Marzo 2007

Per un’impresa coMpetitiva e solidale

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Il nuovo “ruolo”
della Cooperazione
Antonio Costa  
 
 

 

 

La nuova sfida della cooperazione è creare un terreno di confronto con
le aziende
capitalistiche,
in un mercato
seriamente
concorrenziale, ma anche a forte connotazione
sociale.

 

Nel XXI secolo, di fronte ad un capitalismo accentratore di reddito, di potere e di controllo della conoscenza, il movimento cooperativo, nato essenzialmente dalla volontà di emancipazione delle classi operaie, deve riformulare il ruolo imprenditoriale e sociale assolto. L’obiettivo perseguito non è più solo un vantaggio per i propri soci, bensì la competitività, l’efficienza e il pluralismo dell’intero sistema economico tramite lo sviluppo del reddito, dell’occupazione e della solidarietà (tre aspetti inscindibili del progresso di un Paese civile).
Nella loro prima essenza, le cooperative si costituiscono dall’unione degli sforzi economici e operativi di più soggetti finalizzata alla realizzazione di un interesse condiviso o alla soddisfazione di un medesimo bisogno, normalmente di natura economica. L’identità degli scopi perseguiti consente, infatti, a tali individui di riconoscersi come categoria produttiva e di superare i limiti delle azioni singole, normalmente inefficaci anche a causa della maggiore complessità del contesto di riferimento: la strategia di successo consiste nel fare sistema, combinare gli interventi di molti per poter generare un valore aggiunto superiore a quello derivante dalla mera somma delle singole parti.

La natura dell’organizzazione cooperativa risulta così duplice: economica, trattandosi comunque di un’impresa la cui gestione deve ispirarsi ai tradizionali canoni di razionalità, efficacia ed efficienza, ma anche sociale, in quanto unione di persone tesa al soddisfacimento delle relative necessità.
In Italia, il movimento cooperativo ha sempre subìto influenze di tipo politico e religioso: dal primo orientamento laico-liberale legato al pensiero di Mazzini e alle Società di Mutuo Soccorso, verso lo sviluppo del socialismo, del comunismo e, infine, dell’interesse tipicamente cattolico di un consistente impegno nel sociale. Esso ha così sviluppato una ricchezza di ideali perseguiti e un radicamento su tutto il territorio nazionale e nei diversi settori economici tali da giustificare la costituzione di un Osservatorio (rientrante nel Protocollo d’intesa del 2004 siglato da Presidente di Unioncamere e Presidenti di Confcooperative, Legacoop, Associazione Generale Cooperative Italiane e Unione Nazionale Cooperative) al quale spetta il compito di produrre un Rapporto annuale sulle tendenze del movimento.
Nel contesto attuale, caratterizzato dalla prospettiva del mercato globale e da una diversa concezione dell’aiuto allo sviluppo compatibile proposta dal nuovo quadro economico e politico di riferimento, ogni soggetto sociale e imprenditoriale deve riuscire ad esprimere la propria identità riformulando le strategie adottate per conseguire un vantaggio competitivo capace di evitare il rischio della marginalità e del declino. Le nuove forme operative richieste dal mercato, dalle dimensioni via via crescenti e non radicate sul territorio, sembrano mal conciliarsi con lo schema organizzativo e le caratteristiche strutturali e funzionali della società cooperativa; eppure, nel corso degli ultimi anni, i dati sulla cooperazione evidenziano un trend in continua crescita.
In base al secondo e ultimo Rapporto, pubblicato il 23 marzo dell’anno scorso, sono iscritte all’Albo ben 62.253 imprese cooperative (il 93,5% a mutualità prevalente) e, anzi, a causa della consistente presenza di posizioni in corso di validazione da parte del Ministero delle Attività Produttive, il numero di cooperative risultante dal Registro delle Imprese è ancora maggiore (circa 70,4 mila aziende, corrispondenti ad una percentuale significativa dell’imprenditoria italiana). La ragione di tale sviluppo del cooperativismo è probabilmente da ricercarsi in quei fattori di tipo extra-economico che ne rappresentano la principale tipicità: in primis, gli ideali mutualistici e di solidarietà perseguiti, ma anche la maggiore sensibilità nel recepire stimoli d’intervento in settori in crisi o in cui non si è ancora creata una vera economia imprenditoriale (la cosiddetta funzione anticiclica della cooperazione).

Le cooperative, essendo fondamentalmente votate non al lucro, bensì alla prestazione di servizi, in maggior numero e qualitativamente migliori rispetto all’offerta dei competitors, contribuiscono a diversificare e ampliare il mercato interno. Le eccedenze prodotte non sono orientate al consumismo o all’accumulazione capitalistica, ma ad una crescita auto-sostenuta, tesa al continuo perfezionamento della produzione a favore della comunità.
L’incidenza del movimento cooperativo in Italia si denota particolarmente rilevante anche rispetto ai dati sull’occupazione, evidenziando un impiego pari al 4,7% del totale degli addetti (per lo più concentrato nel Nord-Est e nel Mezzogiorno) e un incremento, nel quinquennio 2001-2005, che sfiora il 20%.
In termini settoriali, la crescita occupazionale riguarda essenzialmente l’ambito delle costruzioni, quello della sanità per i servizi e quello delle industrie meccaniche e dei trasporti per il manifatturiero. A livelli dimensionali, invece, risultano particolarmente attive in tal senso le piccolissime realtà cooperative, le quali, meglio di una grande impresa altamente automatizzata, riescono, infatti, a ridurre i costi di assunzione e a sviluppare meccanismi di creazione del lavoro.
Nonostante il periodo di debolezza economica che sta affrontando il nostro Paese, i suddetti dati positivi sono, peraltro, confermati da un’indagine previsionale elaborata dal “Sistema Informativo Excelsior”, che sottolinea, per tale tipologia d’impresa, la capacità di creare diversi nuovi posti di lavoro anche per l’anno in corso, con un tasso di entrata (calcolato sul rapporto tra nuove assunzioni dell’anno e stock di dipendenti all’inizio del periodo) superiore a quello di uscita e in aumento rispetto all’esercizio precedente.
Nell’epoca della globalizzazione e dello sviluppo tecnologico, il movimento cooperativo italiano dimostra, quindi, di voler mantenere il proprio orientamento verso il fattore umano e accetta di affrontare una nuova sfida: creare un terreno di confronto con le aziende capitalistiche e riaffermare la responsabilità d’impresa tesa alla realizzazione di un mercato seriamente concorrenziale, ma anche a forte connotazione sociale.

 

   
   
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