Dellideologia cè anche tutta
la
tracotanza, in
questa convinzione che le sorti della Terra siano
pienamente nelle mani delluomo.
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Accade da parecchi mesi a questa parte che lEni, il principale
produttore italiano di energia, ci martelli con i suoi suggerimenti
per consumare meglio, guadagnarci tutti: microscopiche
cose, dalluso di lampadine a basso consumo al controllo della
pressione degli pneumatici, che, messe insieme assicura lazienda
pubblica consentirebbero a ogni famiglia di risparmiare più
di 1.500 euro, un terzo delle spese energetiche annuali. Il che
significa il taglio di un terzo degli incassi dellEni, che
sentitamente ringrazierebbe!
Evidentemente, cè qualcosa che non funziona, non nella
intelligente strategia pubblicitaria dellEni, mirata a promuovere
di sé unimmagine positiva nellopinione pubblica,
ma proprio nellopinione pubblica. Ha un nome, quel processo
che sostituisce la realtà con una sua rappresentazione magari
non vera, o non del tutto vera, ma che pretende di esserlo: ideologia.
Uno schema, per forza di cose semplificato, che abbraccia tutto
il reale e lo spiega in termini di Bene e Male, di Buoni e Cattivi,
e che tritura ogni dettaglio che non si accordi alla
sua descrizione. Oggi, nella cosiddetta era della fine delle ideologie,
la nuova ideologia si chiama ambientalismo. La-lotta-contro-il-riscaldamento-globale
è la panacea post-moderna che racchiude in sé tutte
le risposte, in tutto e per tutto erede della defunta lotta di classe.
Diritti umani, fame nel mondo, lotta allAids? Questioni secondarie,
delle quali ormai quasi non si parla più, o si balbetta soltanto:
bazzecole di fronte alla grande battaglia contro i gas serra.
Una carrellata sui titoli di giornali e telegiornali lo conferma:
non passa giorno che non si registri un nuovo segnale dallarme
climatico, dallacquazzone in Val Brembana alla morìa
di foche in Terra del Fuoco.
Che negli ultimi decenni la temperatura media della Terra sia cresciuta
è un fatto. Così come è un fatto che siano
cresciute anche le emissioni umane di anidride carbonica. A non
essere un fatto, ma unipotesi, è la correlazione tra
i due fattori. Lunica coincidenza evidente è quella
temporale, ma solo ed esclusivamente se limitiamo lo sguardo agli
ultimissimi decenni. Tra il 1940 e il 1975, invece, le cosiddette
emissioni serra sono cresciute a ritmo accelerato, mentre
le temperature terrestri hanno registrato un lieve raffreddamento.
Dettagli, secondo la vulgata dominante che, come ogni ideologia,
spaccia il proprio punto di vista per Verità,
di cui non si può né si deve dubitare, verità
scientifica, come si è soliti dire in questi
nostri tempi. Coloro i quali contestano questa Verità
e tra questi ci sono pure studiosi di rango come Richard
Lindzen, docente di Meteorologia al Mit non sarebbero che
squallidi negazionisti, ciechi volontari, prezzolati al soldo delle
multinazionali dellenergia.
Nocciolo della questione non è quindi il riscaldamento globale
in sé, dato acclarato anche se in una misura decisamente
più modesta di quanto gli indefessi allarmisti lascino intendere,
(da fine Ottocento ad oggi, laumento è stato di poco
più di mezzo grado), ma la responsabilità umana in
tutto questo. Il grande imputato è lanidride carbonica,
ma anche qui cè qualcosa che non funziona. Il Grande
Nemico è soltanto uno tra i tanti gas che generano leffetto
serra il quale, giova ricordarlo, è indispensabile
per garantire alla Terra le condizioni necessarie per la vita, umana
e non ; nettamente più rilevante, in questo processo,
è il vapore acqueo. Con il quale però luomo
centra poco o nulla: ecco un primo indizio del perché
lattenzione si concentra tutta sullanidride carbonica.
Lideologia ambientalista mette tra parentesi tutti i fattori
climatici che non sono riconducibili alluomo un altro,
e fondamentale, è il variabile influsso del sole e
addita allopinione pubblica lunico che in qualche modo
dipende da noi.

Anche ristretto il campo allanidride carbonica, qualche cosa
continua a non tornare. Quello derivante dalle attività umane
è appena il tre-quattro per cento del carbonio dellatmosfera,
sette miliardi di tonnellate annue, a fronte delle duecento rilasciate
naturalmente dalle foreste e dagli oceani. Ora, il buon senso
il grande e sempre deriso avversario di tutte le ideologie
non può che suggerire la domanda: Siamo sicuri che
questa piccola frazione di una piccola frazione dei fattori serra,
quella riconducibile alluomo, sia proprio quella decisiva
per il riscaldamento globale? . Eppure, è su questo
campo che le truppe corazzate dellambientalismo, politico
e mediatico, schierano tutta la loro potenza di fuoco. Ridurre le
emissioni di anidride carbonica, tagliare i consumi di energia,
abbandonare i combustibili fossili: tutto questo fa parte dellaurea
ricetta che salverà il mondo da catastrofe certa.
Ora, che sia opportuno ridurre la fame di energia del mondo contemporaneo,
specie di quella non rinnovabile, non è una fola dellideologia
ambientalista. A suggerircelo, però, sono altre e più
prosaiche considerazioni, come levidente insostenibilità
sul medio termine di un sistema energetico basato su petrolio e
altri idrocarburi in inevitabile via di esaurimento. A spingerci
a contenere la nostra fame di elettricità finora sperperata
senza alcun pudore, potrebbero essere anche considerazioni etiche
di alto profilo. La bassezza dellideologia, però, consiste
nello spacciare questo dovere, ecologico nel vero senso
della parola, per Demiurgo. Che, a ben guardare, ben si sposa con
quellaltro presupposto ideologico, pienamente accolto dallambientalismo,
che vede nelluomo il cancro del pianeta. Lasciamo perdere
il Signore del creato di biblica memoria; già solo considerare
luomo come un animale tra i tanti è troppo, per i Robespierre
in divisa verde. No, gli uomini e le loro attività sono Male,
e meno ce ne sono, meglio è.
Il politologo Giovanni Sartori, curiosamente spalleggiato dal poeta
Guido Ceronetti, ha colto al balzo loccasione per gemellare
la crociata ambientalista al suo vecchio e zoppo cavallo
di battaglia: la bomba demografica. Sartori a parte,
non è un caso che lambientalismo abbia fatto breccia
prevalentemente tra le sinistre, ormai orfane dei panni caldi del
marxismo. Il nemico della lotta-contro-il-riscaldamento-globale
è sempre il bieco capitalismo delle multinazionali, ancora
una volta spalleggiato dallAmerica, e da questa soltanto.
Anche lobiettivo finale ricorda quello comunista, quel mondo
migliore in senso rigorosamente materiale dove
tutti saranno felici. Così i toni da crociata, lossequio
ai testi sacri (con i Rapporti del Comitato Intergovernativo
sul mutamento climatico fresco di Nobel, al posto de Il Capitale),
il mito della rivoluzione verde anziché rossa,
linflessibile certezza che il Male sia uno e uno soltanto,
e la cura altrettanto semplice e unitaria. E in nostro potere: dellideologia
cè anche tutta la tracotanza, in questa convinzione
che le sorti della Terra siano pienamente nelle mani delluomo.
«La sinistra del XXI secolo sarà ecologista o non
sarà», annunciavano qualche mese fa su Le Monde i verdi
francesi François de Rugy ed Emmanuel Schor. Un dogma già
passato alle vie di fatto da un bel pezzo, ma che negli ultimi anni
è diventato qualcosa di più dellideologia di
una parte. È diventato, secondo il vecchio, inveterato e
ben oliato meccanismo dellegemonia culturale, il pensiero
dominante per tutti. Almeno in Europa, è opinione comune
(le statistiche parlano di oltre il 60 per cento) che il mondo si
scaldi per colpa delluomo, e che questa colpa sia responsabile
non solo di future catastrofi, ma anche dellinverno un po
tiepido dellanno scorso, o dellondata di calore di due
anni fa, o dellestate prolungata di questanno, o delle
nevicate anticipate di ottobre, o dei temporali assenti in agosto
e fin troppo presenti in autunno. A tal punto questi luoghi comuni
sono un sentire dominante, che un ministro della Repubblica si è
potuto permettere di affermare senza arrossire (e senza essere sommerso
da un mare di risate) che «la temperatura in Italia è
aumentata quattro volte in più che nel resto del mondo»,
(lineffabile Alfonso Pecoraro Scanio alla Conferenza nazionale
sui cambiamenti climatici); che un politico americano, fino a non
molto tempo fa considerato un guerrafondaio, può vedersi
assegnato il più scontato dei Premi Nobel, per essere saltato
sul carro vincente dellideologia verde, (Al Gore, riciclatosi
come documentarista e promotore di un Piano Marshall globale
per lambiente); che il Segretario delle Nazioni Unite
invita tutti a contrastare i negazionisti delleffetto
serra, in unodiosa assimilazione alla Shoah, (un intonso Ban
Kimono, dettando lagenda dellAssemblea generale dellOnu);
e che persino il Cattivo-per-antonomasia, George W. Bush, pur continuando
a rifiutare sostanzialmente Kyoto, finisce per mettere in scaletta
qualche intervento per contenere le emissioni di anidride carbonica.
Con ogni probabilità, la parabola dellideologia verde
avrà un epilogo sconfortante. Sotto la pressione del pensiero
dominante, è prevedibile che presto o tardi tutti i governi
del mondo prenderanno qualche misura ecologica. Così,
magari, quella piccola parte dovuta alluomo di carbonio nellatmosfera,
a sua volta piccola parte dei fattori che determinano leffetto
serra, sarà davvero ridotta, o perlomeno frenata nella sua
crescita. E in questo modo, quando nel 2050 si sarà verificato
che il pianeta non è finito arrosto, sarà difficile
che si registri una presa di coscienza della fallacia delle previsioni
catastrofiche, o una sana presa di distanza dallarroganza
delluomo, o una misurata valutazione della sostanziale marginalità
delle nostre attività sullancora in gran parte sfuggente
complessità della Terra. No. Il merito sarà ovviamente
tutto dellambientalismo!
Se i Vichinghi la chiamarono Groenlandia (Terra verde),
un motivo ci sarà pur stato. A dispetto della facies attuale,
nel Medioevo la più grande isola del globo aveva un altro
aspetto. E non solo: la Scozia, sempre nella stessa epoca, era autosufficiente
per la produzione di vino da messa, mentre oggi lassù fa
troppo freddo per i vitigni.
I climatologi lo chiamano Optimum medievale: dal 750 al 1200, le
temperature furono eccezionalmente miti.
Uneccezione? No, un esempio fra i tanti di un dato di fatto:
sulla Terra le temperature sono mutevoli, e oscillano con cicli
più o meno regolari nel corso dei millenni. Lo stesso alternarsi
di ère glaciali e fasi interglaciali lo conferma. Altra età
calda, forse ancor più dellattuale, fu quella compresa
fra il VI e il III millennio a.C., quando nella Mezzaluna Fertile
nacque lagricoltura. Piccola èra glaciale
fu invece battezzato il periodo tra il XIII e il XVIII secolo, epoca
di inverni rigidissimi e di estati brevi e fresche. Poi, a partire
da metà Ottocento, le colonnine di mercurio hanno ripreso
a salire. A tuttoggi lincremento è stato di 0,6
gradi, inclusa la battuta darresto del periodo 1940-1975.
Su un altro piano: due sono i retroterra culturali che possono
nascondersi dietro allattenzione per lambiente. Uno
è quello, cristiano, della cura per il creato; laltro,
quello ideologico e neopagano di Gaia, la natura intesa come organismo
eterno e autosufficiente. Per comprendere i meccanismi culturali
in atto, ci si deve muovere da molto lontano, dai modelli di fondo
a partire dai quali guardiamo alla natura. E questi modelli sono
soprattutto due. Il primo, quello di un autore molto noto e tornato
alla ribalta, come James Lovelock, parla di Gaia, la natura, come
di un meccanismo vivente, in grado di autogenerarsi. E questa non
è che una riproposizione moderna, che tiene conto della scienza,
del modello greco: la natura è physis, ciò che è
capace di generarsi da sé; una sorta di scena perpetua della
nostra vita mortale. Qui non è sbagliato parlare di ideologia
neopagana.

Laltro modello, invece, è cristiano. Nel senso della
natura come creazione, come qualcosa che qualcuno Dio
ha affidato a qualcun altro luomo. E in questo affidamento
cè lidea che la natura, tratta fuori dal nulla,
può essere e può non essere più. Noi, figli
del Cristianesimo, non possiamo non guardare la natura senza questa
apprensione, senza questa cura.
Per quel che riguarda il nesso tra marxismo e ambientalismo, lideologia
marxiana ha cercato di comprendere entrambe le posizioni, sommando
tratti neopagani lesclusione della trascendenza, linsistenza
sulleternità della natura, la materia che si sostituisce
a Dio alleredità del messianismo ebraico-cristiano,
il sogno di una natura rigenerata e redenta. Ha tentato di tenere
insieme questi due pilastri, ed è anche per questo che è
fallito. E oggi siamo qui a chiederci: la natura si riaggiusterà
comunque, oppure è luomo il centro del problema? Luomo
che diventa cancro del pianeta? In questottica, sì,
naturalmente. E anche qui cè un richiamo a una certa
tradizione cristiana, ma a quella eretica dello gnosticismo: il
male ha la sua causa prima nelluomo, che ha la forza di tirarlo
fuori da profondità demoniache. Da qui, la capacità
di devastare la Terra.
Tuttavia, il rispetto del creato resta una virtù. Oggi letica
nella sua agenda deve includere anche il rispetto della natura,
un comportamento ecologico. È necessario richiamarsi a unantropologia
per la quale alluomo spetta la massima responsabilità
nei confronti della Terra, che gli è stata affidata.
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