Papa Galeazzo
è lanonimo eroe
popolare che crede ancora in se stesso, che è comunque
capace di sognare
e ride soltanto
per nascondere nel profondo un pianto che dura dalla notte dei tempi.
|
|
Difficile dire quanto i periodi felici della storia abbiano riguardato
le popolazioni del Sud, e in particolare di Terra dOtranto.
Ma lepoca che sta tra il Cinquecento e il Settecento ha rappresentato
la notte più fonda, lautentica notte della taranta
per gli abitanti di questarea. Al morso dellaracnide
e della fame si aggiungeva quello della paura e della disperazione
per il clima inquisitorio messo in atto dal regime spagnolo, coadiuvato
dal clero, per scongiurare il dissenso che nasceva dentro e fuori
della Chiesa.
Vengono in mente immagini di paesaggi torbidi, senza aurore né
tramonti, comè descritto dai versi di unantica
filastrocca salentina: ...Cquai nu canta gallu / e nnu sse vite
luna. / Nuddhru fiju te mamma / camina mai a quistura...

Ma il Sud, che aveva risorse proprie, sopravvisse a tutto ciò,
esorcizzando il proprio disagio con la superstizione e con la magia.
E, in situazioni estreme, anche con lironia. Così,
al simbolo pagano della taranta si aggiunse un altro, anche questo
in opposizione alla Chiesa, tanto da far pensare a una presa di
distanza dalla fede: nacque in un contesto ostile e come rimedio
a tutti i mali il personaggio di Papa Galeazzo, del
paese di Lucugnano e paludi limitrofe, a sud del Regno di Napoli,
nellarea marginale soprannominata le Indie dItalia.
Papa Galeazzo, che non ha alcuna certificazione anagrafica comprovante
la sua reale esistenza, era la trasposizione in chiave ironica di
un anonimo cittadino in un prete malizioso e bonario, metafora popolare
di quello che nella realtà era un inquisitore temuto e potente.
Il quale poteva essere ridimensionato, e la sua opera negativa vanificata,
anche da una singola persona che, fortemente consapevole della propria
identità, tenesse nella dovuta considerazione la caducità
e la transitorietà di ogni vicenda umana. La commiserazione,
la tolleranza o lironia erano risorse che, nelle circostanze,
non lasciavano spazio ad alcuna forma di violenza.
Lidea del personaggio di Lucugnano era nata, probabilmente,
a danno di un omonimo parroco coevo realmente esistito. È
da presumere che non fosse ben visto dalla povera gente del luogo,
tanto da essere sbeffeggiato con lappellativo di Papa:
un Papa che però si atteggiava, ragionava e viveva come un
qualunque paesano. Sta di fatto che molti preti, a quel tempo, oltre
alle loro funzioni liturgiche, aiutavano il potere temporale, svolgendo
compiti polizieschi che potevano culminare a volte anche
nella persecuzione di persone innocue e innocenti. Proprio per queste
ragioni la gente comune avvertiva la necessità di far valere
in qualche modo le proprie ragioni; e, non potendo farlo liberamente,
diede delega a Papa Galeazzo, maschera tragicomica creata ad imitazione
di un prete non al servizio di Dio, ma dei potenti: personaggio
nel quale si incarnavano e diventavano ununica cosa lanima
di un cafone e quella di un picaro, che,
forti della loro carica trasgressiva, mettevano in atto una rappresentazione
a scena aperta delle reali condizioni di vita della comunità.
Nella storia anonima, mai scritta, della gente del luogo, questo
tipo di ribellione in apparenza puerile e insignificante
era tuttaltro che nuovo. Basti considerare, per esempio, che
il turpiloquio, con espressioni oscene ed esplicitamente impudiche
usato nel dialetto salentino era motivato da una repressione sessuale
premeditata e sistematicamente perseguita per secoli dalle stesse
autorità, con tutte le sottomissioni, le frustrazioni e le
devianze che ne derivavano. La stessa abitudine di bestemmiare Dio,
la Madonna e i Santi è da ritenersi una forma di disobbedienza
blasfema che si diffuse proprio in quegli anni; e le stesse autorità
se ne preoccuparono, tanto da far ricorso a torture esemplari, quali
quella della mordacchia *, e persino a leggi speciali.

Di analoghe ribellioni liberatorie, molti anni più
tardi, fu vittima lArma dei carabinieri. Questi, quando giunsero
per la prima volta in Salento, non furono visti di buon occhio.
I salentini, che tradizionalmente lavoravano la terracotta, riprodussero
in serie la loro figura, facendone dei pupazzi in miniatura con
tanto di pennacchio e baffoni, e con un curioso fischietto attaccato
al fondoschiena: rappresentati sugli attenti, per il controllo di
un popolo notoriamente scettico e prevenuto contro i cambiamenti,
erano la riprova che tutto ciò che veniva imposto dallalto
creava inquietudine e poi rigetto.
Oggi, che viviamo in tempi di relativa libertà di pensiero
e di parola, possiamo comprendere meglio il disagio di tante generazioni,
dalle quali emersero anonimi autori controcorrente, i quali, nel
clima di caccia alle streghe dellepoca, seppero inventare
per ogni male rimedi irriverenti, irriguardosi, rischiando (almeno
per i fatti di conclamata gravità) laccusa di eresia
e la conseguente condanna al rogo, come capitò al nolano
Giordano Bruno o più vicino a noi al taurisanese
Giulio Cesare Vanini, luno e laltro contemporanei.
Papa Galeazzo, dunque, più che interprete di una volgare
comicità demenziale, come si è voluto sempre far credere,
si è distinto come un autorevole personaggio salentino del
XVI secolo, nato col diffondersi della letteratura picaresca spagnola,
che per la prima volta raccontava la realtà nuda e cruda
della gente comune, e che poi riecheggiò, per merito di autori
spesso non a caso anonimi, in tutta Europa, con le figure di Lazarillo
de Tormes, Justine, Moll Flanders, Tom Jones, Gil Blas, e molti
altri, noti e meno noti.
Nella premessa a La letteratura picaresca: cultura e società
nella Spagna del 1600, di José A. Maravall, si narra di una
società spagnola divisa in tre classi fondamentali: quella
privilegiata dei nobili e del clero; laltra, costituita dal
ceto medio, che condivideva parte di quei privilegi, ma con posizione
critica e con richiesta di riforme; e la terza, dei dissenzienti,
ossia la moltitudine dei ceti più poveri: un sottogruppo
di questi, ancora più emarginato, era appunto
quello dei picari, ai quali indubbiamente si ispiravano, per parallelo
dissenso o per scrupolo, intellettuali del ceto medio o elementi
illuminati del popolo stesso, per dar vita a personaggi immaginari,
resi messaggeri di una denuncia che diversamente sarebbe stato impossibile
fare. Nacquero da un contesto sociale così ingiusto i comportamenti
del picaro, creatura libera e senza regole, individualista e senza
padroni, con comportamenti che erano al limite della legalità:
un protagonista abituato a vivere ai margini di una società
iberica che, nellestrema periferia imperiale, includeva anche
il paese di Lucugnano, in provincia di Lecce.
Dal punto di vista del periodo storico, la figura di Papa Galeazzo
è collocata sotto il regime spagnolo di Filippo II, quando
ormai, tramontati i fasti del Rinascimento, tutta lEuropa
attraversava una fase di difficoltà economiche, con i singoli
Stati tesi a trovare una via duscita investendo nelle attività
mercantili. In Italia unazione del genere non fu possibile
per linfluenza dello Stato Pontificio, che impediva ogni tentativo
di unificazione della Penisola. Divisa in tanti Stati, piccoli e
contrapposti tra loro, lItalia non fu in grado di far fronte
alla concorrenza degli altri Paesi continentali. Ciò comportò
un ulteriore impoverimento.
In una realtà così difficile, le precarie condizioni
di vita furono giustificate con la teoria dellesistenza terrena
come tempo di transizione e di espiazione: una realtà, però,
che per essere accettata così comera, aveva bisogno
di essere mitigata da un tocco di virtualità. Per ingannare
locchio, si sovrappose ad essa una visione architettonica
ricca, imponente, solenne. Come per miracolo, chiese e palazzi gentilizi
mutarono forme e si arricchirono di fregi e di elementi decorativi
eccessivi, allo scopo di ostentare maggior prestigio e, conseguentemente,
di pretendere e ottenere maggior rispetto. Nacque in questo modo
il Barocco, che ebbe tra i suoi epicentri la Spagna e anche la Terra
dOtranto. In questo rimarcato conflitto tra il reale e lirreale,
e tra il vero e il falso, poteva accadere allora che persino nel
più piccolo e sperduto angolo del Reame, come Lucugnano,
un picaro o un qualunque cafone dotato di innata ironia potesse
diventare Papa. Un Papa che per descrivere le reali condizioni della
gente comune doveva necessariamente farsi interprete della storia
del borgo, con comportamenti eccentrici e con racconti di vita maliziosi,
allusivi, come sfogo alle paure, alle inibizioni e allimpotenza.
Vicende e racconti di vita non più censurati realizzavano
il sogno del picaro: riscattarsi dal proprio destino, imporsi diventando
qualcuno, conquistare un gradino più alto nella scala sociale,
e come mai era accaduto essere preso in considerazione
dalla storia.
Un sogno che non poteva durare a lungo. Perciò il risveglio
fu tragico e amaro. Dopo il Concilio di Trento, in piena età
di restaurazione, tutto rientrò negli schemi dellordine
costituito. Alloblio ci pensò lo scorrere del tempo.
La taranta, simbolo del disagio sociale espresso con un rito pagano,
perdette significato e autonomia e passò sotto la tutela
di San Paolo protettore. Su Papa Galeazzo calò il sipario
e della sua carica trasgressiva non si seppe più nulla. Solo
trecento anni dopo, ad Italia unificata, la figura del prete lucugnanese
riemerse, ma lobotomizzata, senza più alcuna motivazione
storica e senza parrocchia. Da allora gli sono stati attribuiti
cunti e culacchi, cioè volgari racconti da osteria, e come
un ridicolo, patetico buffone è stato consegnato ai giorni
nostri.
Papa Galeazzo è invece lanonimo eroe popolare che crede
ancora in se stesso, che è comunque capace di sognare, e
che vive da sempre in noi, sospeso tra la fantasia e la realtà.
Forse, anche sotto le sue mentite spoglie di figura barocca continua
a celarsi un cuore tenero di umile contadino, che sa di essere destinato
a soccombere, e che ride soltanto per nascondere nel profondo un
pianto che dura dalla notte dei tempi.
|