Il presidente
americano ricorda limperatore Traiano, uno che oltre tutto
avrebbe qualcosa da
insegnargli
anche sullImpero Persiano.
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Secondo i miei calcoli, lImpero Romano, nelle sue diverse
incarnazioni, è durato circa 829 anni; quello Ottomano 469,
dal 1453 al 1922; quello Absburgico 392, dal 1526 al 1918; quello
Britannico 336, dal 1620 al 1956; quello Russo dei Romanov 304,
dal 1613 al 1917; quello Cinese Qing 267, dal 1644 al 1911; quello
Moghul 235, dal 1526 al 1761; anche quello Persiano Safavid 235,
dal 1501 al 1736; quello Egizio 365. Un minor numero di anni durarono
altri Imperi (ma Impero, per alcuni, è termine improprio):
69 anni quello Russo-Bolscevico, dal 1922 al 1991; 49 anni quello
Giapponese, dal 1895 al 1944; 6 anni quello Tedesco-Hitleriano,
dal 1939 al 1945. È operante quello Cinese, iniziato nel
1949.

Poco più che centenario, (contando la guerra contro gli
spagnoli del 1898 come data della sua nascita), lImpero Americano
invece sembra dare già segni di cedimento. Occhio di spia,
il fenomeno più pericoloso, che è la negazione a tutti
i livelli del proprio ruolo nel mondo. Tra i progressisti statunitensi
è possibile parlare di Impero solo se si deplorano le azioni
militari degli Usa; mentre con i conservatori si può menzionare
laspetto benefico del potere americano, a patto che non lo
si descriva come imperiale. Quello che non si può dire è
che gli Stati Uniti siano un Impero, e che questa cosa non sia in
fondo così terribile.
Va subito detto che uno dei più grandi problemi che affliggono
lAmerica è lincapacità di imparare dalla
storia, che può insegnare molte cose. Prima fra tutte: lImpero
Americano è per molti versi lerede di quello britannico.
Basti pensare che, nel 1917, il generale Frederick Stanley Maude
entrò a Baghdad e diffuse un proclama in cui disse di essere
arrivato non come conquistatore, ma come liberatore del Paese.
Parole che ci suonano familiari. E per questa ragione è difficile
credere al presidente americano quando dice che la missione democratizzatrice
americana nel Vicino Oriente si differenzia da quella degli Imperi
precedenti. I suoi ideali di libertà in realtà somigliano
molto a quelli vittoriani di civilizzazione che ispirarono lesperienza
britannica.
Sebbene ne siano convinti, gli americani non rappresentano uneccezione:
da sempre gli Imperi anglofobi usano la parola freedom, libertà,
per proclamare la propria diversità dagli Imperi precedenti.
Ma daltra parte, se avesse guardato bene alla storia, il presidente
americano non si sarebbe stupito neanche della resistenza incontrata
dai soldati della coalizione.
Accadde lo stesso agli inglesi. Nel 1920, in Mesopotamia, scoppiò
una rivolta antibritannica molto simile a quella antiamericana esplosa
nel 2004. Anche allora linsurrezione ebbe origini religiose,
ma presto trascese le divisioni settarie ed etniche, passando dalle
moschee di Baghdad alla città sacra sciita di Garbala, dove
contro i soldati di Sua Maestà era schierato un ayatollah,
Muhammed Taqi al-Shirazi, che ricorda molto Moqtada al-Sadr di oggi.
Ma le similitudini non finiscono qui. Perché, mentre gli
americani hanno esitato a combattere le milizie sciite e gli insorti
nel triangolo sunnita, aprendo così la strada al caos che
domina lIraq odierno, gli inglesi non si fecero molti scrupoli.
Arrivarono rinforzi, e i villaggi ribelli vennero rasi al suolo
dai bombardamenti. Churchill autorizzò anche luso di
armi chimiche, se fossero state necessarie, ma non fu il caso. E
nonostante questo, le sue truppe subirono perdite fortissime, oltre
2.000 tra uccisi e feriti. Dettaglio non trascurabile: i soldati
britannici rimasero in Iraq fino al 1956. Ci vollero quarantanni
per rendere funzionante quel Paese!
La lezione più importante che si può trarre da questa
esperienza è che non è possibile intraprendere unimpresa
come la guerra in Iraq, pensando di poterla portare a termine nellambito
di un ciclo elettorale, vale a dire nel giro di quattro anni.
Ma ritornando allImpero, come descrivere quello americano?
È un Impero informale. Non ha vasti territori allestero,
come lImpero spagnolo-portoghese, ma può proiettare
il proprio potere in una dimensione globale mai sperimentata prima
nella storia. Non si tratta solo della volontà di esportare
la propria cultura e il proprio modello economico: gli americani
possono intervenire anche militarmente ovunque nel mondo.
Ci sono stati altri Imperi dalle frontiere poco definibili come
quello americano. Ma la vera differenza è che mentre tutti
gli Imperi del passato celebravano la propria esistenza, gli americani
la negano.
Questo fenomeno dipende certamente dal fatto che gli Stati Uniti
sono nati da una guerra antimperialista: è difficile accettare
che ora si siano invertiti i ruoli. Ma a guardar bene, per i primi
centanni della propria esistenza gli americani non avevano
problemi ad annettere territori, mentre si espandevano a ovest.
Ed è stato soltanto dopo il fallimento nel colonizzare le
Filippine che presidenti come Woodrow Wilson e Franklin Delano Roosevelt
hanno ripudiato apertamente il proprio ruolo imperiale.

Ora, nel corso della storia gli Imperi sono finiti o per la resistenza
che hanno incontrato, oppure per lemergere di altri poteri
egemonici. Ebbene: nessuna di queste due condizioni rappresenta
almeno al momento un ostacolo per gli americani. Il
loro problema sono le costrizioni interne. Che sintetizzo in tre
grandi deficit: quello militare, quello finanziario e quello di
attenzione della sua opinione pubblica.
Per il primo deficit: è vero che gli Stati Uniti, da soli,
sono responsabili del 40 per cento della spesa mondiale per la difesa.
Ma se si vanno a contare i soldati, quello americano è lImpero
che ha lesercito più piccolo della storia. Il Dipartimento
della Difesa americano può contare su un personale di circa
un milione e 400 mila persone, percentuale molto bassa se si conta
una popolazione di 300 milioni. Cifra ancora più inaccettabile,
se si pensa che la maggior quota di questa armata se ne sta a casa:
in Iraq oggi cè un soldato americano ogni 210 abitanti;
i britannici, nel 1920, ne avevano uno ogni 23 iracheni. Gli americani,
poi, ruotano in continuazione i loro soldati, che anche
per questo non possono imparare la lingua o raccogliere intelligence.
Per quel che riguarda tutti i soldi stanziati per la difesa, se
ne vanno in armamenti. Ma con aerei, tank e droni non si governa
un Paese. E se si considerano realisticamente le cose, a partire
dal 2001 gli Stati Uniti hanno speso molto più nei tre tagli
delle tasse operati da Bush e per il welfare, che non per la guerra:
solo un terzo dellimmenso deficit statunitense è ascrivibile
alla spesa per gli interventi in Iraq e in Afghanistan. In termini
storici, queste non sono guerre costose: quando leconomista
Joe Stiglitz dice che lintervento sta costando tra 1 e 2 mila
miliardi di dollari, omette di menzionare che questa cifra in apparenza
mostruosa corrisponde all1,1 per cento del Prodotto interno
lordo americano. Sempre in termini storici, queste guerre sono molto
più economiche di quelle in Corea e in Vietnam, e non cè
paragone con la Seconda Guerra Mondiale.
Questa rappresentò lapice dellImpero Americano,
almeno per quanto riguarda il potere economico e militare. Alla
fine di quello sterminio planetario, gli Stati Uniti esercitavano
un dominio imperiale non solo su vasti tratti del Continente europeo,
ma anche in Asia. I due regimi canaglia della storia
del XX secolo, Giappone e Germania, erano sottoposti alloccupazione
americana il primo, a quella alleata laltra. Eppure, proprio
in quel momento, Roosevelt negò il proprio ruolo e diede
inizio alla dinamica che marcò la guerra fredda: la rivalità
tra due Imperi, lAmericano e il Sovietico, che comunque negavano
di esser tali.
È piaciuto pensare al 1989 come al gran finale del XX secolo,
come al momento che ha marcato il trionfo dellOvest in un
gran lieto fine. Ma sono bastati pochi anni a smentire quella lettura
degli eventi. Sicuramente l11 novembre 1989 fu più
importante dell11 settembre 2001: gli attacchi contro New
York e Washington non fecero altro che rivelare agli americani quello
che gli europei già sapevano, e cioè che in tempi
di globalizzazione il lavoro dei terroristi è sempre più
facile e le loro imprese sono sempre più devastanti. E tuttavia
io sostengo che un punto di svolta infinitamente più importante
per la storia americana e mondiale è stato il 1979. Perché
in quellanno Deng Xiaoping visitò gli Stati Uniti,
layatollah Ruhollah Khomeini prese il potere in Iran e lUnione
Sovietica invase lAfghanistan. Cioè: da un lato fu
linizio della rivoluzione del libero mercato in Cina; dallaltro,
si avviò lespansione del radicalismo islamico.
La situazione nel Vicino e nel Medio Oriente oggi ricorda molto
quella in Europa centrale nel 1939: non è arduo immaginare
lo scoppio di una guerra molto maggiore dei conflitti cui ci hanno
abituato quelle regioni del mondo, specie se lIran dovesse
acquisire la bomba nucleare. Gli avvenimenti che hanno caratterizzato
lo scoppio di grandi conflitti nel XX secolo ci sono tutti: volatilità
economica, disgregazione etnica, e un Impero in declino, come gli
Stati Uniti.
Si dice che senza lAmerica la situazione mondiale migliorerebbe.
In realtà, la storia insegna il contrario: i periodi di apolarità
sono quasi sempre preludio al caos. E non si intravedono per ora
potenze emergenti in grado di sostituire il ruolo americano. Non
lEuropa, che è appesantita dallinvecchiamento
della sua popolazione. E io dubito anche della Cina: è molto
difficile che superi questo periodo di rapida industrializzazione
senza almeno una crisi finanziaria. La Russia potrà far pressioni
con il petrolio. Ma dietro langolo già si profilano
le fonti energetiche alternative...
Tornando alla lezione della storia. Lattuale presidente americano
mi ricorda limperatore Traiano, uno che oltre tutto avrebbe
qualcosa da insegnargli anche sullImpero Persiano. Traiano
fu quello che coniò la frase panem et circenses: lasciò
che i romani si divertissero, mentre le sue legioni erano impegnate
in guerre sanguinose. Fu lui ad espandere lImpero Romano oltre
le proprie capacità di controllo, fino alla Mesopotamia.
Quando morì, gli successe Adriano.
E come Adriano, il prossimo presidente americano sarà costretto
a ridimensionare il proprio Impero. Anche se questo non significa
che lImpero Americano sia necessariamente vicino alla data
di scadenza: può continuare ad essere una forza egemonica
per decenni, soprattutto se impara a fare le piccole guerre che
finora si sono dimostrate le più difficili da vincere. Anche
se dovette ritirare le proprie truppe, lImpero di Roma fu
ancora molto potente sotto Adriano. Credo che lo stesso accadrà
per gli Stati Uniti.
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