Senza un disegno planetario,
lEuropa può
soltanto difendersi e rinchiudersi
sempre più nei propri problemi interni o in confini sempre
più difficili da superare.
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Ogni anno, si può dire, porta con sé nuovi membri
dellUnione europea. Ogni anno, nonostante le enormi difficoltà,
si intensifica il livello di omogeneizzazione tra Paesi europei.
Allo stesso modo si va realizzando una maggiore integrazione grazie
a trasferimenti significativi di aiuti strutturali. Ogni anno, simultaneamente,
forme di nazionalismo resistono a questa politica, incapace di andare
abbastanza veloce e abbastanza lontano, perché i nuovi Paesi
hanno un ruolo di secondo piano nel commercio europeo e mondiale.
E perché il divario tra loro e il vecchio cuore dellOccidente
europeo cresce continuamente.
Questopera di solidarietà è necessaria e incontestabile,
ma, nello stesso tempo, indebolisce sempre di più unEuropa
dove molte decisioni devono essere prese allunanimità.
Da tempo, e in particolare dal Trattato di Nizza, i cui esiti si
possono definire soltanto mediocri, emerge sempre più palese
la necessità di rafforzare le istituzioni dellUnione.
Il rifiuto francese al progetto di Costituzione è stato una
decisione di estrema gravità. Non era motivato da ragioni
propriamente europee e amministrative: la convinzione principale
di chi ha votato no era che, dopotutto, le esigenze
delleconomia di mercato e quelle della giustizia sociale erano
del tutto incompatibili, e che una scelta era indispensabile.

Lopposizione alleconomia di un mercato internazionalizzato
poteva essere guidata soltanto da uno Stato forte che si poggiasse
su un settore pubblico solido. Doveva esserci, con tutta probabilità,
una convinzione ancora più profonda poiché, quando
si contrapponevano queste dichiarazioni allesempio così
lampante delle socialdemocrazie occidentali che da cinquantanni
si adoperano per lapertura al mercato e per la redistribuzione,
i sostenitori del no rifiutavano di credere a questa
analisi, consideravano le socialdemocrazie tappe del trionfo del
capitalismo: un rifiuto globale, che doveva essere mantenuto in
ogni circostanza. Ciò rivela quanto era profondo il malcontento
nei confronti dellEuropa.
Giungiamo così ad una conclusione facile da trarre: lEuropa
è spossata. La sinistra italiana, o meglio, le sinistre italiane,
se stanno al governo, non si sentono a proprio agio, e la Gran Bretagna
mette in discussione i laburisti, nonostante i loro successi economici,
a causa del ruolo nelle «guerre esportate dagli americani».
In effetti, soltanto la Germania offre di sé unimmagine
positiva dopo tanti anni difficili, sebbene a costo di unassenza
di scelta politica, punto debole e nello stesso tempo punto di forza
della sua grande coalizione.
Allora: quali sono gli scenari futuri possibili per lUnione?
Il primo contempla un proseguimento della tendenza attuale, che
tuttavia rallenterà a causa delle difficoltà che caratterizzeranno
lintegrazione, difficoltà dovute al crescente scarto
tra nuovi e vecchi membri dellUe. Nel complesso, la transizione
dei Paesi ex-comunisti dallEst europeo allOvest non
è stata un successo: è stato pagato un prezzo sociale
elevato e ha portato al potere dirigenti e partiti che erano ben
lontani dal condividere gli ideali democratici europei. In particolare,
come non si può essere delusi dalla situazione attuale della
Polonia, che è agli antipodi della Polonia di Solidarnosc
ed è colpita da continui scandali? E la situazione dellUngheria
non è affatto migliore. Ovunque le disuguaglianze sociali
sono notevoli e le condizioni di vita precarie, ad eccezione di
una piccola élite, di un piccolo gruppo dirigente che dispone
di un gran numero di risorse.
La seconda risposta è che lintegrazione europea ha
già conosciuto momenti di arretramento. LEuropa, indebolendo
lo Stato-nazione, non ha creato una coscienza nazionale alternativa;
al contrario, il più forte movimento di opinione nato nel
Vecchio Continente negli ultimi ventanni è stato il
radicalizzarsi pressoché ovunque della reazione nazionale
populista che ha rafforzato le due ali politiche estreme. Sono in
molti a pensare che questa evoluzione sia normale, e la sua portata
farà svanire la presunzione irrealistica di fare dellEuropa
un concorrente degli Stati Uniti dAmerica.
La terza soluzione consiste nel dare allUnione europea un
nuovo scopo: allontanarla dagli obiettivi immediati e stretti che
la paralizzano e fare dellEuropa una protagonista politica
di primo piano sulla scena mondiale. Questa posizione generale assume
sempre più la forma di un progetto preciso: fare in modo
che lUe si impegni nei confronti di alcuni Paesi arabi (e
musulmani), che dimostri che è possibile che tra il mondo
islamico e lOccidente si instaurino rapporti diversi da quelli
conflittuali creati dagli Stati Uniti. Meno ambiziosamente, si potrebbe
chiedere che lEuropa dia una svolta decisa alla propria posizione
in Africa, creando le condizioni necessarie alla lotta contro le
malattie, la corruzione, la fame e lassenza di progetti.
Senza un disegno planetario, indipendente da ogni politica
propria degli Stati Uniti, ma senza entrare in conflitto con essa,
lEuropa può soltanto difendersi e rinchiudersi sempre
più nei propri problemi interni o in confini sempre più
difficili da superare. Di fronte ad unevoluzione positiva
e rapida, le forze anti-europee finirebbero probabilmente per perdere
terreno.
Ma chi può decidere, in una tale situazione e al cospetto
di problemi così importanti, lampliamento dei campi
dazione? Può essere soltanto il Parlamento, di concerto
con la Commissione, a proporre simili iniziative. Si affermerebbe
in questo modo anche una dinamica democratica, ora ancora troppo
debole. In questo modo, si darebbe vita a un grande dibattito in
tutti i Paesi, con lobiettivo di concedere maggiore capacità
decisionale allEuropa. E la Francia, così ostile verso
unEuropa identificata da uneconomia esclusivamente di
mercato, sarebbe probabilmente tra i sostenitori più convinti
di tali decisioni.
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