I Paesi più
pragmatici nelle scelte politiche
e legislative hanno più concorrenza, più libertà
di
mercato e sono
più ricchi.
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Sinister Paradise, leffetto annuncio ha fatto finora più
rumore delleffetto funzionale. Nelle liberalizzazioni varate
si avvertono forti accenti pedagogici, segnali indirizzati verso
il basso più che verso lalto, messaggi che richiamano
da vicino la ricetta magica di Trilussa: «Dignità
personale grammi ottanta / sincerità corretta co la
menta / libbertà condensata grammi trenta / estratto depurato
derba santa, / bonsenso, tolleranza e strafottina: / (un cucchiaro
a diggiuno ogni matina)».
È il nuovo cittadino, consumatore-risparmiatore, immaginato
dalla cucina politica. Una scommessa sul futuro, per un cittadino
ancora incredulo, ancora invischiato nei tortuosi meandri del quotidiano.
Ancora perplesso di fronte a provvedimenti che lo fanno sentire
minuscolo attore sulla scena economica, prosciugando un po
del pantano corporativo in cui da sempre è costretto.
Secondo i proponenti, se prima eravamo abituati ad andare in ridotta,
adesso dovremmo cambiare marcia, abituandoci ad usare lIntercity.
Qualche dubbio tuttavia è legittimo. Innanzi tutto, siamo
di fronte a virtù vacillanti, per la debolezza intrinseca
della infrastruttura politica di supporto. Un bipolarismo recente
(è nato con le elezioni del 1994), litigioso e fragile, molto
suggestionato dal fascino del pendolarismo, non assicura sufficiente
certezza di percorso. Su temi così rilevanti, di natura antropologica
(creare una società aperta, innovando nella distribuzione
dei poteri economici, nellorganizzazione della Pubblica Amministrazione,
nella cultura e nello stile di vita) è difficile pronosticare
chances di successo in costanza di poteri deboli e conflittuali.

Se poi si guarda al rapporto tra liberalizzazioni e mercato si
deve convenire che assomiglia molto alla scommessa di Achille con
la tartaruga. Non solo perché levoluzione del mercato
è molto più rapida, ma soprattutto perché la
complessità delle strutture organizzative su cui le liberalizzazioni
dovrebbero incidere crea innegabili contrattempi allefficacia
dei nuovi poteri regolamentari.
Quando una bomba distrusse la Camera dei Comuni, Churchill commentò:
«Noi costruiamo i nostri palazzi e poi essi costruiscono noi».
Pensando al nostro ampio parco di fedeltà contrattate, non
deve essere semplice sciogliere i mille nodi gordiani che affliggono
la società italiana. Lesperienza più recente
continua a registrare molti trabocchetti della Prima Repubblica.
I rapporti Politica-Istituzioni sono sempre segnati da regole di
ferrea lottizzazione (dunque niente liberalizzazione, niente trasparenza).
Sono cresciuti e si sono irrobustiti i partiti del pubblico impiego,
dei professionisti, dei commercianti, dei ferrovieri, dei controllori
di volo, dei postini, ecc. Con lavvento del bipolarismo in
questi partiti di fronda è cresciuta la voglia
centrifuga, fino a ritagliarsi lo status di interlocutori diretti
delle istituzioni. Venuta meno la mediazione politica tradizionale,
hanno imboccato un crinale che porta lontano dalle società
aperte. Propongono il pluralismo arrogante e ricattatorio degli
interessi frastagliati, rallentando il processo di modernizzazione
e fissando i ticket della governabilità.
Questo terreno è stato adesso arato con provvedimenti che
alleggeriscono qualche vincolo e aiutano nella trasparenza. Arato
in superficie, poiché i provvedimenti entrano in punta di
piedi nelle cittadelle fortificate senza arrecare grosse turbative
ai mercati di settore, quasi con il pudore di unoperazione
promozionale. Abbiamo lazzeramento dei costi sulla ricarica
dei telefonini, vedremo circolare nelle città qualche taxi
in più, avremo barbieri più disponibili, troveremo
benzina e medicinali da banco nei supermercati. Non certo una rivoluzione
di costume, ma una brezza leggera di timido liberismo. Ancora più
apprezzata per un vento che spira da sinistra.
La novità più interessante è che un faro è
stato acceso sulleterno conflitto monopolio/concorrenza, proponendo
di aiutare i cittadini senza farne cittadini assistiti.
Naturalmente resistono bene e sono molto attivi i push center, tutti
gli organismi in cui si ricompattano le virtù italiche degli
immobilisti. Così come curiosamente acquista forza e vigore
limbarbarimento del sistema per alcune manifeste incongruenze
dindirizzo politico e legislativo.
Segnali contraddittori vengono da una Finanziaria dotata di 1.364
commi e 414 decreti attuativi, tutta orientata ad accrescere gli
adempimenti burocratici in nome del contrasto allevasione
fiscale. Per un verso si mandano al cittadino timidi segnali aperturisti
e per un altro verso lo si ingabbia in obblighi burocratici capillari.
Con buona pace della semplificazione legislativa sempre annunciata
e sempre smentita dai fatti, primo segnale convincente di ogni filiera
riformista.
Altri segnali contraddittori vengono da un localismo arrogante che
impoverisce il valore pedagogico delle regole di sistema. Se gli
obiettivi di una comunità nazionale devono essere sacrificati
al punto di vista locale è difficile credere negli sforzi
di una legislazione centrale in lotta contro le aberrazioni di un
sistema chiuso. Finora i tentativi di governance praticati dal bipolarismo
hanno sofferto di overstratching, di un decisionismo di bandiera
che ha esaltato la logica delle rendite e radicalizzato gli interessi
delle due Italie.

Viene voglia di dare ragione a Carroll Quigley, un autorevole storico
americano, che occupandosi di Europa, nel suo Tragedy and Hope,
descrive unItalia irrimediabilmente arabizzata (per le forti
impronte lasciate dalle invasioni islamiche del Medioevo).
Tuttavia, la prima brezza liberista va apprezzata, costituisce un
flebile segnale di cambiamento che non va isolato o lasciato cadere.
Si avverte nel Paese la sensazione nuova di una democrazia più
umana, più vicina ai cittadini, praticabile ogni giorno nella
vita di relazione; ben diversa dalla democrazia elettronica, di
governo e autogoverno dei cittadini via computer.
Il liberismo è diventato parola dordine europea, anche
se da noi non si vedono avanzare ancora le proposte che contano.
Pensiamo ai piani alti, ai settori dellenergia, dellacqua,
dei trasporti, della telefonia, delle assicurazioni, delle banche
e dei servizi finanziari. In Francia Nicolas Sarkozy ha impostato
tutta la campagna elettorale su programma e messaggi liberisti.
Una sua vittoria avrebbe un effetto domino di grande rilievo per
lintera Europa. In Germania il governo di Angela Merkel è
impegnato in una riforma drastica del settore sanitario. In Svezia
un giovane ministro dellEconomia, Maud Olofsson, sta effettuando
riforme radicali nel welfare, utilizzando significativi correttivi
di mercato. In Gran Bretagna i laburisti non hanno toccato le riforme
della Thatcher, anzi hanno ampliato le aperture liberiste. Siamo
di fronte ad un ciclo europeo di politiche liberiste adottate in
stato di necessità, per dare stimolo ad una crescita economica
ancora lenta rispetto ai dati fatti registrare dalla crescita americana.
In tema di liberalizzazioni contano due circostanze significative:
i vincoli che si eliminano e la tempestività dei provvedimenti.
La dinamica e la portata dellintervento vanno rapportate ai
fattori di strozzatura che si vogliono correggere. Non a caso, i
Paesi più pragmatici nelle scelte politiche e legislative
hanno più concorrenza, più libertà di mercato
e sono più ricchi.
Noi non possiamo andare sempre contro corrente, non possiamo prenderci
il lusso di dilazionare ancora interventi essenziali per assicurare
elasticità al mercato, efficienza e trasparenza ai servizi,
dinamicità alla domanda interna. Una crescita del 2% è
molto se riferita al passato, ma è poco rispetto alle sfide
imposte dalla competitività internazionale. In costanza di
stabilità monetaria, lindustria ha dovuto guardare
più dentro casa che fuori, e affrontare grossi impegni di
riorganizzazione, non potendo più contare sulla leva della
svalutazione per spingere le esportazioni. Restano tuttavia in regime
di protezione tutti i servizi essenziali, da molto tempo ibernati
nellagenda delle liberalizzazioni.
Le priorità presentate non intaccano gli obiettivi strategici,
mentre assistiamo con sorpresa ad una rinnovata fiducia verso leconomia
mista, pubblica e privata. Abbiamo davanti una fase molto fluida
degli assetti politici, segnata dalla ricerca affannosa di un partito
unico nei due schieramenti.
Per dovere di cronaca, riportiamo lopinione di un ex democristiano
doc. Noi in quarant'anni abbiamo sudato sette camicie per creare
una mediocre classe dirigente di centro. Figuriamoci se i manovratori
di oggi riescono a crearne due su versanti opposti.
Lasciamo questo giudizio alle valutazioni di fashion editors e cronisti
scrupolosi. A noi preme sottolineare che limmobilismo politico
mortifica gli slanci e tiene in sospeso la sorte delle liberalizzazioni
che contano. Legata alle intese conciliari, alla composizione di
mosaici bizantini. Lasciandoci tutti sui blocchi di partenza, nellattesa
trepidante di un segnale, di un fil di fumo bianco.
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