Leuro e le valute che gli fanno da corte,
compresa la sdegnosa sterlina, che in realtà non lo perde
mai di vista, sono gli
homines novi che sfidano
laristocratico
dollaro.
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«Certamente non potrà durare...». Quanti erano
stati a predire il crollo? Intanto, il più celebre di tutti,
Milton Friedman: «LEuropa è lesempio di
una situazione sfavorevole a una moneta comune». Poi Gary
Becker, forse il più sopravvalutato tra i Nobel per lEconomia:
«Cè un elevato rischio che sarà un fallimento».
Poi ancora Martin Feldstein, il più avventato, il presidente
del National Bureau of Economic Research, che nel 2000
parlò «per commemorare più che per celebrare
il primo compleanno delleuro», convinto comera
e come continua ad essere che presto tutto sarebbe
crollato. Senza tralasciare il più contraddittorio, quellOtmar
Issino che in seguito, in qualità di economista della Banca
centrale europea, avrebbe fatto tanto per garantirne i successi:
«Non cè alcun esempio, nella storia, di ununione
monetaria durevole che non fosse legata ad un unico Stato».
E invece, parole e tempo persi per tutti. Leuro ha festeggiato
il suo ottavo anniversario ma il quinto, se si conta dallintroduzione
delle banconote e sembra che goda buona salute. È
vero: ha attraversato momenti difficili, ha sfidato il dileggio
dei mercati. Era calato fino a 0,82 dollari, appariva diretto verso
quota 0,70, i rendimenti dei titoli di Stato dei Paesi membri cominciavano
a muoversi in modo indipendente gli uni dagli altri con la
solita Italia che lanciava sinistri scricchiolii e gli operatori
riservavano giudizi fino a poco tempo prima destinati alla lira:
«Leuro è uno schifo di moneta», commentavano
senza mezzi termini.

Ancora oggi, tra i francesi che attaccano la Bce e i tedeschi che
la difendono, Eurolandia non offre uno spettacolo decoroso. Eppure
leconomia cresce più rapidamente degli Stati Uniti
ed è almeno la seconda volta nel corso di questi anni
, la valuta assume peso internazionale, si scava lentamente
un posto sempre più rilevante tra petrodollari e riserve
ufficiali, viene persino usata come bandiera contro la moneta Usa:
Iran e Venezuela lo hanno fatto, anche se alle parole sono seguiti,
inevitabilmente, timidi fatti.
Ormai si può parlare di successo, anche se sono ancora tanti
coloro i quali non vogliono riconoscerlo. Come si dice: strana gente,
gli economisti! Abituati come sono al mercato, organismo multicentrico,
non riescono però a capire come le tensioni che si agitano
dietro leuro siano la sua forza. Se la moneta comune ha incontrato
difficoltà, è per lambiente in cui si muove.
Perché essa e le valute che le fanno da corte compresa
la sdegnosa sterlina, che in realtà non la perde mai di vista
sono gli homines novi che sfidano laristocratico
dollaro e la sua area valutaria: cioè Dollarolandia, o come
la chiamano alcuni, Bretton Woods 2.
La moneta americana, al confronto, ha una vita facile. Immaginate
di avere un accordo con il vostro supermercato: tutto il denaro
che spendete lì per acquistare merci vi sarà riconsegnato
sotto forma di prestito. Una somma da restituire, e con gli interessi;
ma nel frattempo nel breve periodo voi non perdete
denaro e avete a disposizione i beni che desiderate. È questo
laccordo che gli Stati Uniti hanno stretto con il mondo; e
non è cosa di oggi: lesempio del supermercato
nella versione originale era un taylor, un sarto è
stato proposto dalleconomista Jacques Rueff nel 1965, ai tempi
di Bretton Woods, il sistema che legava tutte le valute al dollaro,
e questo alloro.
Leuro sta sfidando la nuova versione di questo accordo. Gli
Stati Uniti oggi acquistano beni in Cina, che per mantenere stabile
lo yuan (o reminbi) restituisce i dollari ricevuti comprando
titoli di Stato americani; e così facendo, mantiene più
cari del dovuto i beni importati dallEuropa. Allo stesso modo,
con intensità variabile a seconda del regime valutario scelto,
si comportano Hong Kong, Malesia, Singapore, Taiwan, la Corea del
Sud, le ex Tigri asiatiche, i Paesi del Golfo produttori di petrolio
e persino il Giappone: lo yen fluttua, ma sotto gli occhi vigili
del ministero delle Finanze, che interviene appena esce dalla retta
via.

Eurolandia paga per tutti. Paga una tassa, innanzitutto, perché
i cambi fissi impediscono alle valute dei Paesi esportatori di apprezzarsi
sulleuro come dovrebbero, a meno che non sia la moneta comune
a perdere valore rispetto a quella americana. La cosa è particolarmente
dolorosa per il petrolio del Golfo, pagato in dollari che non tornano
in Eurolandia per esempio, per acquistare merci prodotte
nellUnione ma negli Stati Uniti. Quando leuro
è alto, i consumatori dellUem sono avvantaggiati, le
importazioni sono meno care; ma il sistema produttivo soffre, sopravvivono
solo le aziende migliori o quelle che trasferiscono gli impianti
allestero.
Eurolandia paga poi la volatilità del mercato: tutte le tensioni
del mercato valutario già di per sé piuttosto
disordinato si scaricano soprattutto sulleuro che esagera
sempre i suoi movimenti e non a caso ha fatto prima temere il disastro
perché troppo debole, nel 2000; e poi perché troppo
forte, nel 2004.
È un blocco potente, quello cui si oppone leuro. I
successi della valuta comune non sono però un miracolo. Leuro
si sta inserendo negli interstizi del sistema perché è
davvero unalternativa valida per gli investimenti. Eurolandia
è unarea monetaria nello stesso tempo unica ma diversificata;
con molta liquidità e con tassi bassi; con unampia
varietà di regolamentazioni e di aziende interessanti dal
punto di vista redditizio, anche se penalizzate da una corporate
governance meno rassicurante di quella americana.
Ora, con una crescita relativamente rapida anche rispetto a quella
degli Stati Uniti, i cittadini tornano a respirare dopo un periodo
di sofferenza, avendo però goduto per anni di uninflazione
bassa come non mai. Cè ancora tanto da fare, ma la
strada sembra essere proprio quella giusta.
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