Il modo migliore per affrontare lo shock competitivo
sarà quello di
trasferire in Cina le attività
che prevedono
limpiego più
intensivo di
manodopera.
|
|
Ho visitato una fabbrica fuori Chendu, la Changhong Co,
azienda statale che agli inizi, nel 1958, produceva equipaggiamento
militare e ora fabbrica apparecchi elettronici, soprattutto televisori.
In soli tre anni ha conquistato il 15 per cento del mercato americano
di fascia bassa.
Non solo. Grazie ad accordi tecnologici conclusi con lolandese
Philips e la giapponese Panasonic, adesso la Changhong è
per certi versi paragonabile a leader del settore come Samsung o
Sony, e produce televisori di grandi dimensioni, compresi quelli
a retroproiezione di quarta dimensione, sempre più diffusi.
Gli Stati Uniti accusano lazienda cinese di dumping, che in
termini tecnici significa vendere sottocosto. Non so se questo sia
vero. Propendo per il no. Occorre invece considerare che in Cina
i costi sono molto bassi, in conseguenza dei bassi livelli salariali
combinati a una tecnologia quasi perfetta.
Ho visitato le catene di montaggio della fabbrica, dove lavorano
circa 800 dipendenti. Gli operai sono di entrambi i sessi, di unetà
compresa tra i 18 e i 50 anni. «Di quanti apparecchi televisivi
si occupa un operaio nel corso di una giornata?». Circa 1.500,
mi è stato risposto. Ho parlato con diversi operatori della
linea di montaggio: un operaio è addetto allavvitatura
di un paio di circuiti, un altro inserisce due o tre spine e cavi,
un terzo controlla il funzionamento del telecomando. Non è
un lavoro pesante, ma suppongo che, dopo averlo ripetuto 1.500 volte
nellarco di una giornata, possa risultare faticoso. Certamente
non si tratta di unattività più pesante di quella
da me svolta in gioventù, quando lavoravo su una catena
verde in una segheria nella Columbia britannica.
Lo stipendio? Il lavoro viene pagato a pezzo, vale a dire in base
al numero di apparecchi prodotti. Ma la paga, a seconda della mansione,
non supera i 600-800 yuan (o renminbi) al mese, pari a circa 70-90
dollari. In aggiunta, gli operai ricevono unindennità
mensile per vitto e alloggio, pari a circa 100 yuan, sufficienti
a coprire un affitto simbolico e buona parte degli alimenti.
In generale, nella provincia di Sichuan la paga oraria è
pari a 4-5 yuan (equivalenti a circa 50 centesimi americani). Ovviamente,
nessuna possibile rivalutazione del renminbi avrebbe effetti rilevanti
sul costo del lavoro.
Europa, Giappone e Stati Uniti avranno difficoltà ad essere
competitivi in settori come quello in cui la manodopera riveste
un ruolo importante e la standardizzazione è una procedura
corrente. Il Giappone si trova forse nella posizione peggiore, perché
non ha (o non vuole avere) disponibilità di manodopera a
buon mercato. Grazie allingresso di nuove nazioni, lEuropa
ha invece una disponibilità di manodopera più economica,
mentre gli Stati Uniti potranno sfruttare la costante immigrazione
dallAmerica Latina o da altre aree. Tuttavia, il modo migliore
per affrontare lo shock competitivo sarà quello di trasferire
in Cina e in altre aree con salari bassi le attività che
prevedono limpiego più intensivo di manodopera e che
i lavoratori occidentali, ai quali vengono corrisposti salari elevati,
sono restii ad accettare. In questo modo sarà possibile conservare
la propria posizione nel settore, mantenendo allo stesso tempo la
gestione interna delle operazioni più specializzate e finalizzate
a mercati di nicchia, per le quali non serve la produzione di massa.
Terminata la visita allo stabilimento, ho avuto un incontro con
Ni Runfeng, lamministratore delegato del gruppo: un cinquantenne
dinamico e sicuro di sé, che in Cina è diventato una
sorta di eroe grazie al suo successo industriale. Runfeng ha chiesto
la mia opinione sulla rivalutazione del renminbi. Ho risposto che
la Cina dovrebbe opporsi a una rivalutazione, che provocherebbe
gravi danni alleconomia. Allo stesso tempo ho aggiunto
sarebbe possibile e auspicabile dimostrare comprensione per
i timori delle altre nazioni e adottare alcuni provvedimenti che
semplificherebbero il problema, compresa lassegnazione agli
Stati Uniti del compito di approvvigionatore della Cina in alcuni
settori, con lacquisto di aerei Boeing, motori General Electric
e altri prodotti.
Runfeng si è dichiarato daccordo, affermando che il
deficit del saldo commerciale bilaterale con gli Stati Uniti è
un riferimento insufficiente per attuare una politica del tasso
di cambio. Il top manager ha fatto notare un particolare: quando
nazioni come la Corea e il Giappone, che in passato esportavano
direttamente negli Stati Uniti, inviano merci in Cina perché
vengano assemblate, quindi esportate dalla Cina agli Usa, i deficit
degli Stati Uniti con Corea e Giappone diminuiscono, mentre quelli
con la Cina aumentano per una somma pari allimporto totale
delle esportazioni dalla Cina, e non soltanto del valore aggiunto
cinese.
Mi sono dichiarato assolutamente concorde con lui sullargomento,
esprimendo sconcerto per il fatto che la comunità finanziaria
internazionale adotti le proprie risoluzioni concentrandosi sui
saldi bilaterali e senza prendere in considerazione il forte deficit
cinese con i Paesi del Sud-Est asiatico.
Tuttavia, la manifattura cinese è forte non soltanto nella
produzione che comporta un impiego intensivo di manodopera. Il settore
dellacciaio richiede un ricorso importante al capitale e la
Cina è il maggior produttore mondiale di acciaio.
Ho visitato la Wisco, la principale acciaieria cinese (una decina
di milioni di tonnellate lanno), situata appena fuori Wuhan,
la città più grande della Cina centrale. Lo stabilimento
è lungo oltre un chilometro. Mi è stato riferito che
i macchinari sono stati prodotti in Germania o costruiti in conformità
a specifiche tedesche, e che si tratta dellacciaieria più
moderna esistente al mondo. Ho notato un numero sorprendentemente
scarso di operai, sebbene sia stato informato che nello stabilimento
lavorano circa 200 persone. In compenso, gli stipendi mensili ammontano
a una somma equivalente a 150-200 dollari, quindi sono molto più
alti rispetto a quelli degli operai che lavorano nella fabbrica
per la produzione di televisori, dove il ricorso alla manodopera
è intensivo.

Paradossalmente, anche se lItalia rischia di subire dalla
concorrenza cinese danni maggiori rispetto ad altre nazioni europee,
molti imprenditori italiani sarebbero meglio preparati a trarre
profitto dai particolari vantaggi comparati della Cina. In tutto
il Paese ho notato una vasta diffusione di prodotti made in Italy.
Forse si tratta di articoli italiani duplicati in fabbriche cinesi.
Anche se sembra che il governo cinese stia adottando misure energiche
per la lotta alla contraffazione dei marchi esteri, labitudine
è talmente diffusa che sarebbe ingenuo aspettarsi una soluzione
del problema in tempi brevi. Qualunque sia la situazione, sarebbe
meglio che i prodotti italiani venissero fabbricati legalmente da
affiliati italiani, piuttosto che copiati in modo del tutto illegale.
In Cina, lItalia gode di notevole stima, e il suo buon nome
ha una risonanza particolare nel settore dellabbigliamento,
della moda, dei tessuti, delle automobili di piccola cilindrata,
oltre che dei ciclomotori e delle Vespe a bassa emissione, ideali
per il mercato cinese.
Mi sorprende che in Cina la Fiat abbia un profilo così basso
rispetto a General Motors, Hyundai, Toyota, Volkswagen, Audi, Ford.
Ritengo che per gli italiani sia giunto il momento di accettare
la realtà odierna di una Cina che registra lo sviluppo più
rapido delleconomia mondiale.
|