È ironico pensare che il business americano,
la cui tradizione è
radicata nelletica dellinteresse
illuminato, si trovi ora prigioniero
in una girandola di miopi interessi di breve periodo.
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La proliferazione recente degli scandali nel mondo degli affari
ha sollevato unondata di diffidenza verso la corporate America.
Diffidenza e sfiducia, a ruota, hanno portato a una serie di onerose
nuove regole, allumiliazione e alla carcerazione di leader
del mondo delle imprese prima ammirati, e ad un automatico preconcetto
che attribuisce al mondo degli affari la patente di malafede. Oggi
pochi leader dimpresa ottengono il beneficio del dubbio quando
le loro società si trovano in acque difficili. Il giudizio
immediato è che «devono avere combinato qualche imbroglio».
Gli scandali coprono un vasto spettro di (cattivo) comportamento
manageriale. Vanno dalla criminalità vera e propria (Enron,
WorldCom, Tyco, Adelphia), ai miseri imbrogli legali di Martha Stewart,
alle pesanti multe e alle imbarazzanti rivelazioni che hanno macchiato
alcuni nomi del gotha imprenditoriale, come Fannie Mae, Citigroup,
Merck, Aig, Boeing, Shell, JPMorgan/Chase, Marsh & McLellan.

Come mai la nostra cultura si è trovata ad affrontare improvvisamente
così tanti misfatti o cattivi comportamenti? Quali forze
hanno agito? Con il passare del tempo e mentre acquisiamo prospettiva
sul primo mega-scandalo (limplosione nel 2001 di Enron-Arthur
Andersen), le cause degli scandali aziendali cominciano ad essere
più chiare.
Gli scandali non sono il risultato di unesplosione nazionale
di avidità, di disprezzo per la legge, di arroganza del potere,
o di una falla vistosa nella corporate governance, anche se qualcosa
di tutto questo è presente. La causa principale è
leccezionale convergenza di tre tendenze, quel tipo di rara
convergenza che produce quel che molti sono abituati a definire
la perfect storm, la tempesta perfetta.
Una tendenza è la deregulation. Lardore liberatorio
che ha dominato gli anni Ottanta e Novanta ha avuto numerose conseguenze
non volute. Rimuovendo le costrizioni legali che impediscono evidenti
conflitti di interesse, la deregulation ha indotto alcuni dei guardiani
dellinteresse pubblico a sacrificare i principi della loro
professione per il proprio guadagno economico. La deregulation ha
avuto la perversa conseguenza di trasformare i custodi le
società di certificazione, le banche dinvestimento,
gli studi legali, le authorities in consulenti su scelte
dubbie. Invece di dire un secco no ad iniziative discutibili, molti
di questi presunti guardiani (come la molto rispettata, un tempo,
società di certificazione Arthur Andersen) hanno invece detto:
Potreste fare in questo modo, e cavarvela .
Insieme alla deregulation, cè stato un secondo trend:
labitudine crescente di legare la parte più sostanziosa
del compenso di un top manager agli ondeggiamenti del mercato azionario.
Quella di legare gli incentivi al valore delle azioni della società
è diventata una pratica diffusissima. Lintenzione è
di fondere gli interessi di chi governa lazienda con quelli
dei proprietari, cioè gli azionisti. È il modo più
diffuso tra quelli che hanno trasformato in realtà la dottrina
economica della shareholder value, del creare valore per gli azionisti.

In pratica, però, pagare i top manager con stock options
che valgono potenzialmente decine di milioni di dollari, oltre a
ottimi salari e benefit vari, si è dimostrato uno svilimento
della teoria. Perché con somme così grandi in gioco,
i top manager sono fortemente tentati di prendere scorciatoie, o
addirittura di imbrogliare.
La pressione subita da un amministratore delegato per mettere il
valore a breve termine delle azioni al primo posto, e contro eventualmente
gli interessi di lungo termine dellimpresa, dei suoi dipendenti,
e della società più in generale, diventa quasi irresistibile.
La terza, e più intangibile, tendenza è la continua
immissione, nella vita dellimpresa, di comportamenti sociali
dal contesto più vasto. È ironico pensare che il business
americano, la cui tradizione più profonda è radicata
nelletica dellinteresse illuminato, si trovi ora prigioniero
in una girandola di miopi interessi di breve periodo.
Tradizionalmente, linteresse illuminato ha portato i leader
dimpresa a cercare strategie che beneficiavano altri, oltre
a loro stessi, ma le norme culturali degli ultimi anni hanno celebrato
unetica di vittoria solitaria una concezione di vittoria
intrisa di un darwinismo sociale a somma zero, dove se io vinco,
tu perdi. La paura delle conseguenze della sconfitta fa parte di
questa visione, e così ne fa parte una tendenza nascosta
a fregare il sistema.
Molti dei grandi manager ritengono oggi una sfida o addirittura
un divertimento riuscire a trovare astuzie e metodi per aggirare
il sistema a proprio personale vantaggio.
Le considerazioni della perfect storm, o tempesta perfetta, nascono
dalla convergenza fra queste norme elastiche provenienti
dalla più ampia società, con la deregulation e la
perversione del principio della shareholder value. La combinazione
di queste forze crea una macchina da scandali. E la loro convergenza
li ha resi quasi inevitabili.
Quale la cura? Sarebbe molto bello poter dire che adesso, alla luce
della nostra esperienza con così tanti scandali, il nostro
business sta finalmente prendendo la medicina in grado di guarirlo.
Sfortunatamente, non è affatto così. La medicina che
stiamo prendendo una pesante dose di azioni legali e di nuova
regulation può essere necessaria, ma è ben
lontana dallessere sufficiente.
Leggi e regole di comportamento da sole non assicurano la buona
condotta. Uno degli aspetti più frequenti degli scandali
è stata la circonvenzione del sistema luso di
mezzi astuti per aggirare leggi e regole. Specialisti della contabilità
e della certificazione cercano il modo di limare gli
utili e aggirare regole ferree di contabilità. Gli esperti
legali scoprono presto che un parere contrario alluso di sistemi
dubbi non procura né parcelle né gratitudine. Uno
studio legale prospera solo quando i suoi avvocati sanno consigliare
i clienti su come aggirare la legge. Senza un clima normativo che
incoraggi losservanza di leggi e regole, chi è pronto
e svelto sarà sempre più tentato di pattinare su un
ghiaccio via via più sottile, con il rischio di sprofondare.
La storia dimostra che non si possono combattere cattivi comportamenti
solo con la legge. Il fallimento del proibizionismo negli anni Venti
il tentativo piuttosto improbabile di usare la legge per
impedire il consumo di alcolici è soltanto uno degli
esempi. Gli scandali recenti ci offrono una combinazione letale
di cattivi comportamento e di cattive regole. La chiave per una
riforma efficace sta nel combinare le regole e i comportamenti attesi
cioè i valori sociali in modo che si supportino
a vicenda nellincoraggiare le imprese e i controllori a fare
le cose giuste, e non quelle sbagliate.
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