è appassita...
Così fa il tempo.

Ognuno nasce
Con una giara di lacrime nel cuore
Che gli basta per tutta la vita.

Con una lucerna fievole
L’uomo compete
Contro il potente sole.

Non desiderare troppo.
Al massimo innalza le mani
Fino alle stelle.

Una sedia di paglia
Sempre vuota nell’angolo.
Dove se n’è andato il nonno?

La madre capisce tutto.
I pensieri dei figli
Li ha portati in grembo.

Una lacrima di Dio
È caduta su questo mondo
E il mare è straripato.

È bella la pace.
L’uomo l’ha sempre desiderata
Con la spada in mano.

I volti di un attimo:
Souvenir raccolti
Negli aeroporti.

Prima di partire
Ognuno lascia una lacrima.
Così s’è formato il mare.

Sono nemici
Che vanno a braccetto:
L’arte e la vanità.

Pesante è la memoria.
Ecco perché l’uomo zoppica
Man mano che invecchia.

Tutto ticchetta
Con ritmo naturale.
Dio è poeta.

Una farfalla cerca
Il fiore dei suoi sogni.
Tanto tempo per scegliere.

Aveva già in mente
Un missile chi all’inizio
Creò una freccia.

Dopo aver scoperto
La verità, l’uomo
Inventò la bugia.

Cammina lentamente
L’uomo lungo la vecchiaia.
Ha paura di arrivarci.

Muore un poeta
E si lascia dietro un fardello
Di sentimenti.

Metti un po’ di zucchero
Nel piatto della tua rabbia.
Se ne andrà l’appetito.

Quant’è invidioso l’uomo!
Ha inventato gli aerei
In forma di uccelli.

È sempre un uomo
Colui che ne massacra milioni
E bacia una rosa.

Un agnello e una tigre
Abbracciati per la prima volta:
Così è il Paradiso!

Uno scienziato sbircia
Da una ventola e scorge
Spazi infiniti.

La Medicina:
La guerra contro i nemici
Che portiamo dentro.

Così disse Gesù
All’asino: “Chi cammina con Me
Dovrà soffrire”.

Come Ali Babà
Ci affacciamo al mondo
Da una porta socchiusa.

Ogni sogno schiude
I cassetti della memoria,
E così li lascia.

Ogni uomo, un’isola.
Deve rischiare per incontrarsi
Con altre isole.

Nelle strade larghe
L’acrobata si chiede
Perché tanto spreco.

Mentre facevi ruotare
Con le mani il mondo, Signore,
T’abbiamo visto piangere...

L’orologio del nonno
Ha lancette fisse,
Come il suo sguardo.

Avrei voluto camminare con te,
Farfalla, ma le tue strade
Non sono le mie.

Cresci e butti via
Ogni giocattolo... tra cui
La fantasia.

Un piacere ti chiedo,
Signore! In Paradiso mettimi
Vicino a gente che conosco.

Estirpa la memoria
Da dentro te, e volerai
Leggero come piuma.

Non ti dimenticare, ci incontriamo
In ogni caso alla porta del Paradiso,
Caro cane mio!

Il primo poeta
È nato nel bosco, ascoltando
Gli uccelli cantare.

Cosa è un poeta?
Un uccello canoro che infine
Impara a scrivere.

Quale dizionario
Spiega le parole dette
Dal vento agli alberi?

Si svegliò cantando
L’uccello in terra di guerra.
Non sa sparare.

Ti daremo una medaglia,
Soldato, se vai in guerra –
Sia vivo, sia morto.

Finora la colomba
inviata da Noè sull’arca
Non è arrivata.

Si schiude la rosa,
E in silenzio s’aspetta
Che la guardiamo.

Prima di partire
Ognuno lascia una lacrima.
Così si è formato il mare.

Il vulcano dorme.
Quando si sveglia mostra
Cosa ha dentro il cuore.

Traduzione italiana dal maltese di Marina Morbiducci

 

 

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2006