Dicembre 2006

Verso nuovi scenari

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Un disordine mondiale
Alvin Rabushka Docente di Economia Università di Stanford
 
 

L’evento reale
più importante,
nel nuovo disordine mondiale,
è comunque
che l’Iran avrà
la “bomba”
e diventerà la
principale potenza in quella regione.

 

Negli ultimi anni è entrata in gioco una serie di nuove realtà politico-economiche: sono almeno quattro o cinque, e tutte incidono su quello che francamente chiamerei un “nuovo disordine mondiale”.
Il primo elemento nuovo è la crescita economica in Cina, in India e in alcuni altri Paesi in rapida espansione: lo sviluppo ha incrementato la domanda globale di energia, il che significa un maggiore potere economico e politico per i Paesi esportatori di quell’energia. Tra queste nazioni si annoverano la Colombia e l’Iran, l’una e l’altro ostili agli Stati Uniti; ma anche la Nigeria, che risente delle conseguenze dell’instabilità politica; la Russia, che cerca di re-imporsi sulla scena mondiale; l’Arabia Saudita e gli Emirati Arabi Uniti nel Golfo, intrappolati tra le ambizioni regionali dell’Iran e le popolazioni locali che sono in fermento sotto una serie di regimi autoritari.
Nei Paesi arabi che hanno sperimentato la democrazia, i vincitori per eccellenza sono i partiti estremisti islamici. Hamas ha ottenuto la maggioranza nelle zone palestinesi, Hezbollah si è assicurato una rappresentanza nel Parlamento libanese e due seggi nel suo gabinetto, la Fratellanza Islamica ha ottenuto il maggior consenso in Egitto e le “libere elezioni” di cui si parla da tempo in Arabia Saudita probabilmente porterebbero al rovesciamento della famiglia che vi regna.

Il secondo elemento è la dipendenza degli Stati Uniti da questo elenco di Paesi, tutti produttori di petrolio. Sin dalla prima crisi energetica, all’inizio degli anni Settanta, gli Stati Uniti dipendono sempre più dal petrolio degli altri. Il Congresso americano non è riuscito ad approvare leggi in grado di consentire una nuova consistente ricerca e nuove fonti di produzione di petrolio a livello nazionale, oppure la costruzione di centrali nucleari. Per il prossimo futuro gli Stati Uniti resteranno quindi fortemente dipendenti dall’importazione di energia, rendendo la propria economia esposta al rischio di interruzioni delle forniture.

Il terzo elemento di questo nuovo disordine mondiale riguarda l’Europa: anche il Vecchio Continente dipende dall’importazione di energia, fattore che frena le sue linee d’azione negli affari internazionali. Se possibile, anzi, l’Europa sta anche peggio degli Stati Uniti. Perché gli europei avranno difficoltà ad affiancarsi agli Stati Uniti nella cooperazione internazionale per la sicurezza, soprattutto per quanto concerne le azioni militari. La Francia abitualmente si oppone alla politica estera americana: in parte a causa di una visione discordante sulla risposta più appropriata ai problemi globali, ma principalmente a causa della sua ostilità storica verso gli Stati Uniti e dell’affievolirsi dell’influenza francese a livello planetario.

Ma c’è un quarto fattore, nella crisi delle certezze mondiali, e riguarda Mosca. La Russia è il secondo produttore di petrolio su scala mondiale dopo l’Arabia Saudita. La Russia possiede le risorse e la volontà politica, come ha dimostrato lo scorso inverno, quando ha ridotto le forniture di gas all’Ucraina, di decidere se gli europei avranno case riscaldate o meno. Negli anni a venire gli europei dovranno mostrare un maggiore rispetto per gli interessi della Russia.
A livello mondiale, gli Stati Uniti stanno perdendo rispetto e prestigio. Non sono riusciti a raggiungere l’obiettivo che si erano prefissi in Iraq, cioè quello di creare un Paese unificato e democratico. L’Iraq risente di una sempre maggiore violenza tra sette religiose, che probabilmente sfocerà in una vera e propria guerra civile. Questa dividerà il Paese in regioni sciite, sunnite e curde. Ma gli Stati Uniti e la Nato non sono stati in grado nemmeno di portare pace e stabilità in Afghanistan contro i talebani rimasti. Questi insuccessi hanno incoraggiato l’Iran e altri movimenti estremisti islamici.
L’evento reale più importante, nel nuovo disordine mondiale, è comunque che l’Iran avrà la “bomba”. Le armi nucleari permetteranno all’Iran di dissuadere gli americani dall’intraprendere azioni contro il Paese o le sue ambizioni regionali. Con l’arma atomica l’Iran potrà minacciare la distruzione di Israele e frenare gli Stati Uniti nelle future operazioni militari in Medio Oriente. Con la bomba e con i missili a lungo raggio nel suo arsenale, l’Iran diventerà la principale potenza in quella regione. L’Iran e gli sciiti iracheni rappresenteranno un blocco di potere dominante in Medio Oriente. L’energia diventerà un’arma economica e politica che l’Iran sarà in grado di usare per realizzare le proprie ambizioni. Il prezzo dell’energia resterà alto e continuerà ad aumentare a fronte della crescente domanda su scala globale. La minaccia di dover pagare cento o duecento dollari per un barile di petrolio nel caso l’Iran decidesse di frenare la produzione o le forniture attribuisce a Teheran un tale potere di ricatto da poter neutralizzare l’influenza e il peso politico degli Stati Uniti. Questi ultimi saranno sempre più isolati, mentre l’Europa cercherà i propri approvvigionamenti di energia e perseguirà i propri interessi.

Quando esattamente l’Iran avrà la sua bomba atomica non si sa. L’unico evento che potrebbe modificare questa situazione è una rivoluzione con la quale il regime dei mullah e degli estremisti islamici verrebbe soppiantato da un sistema democratico che cerca rapporti pacifici con i Paesi occidentali. Soltanto pochi esperti prevedono che in Iran possano verificarsi una rivoluzione del tipo di quella avvenuta in Polonia o in Ucraina.
I futuri leader americani dovranno affrontare un mondo nel quale l’influenza americana e il potere americano diminuiranno in maniera drastica. Se a questo scenario si aggiunge la crescente potenza economica della Cina, un nuovo ordine mondiale si sta profilando all’orizzonte. Negli anni a venire gli esperti degli istituti di ricerca in America e in Europa che si occupano della sicurezza nazionale avranno il loro bel da fare.

 

   
   
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