Con la crudezza delle cifre,
le statistiche
mostrano come gli italiani sembrino aver voltato le spalle al risparmio
in questo scorcio del nuovo secolo: nel 2007 il 51% degli italiani
non ha risparmiato!
|
|
Sono almeno due le chiavi di lettura che questanno offre
lesame del Rapporto sul risparmio e sui risparmiatori in Italia,
giunto alla sua venticinquesima edizione 1.
La prima chiave interpretativa è legata a questo scorrere
del tempo scandito dal ritmo di problematiche e nodi economici che
in questo quarto di secolo si sono presentati, consolidati, dissolti
per poi ricomporsi in un gioco continuo di speranze e attese deluse.
Basta sfogliare i titoli delle copertine delle diverse edizioni
per cogliere varietà di enfasi e sottolineature tipiche di
un particolare ciclo congiunturale e/o di uno specifico problema
strutturale. Infatti, anche volendosi limitare allultimo decennio,
si va da un risparmiatore fai da te per passare a un
risparmiatore che cerca fiducia, che si confessa, e che è
divenuto previdente; per poi giungere al tema dei risparmiatori
vecchi e giovani e a quello di apparente contrapposizione di questanno:
Finanza globale, risparmiatore locale.

In realtà, come viene puntualizzato nel saggio di presentazione
del Rapporto, «sembra che poco sia cambiato nello scenario
del risparmio e dei risparmiatori in Italia» 2. Infatti, così
come 25 anni fa, «la ricerca della sicurezza, le incertezze
sulla pensione, lamore per il mattone e la scarsa educazione
economico-finanziaria» costituiscono ancora gli elementi più
significativi dello scenario offerto da questa indagine.
Ma non solo. In unottica di raffronto internazionale, così
come un quarto di secolo prima, emerge la persistenza di differenze
nei dati nazionali del risparmio, indicatore inconfutabile del «permanere
di diversità strutturali tra Paese e Paese»: diversità
che concernono elementi socio-economici, quali il sistema di welfare
state, la mobilità sociale, la coesione delle comunità,
il grado di educazione finanziaria, ecc.
In definitiva, unaffascinante chiave di lettura retrospettiva
che offre ampi spazi di riflessione socio-economica per comprendere
come era lItalia del risparmio e come si è modificata
su questo versante non solo in un ambito ristretto, ma anche in
quello dilatato a comparazioni internazionali.
Cè, poi, una seconda chiave di lettura che emerge
nitidamente anche questanno dallanalisi del Rapporto,
una chiave di lettura attenta a cogliere i valori che sembrano guidare
il risparmiatore nei suoi rapporti con i fenomeni economico-finanziari
e nelle sue interazioni con le istituzioni che ne costituiscono
i protagonisti essenziali.
In questo percorso ricognitivo il primo valore in cui ci si imbatte
è lo stesso risparmio. Dalla percezione del risparmio come
valore in sé consegue che lattitudine al risparmio
viene tuttora considerata una virtù proprio in anni in cui
la capacità di risparmio non registra dei picchi esaltanti.
Anzi, le evidenze statistiche mostrano con la crudezza delle cifre
come gli italiani sembrino aver voltato le spalle al risparmio in
questo scorcio del nuovo secolo (nel 2007 il 51% degli italiani
non ha risparmiato!). Ma le interviste che supportano lindagine
del Rapporto mostrano con altrettanta chiarezza come i motivi di
questa defezione dal popolo dei risparmiatori siano la carenza di
risorse e non certo una libera volontà: per di più
sottolineano gli studiosi autori del saggio iniziale
«continua ad aumentare il riconoscimento del risparmio come
valore» 3.
La seconda tappa del percorso valoriale porta alla fiducia che continuano
a riscuotere le imprese del credito rispetto ad altri potenziali
protagonisti del mondo finanziario 4. Si tratta di un patrimonio
intangibile di incommensurabile importanza che caratterizza gli
atteggiamenti dei risparmiatori e che si può individuare
sotto numerose prospettive: a cominciare dal rapporto con la cosiddetta
banca di famiglia, ossia il punto di riferimento principale per
lo svolgimento delle proprie operazioni creditizie e per lacquisizione
di informazioni, suggerimenti e consigli. Anche se va subito
aggiunto per onestà di analisi questa fiducia è
zavorrata da alcune negatività sulle quali le stesse banche
dovrebbero soffermarsi con maggiore attenzione per evitare il manifestarsi
di pericolose derive tendenziali.
Qui il riferimento dobbligo è a una sorta di frustrazione
che caratterizza le risposte dellindagine su una pluralità
di versanti: dal fenomeno delle aggregazioni bancarie a quello dellaumentata
presenza di banche straniere in Italia, fenomeni considerati scarsamente
influenti in termini di beneficio concorrenziale e di miglioramento
qualitativo per la clientela; per poi passare al radicato convincimento
che lofferta di molti dei prodotti finanziari sia condizionata
dal significativo tasso di profittabilità per le banche più
che da un reale beneficio per i consumatori; per finire al delicato
capitolo dei reclami, ove si scopre che molto spesso ci si astiene
dal presentarli («tanto non si otterrà alcuna soddisfazione»).
Sono tutti questi elementi di potenziale criticità che, almeno
per ora, apparentemente non minano la soddisfazione complessiva
percepita dalla clientela nei rapporti con la banca di famiglia,
né la fiducia che questa riscuote quanto a capacità
di offrire unadeguata consulenza per le scelte di impiego
del risparmio.
Il viaggio di ricognizione registra, infine, una terza tappa, dedicata
ad un valore forse appannato, o che esce comunque sminuito anche
da questa edizione del Rapporto: leducazione finanziaria.
In realtà, non può non colpire negativamente la pochezza
del tempo che la maggioranza degli intervistati confessa di dedicare
allacquisizione di informazioni utili per decidere sul come
investire i propri risparmi. Tanto che nellanalisi dedicata
a questo aspetto amaramente si sottolinea che «la finanza
personale e gli investimenti sembrano essere temi che continuano
a non accendere linteresse della media degli italiani»
5.
La curiosità spinge ad aprire un breve spazio di riflessione
antropologico-economica per descrivere i tratti caratteristici del
profilo di quella minoranza che invece si sottrae a questo diffuso
disinteresse informativo: maschio, residente nel Nord (e decisamente
più nel Nord-Ovest che nel Nord-Est), nel Sud e Isole, appartenente
alle categorie dei dirigenti/funzionari e imprenditori/professionisti,
collocato in fasce di reddito medio, medio/alto, dotato di cultura
universitaria. Quanto alletà e questo è
un dato su cui varrebbe spendere una considerazione più attenta
da parte degli operatori economico-finanziari il maggiore
interesse allacquisizione di informazioni si registra nellarea
dei cinquantenni (50-59 anni).
Sempre sul versante delleducazione finanziaria un secondo
aspetto significativo è legato alle fonti di consultazione
per lottenimento di informazioni. Qui sono sicuramente importanti
le evidenze statistiche del 2007, ma ancor di più lo sono
i raffronti che si possono stabilire disponendo di un orizzonte
temporale più ampio (2001-2007) con uno zoccolo duro
rappresentato dalle banche, quale fonte primaria ; mentre si segnala
un ridimensionamento di ruolo dei giornali e della televisione a
cui fa riscontro la crescita di centralità di Internet.
Un discorso a parte meritano i promotori finanziari, il cui ruolo
è comunque significativo nel processo decisionale del risparmiatore
e suscettibile di ulteriori mutamenti in positivo/negativo alla
luce della recente normativa MIFID (Markets in Financial Instruments
Directive: una nuova disciplina dei mercati, dei servizi e degli
strumenti finanziari mirata a rafforzare la tutela del risparmiatore,
N.d.R.) che ha anche previsto lattività di promotori
finanziari indipendenti.
Ad ogni modo, ciò che appare incontrovertibile è il
lungo percorso da compiere verso gli obiettivi di una conoscenza
consapevole e diffusa dei prodotti finanziari, nonché di
un accesso massiccio e diversificato a fonti di informazioni, entrambi
elementi indispensabili per un livello accettabile e generalizzato
di educazione finanziaria.
Il risparmio, la fiducia nelle banche, la spinta a migliorare la
propria conoscenza finanziaria sono, in definitiva, le tre stelle
polari che accompagnano il risparmiatore locale in questo scenario
di finanza globale e i tre valori base messi in evidenza da questa
seconda chiave di lettura del Rapporto. Lintensità
della loro luce non è, comunque, condizione sufficiente a
illuminare il cammino verso un grado di maturità di scelte
e di civiltà finanziaria che pongano lItalia alla pari
dei principali competitors europei.
Occorre, infatti, un serio impegno istituzionale di sistema che
vada al di là delle espressioni di volontà dei singoli,
affiancandone gli intenti e gli sforzi a proseguire un cammino probante
e irto di difficoltà. Alla classe politica italiana tocca,
quindi, larduo compito di trarre le dovute conseguenze dallanalisi
dei punti di forza e di debolezza del mercato del risparmio per
elaborare un modello di sviluppo civile ed economico solido e duraturo
per la società italiana di questa prima parte del secolo
XXI.
|