Mai come oggi
è stato chiaro che esistono almeno due Europe, in cui tutta
la storia
e lesperienza
comune si
specchiano
in modi diversi.
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Dopo le prove tremende del secolo scorso, siamo stati testimoni
di un cambiamento pacifico e inaspettato: il crollo incruento dellImpero
sovietico. Crollata la fortezza dargilla, si accesero fuochi
di gioia, e in tutta Europa si festeggiò allegramente. Soltanto
dopo laffievolirsi della prima euforia si incominciò
a riflettere sulla spaventosa eredità del gigante defunto,
e improvvisamente, in unatmosfera dangoscia, sorse lidea
europea. O, per meglio dire, il piano di ununione monetaria
e doganale, perché di unidea non si parlava. Per la
verità, ci rallegrammo che il tempo funesto delle idee se
ne fosse andato. Sembrò che la scomparsa dellultimo
impero totalitario avrebbe dissolto anche lultima ideologia
totalitaria. Per questo motivo si parlò prudentemente, ma
con intelligenza e con lungimiranza, di ununione doganale
e monetaria.
Tuttavia, questo pragmatismo dominante nelle sale delle udienze
in molti Paesi dellEst Europa si rivelò una lingua
compresa da pochi. In questi Paesi, ridivenuti da poco indipendenti,
probabilmente non la capì nessuno. Essi rimasero abbandonati
a se stessi, e sebbene ciò possa suonare strano, dopo la
fragile sicurezza sotto il dominio straniero lansia e lincertezza
ebbero il sopravvento. Più che un moto di rinnovamento, si
generò un vuoto ideologico.

Fu un momento importante, perché allora si è deciso
il destino dellEuropa, il destino di tutti noi, che oggi ci
troviamo di fronte a quella che sembra linaspettata rovina
di tutte le intese, la radicalizzazione, la paura del terrore e
limpotenza.
Il genocidio jugoslavo ha dimostrato che lEuropa esita ad
accettare la pesante eredità lasciata dietro di sé
dal colosso sovietico. Per alcuni anni semplicemente non si è
osato rendersi conto del fatto che ai confini sud-europei si sono
spalancate le fauci di quellapocalisse che oggi, circa due
decenni dopo, minaccia di divorare il mondo intero.
Di questi tempi si parla molto di vecchia Europa, delle
sue tradizioni, della cultura europea. Non cè dubbio
che la crisi, la spaccatura di cui ovunque in Europa troviamo testimonianza,
è in gran parte di natura culturale. LEuropa si trova
oggi di fronte a questioni fondamentali, come già accadde
nel 1919 e nel 1938, e adesso come allora è ugualmente irresoluta.
Mai come oggi è stato chiaro che esistono almeno due Europe,
in cui tutta la storia e lesperienza comune si specchiano
in modi diversi. NellEuropa occidentale le democrazie sono
cresciute in maniera organica, sul terreno di una cultura sociale,
per necessità economiche, politiche, e in base a una specifica
mentalità, con laiuto di rivoluzioni che hanno avuto
successo o di grandi compromessi sociali.
NellEuropa centrale e orientale, invece, è stato dapprima
fondato lordine politico, e in seguito la società si
è lentamente conformata ad esso con un faticoso e doloroso
lavorio. Ma forse non è avvenuto lo stesso anche con il cosiddetto
socialismo? In molte aree esso venne direttamente eretto sopra il
sistema feudale e laspetto grottesco della cosa è che
lideologia, divenuta una religione di Stato, si trovava in
aperto contrasto con la prassi. Questa contrapposizione brutale
si poté superare soltanto con il terrore, e le conseguenze
di ciò sono tuttora percepibili ai giorni nostri.
Dovrebbe esserci chiaro che la vera novità del XX secolo
sono stati il Totalitarismo e Auschwitz. La nostra epoca non è
quella dellantisemitismo, ma lepoca di Auschwitz. Lantisemita
dei nostri tempi non si oppone agli ebrei, bensì vuole Auschwitz,
vuole lOlocausto. Nessuno Stato o partito totalitario è
possibile senza discriminazione, e la forma totale della discriminazione
è necessariamente il massacro.

Un tempo luomo era la creatura di Dio, tragica e bisognosa
di redenzione. Il totalitarismo ideologico ha fatto sparire tra
la folla questa creatura solitaria, per poi rinchiuderla tra le
mura di un ordine statale compatto e infine degradarla allingranaggio
di un meccanismo. Non ha più bisogno di alcuna redenzione,
perché non si assume più alcuna responsabilità.
Lideologia ha derubato luomo del suo cosmo, della sua
solitudine e della dimensione tragica del destino umano. Lo ha costretto
a unesistenza prestabilita, in cui la sua provenienza, la
sua appartenenza razziale o la sua classe ne hanno determinato il
destino. Ed essendo stato privato del proprio destino, è
stata tolta al singolo anche la propria realtà umana, il
puro sentimento della vita.
Le popolazioni est-europee hanno raggiunto la libertà senza
aver potuto fare molto per ottenerla. Certamente, vi sono state
la sollevazione dei lavoratori a Berlino nel 1953, la rivoluzione
ungherese nel 1956, la Primavera di Praga nel 1968, il movimento
politico di Solidarnosc nel 1980: tutte scuole damarezza.
Un avvenimento storico importante lo si riconosce dal fatto che
ha una durata, come sappiamo dallo storico francese Fernand Braudel.
Ma nessuno di questi avvenimenti fu caratterizzato da una prosecuzione
organica. Ebbero soltanto delle conseguenze: repressione, disinganno,
lopprimente esperienza di essere abbandonati a se stessi.
Una considerevole parte di questa società avvertì
la libertà piovuta improvvisamente dal cielo sostanzialmente
come un collasso, proprio perché non fu essa a conquistare
la propria libertà. Tutti i suoi valori, che erano soprattutto
serviti come strategia di sopravvivenza individuale e nazionale,
di colpo divennero inutilizzabili, o apparvero come una vergognosa
collaborazione.
Quando i Paesi dellEuropa dellEst allungarono le braccia
in cerca di sostegno verso le democrazie dellEuropa occidentale,
ottennero soltanto una veloce stretta di mano e una pacca sulle
spalle come incoraggiamento. LEuropa occidentale non seppe
decidersi da che parte cominciare con i suoi vicini orientali, e
ciò venne percepito da questi come larroganza usata
verso i parenti poveri. NellEuropa dellEst larrivo
della libertà non creò uno spirito di rinnovamento,
bensì sprigionò il ricordo di un cattivo passato,
il risentimento, il riaprirsi di antiche ferite nazionali, in alcuni
luoghi sotto forma di follia nazionalista che portò assassinio
e genocidio, in altri come un trattenuto nazionalismo nascosto sotto
la maschera della democrazia.
Non vi è alcun dubbio che allinizio del XXI secolo
dal punto di vista etico ci troviamo abbandonati a noi stessi. Una
civiltà che non dichiara apertamente i propri valori, oppure
li pianta in asso, procede verso il declino, verso il decadimento
senile. Dobbiamo creare noi stessi i nostri valori, giorno dopo
giorno, attraverso quelloperare tenace anche se invisibile
capace di portare quei valori alla luce del sole e in grado di votarsi
a una nuova cultura europea.
Quando penso alla futura Europa, la immagino forte, sicura di sé;
immagino unEuropa sempre pronta a trattare, e mai opportunistica.
Non dimentichiamo che dopotutto lEuropa è nata da una
decisione eroica: la decisione di Atene di opporsi ai Persiani.
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