LOscar
delleconomicità va alle banche ceche e inglesi, mentre
lItalia
si posiziona
allestremo
opposto con la magra
consolazione
di precedere
Lussemburgo
e Cipro.
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La consueta fotografia di gruppo di fine anno del mercato del lavoro
bancario* anche questa volta non delude le aspettative di quanti
si applicano ad osservarla sotto diversi punti di vista e ad interpretarla
con una pluralità di chiavi di lettura.
In realtà, il dato dassieme di partenza non sembrerebbe
prospettare un terreno particolarmente fertile di novità;
infatti, il Rapporto ABI 2006 mette in evidenza una
stabilità complessiva del mercato del lavoro bancario a fine
2005 (-0,1%), quindi una tenuta del livello occupazionale che fa
seguito alla lunga fase di contrazione rilevata negli anni precedenti.
Peraltro, dietro questa prima notazione statistica vi è una
serie di modificazioni di natura qualitativa su cui vale la pena
di soffermarsi. La prima variazione getta un fascio di luce sul
significativo slittamento del personale verso qualifiche professionali
più elevate con le due fasce categoriali dei dirigenti e
dei quadri direttivi giunte rispettivamente al 2,2% e al 35% della
forza lavoro complessiva (contro il 2,1% e il 34,1% dellanno
precedente).
Al miglioramento della qualificazione professionale corrisponde,
poi, un secondo interessante dato di innalzamento, quello del livello
di scolarità: il 91% dei dipendenti bancari risulta aver
conseguito almeno il diploma di scuola media superiore e oltre il
25%, cioè più di un dipendente su 4, può vantare
un titolo di laurea. A completamento di queste annotazioni sul livello
di scolarità va ricordato come da questo Rapporto ABI
risulti confermata la relazione inversamente proporzionale tra la
dimensione aziendale e lincidenza del personale più
scolarizzato, relazione peraltro già verificata nel passato:
in altri termini, al diminuire della dimensione della banca si riscontra
la crescita della quota di dipendenti che possono esibire almeno
il titolo di scuola media superiore.
Passando ad un secondo angolo di osservazione che la lettura di
questo Rapporto sollecita, si entra nel tema della diffusione delle
tipologie contrattuali applicate in questo mercato. Si evidenzia,
così, la preminenza assoluta del genere a tempo indeterminato
che rappresenta il 96,7% degli occupati di questo settore, sommando
le quote delle due sottocategorie di full-time e part-time. Anche
la figura dei contratti di inserimento registra una variazione positiva,
raddoppiando la propria incidenza (da 0,3% a 0,6%), mentre la nuova
categoria degli apprendisti non supera la soglia dello 0,2%. Su
questultima categoria crediamo però si possa spendere
in futuro unattenzione maggiore per la sua evoluzione quantitativa,
anche perché si è in presenza di una figura giuridica
relativamente nuova, frutto del contratto collettivo di lavoro del
settore bancario stipulato nellinverno 2004-05 e di una regolamentazione
che è andata a regime solo nei mesi successivi.

Se poi si continua in questo esercizio di ricostruzione della carta
didentità del mercato del lavoro bancario in Italia,
certamente un elemento da tenere in considerazione tocca laspetto
delletà media dei dipendenti, segnalata in crescita
sia pure lieve rispetto allanno precedente, 42,5 contro 42,1
anni. Alla base di questo contenuto slittamento allinsù
vi sono, secondo il Rapporto, linvecchiamento
dei lavoratori delle aree professionali (da 39,9 a 40,3 anni) e
una modesta variazione delletà media dei quadri direttivi
(da 45,9 a 46 anni). Anche in questo caso, peraltro, non può
sfuggire allocchio dellosservatore la relazione inversamente
proporzionale tra età del personale e dimensione aziendale.
Da un lato, infatti, al di sotto della linea teorica tracciata dalletà
media complessiva si collocano le aziende minori (39,9 anni); dallaltro
al di sopra si trovano le aziende grandi e maggiori,
con 43,6 anni.
Sempre in tema di età del personale va segnalata, infine,
unulteriore particolarità che emerge quando il dettaglio
statistico scende alla disaggregazione geografica con la crescita
delletà media a mano a mano che ci si sposta dal Nord
al Sud della Penisola. Si passa, così, dai 41 anni dei dipendenti
del Nord-Est ai quasi 44 anni e agli oltre 44 anni dei colleghi
rispettivamente del Centro e del Sud-Isole. Un fenomeno che è
trasversale alle diverse categorie professionali, come dimostrano
sia i dati sui dirigenti che nel Sud-Isole si attestano su unetà
media di 52 anni contro i 49 dei dipendenti di pari fascia del Nord-Ovest;
sia i raffronti relativi alla categoria posta allestremo opposto,
cioè gli occupati delle aree professionali con i 39 anni
dei dipendenti del Nord-Est rispetto ai 44 anni dei colleghi del
Centro-Sud.
Ma lanalisi di questo mercato del lavoro non potrebbe dirsi
completa, sia pure nei suoi punti essenziali, ove non venisse dato
uno spazio adeguato al capitolo della presenza femminile. Le evidenze
statistiche segnalano che anche questa volta la cosiddetta quota
rosa registra un ulteriore significativo incremento, passando dal
38,6% al 39,3% della forza lavoro complessiva. Una linea di tendenza
confortata da una crescita che si può valutare in oltre 8
punti percentuali se si dilata il periodo di raffronto al 1997.
Inoltre, sulla scorta di questi dati e alla luce delle politiche
di assunzione in atto, non è azzardato prevedere che la tendenza
alla crescita della quota rosa porterà a raggiungere
un obiettivo di futura equivalenza tra i due sessi nel giro di qualche
anno.
A sostegno di questa previsione si può addurre la eclatante
diversità del tasso di sostituzione; infatti, se per ogni
10 uomini che cessano dal servizio ne subentrano 8, per il personale
femminile ogni 10 unità cessate si registrano 15 nuove assunte.
In realtà, non è solo laspetto quantitativo
che colpisce nellanalisi del fenomeno della crescente presenza
femminile che si presta facilmente ad altre chiavi di lettura intriganti.
Non può, infatti, sfuggire la lievitazione delle quote di
personale con inquadramento professionale in qualifiche più
elevate (ad esempio, compare uno 0,2% tra i dirigenti rispetto allo
zero di qualche anno prima); né laltro dato sulla numerosità
delle donne laureate (il 27% contro il 25% degli uomini) con una
bilancia del livello complessivo di scolarità che pende nettamente
verso la componente femminile della forza lavoro (93% contro l89%).
A questo punto, esaurita la ricognizione dei dati qualitativi-quantitativi
del mondo bancario, si può voltare pagina per affrontare
alcuni aspetti degli elementi valoriali espressi da questo mercato
del lavoro, le retribuzioni, sui quali il Rapporto ABI
si sofferma, utilizzando una doppia chiave di lettura, descrittiva
della situazione italiana e comparativa di altri contesti operativi
in cui si situano i nostri principali competitors.
Cominciando dal primo aspetto, ci viene proposta la cifra del costo
medio per dipendente che su base annua, e al netto degli oneri straordinari
per agevolare linterruzione anticipata del rapporto di lavoro,
si attesta a poco più di 68.000 euro, corrispondenti a oltre
71.000 euro tenuto conto delleffetto Irap. Il consistente
aumento del 3,8% rispetto allanno precedente è giustificato,
secondo lanalisi del Rapporto, dalle politiche retributive
adottate dalle banche, dalladozione dei nuovi princìpi
contabili IAS, dagli effetti dei rinnovi contrattuali avvenuti tra
il febbraio e laprile 2005. Per avere unidea meno puntuale
ma più dilatata nel tempo della variabile costo medio per
dipendente è utile stabilire un raffronto rispetto allinizio
di questo secolo, che rileva una variazione poco al di sotto del
12%. Se, poi, si risale ulteriormente indietro nel tempo, agli inizi
degli anni Novanta, si può rilevare una dinamica decisamente
più pronunciata con una variazione del 51,5%.
Si è voluto fare questo esercizio a ritroso nel tempo per
poter suffragare lipotesi che gli incrementi del costo del
lavoro nel settore bancario non hanno avuto un andamento lineare
e costante, ma a strappi. A monte di questa linea di tendenza si
collocano, infatti, sia il blocco delle retribuzioni attuato nel
biennio 1998-99, sia il ringiovanimento del personale al quale si
associa normalmente uninferiore retribuzione annua. Sempre
in questo ambito cè anche da ricordare che la disaggregazione
del dato medio del costo a seconda della dimensione dellazienda
bancaria mostra un comportamento difforme: a una crescita più
contenuta registrata dalle banche maggiori (0,9%) fanno riscontro
incrementi più consistenti, sia per le aziende grandi
e piccole (5,3%), sia per le minori (4,6%), sia infine
per le medie (4,3%).
Soffermandosi su un altro elemento valoriale, la produttività,
misurata attraverso lindicatore totale attivo per dipendente
a prezzi costanti, si apprende con una punta di compiacimento che
il settore bancario italiano ha messo a segno un incremento dell8%,
dato confortato anche dalle risultanze del rapporto tra costo del
personale e costi operativi, sceso al 54,5% rispetto al 55,3% dellanno
precedente.
Lattenzione alle politiche retributive del personale è
comunque segnata da un lungo percorso, in parte sicuramente ancora
da compiere: se infatti, ad esempio, lindagine retributiva
contenuta nel Rapporto ABI mostra unindiscutibile
maggiore incidenza della retribuzione variabile per le figure professionali
di Rete quindi legata ai risultati ottenuti in particolare
dellarea di business del wealth management e una struttura
molto differenziata per età e per inquadramento degli addetti
al private e al wealth management, viceversa emerge anche un utilizzo
ancora poco differenziato dei benefit.
In tema di oculatezza di politiche retributive e di contenimento
del costo del lavoro quali obiettivi strategici e qualificanti del
settore bancario, un cenno va, infine, fatto allo sguardo che il
Rapporto ABI lancia al di fuori dei confini, intercettando
alcune significative linee di tendenza. Da questa ricognizione innanzitutto
emerge una netta differenza del comportamento retributivo tra le
banche dei nuovi Stati membri dellUnione europea e quelle
degli altri (salvo isolate eccezioni, sono decisamente più
parsimoniose le prime!); inoltre, scendendo su un piano tipologico
delle banche, risultano confermate le disparità di comportamento
retributivo già rilevate in passato tra Global Banks, Superregional
Banks e Regional Banks, mentre la palma del più alto valore
del costo del lavoro per dipendente risulta attribuita ancora una
volta alla categoria delle Investments Banks.
Se, poi, si passa allanalisi del rapporto tra costo del lavoro
e margine di intermediazione, il Rapporto ABI mette
in evidenza che il relativo indice per le banche italiane registra
un valore superiore a quello medio europeo. In realtà, in
questa particolare classifica le banche che possono vantare loscar
delleconomicità sono quelle della Repubblica Ceca e
quelle inglesi, mentre lItalia si posiziona allestremo
opposto con la magra consolazione di precedere i sistemi di Lussemburgo
e di Cipro. E, purtroppo, notizie certamente non più rassicuranti
giungono da un altro indicatore di efficienza quale il cost/income
ratio, dove il raffronto tra il valore segnato per le banche italiane
e quello dei cinque principali players europei (Francia, Germania,
Olanda, Spagna e Regno Unito) ci vede sfavoriti di oltre 6 punti
percentuali. Sicuramente gioca contro il nostro sistema il disegno
concettuale dellarea contrattuale di riferimento che in altre
realtà risulta molto più limitata, giustificando così
la richiesta di quanti vorrebbero spendere una riflessione più
approfondita in merito. Per esempio, partendo dalla distinzione
tra attività creditizie sottoposte al controllo di Vigilanza
e attività che possono essere svolte anche da imprese non
soggette a tale controllo: una differenziazione prevista e applicata
anche in ambiti culturalmente prossimi al nostro, come quello della
Francia.
Finisce, così, questo viaggio attraverso il mercato del lavoro
bancario italiano offertoci dal Rapporto ABI, uscendo
da questa esperienza arricchiti di preziose informazioni e stimolanti
considerazioni; e in più con il convincimento di aver visitato
un laboratorio permanente di esperimenti e novità da far
fruttare nel segno del progresso civile ed economico del Paese.
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