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Primo, mi venne in
primo piano Augusto Guerriero, che si firmava Ricciardetto
sul primo settimanale italiano con cospicue illustrazioni, Epoca.
Pensavo che fosse soltanto un opinionista. Avrei scoperto, tempo
dopo, che si trattava di un magistrato col pallino della scrittura:
uno dei suoi libri, Guerra e dopoguerra, era andato a ruba, diventando
introvabile nel giro di poche settimane.
Caso tuttaltro che unico. Si guadagnavano il pane facendo
altri mestieri il Tobino delle Libere donne di Magliano, il Gadda
di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana, e poi Sinisgalli,
e poi Volponi, e via elencando, compresi un po di pittori
Burri, per dire e architetti e persino compositori
e interpreti del mondo teatrale e cine-televisivo: medici, ingegneri,
chimici, altri uomini di scienza varia...

Il tarlo dellUmanesimo è stato, e continua ad essere,
un philum identitario del popolo di santi, di eroi,
di navigatori, eccetera, in un Paese che genera in tutte le sue
latitudini ingegni di gran levatura e artisti di prima grandezza.
Anche nelle province più eccentriche. Anche nelle aree più
periferiche. Come nel caso di Rocco De Vitis, medico supersanese,
che coniugò la missione professionale con la passione per
le lettere, e quasi per elezione, per il latino delletà
classica, al punto che dellEneide ci diede ben due versioni,
in versi liberi la prima (con traduzione fedelmente letterale),
e in endecasillabi laltra. Restituendoci un Virgilio che «ritornerà
sempre nello spirito, nelle coscienze delleterna umana vicenda
e viene con il ritorno del suo eroe: Enea». Eroe che orgogliosamente
è definito «un Ausonio, un Italo-Troiano. Egli discende
da Dardano, che, nato a Còrito (lodierna Cortona nellUmbria),
emigra nella Troade, dove una sua figlia diviene la moglie di Teucro,
il leggendario fondatore della stirpe di Priamo e di Anchise, e
quindi di Ettore e di Enea...».
E insieme con lepopea delle nostre radici identitarie, De
Vitis tradusse le Georgiche e le Bucoliche: il Libro delle genti
italiche, da una parte; e i libri della loro operosità creativa
e della loro forza dimmaginazione dallaltra; luno
e gli altri colti nella loro perenne attualità e nella luce
che gettano sui coni dombra caliginosa dellavvilente
sottocultura mercificata dei nostri corrottissimi tempi.
A latere, due raccolte: Naufragio a Milano e Soste lungo il cammino,
volumi compositi, versi e prose doccasione, stille di saggezza
intrise di valori antichi e per ciò stesso perenni, pagine
nelle quali, scrive Maria Bondanese, «leco dei grandi
problemi, luomo e la società, la vita e la morte, Dio,
ci arriva non pedanteggiante e sentenziosa, ma con la trasparenza
dellesempio, vissuto allinsegna di un naturale moralismo
cristiano, di un coerente sentimento civile». Ecco la memoria
di ritorno: proprio al modo delle scritture riflesso dellanima,
del pensiero, della cultura dispiegata in orizzonti certamente
più vasti, ma con identica sincerità e immediatezza
da quel conservatore illuminato che fu Ricciardetto, o dal
poeta e narratore di marchio lucano che fu Scotellaro, o dal padre
narratore e dal figlio poeta dal marchio pugliese che furono Tommaso
e Vittore Fiore, o infine da chiunque ebbe un tarlo, un nervo sensibile,
una corda sonora tesa tra ragione e passione: che sia propria della
solare mediterraneità quella sorta di eresia innocente che
rende parallela la vocazione umanistica al più ordinario,
e per tanti versi inesorabile, mestiere di vivere?
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