Giugno 2007

futuro dell’unione

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La Bce cambia pelle
Mabel  
 
 

 

 

Ma la Bce teme un rialzo dei
prezzi del petrolio e nuove iniziative inflazionistiche dei governi: aumenti delle tariffe o,
in aggiunta oppure in alternativa,
aumenti dell’Iva.

 

Un linguaggio diverso per una fase diversa. La decisione della Banca centrale europea di alzare i tassi di interesse di un altro quarto di punto ha inaugurato un periodo nuovo nella politica monetaria di Eurolandia. Prevedere i movimenti dei tassi d’ora in poi sarà più difficile. La Bce, come del resto la Federal Riserve, ha un codice chiaro che fa capire con sufficiente precisione le mosse immediate. Il comunicato ufficiale e la conferenza stampa del presidente Jean-Claud Trichet hanno cambiato alcune parole-chiave, senza tuttavia creare troppi dubbi. I tassi di interesse, che sono stati giudicati “bassi” da giugno 2006 a febbraio 2007 – prima erano “molto bassi” – allo stato attuale sono “moderati”; e la politica monetaria da “accomodante” – vale a dire tale da stimolare l’attività economica – ora e semplicemente orientata “sul lato accomodante”, ed è dunque nelle immediate vicinanze della neutralità.
Il rischio che l’inflazione aumenti persiste, e per questa ragione la Banca centrale europea continuerà a “controllare molto attentamente” i prezzi. Una frase che finora ha segnalato l’intenzione di alzare ancora i tassi, ma non immediatamente: il mese prima di un rialzo sono sempre state usate le parole “forte vigilanza”. Allora: un nuovo rialzo, dal 3,75 al 4,0 per cento, è scontato, ma non è imminente.

Trichet, d’altro canto, è stato molto chiaro: «I tassi non hanno raggiunto il loro picco». Saliranno ancora. Ma fino al 4,0 per cento, oppure potranno andare anche oltre? Il vero punto è questo. «Dipenderà dalla situazione», ha sostanzialmente precisato la Banca europea, che non ha fornito indicazioni univoche.
Lo scenario potrebbe sembrare positivo: le proiezioni dello staff della Bce sull’inflazione sono state riviste al ribasso per il 2007, all’1,8 per cento, e dunque al di sotto del 2,0 per cento calcolato per il dicembre 2006. È merito del calo delle aspettative sui prezzi del petrolio, ricordano alcuni economisti, i quali invitano tuttavia a guardare all’aumento dell’inflazione, al 2,0 per cento, nel 2008, quando il Prodotto interno lordo è previsto rallentare lievemente.
Gli stessi economisti sostengono che lo staff della Bce è stato esplicito: questo quadro così positivo sui prezzi non dovrebbe durare a lungo. Ma la Bce, che non sottoscrive le proiezioni, teme un rialzo dei prezzi del petrolio e nuove iniziative inflazionistiche dei Governi: aumenti delle tariffe o, in aggiunta oppure in alternativa, aumenti dell’Iva.
C’è anche chi ritiene che sia stato comunque un “trionfo dei falchi”, che è il titolo di una ricerca secondo la quale non è da escludere anche ulteriori strette, oltre il 4,0 per cento. In questa ricerca, si invita innanzitutto a guardare l’altra faccia delle proiezioni della Bce: la crescita nel 2007 ora è indicata al 2,5 per cento, dal 2,2 per cento stimato fino a qualche settimana fa. E sarebbe un livello che non può lasciare tranquilli, appunto, sul fronte dell’inflazione.
Secondo alcune altre analisi la Bce, vista dall’esterno, si comporta come se prendesse in considerazione soltanto il ritmo di aumento del Prodotto interno lordo: in Eurolandia, un’accelerazione della dinamica economica porta subito e bruscamente a un’accelerazione dei prezzi. Nel 2006 il Pil è salito del 2,8 per cento annuo, un livello mai visto dal 2000, e questo preoccupa la Bce che, a quanto sembra, valuta intorno all’1,9 per cento la crescita “giusta” della Unione monetaria e sicuramente non ha cambiato idea su questo punto.
Il Governatore europeo, però, non ha preso impegni per il futuro: «Se avessi voluto preparare il mercato a mosse restrittive da parte nostra – ha precisato – avrei detto questo, e non l’ho detto». Se il 3,75 per cento è “moderato” e quasi neutrale e il 4,0 per cento è quantomeno più vicino alla neutralità, ulteriori rialzi – il passaggio a una fase restrittiva – non sono scontati.
In che modo orientarsi, allora? Una frase, nel comunicato ufficiale, ha segnalato un approccio nuovo. Come se in quel momento si fosse superata una soglia, e ora la Banca centrale europea si muovesse in un ambiente, in un contesto del tutto diverso: «C’è stato un passo significativo: cambiare le motivazioni degli ulteriori rialzi», interpretano alcuni economisti.
Fino al mese di febbraio la Bce aveva detto che intendeva «rimuovere lo stimolo monetario», portare i tassi al livello neutrale, senza dare più stimoli all’economia. Ora che i tassi sono appena accomodanti, si è passati alla «necessità di contrastare i rischi di un aumento dell’utilizzazione delle risorse».
Più facilmente: la Bce da oggi in poi guarderà soprattutto alle imprese e all’occupazione. Perché se gli impianti produttivi non riuscissero a soddisfare la domanda, i prezzi potrebbero salire; e se la disoccupazione dovesse calare, i salari inizierebbero ad aumentare “troppo”, e questo aumenterebbe la domanda. Oggi – viene precisato – gli impianti lavorano all’84,4 per cento, contro una media di 81,4 per cento registrata nella fase di espansione degli anni Novanta, mentre il livello delle carenze di lavoratori è a 5,0 rispetto a una media di 3,5». La Banca centrale europea ha forse qualche motivo per preoccuparsi ancora.

 

   
   
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