Settembre 2008

Cifre e simboli esoterici

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L'Eternità
dei numeri-simbolo
Giuseppe Fersini
 
 
 

 

 

 

Sette sono i giorni della creazione,
il numero dei
pianeti conosciuti nell’antichità,
sette i toni del canto gregoriano, le trombe
dell’Apocalisse,
i sigilli, le coppe, le scienze libere.

 

La musica non ha confini. Non conosce neanche il concetto di fine, cioè di morte. Perché la musica muore e rinasce ogni volta, si chiude e si ricomincia. Non esistono nemmeno dei confini di cultura o di generazione che possano limitare la musica, destinandola in maniera esclusiva solo a una certa società. La musica è libera. E può arrivare a tutti.
Attraverso la musica si esce dai limiti dell’umano. Ci si trasforma. Ad esempio, a Daniel Barenboim (pianista, raffinato interprete di Mozart e acclamato direttore d’orchestra, N.d.R.) è capitato di sentire un giorno alcuni orchestrali commentare: «Che piacere, stasera, eseguire la Marcia Funebre». Che poteva essere quella di Beethoven, oppure la K477 di Mozart, nota a lungo come “musica funebre”, mentre poi si è accertato che, privata del coro e riformulata per orchestra, era divenuta per le Logge Iniziatiche un elemento essenziale della promozione al grado di Maestro.
Così la matematica, che è manifestazione dell’infinito, non conoscendo un ultimo numero negativo (c’è sempre un meno-uno in meno) o positivo (c’è sempre un più-uno in più). Anche questa, dunque, senza confini. Allora – ricordando Sant’Agostino, secondo il quale «in ogni cosa Dio ha creato un numero» – non c’è da meravigliarsi se nel Medioevo l’aritmetica, insieme con la musica, e anche con l’astronomia e con la geometria, costituiva il Quadrivium, vale a dire la somma di scienze fondate sul ritmo, sui numeri e sulle proporzioni, in una progressione tesa alla conoscenza dell’Universo, senza che nulla fosse lasciato al caso o fosse dovuto a ragioni puramente estetiche: tutto, come del resto dimostra in particolare l’arte romanica, è simbolo.

Questa la sequenza dei numeri emblematici, che rapportiamo (per la musicalità della sua struttura, per le proporzioni e i riferimenti, per le relazioni non soltanto metaforiche che vi sono determinate) allo splendido prospetto della facciata del Duomo di Ferrara.

1 rappresenta l’uno primordiale, il punto, il centro, l’asse cosmico dal quale si diparte la linea retta della vita; che diventa il 2 (numero di Atlanti che sorreggono le colonne del protiro): la monade, l’assoluto, il principio generatore che incontra l’altro Sé, il femminile, insieme al quale crea il dualismo perenne dell’esistenza: unendosi insieme, generano la figura geometrica piana, il 3 (tanti sono i frontoni della facciata, i livelli delle arcate e i tre Saggi di Israele), il triangolo divino, indivisibile, corrispondente alla verticale celeste (Axis Mundi, con i suoi tre livelli: cielo-resurrezione, terra-incarnazione, inferi-passione), che nella Trinità rimanda alla stessa persona, cioè all’unità iniziale trascesa.

Da questo concetto si origina il 4, il simbolo della Terra, della vita terrena: indica il mondo circoscritto dai quattro punti cardinali; la figura geometrica solida, il cubo, contiene i quattro elementi (Fuoco-Terra-Aria-Acqua) riuniti in un punto centrale: la Quintescienza; rappresenta la pietra sgrossata dal lavoro forgiato sulla parte grezza dell’uomo, dalla quale si deve sviluppare l’Universo sulla Terra; rivela così stabilità, continuità, concretezza e materialità. Quattro erano i profeti dell’Antico Testamento (Isaia, Ezechiele, Geremia, Daniele), quattro gli evangelisti del Nuovo Testamento.

E ancora. 5 (gli strumenti musicali e i beati): numero del Pentateuco e delle cinque piaghe della Passione, numero della salvezza di Israele e del mondo intero. 6 (le figure angolari del protiro, i dannati incatenati al collo, i rosoni a stella a sei punte): altrettante le facce del cubo, i giorni della Genesi, il numero della vecchia legge (prima della salvezza), delle antiche profezie che avevano annunciato il castigo e le disgrazie di Israele che si allontanava da Dio. Rappresenta l’uomo spiritualizzato che tende verso l’alto. Unito al nove (69) forma il geroglifico del segno zodiacale del Cancro, composto da due simboli analoghi ma inversi, uno relativo al dominio delle acque inferiori, l’altro delle superiori: i simboli si completano, per riprodurre una circonferenza, immagine dell’unità. Sempre insieme al nove è il numero dell’Annunciazione (nove mesi e sei giorni) riprodotta in una delle formelle.

7 (Le scene bibliche rappresentate nel portale): il numero perfetto della dea Athena. Sette sono i giorni della creazione, il numero dei pianeti conosciuti nell’antichità, spesso visualizzati come una vera e propria scala attraverso la quale ascendere al Cielo; sette sono i toni del canto gregoriano, le trombe dell’Apocalisse, i sigilli e le coppe; sette le scienze libere (Grammatica, Retorica, Dialettica, Aritmetica, Geometria, Musica, Astronomia). Rappresenta la totalità in movimento, il passaggio dal conosciuto all’ignoto; essendo una cifra lunare, (ogni fase dell’astro notturno dura circa sette giorni, ed è la somma dei numeri 1+2+3+4+5+6+7, che dà 28, totale del ciclo lunare), rappresenta il contatto con l’altra parte del Sé che l’adepto deve cercare di conquistare per entrare a far parte dei mistici.

8 (Le arcatelle che contengono otto rilievi con scene della Natività). In orizzontale, compone l’ideogramma dell’infinito e dell’immortalità; è cifra di equilibrio cosmico perché dà luogo alla figura geometrica dell’ottagono, mediazione fra il cerchio e il quadrato, il Cielo e la Terra. Divenne il numero della rinascita, della vita futura, legato alle parole di Sant’Agostino, il quale dichiarò l’ottavo giorno (dopo i sette della Creazione) quello della resurrezione dell’uomo nuovo, simbolo della Redenzione.

9 (Le piccole sculture poste tra le arcatelle). Rappresenta la discesa dello Spirito divino nel mondo umano.

10 (L’impianto della facciata realizzato sulla base pitagorica della divisione del cerchio in dieci parti uguali). È la somma dei primi quattro numeri (1+2+3+4), a rappresentazione della pienezza della vita nel cosmo. Per i Romani, fu schematizzato nella X, la stilizzazione del tempo e dello spazio, nonché nell’immagine della Croce (il monogramma del Cristo che vediamo nell’inserzione tra le braccia di Maria ed Elisabetta nel rilievo della Visitazione) e del crogiolo della Grande Opera Alchemica, ovvero il luogo all’interno del quale avviene idealmente la divinizzazione dell’uomo. La X fu il simbolo dei liberi muratori costruttori della cattedrale, la cui impronta rimane nella firma del loro lavoro nelle gambe di Atlante-telamone che sorregge la colonna di destra del protiro. Essa stilizza anche l’alto /\ e il basso \/, richiamando il mondo esoterico di Ermete Trismegisto e il suo assioma che rivela l’unità intrinseca di ogni cosa esistente: «Tanto in alto, come in basso, siamo il miracolo di un’unica cosa».

12 (Gli spigoli del protiro). I mesi dell’anno, i segni zodiacali, le ore del giorno, le tribù d’Israele, i pioli di Giacobbe, gli Apostoli, le porte del Paradiso con le dodici pietre preziose.

22 (Le arcate della facciata e i fioroni che adornano la cornice della lunetta sovrastante il protiro). Le lamine dei tarocchi storicamente collegate alle 22 lettere dell’alfabeto ebraico, lettere vibranti di energie astrali. Ventidue sono le vie della sapienza di Dio, il numero sacro dell’Universo. Ventidue sono i gruppi di versi che compongono le lamentazioni di Geremia e i capitoli dell’Apocalisse di Giovanni di Patmos.

36 (Le colonnine di ogni frontone: 18+18, appaiate). È il simbolo del Cielo: tre volte 12, cifra che i pitagorici chiamavano Il Grande Quaternario, perché rappresenta la somma dei primi quattro numeri pari (2+4+6+8 = 20) e dei primi quattro numeri dispari (1+3+5+7 = 16).

Nel calendario astronomico 36 dècani costituiscono i giorni dell’anno; gli anni della maggior parte dei cicli cosmici sono multipli di 360. Secondo Lionnet, il numero 360 corrisponde al Gran Totale cinese e all’Anno Divino indù. Se aggiungiamo le 36 colonnine del secondo frontone, avremo 72, che nelle culture estremo-orientali, come nel testo biblico, è il numero della Terra. 72 sono gli angeli del XIV capitolo dell’Esodo, ogni versetto del quale è composto da 72 lettere. 72 sono i discepoli di Confucio, le stagioni di Tchuangtsen, gli apostoli mandati – a due a due, secondo Luca – nelle terre conosciute ai tempi di Gesù: il che spiega l’accoppiamento delle colonnine. Sommando infine le 36 colonnine del terzo frontone, avremo 108, che è il numero dell’uomo, numero simbolico del buddhismo e del tantrismo.
Raddoppiandolo, otterremo 216, numero della camera del Re nella Piramide di Cheope, e numero pitagorico perché somma dei cubi di 3, di 4 e di 5, le misure del triangolo di Pitagora.

 

   
   
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