Settembre 2007

Futuro prossimo UE

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Polonia e Italia
per costruire l’Europa
Lech Walesa  
 
 

 

 

 

È il Paese
del successo
di Solidarnosc e dell’intesa politica della Tavola
Rotonda, ma è
anche un Paese che continua
a fare i conti con la propria Storia.

 

“Dalla terra italiana verso la Polonia”, cantiamo nel nostro inno nazionale, e questo ci ricorda quanto i nostri destini si siano incrociati nella Storia. Rammentiamo come gli italiani accolsero Karol Wojtyla, come uno di loro; e come sostennero Solidarnosc; e che proprio un italiano, allora presidente della Commissione europea, accolse formalmente la mia Patria in seno all’Unione europea.
Oggi c’è una Polonia ben diversa da quella dell’epoca in cui furono scritte le parole dell’inno, dalla Polonia delle lotte per l’indipendenza, per la democrazia, diversa anche da quando entrammo nell’Unione. Da alcuni anni ci sentiamo, sempre di più, partner e amici dei Paesi europei, membri di questa forte comunità di nazioni, in cui l’Italia ha un ruolo importante. Mentre nasceva Solidarnosc, nel 1980, sentivamo il forte sostegno da varie parti del mondo: anche dalla terra italiana. Solidarnosc sarebbe stata molto più debole senza la solidarietà internazionale. Ancora una volta, grazie.
L’odierna Polonia è da un lato un Paese di successo grazie alle trasformazioni politiche ed economiche, una moderna democrazia europea che sta costruendo una forte economia. Ma, dall’altro, uno Stato che fa i conti con il populismo dilagante sia interno sia estero, populismo che sfrutta le divisioni causate dal comunismo all’interno della società. È il Paese del successo di Solidarnosc e dell’intesa politica della Tavola Rotonda, ma anche un Paese che continua a fare i conti con la propria Storia.
L’introduzione delle riforme è stata tutt’altro che facile. Numerosi gruppi sociali sono rimasti esclusi dalla corrente dei cambiamenti, dovevamo saldare i conti del comunismo, a volte ci sentivamo soli, tuttavia i nostri obiettivi erano chiari. L’Europa era la chance, il faro. Che cosa sarebbe accaduto se dopo esserci liberati dal giogo del comunismo non avessimo avuto dove andare, se non ci fossero state le strutture dell’Europa? L’integrazione è stata un nostro successo. Il tempo ci dirà come lo utilizzeremo.

Per il mondo odierno, sulla via della globalizzazione, l’integrazione è l’unica via possibile. Una volta conveniva spostare i confini, innalzare i muri, oggi conviene cooperare. Viviamo in un’epoca di vasi comunicanti: il successo di un Paese è anche successo del suo vicino, la sua sconfitta significa anche la sconfitta degli altri. Già nelle sue premesse l’idea dell’Europa era pensata così. La questione è continuare a svilupparla in modo creativo ma ponderato. Bisogna cambiare il modo di pensare e aprirsi allo spirito di cooperazione e di solidarietà. A volte mi sembra che ci vorranno intere generazioni.
L’Europa non deve dimenticare che è opera destinata alle prossime generazioni. Abbiamo bisogno di un’identità europea. In tale ricerca da tempo abbiamo a che fare con due principali concezioni. Secondo la prima, chiamiamola “di sinistra”, dovremmo fondare tutto sulle libertà. Ora ci accorgiamo che non è credibile fino in fondo: basti pensare alle minacce alla civiltà, al terrorismo. La seconda concezione, da me definita “di destra”, si basa sui valori universali, sulla responsabilità, sui diritti e sui doveri. Mi è più vicina, ma non è opportuno imporre il proprio punto di vista. La democrazia ci ha insegnato la difficile arte del compromesso. All’alternativa tra sinistra e destra, l’Europa dovrebbe rispondere trovando un buon centro. È molto importante pensare all’economia e alla politica, ma non ci si deve dimenticare della dimensione spirituale dell’Europa, dei valori. Abbiamo davanti a noi anni di pacifica e prospera coesistenza, a condizione di fare riferimento costante ai valori universali. La Costituzione europea può rappresentare in tal senso l’anello di congiunzione, tutto consiste nel fatto di pensarla in modo giusto.

La Polonia ha una storia complicata, i suoi abitanti sono maestri di individualismo. L’Europa ci guarda e spesso non comprende le nostre trasformazioni. Non furono compresi i nostri avvertimenti nel 1939, fu una sorpresa la protesta operaia del 1980, così come la transizione pacifica alla democrazia nel 1989. A volte dobbiamo imparare dai nostri errori per risollevarci. I cambiamenti in corso evidenziano certi risentimenti e la non comprensione della visione liberale dell’Europa, ma dall’altro lato rafforzano la posizione dei giovani nei confronti dell’integrazione e del valore dell’unità europea. Abbiamo la possibilità di costruire insieme un’Europa forte e stabile. In cui la Polonia vuole avere un ruolo significativo.

 

   
   
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