Il mercato
del lavoro italiano mostra da
anni una buona
capacità
di reazione
agli stimoli
delleconomia: un piccolo miracolo che molti si
ostinano a negare.
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La crescita della disoccupazione registrata nel primo trimestre
di questanno (7,1 per cento, contro il 6,4 per cento dello
stesso periodo dello scorso anno) non è tanto un indicatore
del disagio attuale, come è stata in larga misura presentata,
quanto il segno di un continuo miglioramento del mercato del lavoro
italiano, in atto ormai da diversi anni. Infatti, la crescita dei
disoccupati deriva soprattutto da un aumento delle persone in cerca
di occupazione, e non già da quelle che hanno perso il lavoro.
Al contrario, loccupazione è cresciuta dell1,4
per cento tra il primo trimestre del 2007 e lo stesso periodo di
tempo del 2008 (324 mila lavoratori in più), a testimonianza
che il mercato del lavoro reagisce positivamente agli stimoli delleconomia.
Daltra parte, continua a crescere il tasso di attività
del Paese, che costituisce uno dei più importanti obiettivi
che erano stati fissati a Lisbona nel 2000 per gli Stati europei.
E la crescita del tasso di attività si deve soprattutto alloccupazione
femminile, che è notevolmente salita negli ultimi anni, malgrado
resti ancora inferiore alla media europea.
In queste condizioni, lincremento della disoccupazione indica
una riduzione di quelli che gli economisti chiamano i lavoratori
scoraggiati, ossia le persone (in genere, giovani e donne)
che si astengono dal cercare il lavoro, sapendo di avere poche possibilità
di trovarlo: e infatti la crescita dei disoccupati allinizio
di questanno riguarda prevalentemente le donne giovani nel
Mezzogiorno.
Queste persone tornano alla ricerca del lavoro quando le condizioni
migliorano, e anche per loro si aprono nuove possibilità
dimpiego. Ovviamente, la crescita della disoccupazione indica
anche situazioni di disagio, ma queste oggi escono allo scoperto,
mentre prima erano nascoste nellambito della vita familiare.

In effetti, il mercato del lavoro italiano sta mostrando da anni
una buona capacità di reazione agli stimoli che provengono
dalleconomia. Le flessibilità introdotte a partire
dal 1997 e i processi di ristrutturazione e di adattamento delle
imprese italiane hanno generato un piccolo miracolo che molti si
ostinano a negare: loccupazione sta aumentando, mentre cresce
in modo rilevante anche il valore della produzione italiana.
Ne sono un segno gli aumenti delle esportazioni anche questanno,
malgrado il rallentamento congiunturale degli Stati Uniti e la forza
delleuro sul dollaro; aumenti che oggi vengono enfatizzati
anche da chi, fino a poco tempo fa, parlava di declino e di crescita
zero della nostra economia. In effetti, come sottolineiamo da diversi
anni, lindustria italiana ha evidenziato una lunga e profonda
ristrutturazione di prodotto, pur restando complessivamente negli
stessi settori tradizionali. Oggi si producono e si esportano beni
a più elevato contenuto di valore aggiunto (materiale e immateriale),
ciò che consente di accrescere loccupazione, anche
quella stabile: gli occupati dipendenti permanenti sono cresciuti
dell1,4 per cento tra il primo trimestre del 2007 e lo stesso
periodo del 2008. Questi risultati trovano conferma negli andamenti
della redditività delle imprese, che lo scorso anno è
stata crescente, ma non hanno ancora riscontro nei dati della produzione
e del valore aggiunto nazionale, e questo rappresenta un mistero
statistico che presto dovrà essere svelato. Né è
da pensare che alla crescita delle esportazioni italiane corrisponda
un crollo della domanda interna, che è sicuramente più
debole rispetto alle esportazioni, ma che riceve comunque il sostegno
della maggiore occupazione.
La crescita degli occupati nella prima fase del 2008 non indica
certo che tutto vada bene questanno, anche perché loccupazione
è un indicatore ritardato del ciclo economico,
dato che reagisce alla congiuntura economica dopo un certo tempo,
a causa delle vischiosità del mercato del lavoro. E in effetti
il 2008 non è iniziato bene: labnorme aumento del prezzo
del petrolio ha già inciso su taluni settori, come lauto
e i trasporti aerei, che hanno segnato delle riduzioni, mentre anche
le condizioni climatiche stravaganti di maggio e inizio giugno hanno
fortemente penalizzato gli acquisti di abbigliamento estivo, oltre
che le spese per turismo. Tutti elementi che possono indicare una
debolezza della congiuntura nel corso di questanno.
Ma questa debolezza non è la conseguenza di un lungo declino
dellItalia industriale, bensì il prodotto di eventi
congiunturali su un sistema economico che già dal 2003 mostrava
segni di reazione positiva e che si è progressivamente adattato
alle nuove condizioni esterne (come indica la tenuta delle nostre
esportazioni). Un adattamento che ha riguardato soprattutto lindustria
manifatturiera e i servizi che sono in competizione con lestero,
ma che tarda a manifestarsi nei comparti protetti dalla concorrenza.
Ecco allora che, per dare maggiore capacità di resistenza
alleconomia del Paese, non sono utili riduzioni di imposte
o aiuti a pioggia a questa o a quella categoria di imprese o di
soggetti, ma una maggiore apertura alla concorrenza di molti settori
e qualche sostegno mirato a chi dovesse veramente subire gli effetti
delle necessarie ristrutturazioni dei comparti che si apriranno
alla concorrenza.
Resta poi necessario adeguare il sistema delle infrastrutture, che
costituisce il vero freno ad una maggiore crescita del Paese, perché
aggrava i costi dei cittadini e delle imprese, e ci priva di quei
vantaggi tecnologici che sono associati a un moderno sistema infrastrutturale.
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