Settembre 2008

Occupazione e crescita

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I miracoli
del lavoro italiano
Innocenzo Cipolletta
 
 

Il mercato
del lavoro italiano mostra da
anni una buona
capacità
di reazione
agli stimoli
dell’economia: un piccolo miracolo che molti si
ostinano a negare.

 

La crescita della disoccupazione registrata nel primo trimestre di quest’anno (7,1 per cento, contro il 6,4 per cento dello stesso periodo dello scorso anno) non è tanto un indicatore del disagio attuale, come è stata in larga misura presentata, quanto il segno di un continuo miglioramento del mercato del lavoro italiano, in atto ormai da diversi anni. Infatti, la crescita dei disoccupati deriva soprattutto da un aumento delle persone in cerca di occupazione, e non già da quelle che hanno perso il lavoro.
Al contrario, l’occupazione è cresciuta dell’1,4 per cento tra il primo trimestre del 2007 e lo stesso periodo di tempo del 2008 (324 mila lavoratori in più), a testimonianza che il mercato del lavoro reagisce positivamente agli stimoli dell’economia. D’altra parte, continua a crescere il tasso di attività del Paese, che costituisce uno dei più importanti obiettivi che erano stati fissati a Lisbona nel 2000 per gli Stati europei. E la crescita del tasso di attività si deve soprattutto all’occupazione femminile, che è notevolmente salita negli ultimi anni, malgrado resti ancora inferiore alla media europea.
In queste condizioni, l’incremento della disoccupazione indica una riduzione di quelli che gli economisti chiamano i “lavoratori scoraggiati”, ossia le persone (in genere, giovani e donne) che si astengono dal cercare il lavoro, sapendo di avere poche possibilità di trovarlo: e infatti la crescita dei disoccupati all’inizio di quest’anno riguarda prevalentemente le donne giovani nel Mezzogiorno.
Queste persone tornano alla ricerca del lavoro quando le condizioni migliorano, e anche per loro si aprono nuove possibilità d’impiego. Ovviamente, la crescita della disoccupazione indica anche situazioni di disagio, ma queste oggi escono allo scoperto, mentre prima erano nascoste nell’ambito della vita familiare.

In effetti, il mercato del lavoro italiano sta mostrando da anni una buona capacità di reazione agli stimoli che provengono dall’economia. Le flessibilità introdotte a partire dal 1997 e i processi di ristrutturazione e di adattamento delle imprese italiane hanno generato un piccolo miracolo che molti si ostinano a negare: l’occupazione sta aumentando, mentre cresce in modo rilevante anche il valore della produzione italiana.
Ne sono un segno gli aumenti delle esportazioni anche quest’anno, malgrado il rallentamento congiunturale degli Stati Uniti e la forza dell’euro sul dollaro; aumenti che oggi vengono enfatizzati anche da chi, fino a poco tempo fa, parlava di declino e di crescita zero della nostra economia. In effetti, come sottolineiamo da diversi anni, l’industria italiana ha evidenziato una lunga e profonda ristrutturazione di prodotto, pur restando complessivamente negli stessi settori tradizionali. Oggi si producono e si esportano beni a più elevato contenuto di valore aggiunto (materiale e immateriale), ciò che consente di accrescere l’occupazione, anche quella stabile: gli occupati dipendenti permanenti sono cresciuti dell’1,4 per cento tra il primo trimestre del 2007 e lo stesso periodo del 2008. Questi risultati trovano conferma negli andamenti della redditività delle imprese, che lo scorso anno è stata crescente, ma non hanno ancora riscontro nei dati della produzione e del valore aggiunto nazionale, e questo rappresenta un mistero statistico che presto dovrà essere svelato. Né è da pensare che alla crescita delle esportazioni italiane corrisponda un crollo della domanda interna, che è sicuramente più debole rispetto alle esportazioni, ma che riceve comunque il sostegno della maggiore occupazione.
La crescita degli occupati nella prima fase del 2008 non indica certo che tutto vada bene quest’anno, anche perché l’occupazione è un indicatore “ritardato” del ciclo economico, dato che reagisce alla congiuntura economica dopo un certo tempo, a causa delle vischiosità del mercato del lavoro. E in effetti il 2008 non è iniziato bene: l’abnorme aumento del prezzo del petrolio ha già inciso su taluni settori, come l’auto e i trasporti aerei, che hanno segnato delle riduzioni, mentre anche le condizioni climatiche stravaganti di maggio e inizio giugno hanno fortemente penalizzato gli acquisti di abbigliamento estivo, oltre che le spese per turismo. Tutti elementi che possono indicare una debolezza della congiuntura nel corso di quest’anno.

Ma questa debolezza non è la conseguenza di un lungo declino dell’Italia industriale, bensì il prodotto di eventi congiunturali su un sistema economico che già dal 2003 mostrava segni di reazione positiva e che si è progressivamente adattato alle nuove condizioni esterne (come indica la tenuta delle nostre esportazioni). Un adattamento che ha riguardato soprattutto l’industria manifatturiera e i servizi che sono in competizione con l’estero, ma che tarda a manifestarsi nei comparti protetti dalla concorrenza.
Ecco allora che, per dare maggiore capacità di resistenza all’economia del Paese, non sono utili riduzioni di imposte o aiuti a pioggia a questa o a quella categoria di imprese o di soggetti, ma una maggiore apertura alla concorrenza di molti settori e qualche sostegno mirato a chi dovesse veramente subire gli effetti delle necessarie ristrutturazioni dei comparti che si apriranno alla concorrenza.
Resta poi necessario adeguare il sistema delle infrastrutture, che costituisce il vero freno ad una maggiore crescita del Paese, perché aggrava i costi dei cittadini e delle imprese, e ci priva di quei vantaggi tecnologici che sono associati a un moderno sistema infrastrutturale.

 

   
   
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