Settembre 2007

L’universo in cui viviamo: dai Greci al Big Bang

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La scoperta umana
del cosmo
Riccardo Giacconi
 
 

 

 

 

 

Forse ci volevano il Rinascimento e la riscoperta del valore della mente umana per rendere possibile la
rivoluzione di idee che culminò nella sintesi di Newton.

 

Che cosa si intende per assoluto? Il filosofo greco Platone intendeva ciò che esiste in sé e per sé; relativo è invece ciò che deriva la propria esistenza da qualche cosa d’altro. Per Aristotele, l’assoluto è l’atto puro, cioè la divinità e il motore immobile dell’universo. La teologia cristiana identificherà l’assoluto con il Dio della rivelazione biblica.
Il periodo tra il VI e il III secolo a.C. è l’epoca eroica del fiorire della civiltà greca: Pitagora di Samo è il primo a introdurre l’idea che la natura può essere descritta con relazioni numeriche. Tra i suoi discepoli, Aristarco, riconosciuto come il più grande matematico dei suoi tempi, propone che la terra è una sfera come il sole e la luna, e che ruota intorno al sole. Il movimento dei corpi celesti può essere spiegato assumendo che tutti si muovano intorno al sole. Le stelle, che sembrano non muoversi per nulla, devono essere a grandissima distanza dalla terra.
Archimede, suo contemporaneo, lo cita dicendo: «L’ipotesi di Aristarco è che il sole e le stelle non si muovono e che la terra ruota intorno al sole su un’orbita circolare con il sole al centro». È interessante notare che Copernico conosceva questa citazione di Archimede, anche se si prese l’intero merito per l’ipotesi eliocentrica, circa milletrecento anni dopo.
A partire da Platone, attraverso Aristotele e Ipparco, fino a Tolomeo, l’astronomia divorzia dal mondo naturale, fenomeno che Koestler, nel suo libro I sonnambuli, cerca di spiegare con il desiderio di immutabilità, il terrore del cambiamento, la sfiducia nell’uomo come misura di tutte le cose, indotti dalla disintegrazione delle città-stato greche prima della conquista macedone.

Se è con Platone che si inaugura questo modo di pensare, fu Aristotele a trasformarlo in un dogma dell’astronomia. Aristotele mise la terra al centro dell’universo, circondata da nove sfere (veramente, 55) concentriche di sostanza cristallina. La sfera più vicina era quella della luna, la più lontana quella delle stelle fisse, e al di là di quella, la sfera del Primo Mobile: la divinità.
Da quel momento in poi, l’unico compito degli astronomi fu di disegnare dei sistemi matematici senza alcun riferimento a leggi naturali. Nel 150 l’alessandrino Tolomeo compila l’Almagesto (libro che rimase per più di un millennio la massima autorità in astronomia) facendo ricorso a una serie di esercizi puramente matematici per conciliare i propri calcoli con le osservazioni, insomma “per salvare le apparenze”.
Il sistema aristotelico fu adottato dai teologi cristiani. Il Primo Mobile divenne il Dio della teologia cristiana, la sua sfera fu identificata col Paradiso. Lo schema dell’universo tolemaico divenne un dogma religioso. È ben noto che questo ebbe esiti talvolta tragici per liberi pensatori come Giordano Bruno, benché nel suo caso le sue idee cosmologiche fossero solo una delle otto eresie per cui venne condannato al rogo in Campo de’ Fiori.
Per più di mille anni, dunque, non vi fu alcun progresso in astronomia. Anzi, nel 1500 si sapeva meno sull’universo di quanto ne sapessero gli antichi greci. Forse ci volevano il Rinascimento e la riscoperta del valore della mente umana per rendere possibile la rivoluzione di idee che culminò nella sintesi di Newton.
Vi sono delle tappe importanti in questo processo: dalla pubblicazione, nel 1543, del De Revolutionibus Orbium Coelestium di Copernico, alla scoperta da parte di Tycho, nel 1572, della Stella Nova; dalla pubblicazione dell’Astronomia Nova (1609) e dell’Harmonices Mundi (1618) di Keplero al Sidereus Nuncius (1610), che descrive le scoperte di Galileo con il nuovo telescopio; fino ai Principia (1687) di Newton.
Tutte queste scoperte rimuovono per sempre gli errori e le false assunzioni di Aristotele e di tutti i suoi successori, e vi sostituiscono risultati osservati. La sintesi newtoniana ha avuto enormi conseguenze per la scienza tutta e per la nostra percezione dell’universo. Ci ha dato soprattutto una ragione fisica per comprendere i fenomeni che osserviamo, rendendo possibili non solo i successivi progressi della scienza, ma anche lo sviluppo della rivoluzione industriale.
Nella prima parte del Ventesimo secolo, grazie al progresso della fisica e delle tecniche di osservazione, abbiamo potuto dare una risposta a questioni che l’umanità si è posta da sempre circa le origini e le dimensioni dell’universo, la formazione delle stelle, dei pianeti, degli elementi…
Negli ultimi cinquant’anni nuove scoperte si sono succedute l’una all’altra a ritmo sempre più veloce, grazie alla costruzione di grandi osservatori sia a terra che nello spazio. Cosa abbiamo scoperto? Nuovi stati di materia e nuove forme di energia. Mentre nel sole la densità è solo cento volte la densità della materia normale, esistono stelle con una densità di un milione di miliardi di volte maggiore. Sono le stelle di neutroni che si formano attraverso esplosioni di supernove alla fine della vita di una stella normale. Esistono stelle ancora più massicce, i buchi neri, dove la gravità è così forte che nemmeno la luce riesce a “scappare”. Al centro delle galassie più luminose osserviamo dei buchi neri di massa uguale a centinaia di milioni di masse solari.
Ma la scoperta più sorprendente e più recente è che la materia normale (fatta di protoni, neutroni ed elettroni) costituisce solo una minima porzione della massa totale dell’universo. Anche aggiungendo alla massa che vediamo otticamente la massa molto più grande presente in forma di gas ad altissima temperatura nello spazio intergalattico e rivelata dalla sua emissione di raggi X, possiamo ottenere solo il 3 per cento della massa totale che crediamo esista nell’universo. Cosa è la materia che manca? Il 27 per cento è in forma non osservabile finora, eccetto che per i suoi effetti gravitazionali. Il 70 per cento è dovuto a un nuovo fenomeno di cui ancora non comprendiamo la natura e che viene interpretato come un’energia repulsiva.
Riusciremo mai a spiegarci perché l’universo è come è? Riusciremo mai a capire perché l’universo è definito da costanti di un valore tale da permettere l’evoluzione delle strutture che ci circondano e infine il sorgere della vita? In ogni caso, devo dire che lo studio dell’universo in cui viviamo è oggi una delle più soddisfacenti attività per uno scienziato. Viviamo infatti in un periodo glorioso dell’astronomia.
Io personalmente vi trovo uno stimolo intellettuale ed estetico, e vorrei riuscire a capire tutto il processo, dal Big Bang al Dna. Sono anche convinto che dobbiamo sforzarci tutti di ridare fiducia alla capacità della ragione umana di risolvere i nostri problemi, in modo tale da evitare di ricadere di nuovo in secoli oscuri.

 

   
   
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