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Siamo al nuovo secolo-millennio, e i vecchi problemi si ripresentano
con bruciante attualità. Come lemigrazione, appunto,
antico e irrisolto cancro del Sud. Solo che quella attuale verso
il Nord Italia è profondamente diversa da quella del secondo
dopoguerra.
Negli anni Cinquanta e Sessanta, la parte più povera della
popolazione meridionale abbandonava le regioni meridionali rimaste
prive di fabbriche e con uneconomia agricola di rapina e di
semplice sussistenza, attratta dalla nuova, travolgente industrializzazione
che si stava sviluppando nel Settentrione. Quellesodo di milioni
di disperati cambiò il volto dellItalia. Coloro i quali
andavano a lavorare al Nord, affrontando incomprensioni, sacrifici,
difficoltà di ambientamento, ma facendo leva sulla propria
capacità di adattamento, sulla gran voglia di esercitare
un mestiere quotidiano, avevano finalmente un futuro dignitoso e
potevano contare su un reddito e su risparmi che in parte rientravano
nel Mezzogiorno, grazie al flusso delle rimesse.
Oggi la questione è radicalmente cambiata. È mutato
un panorama, ci sono altri colori del cielo e della terra. Come,
del resto, sostiene il recente Rapporto della Svimez: lemigrazione
(circa 270 mila persone lanno, cifra molto vicina ai 295 mila
degli anni Sessanta) non riguarda più operai e braccianti,
uomini di fatica, artigiani generici e sia pure versatili; interessa
giovani laureati e diplomati. Una vera e propria fuga di cervelli,
che priva il Sud delle migliori energie.

Inoltre, questo tipo di emigrazione non alimenta più rimesse
dallestero come un tempo, ma costringe le famiglie di origine
a sostenere economicamente i propri figli che, con i loro magri
stipendi, non riescono a sbarcare il lunario nelle grandi città
del Nord, dove il costo della vita è più alto.
In altri termini: è il Sud a trasferire risorse verso il
Settentrione, e non viceversa. Non a caso si è parlato di
Robin Hood al contrario, che toglie alle regioni povere
per dare paradossalmente a quelle più ricche.
In dissenso con Angelo Panebianco, editorialista del Corriere
della Sera, che, entusiasta di quel che sta avvenendo, testualmente
titolava un suo articolo Evviva la grande fuga dal Sud, come
negli anni 60, il viceministro Sergio DAntoni, che ha
delega al Mezzogiorno, sostiene che «correggere le derive
assistenzialistiche non vuol dire [...] abbandonare il Meridione
al proprio destino. Anzi, significa aiutarlo a sviluppare al proprio
interno uneconomia moderna e tecnologicamente avanzata, come
alcuni Poli di eccellenza dimostrano [...]. Un obiettivo impossibile
da raggiungere se fuggono proprio i cervelli».
E in questo discorso sembrano riecheggiare le parole che si sprecavano
negli anni Ottanta, quando si prospettavano Californie meridionali,
grandi progetti interregionali, Aree di sviluppo ad alta tecnologia,
e poi si finì col tramonto dellillusione collettiva,
e con la veloce scomparsa dal dibattito politico e dalle agende
dei parlamentari e degli economisti e degli stessi intellettuali
dei termini dellirrisolta questione meridionale.
Anche oggi si riparla di «creare le condizioni per evitare
questa fuoriuscita di talenti», e di tener presente che «il
Paese cresce se cresce anche il Mezzogiorno», e di non dimenticare
che «non è possibile ipotizzare tassi di sviluppo economico
pari a quelli europei se il Sud resta un vagone sgangherato che
la locomotiva nordista deve trainare a fatica». E giù,
come ai bei vecchi tempi, buoni propositi e promesse a piene mani,
vecchi merletti già usurati e riemergenti da sofferenti latebre:
abbattimento del cuneo fiscale differenziato tra Nord e Sud, trasformazione
delle vecchie agevolazioni a fondo perduto e a pioggia in strumenti
di incentivazione automatica e trasparente come i crediti di imposta
sui nuovi investimenti e, a breve, anche sulloccupazione;
e poi una prima sperimentazione della Fiscalità di Compensazione,
con lintroduzione di una quindicina di Zone franche urbane
sul modello francese; e per i giovani meridionali un programma di
formazione a carico dello Stato attraverso stages o tirocinii nelle
aziende, con lidea di stipulare un voucher formativo che limpresa
potrà incassare se e quando assumerà quei giovani...
Intanto, come è detto più su, sono ripartiti i treni.
E tanto per cambiare, il Sud è spremuto per arricchire il
Nord. Robin Hood si è venduta lanima e tornano alla
ribalta le vecchie politiche, le vecchie parole dordine, le
vecchie strategie... E cè chi gioisce, al modo di un
notista serio come Panebianco, perché la Storia si ripete!
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