Marzo 2007

Cronache di normale violenza

Indietro
Dieci, cento, mille Erba
Mario Deaglio  
 
 

 

 

Non c’è ripresa economica senza una ripresa di umanità, senza
il recupero di
entusiasmo e
visione, tolleranza e voglia di
scommettere
sul futuro.

 

Quasi non passa giorno senza che la lista di violenze condominiali si allunghi; per problemi apparentemente banali si minaccia e si spara, si accoltella, si ammazza, si compiono stragi bestiali come quella di Erba. E questi episodi – che clamorosamente smentiscono l’immagine di un’Italia bonaria, tollerante, umana – tendono ad avvenire prevalentemente nella Pianura Padana, in città e periferie un tempo tranquille, ossia proprio là dove la qualità della vita era considerata migliore.
A causa della diffusione sempre maggiore del fenomeno, la spiegazione non può limitarsi ai casi singoli né essere lasciata a psicologi e psichiatri. Occorre invece domandarsi se non vi siano fattori economico-sociali che possano in qualche modo render ragione del diffondersi e dell’intensificarsi di questi comportamenti. Identità e violenza, il più recente saggio di un Premio Nobel per l’Economia, l’indiano Amartya Sen, può essere un utile punto di partenza nella ricerca di una soluzione.
Amartya Sen – che ha fatto moltissimo per togliere l’economia dalle secche del tecnicismo degli ultimi vent’anni – sostiene che forse la principale caratteristica della nostra umanità è di avere delle “identità plurali”, per cui, tanto per fare l’esempio di una delle povere vittime, una persona può essere donna, italiana e tunisina, madre e moglie, assistente sociale; con alle spalle la scelta di vivere in un ambiente sociale meno benestante e una comunità di religione diversa da quella d’origine.

La prima violenza, secondo Sen, consiste nel ridurre queste differenze a un «sistema di classificazione unico e predominante», per cui un individuo viene considerato o una cosa o un’altra. Di qui nascono tutti i sentimenti violenti per cui i nazisti hanno ammazzato gli ebrei perché ebrei, gli hutu hanno sgozzato i vicini di casa tutsi semplicemente perché tutsi, i serbi hanno massacrato i vicini di casa bosniaci di religione musulmana semplicemente perché bosniaci e musulmani; e che spingono purtroppo molte persone a vedere soltanto una delle molteplici identità nel vicino di casa, a considerarlo, trascurando tutte le sfaccettature della sua personalità, un arrogante, un disturbatore, una minaccia alla sua tranquillità, un diverso e quindi un nemico.
Sull’analisi generale di Sen si deve innestare quella della realtà economico-sociale dell’Italia, e soprattutto dei centri medi e piccoli della Pianura Padana. La formula magica del “distretto industriale” è stata posta a dura prova negli ultimi anni da un mutato clima economico internazionale: una volta il benessere spuntava come per incantesimo, ora un incantesimo perverso tende a spegnerlo. La domanda di lavoro delle “impresine”, prima in crescita senza limiti, ora stenta; la precarietà sostituisce gli straordinari, senza neppure l’ombrello protettivo dei sindacati.
L’individualismo coltivato con arroganza durante i tempi delle vacche grasse si trasforma in solitudine, sospetto e scontentezza; per una parte consistente della popolazione, il consumismo rituale dei saldi sostituisce il consumismo entusiasta degli acquisti fatti la prima volta. Invece di un limite che sarà presto superato, il benessere materiale raggiunto – come l’appartamento sempre in ordine, il camper sempre pulitissimo nel caso di Erba – diventa una trincea da difendere con le unghie e con i denti contro i nemici esterni individuati mediante pochi, rozzi, tratti: gli extracomunitari, i cinesi, i tossici, e via discorrendo.
Questa reductio ad unum è visibilissima, del resto, nel linguaggio politico italiano che semplifica e deforma, demonizza o adora, usa la satira come uno schiaffo e l’ironia come un coltello. Il capo del governo e il capo dell’opposizione non sono due signori che possono aver ragione su alcune cose e torto su altre; o si sta da una parte oppure dall’altra in una polemica sempre più acida, sempre più barbara, in cui l’individuo scompare dietro alla propria maschera.
Si possono purtroppo applicare all’Italia i versi di Dover Beach, una celebre poesia di Matthew Arnold, che Sen cita nella sua introduzione: «E siamo qui come in una distesa sempre più buia / spazzati da allarmi confusi di lotta e di fuga / dove eserciti ignoranti si affrontano nella notte».
Gli “eserciti ignoranti” a caccia di maschere da abbattere purtroppo si affrontano, lottano e fuggono ogni notte nelle strade delle nostre città. E sui ballatoi dei nostri condomini.
L’Italia, soprattutto nelle zone prima più dinamiche del Nord, si scopre scontenta e nervosa e sarebbe opportuno che prendesse coscienza di queste deformazioni per cominciare a riannodare i discorsi sul futuro, soprattutto quello dei suoi (pochi) bambini. Non si tratta solo dei discorsi, assolutamente necessari, di convivenza e di civiltà, ma anche di quelli sull’economia e sul benessere. La ripresa economica non è fatta soltanto della crescita del prodotto lordo o della creazione di valore per gli azionisti; non c’è ripresa economica senza una ripresa di umanità, senza il recupero di entusiasmo e visione, tolleranza e voglia di scommettere sul futuro proprio e altrui, gusto della vita. Forse è questa l’unica strada per lasciarci alle spalle i sempre più frequenti “casi Erba” che giustamente ci angosciano dalle prime pagine dei giornali.

 

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2007