Dicembre 2008

LA CASTA DI CARTA

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LA LEGGENDA
DEGLI UNTORI SFASCISTI

Aldo Bello  
 
 

 

 

Ora che abbiamo di fronte la scena desolante di un mercato dominato dal panico, a Wall Street non c'è bisogno di molta fantasia per descrivere quel che accade: flessione, veloce contrazione, crisi.

 

Insomma, chi ha distrutto i risparmi dei cittadini di mezzo mondo? Fuori il colpevole! Si tratti di un boiardo sopravvissuto all’ombra di una lobby o di un broker d’alto bordo, si trovi dalle nostre parti o in plaghe remote, merita comunque la gogna. E non solo. Sarà vero che un po’ di miliardi di euro erano emigrati alla chetichella verso paradisi fiscali e altri segreti rifugi, dove si riteneva che rendessero di più e fossero al riparo da scossoni finanziari e da onde d’urto speculative; ma poi – e sempre alla chetichella – quei capitali neri hanno cominciato a tornare a casa, mentre partiva la caccia ai Bot, in cerca di sicurezza, sia pure con guadagni più limitati. Come si è soliti dire: pochi, maledetti e subito.
Ma resta la domanda: di chi la colpa? E magari si allargano gli orizzonti, per chi reclama una risposta che riguardi non solo o non tanto la finanza italiana, ma quella globale. Si pretende di conoscere i nomi e i cognomi, e in questa richiesta, un po’ fintamente ingenua e un altro poco da consumati filibustieri, l’Italia, tanto per cambiare, fa spicco. Perciò – a dir la verità – le risposte non sono mancate, tant’è che abbiamo assistito a unasorta di fiera delle castronerie che senza soluzione di continuità ci ha messi di fronte a teorie bislacche, ad assurdità fantasiose, a leggende metropolitane, frammiste a interpretazioni spacciate per verità assolute, che comunque, come sempre, del resto, hanno scaricato sugli altri – chiunque, ma non noi; ovunque, ma non nel nostro giardino
– la colpa di quel che è accaduto. E la casta di carta, quello che un giorno fu definito (a torto) il quarto potere, la stampa, insomma, e meglio ancora l’informazione, resa in formato tabloid o per canali catodici, quotidiana o periodica, free (?!) o spudoratamente
padronale, non solo si è interrogata insieme con noi, ma auscultando i parlottii dei salotti buoni e lo stato d’animo dei sapienti radical-chic, e analizzando i magheggi di chi – abbandonate le ferriere – si è dato anima e corpo all’industria del mungimento dei
capitali dello Stato, si è data persino delle risposte. Allora: chi ci ha guadagnato? Chi ci ha fregato? Chi tramava, e da quanto tempo, nell’ombra? L’America.La destra. La sinistra. La globalizzazione. La lobby plutocratica.La lobby ebraica. Anzi, la lobby plutogiudaica. I terroristi. No, Cindia (Cina e India). Ancora no, Eurabia (Europa e lobby musulmano-arabe). Il gas e il petrolio di Putin. Le contraffazioni cino-partenopee, ma pure bolognesi, delle griffes. I derivati. I futures. Gli speculatori. Il denaro.

L’assedio di un castello, in una miniatura del “Bellifortis” di Konrad Kyeser, uno dei migliori trattati                  di ingegneria militare del Medioevo.<br>
                (Archivio BPP)
L’assedio di un castello, in una miniatura del “Bellifortis” di Konrad Kyeser, uno dei migliori trattati di ingegneria militare del Medioevo.
(Archivio BPP)

No, la black money.L’ingordigia dell’uomo. La siccità. I ghiacci in malora dei Poli. Il deserto che avanza. La spazzatura che sopravanza. La fame nel mondo osservata a distanza. L’Oriente contro l’Occidente. L’Occidente contro se stesso. Il Nord contro il Sud. Il Sud contro i Turchi. Lampedusa contro Gheddafi. Le immigrate contro il burka. I maschi contro le femmine. I figli contro i padri... Fosse stato vivo, l’immenso Giorgio Gaber avrebbe gridato: lo shampoo! E per dar vigore maieutico al significante e al significato dell’illuminante rivelazione avrebbe invitato Di Pietro all’Accademia della Crusca e Bossi a un corso di Storia del Risorgimento tenuto nel Bergamasco. Perché – come è stato riconosciuto – c’è sempre una mano intelligente, una spiegazione sapiente, un colpevole incipiente; ci sono sempre un anchorman dall’interpretazione pronta, un
articolista dietrologo, un “fondista” originale, un commentatore serioso, un corsivista intrigante, in grado di servire la leggenda, di confezionare la bufala, di sfornare la panzana. E c’è sempre un Personaggio, preferibilmente presenzialista nell’universo mediatico, pronto a distillare il proprio Pensiero. Non soltanto nel Belpaese, ma anche all’estero. Così l’iraniano Ahmadinejad, con la misurata moderazione che distingue le sue apocalittiche profezie e la lettura delle vicende presenti: «La colpa della crisi è dei costi delle guerre e delle aggressioni americane». O Vladimir Putin, oggi liberomercatista, dopo gli anni degli esercizi tutt’altro che spirituali nel Kgb: «Tutto quello che vediamo nasce negli Stati Uniti, non si tratta dell’irresponsabilità di un singolo, la colpa è di un sistema che manca di leadership». La sua?

Cinquecento anni prima di Linneo, la catalogazione dei rapaci e il loro addestramento ad opera dei falconieri, nel “De arte venandi cum avibus’ di Federico II.(Archivio BPP)
Cinquecento anni prima di Linneo, la catalogazione dei rapaci e il loro addestramento ad opera dei falconieri, nel “De arte venandi cum avibus’ di Federico II.(Archivio BPP)


E saranno tutte leggende più o meno metropolitane, quelle sparate in prima pagina da settembre in poi; ma anche altri, che hanno una qualche responsabilità pubblica, a volte soggetti o istituti rispettabilissimi,non sono riusciti ad astenersi dal rito della spiegazione facile, se non proprio dell’interpretazione risibile o dell’indicazione del colpevole portatile (ne abbiamo sempre uno a disposizione per il momento buono). Banca Etica: «La crisi è colpa dei derivati, noi siamo sani perché non investiamo». Il cardinal Martino: «La colpa è della bulimia di denaro». Veltroni in televisione: «La colpa è della destra, del suo mito della deregulation» (e dopo qualche attimo di pensoso raccoglimento: «Ovviamente, non solo della destra italiana». E meno male, pare abbiano sospirato – sollevati – i sani e gli insani reazionari delle nostre due Camere). D’Alema: «La colpa è dell’ultraliberismo, una stagione che si avvia a finire». Bossi (pari pari a quel gentiluomo di Toni Negri, ospite, a bassissimi indici di ascolto, di Gad Lerner): «No, la colpa è della globalizzazione»; ma per il Legaiolo che non si sa da quale costola sia nato, in più, «una globalizzazione sostenuta in maniera particolare dalla sinistra».
Oltre tutto, se la crisi finanziaria si è avviata nel mondo anglosassone, è naturale rifarsi alle colpe di Calvino: non Italo, lo scrittore della scuderia Einaudi, che non è lo statista, bensì l’editore torinese; ma l’altro, quello un po’ più anziano, il riformatore, che avrebbe benedetto anche le “opzioni put”. Se non che, al cospetto di questa accusa, ha immediatamente protestato – e figurarsi! – una sedicente “Società calvinista”.

La rappresentazione dell’ermafrodito nel “De alchimia opuscula”, 1550. Tutte le immagini di questo editoriale provengono da in-folii conservati nella Biblioteca Palatina di Heidelberg. - Archivio BPP

Julia Noakes, una psicologa che lavora nella City a Londra insieme con quei poveri tipi che si agitano e fanno segni strani con le mani per acquistare e vendere azioni, si è fatta contagiare: «La colpa è del maschilismo, il problema del settore finanziario è che è troppo orientato verso l’individualismo e non abbastanza verso la femminilità». Toh!
Dal canto suo, Heather McGregor, cacciatrice di teste, ritiene che la banca inglese sopravvissuta meglio alla crisi sia quella che più ha spinto le donne ai vertici, la Lloyds. E Bruno Vespa, (scherzando, ma con lui non si sa mai), ha sostenuto: «La colpa è di Oscar Giannino (speculatore orgogliosamente confesso, oltre che eccentrico dandy, e per di più giornalista, intelligente direttore di “Libero Mercato”, presente negli studi di “Porta a Porta”, su Rai Uno), e di quelli come lui». Speculatori? Ma non erano ritenuti proprio costoro la salvezza del capitale? Sostiene Giovanni Sartori: «Sulla pericolosissima crisi economica in corso finora non ho fiatato. Aspettavo lumi dagli economisti. Speravo, tra l’altro, in un loro mea culpa». Poi Sartori “fiata”, e dice: il fatto è che il grosso della loro (degli economisti) disciplina non ha previsto la catastrofe in arrivo. Era impossibile prevederla? «Balle. Non solo era prevedibilissima, ma il punto di principio è che una scienza economica che non sa prevedere è una scienza da poco, quasi da punto. “Science for what?” Un sapere “pratico” che consiglia male e che prevede altrettanto male, produce guai, o comunque ci lascia nei guai».
E tornando alla madre di tutte le domande: – Come mai gli economisti non hanno adeguatamente previsto e denunciato la follia dei subprime, dei mutui senza sufficiente copertura?, afferma: «Sono quei prestiti che hanno scavato la voragine nella quale stiamo affondando. Eppure tutti zitti e pronti a bere la favola (all’oppio) dei “derivati”, e cioè che il rischio veniva minimizzato distribuendolo a tutti in tutto il mondo. Ovviamente (al solito, elementare buon senso) può essere così solo se il“debito cattivo” non diventa gigantesco. Invece nessuno lo ha controllato, è diventato gigantesco, e così siamo tutti a rischio ». Ecco finalmente sciolta l’incognita e servita la novità assoluta, sopravvissuta finora nella formula criptica di pubblico segreto !

Il trattamento dei pidocchi, nell’Hortus      Sanitatis, Mainz, 1491. - Archivio BPP
Il trattamento dei pidocchi, nell’Hortus
Sanitatis, Mainz, 1491. - Archivio BPP

Una prima considerazione minima sul tema. Supercapitalismo, ipercapitalismo, turbocapitalismo, gigacapitalismo: da anni non cessa la gara per individuare l’etichettapiù adatta a definire l’epoca della crescita esplosiva di una finanza convintadi potersi indebitare senza limiti e di consentire a masse di cittadini distratti – palese eufemismo – di vivere al di sopra,molto al di sopra delle proprie possibilità. Ma ora che abbiamo di fronte la scena desolante di un mercato dominato dal panico, ora che i broker parlano di se stessi come di cervi abbagliati in piena notte dai fari di un’automobile, a Wall Street non c’è bisogno di esercitare la fantasia per descrivere quel che accade. Flessione, veloce contrazione, crisi: parole usate fino al logoramento. È il caso di parlare di crash? Certo, va in scena lo spettacolo maestoso e terribile dello Stock Exchange che cola a picco, senza che ci siano più le mani forti delle grandi banche d’affari, svanite nel nulla, e col mercato del credito alle prese con laceranti strappi cardiaci. È vero che Wall Street è stato – nei giorni più critici – uno dei pochi luoghi in cui si poteva recuperare liquidità, l’unico mercato che funzionava, insieme a quello dei titoli di Stato. Ma è anche vero che qualcuno ha ricordato che questa strada comincia presso un fiume (simbolo del “panta rei” eracliteo), ma culmina pur sempre in un cimitero. Seconda considerazione minima, con variazione sullo stesso tema. La catastrofe è arrivata, e se nessuno se n’era accorto, è stata colpa dei catastrofisti. Nessuno – come dice il professor Sartori – aveva previsto il crollo delle Borse, il dileguarsi dei risparmi, l’affondamento del mercato. Nessuno aveva prestato attenzione agli scricchiolii che stavano per far crepare come una melagrana la casa mondiale del denaro. Come mai? Anche, o soprattutto perché eravamo tutti impegnati a terrorizzarci per le catastrofi inesistenti, per le apocalissi inventate, per le sciagure imminenti o prossime venture, per le emergenze che a getto continuo hanno funestato la vita del pianeta. E in nome di queste ottuse idiozie planetarie abbiamo sprecato enormi quantità di energie. La catastrofe stava arrivando davvero, ma non era nessuna di quelle predicate dai profeti di sciagure, dai professionisti dello tsunami incombente. Ricordate la storia della mucca pazza? Il contagio fatale della malattia avrebbe dovuto mietere chissà quanti milioni di vite per via dell’inevitabile contatto tra gli esseri umani e i miti bovini. Ma le uniche vittime sono state la bistecca con l’osso, il bollito con la rotula o con il ginocchio, la fiorentina, gli ossobuchi: tutta roba messa al bando, resa clandestina, ostracizzata con rigore inaudito in virtù di dati non accertati. Allo stesso modo, le organizzazioni mondiali ci avevano garantito che l’influenza aviaria avrebbe raso al suolo l’Occidente, con centinaia di milioni di morti a causa del morbo trasmesso dai volatili. E ce la siamo presa con i polli. Ma lo sterminio? Nessun lazzaretto come al tempo della peste di manzoniana memoria.E poi la Sars.

La fanfara a cavallo,alle prove generali
per una festanel Palatinato-Neuburg,in una stampa del XVII secolo. - Archivio BPP
La fanfara a cavallo,alle prove generali
per una festanel Palatinato-Neuburg,in una stampa del XVII secolo. - Archivio BPP


Negli aeroporti cinesi si girava con la mascherina sul muso. Ma la pandemia che avrebbe dovuto devastare il pianeta, stando agli “indiscutibili” calcoli degli esperti, è svanita nello spazio di un mattino, e nessuno ne ricorda più il nome.E proseguendo, nell’ordine: che ne è stato del cancro provocato dai cellulari portati all’orecchio; dell’amianto che “sicuramente” sarebbe sepolto nella montagna di Val di Susa, da scavare per l’alta velocità; e delle vittime degli Ogm, messi al bando in nome del famigerato “principio di precauzione”; e della certezza che le centrali nucleari avrebbero contaminato il pianeta Terra e magari anche l’intero sistema solare?... Eccolo, il valore del catastrofismo. Ed eccole, le conseguenze: come scrive Pierluigi Battista, concentra angosce e fobie su sciagure inesistenti e distoglie l’attenzione da quelle possibili. Costruisce scenari da incubo su dati fragili, o incerti, o addirittura soltanto ipotizzati, ma presentati come dogmi indiscutibili. E sottovaluta i pericoli che non sappiamo o non vogliamo vedere, anche per non essere costretti a correre preventivamente e razionalmente ai ripari. Sicché ora che il sisma finanziario è arrivato e il maremoto finanziario si è imposto e ci travolge, ci sentiamo tutti vulnerabili e tremendamente soli al cospetto degli eventi. Senza neanche avere la forza di “fiatare”, per potercela prendere, essendo stati da tempo con la testa stravolta e in tutt’altre faccende affaccendati, e soprattutto essendo ignoranti in materia come capre tibetane,col promotore finanziario inaffidabile, con l’amico bancario incauto, col capufficio fannullone, col vicino di casa maligno, col parente saccente, col cardinal nepote potente ma disinformato. O – alla disperata – con una lombata al limone: questa, sì,una vera sciagura!

   
   
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