LOccidente
deve recuperare
lo spirito
dellesplorazione, della scoperta, della risoluzione dei problemi,
dello sviluppo di talenti.
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Da una ventina di anni siamo abituati a interpretare la politica
americana in base alla Regola delleconomista statunitense
John B. Taylor. Ma questa Regola è priva di utilità
pratica, se non si specifica in qual modo debbano essere misurati
due dei suoi elementi cruciali: il tasso di disoccupazione naturale
di medio periodo, verso cui teoricamente tende il tasso di disoccupazione
corrente; e poi il tasso naturale dinteresse, che corrisponderebbe
al tasso dinteresse osservato se leconomia fosse al
suo livello naturale di medio periodo e il tasso dinflazione
(atteso) fosse al livello desiderato. Di conseguenza, è forse
impossibile sapere con certezza se una Banca centrale stia o non
stia seguendo la sunnominata Regola di Taylor.
A mio parere, la Federal Reserve si sta sbagliando riguardo al tasso
di disoccupazione naturale. La Fed sembra convinta che il tasso
di disoccupazione di medio periodo sia molto al di sotto del livello
attuale del 5,5 per cento. La Regola di Taylor prevederebbe che
una Banca centrale reagisca a un aumento tanto marcato del tasso
di disoccupazione rispetto al suo livello naturale sul medio periodo
con un taglio dei tassi (il tasso dinteresse sui Federal Funds),
basandosi sul fatto che il tasso di disoccupazione, quando è
così alto, tornerà ciclicamente al suo livello naturale
di medio periodo, che rimane immutato; perciò, tagliando
i tassi, la Banca centrale evita che la congiuntura negativa raggiunga
il suo punto più basso.
Naturalmente, le precedenti riduzioni dei tassi effettuate dalla
Fed potrebbero essere state motivate da una sensazione viscerale
di un rischio di tracollo delle banche in caso di mancato intervento.
Ora, però, sembra che la scelta di mantenere giù i
tassi sia fondata sulla sensazione che i tassi bassi servano ad
ammortizzare leconomia, per evitare guai peggiori,
e a ridurre il rischio estremo che il tasso di disoccupazione
possa giungere a livelli molto più alti, prima di fare dietrofront.
Ma se si crede come credo io che a spingere verso
lalto il tasso di disoccupazione sono forze strutturali, e
che la maggior parte di esse, se non tutte, non faranno dietrofront
e non invertiranno la rotta, allora non è chiaro quantomeno
non per me quale sia la giustificazione per mantenere i tassi
a livelli insolitamente bassi.
Non sto affermando che la Regola di Taylor sbagli, raccomandando
di accantonare temporaneamente i timori per la crescita dellinflazione
quando il tasso di disoccupazione sale sensibilmente rispetto al
tasso di disoccupazione naturale; sto sostenendo che nel caso odierno
lanalisi tayloriana non è applicabile: il tasso di
disoccupazione è ancora al di sotto del tasso naturale di
medio periodo verso cui il tasso di disoccupazione corrente si presume
che tenda.
Può avere senso tollerare un peggioramento delle aspettative
sul medio periodo per scongiurare un incremento evitabile della
disoccupazione o per accelerarne il decremento. Questa proprietà
è uno dei pregi della Regola di Taylor. Ma una cosa è
provocare o aggravare un peggioramento dellinflazione prevista
per un certo periodo allo scopo di contenere un incremento della
disoccupazione; ben diverso è fare la stessa cosa per rallentare
un incremento della disoccupazione che in ogni caso finirà
per dispiegarsi in tutta la sua forza. La prima serve a limitare
i danni evitare che la crisi occupazionale tocchi il fondo
mentre la seconda serve unicamente a protrarre un po
più a lungo una situazione di bassa disoccupazione, prima
che il fondo della crisi occupazionale, inevitabilmente, si materializzi.
Mi sembra infondata la convinzione della Fed che leconomia
riuscirà a riguadagnare in tempi brevi parte della forza
perduta, e mi sembra pericoloso decidere sulla base di questa convinzione
di tenere bassi i tassi a breve, fintanto che la disoccupazione
è alta o sembri destinata a crescere.

Nelle presenti circostanze mi piacerebbe vedere la Fed iniziare
ad alzare il tasso dinteresse reale atteso a breve termine
fino a raggiungere, e alla fine superare, il tasso dinflazione
atteso.
A prescindere da quale siano la politica monetaria e la politica
di bilancio migliore nella situazione attuale, quel che è
certo è che fissarsi sulla politica monetaria e di bilancio
ha tolto a tutti qualsiasi incentivo a pensare fuori dagli
schemi. Chi ti starebbe a sentire? Ma idee valide per iniziative
nuove sarebbero estremamente preziose.
Una delle prospettive per le economie occidentali sul medio termine
fino al prossimo boom è un mercato del lavoro
fiacco: in America, un tasso di disoccupazione che fluttuerà
tra il 5 e il 6 per cento e percentuali di disoccupati molto alte
fra i maschi ispanici e afro-americani, una fascia di popolazione
duramente colpita dalla fine del boom delle costruzioni. Questo
dovrà essere uno dei principali problemi da affrontare negli
States, proprio come continua ad essere motivo di preoccupazione
in diversi Paesi dellEuropa occidentale.
Da circa un decennio sostengo lopportunità di un meccanismo
di sussidi per i lavori a basso salario, da versare ai datori di
lavoro di aziende al di sopra di certe dimensioni e graduati in
base al tasso salariale. Un programma del genere servirebbe a tirar
su i salari e loccupazione tra i lavoratori appartenenti a
gruppi svantaggiati, favorendo una maggiore inclusione economica
e progressi nel campo dellintegrazione sociale. È il
momento giusto per uniniziativa del genere.
Unaltra prospettiva economica è lassenza di ondate
dinnovazione, a meno che non inizi a svilupparsene una entro
breve tempo. Leconomia americana, e anche le economie europee,
hanno un gran bisogno di rivedere la propria struttura istituzionale
in unottica di maggiore dinamismo: il settore finanziario
non sembra molto orientato allinnovazione; la gestione dimpresa
e le pratiche manageriali sembrano necessitare di unapprofondita
analisi e riorganizzazione. In Europa cè unaltra
necessità: liberalizzare il mercato del lavoro; lo Stato
dovrebbe sollevare i datori di lavoro dallonere delle liquidazioni
per fine lavoro, accollandoselo al posto loro. LOccidente
deve recuperare lo spirito dellesplorazione, della scoperta,
della risoluzione dei problemi, dello sviluppo di talenti (per usare
unespressione di Rawls) e dellespansione delle capacità
di lavoro (per usare unespressione di Sen). Se questo programma
venisse messo in pratica, potremmo assistere a una riedizione di
quellepoca dinnovazione che lItalia, la Germania
e la Francia conobbero (insieme agli Stati Uniti e alla Gran Bretagna)
negli ultimi decenni del XIX secolo.
Le questioni che gravitano oggi attorno al capitalismo riguardano
lampio spettro delle conseguenze del suo alto dinamismo. Il
maggior beneficio di uneconomia innovativa è comunemente
considerato essere un più alto livello di produttività
e, quindi, in generale, più ore lavorate e una migliore qualità
della vita.
Cè una grande verità, in questa considerazione,
a dispetto di tutti i distinguo che si possano fare. Una gran parte
dellimpressionante crescita della produttività cui
il mondo ha assistito dagli anni Venti ad oggi può essere
ricondotta ai nuovi prodotti commerciali e alle nuove strategie
dimpresa sviluppate e lanciate in economie che, tanto o poco,
potevano essere considerate relativamente capitalistiche. Lungo
la strada cè stato da fare anche per gli ingegneri,
ma il processo è stato guidato da imprenditori.
Cè tuttavia almeno un distinguo al quale occorre dare
risposta. Non è che la produttività sia finalmente
arrivata al punto al quale, dopo un secolo e mezzo di rapida crescita,
avere ancora un altro anno di crescita sarebbe di valore trascurabile?
D.H. Lawrence, scrivendo di Benjamin Franklin, parlava della «missione
che non finisce mai» dellAmerica. Quale che sia la risposta,
tuttavia, è importante notare che gli avanzamenti in produttività,
che generalmente fanno crescere i salari, danno la possibilità
a persone a basso salario di evitare lavori tediosi, usuranti o
pericolosi, per svolgere un lavoro più interessante e formativo.
Certo, i livelli di produttività in Paesi relativamente piccoli
dovranno sempre di più alle innovazioni sviluppate altrove
che a quelle che è stato possibile sviluppare colà.
Di fatto, la maggior parte delle economie continentali, incluse
le più grandi, si è accontentata di veleggiare sottovento
ad alcune altre economie che invece fanno la parte del leone, nelle
innovazioni del mondo. Il rimpianto economista di Harvard, Zvi Griliches,
ha commentato con approvazione che, così facendo, gli europei
dimostrano di essere «davvero svegli».
Io ho una prospettiva differente. Da una parte, è un buon
affare essere una forza innovativa nelleconomia globale. La
globalizzazione ha diminuito limportanza della scala così
come della distanza. Nella minuscola Danimarca il mondo è
subito a portata di mano: essa può aprire gli occhi sui mercati
degli Stati Uniti, dellUnione europea, e ovunque. LIslanda
è entrata nel settore bancario e biogenetico europeo. La
Francia fa tutto questo da lungo tempo e potrebbe farlo ancora
di più. Gli Stati Uniti sono evidentemente di già
nel business dellinnovazione globale.
Voglio anche enfatizzare però quello che tra i benefici del
dinamismo mi sembra essere il più importante. Istituzionalizzare
un alto livello di dinamismo, così che leconomia sia
infiammata dalle nuove idee degli imprenditori, serve anche a trasformare
il posto di lavoro, nelle imprese che sviluppano innovazione e anche
nelle imprese che, per esteso, hanno a che fare con le innovazioni.
Le sfide che sorgono dallo sviluppare una nuova idea e nel garantire
la sua buona ricezione da parte del mercato danno alla forza-lavoro
elevati livelli di stimolazione mentale, la capacità di risolvere
problemi, e dunque conferiscono al singolo lavoratore un senso dimpegno
e di crescita personale. Ricordate che un individuo che lavori da
solo non può facilmente creare il continuo flusso di nuove
sfide. Serve un villaggio! O preferibilmente unintera società.

Lidea che la gente abbia bisogno di sviluppo intellettuale
e capacità di risolvere problemi ebbe origine in Europa:
tornano alla mente Aristotele, che scrive dello «sviluppo
dei talenti», quindi il rinascimentale Benvenuto Cellini che
si illumina per i traguardi raggiunti, e il grande Cervantes che
evoca vitalità e cambiamento. Nel XX secolo, Alfred Marshall
ha osservato che il lavoro è nei pensieri del lavoratore
per la maggior parte del giorno. E Gunnar Myrdal nel 1933 scrisse
che presto sarebbe venuto il tempo in cui più soddisfazione
sarebbe arrivata dal lavoro che dal consumo.
Questa visione, talvolta chiamata vitalismo, è ora fortemente
associata con la scuola del pragmatismo filosofico fondata dallamericano
William James, alla quale appartenevano Henri Bergson in Francia
e John Dewey negli Stati Uniti.
Lo psicologo americano Abraham Maslow ha parlato di realizzazione
di sé così come John Rawls utilizza il termine
autorealizzazione per riferirsi allemergente capacità
di dominare un mestiere da parte di una persona, svelando pian piano
il proprio obiettivo. Lapplicazione americana di questa prospettiva
aristotelica è la tesi secondo cui la maggior parte dellautorealizzazione
nelle nostre società, se non tutta, può venire soltanto
dalla carriera. Oggi non possiamo partire alla volta dei mulini
a vento, ma possiamo intraprendere le sfide di una carriera. Se
una carriera ricca di sfide non è la migliore speranza per
lautorealizzazione, che cosa può esserlo? Persino per
essere una buona madre, aiuta il fatto di avere esperienza di un
lavoro fuori casa.
Quindi, un alto dinamismo tende a portare una prosperità
economica pervasiva alleconomia, costruendo su aumenti della
produttività e su tutto questo processo di autorealizzazione.
È vero, si tratta di un processo che può non raggiungere
il suo picco ogni mese o anno. Esattamente come lartista non
crea tutto il tempo, ma semmai in alcuni determinati episodi e stacchi,
così leconomia dinamica ha una volatilità ad
alta frequenza e può attraversare ampie turbolenze. Forse
però questa volatilità non è solamente normale,
ma fa bene anche alla creatività.
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