Dicembre 2008

GRANDE CRISI. CORSI E RICORSI STORICI

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NON È STATO IL ‘29

M.B. - D.M.B.

 
 
 

 

 

Speculazioni. È un imbroglio intellettuale sostenere che il tremendo terremoto che stiamo vivendo è una sorta di prezzo da pagare all'innovazione e alla “creative destruction’ del capitalismo.

 

Le sensazioni più diffuse in piena crisi sono incentrate in modo particolare su due considerazioni: la prima, speriamo che si possa riuscire in tempi brevi a ricostruire un sistema finanziario di nuovo stabile e basato su princìpi di mercato e alti valori morali.
La seconda: troppe speculazioni intellettuali inquinano negativamente il dibattito su questi temi, mentre a Washington si è respirata un’atmosfera molto particolare, fatta di stupore, paura, forti incertezze, ma nello stesso tempo di enorme fiducia nella capacità di reagire dell’economia americana. Avremmo bisogno tutti di molta lungimiranza e di altrettanta serenità di pensiero. C’è stato, in realtà, anche un altro atteggiamento testimoniale, espresso da un grande professionista americano vissuto sempre in quel mondo, da uomo libero, assolutamente integro e professionale, e ribadito con lucidità e con curiosità per il futuro. Si tratta di William Barsanti, fondatore dell’Arthur Andersen in Belgio, in Svizzera, in Norvegia, e che è stato esempio di alta professionalità per molti giovani europei, (coinvolta nel caso Enron, poi assolta con formula piena dalla Corte Suprema americana).
Ha scritto Barsanti: «Avendo vissuto la crisi del 1929 (avevo sei anni) che si protrasse per dieci anni, con 13 milioni (circa il 25 per cento) di disoccupati, incluso mio padre, con calo degli stipendi del 60 per cento, e con l’industria operativa al 50 per cento di capacità nel 1933, ho paura che la storia si ripeta. All’epoca, il bravo presidente Roosevelt diceva, in parole povere: come può succedere tutto questo ad una nazione che ha più grano, granturco, carbone, petrolio, ecc. di tutti gli altri Paesi? La risposta: l’avidità. Quelli che dovevano essere i leader si sono riempiti le loro tasche e hanno abdicato (alcuni, meno fortunati, si sono buttati giù dal grattacielo).

Broadway,la “strada larga’ di New York, una delle direttrici più famose della Grande Mela. - ICP, Milano
Broadway,la “strada larga” di New York, una delle direttrici più famose della Grande Mela. - ICP, Milano


Più o meno quello che è successo in questi anni recenti nel mondo finanziario, in America in particolare, e altrove, inclusa l’Italia. Quelli con alte cariche e interessi (gli insider) nel settore banking and finance (che serve co-me conduttura della liquidità al mondo reale che produce beni e servizi alle famiglie) con un po’ di fantasia hanno inventato nuovi strumenti per confrontare, e approfittare, dal problema dei sub prime prestiti / ipoteche alla cartolarizzazione della robaccia in vari pacchetti messi sul mercato interbancario come strumenti finanziari.
Ma dove erano i controllori, in particolare la Securities & Exchange Commission, col compito di controllare titoli e Borse? Hanno indagato su questi tipi di “titoli” che circolavano tra le banche e le società di investimenti; e su cosa c’era sottostante? E i revisori dei conti e le società di credit rating di questi istituti di credito e le società di investimento? Ah, usavano, come consentito in anni recenti, il “fair value”, metodo di contabilizzare gli investimenti finanziari, con valori (sulla carta, e creati tra loro) dell’attivo e patrimonio in continuo aumento. Poi in alcuni casi, come nella Aig, il rapporto tra l’attivo e il patrimonio netto è aumentato fuori misura: 11 ad 1; mentre tale rapporto nelle società assicurative e bancarie più serie è di 4/5 ad 1. Bei tempi, quelli. Chi ci salverà?».
Sono testimonianze preziose per approfondire alcuni concetti fondamentali e contrastare
così alcune delle «troppe speculazioni intellettuali che inquinano negativamente il dibattito
su questi temi». È una speculazione intellettuale, detto in parole più piane, un imbroglio intellettuale continuare a sostenere che il tremendo terremoto che stiamo vivendoè una sorta di prezzo che dobbiamo pagare all’innovazione, alla “creative destruction” del capitalismo, al mercato. Chi ha vissuto dall’interno i decenni d’oro del capitalismo americano (retto da princìpi, regole, moralità, integrità professionale e pure altamente innovativo) sa che questa presunta relazione “necessaria” tra dinamica del capitalismo
e crollo del sistema finanziario è un imbroglio, prima ancora di essere un errore.È stato detto: – Ma così, nel frattempo, è nato “Google”! –. Se per far nascere “Google” fosse necessario far fallire mezzo sistema bancario mondiale, questa sarebbe la condanna vera e definitiva del capitalismo. Ma ciò non è necessario. I “Google” possono nascere anzi meglio con un sistema bancario sano e solido. Le ragioni di questo fallimento vanno dunque ricercate in altre direzioni.
Ma chi ci salverà? E il timore di veder ritornare il ‘29 di chi lo ricorda come incubo della
sua infanzia è fondato? Chi ha risposto, in anticipo, con maggiore profondità, a queste domande è stato l’economista americano Hyman Minsky (classe 1919; fra l’altro innamorato dell’Italia, e in particolare di Bergamo che, quando morì nel 1996, lo volle riconoscere come uno dei suoi eminenti cittadini). Al tema, Minsky dedicò molti studi e in particolare un libro intitolato Can “It” Happen Again? Essays on Instability and Finance (1982). L’instabilità finanziaria è insita nella dinamica capitalista, scriveva; ma dobbiamo distinguere tra instabilità finanziaria e disastro finanziario. È la cattiva politica che trasforma un’instabilità finanziaria in un disastro finanziario. E il disastro finanziario non può non incidere sull’economia e sull’occupazione, perché finanza ed economia produttiva sono due facce della stessa medaglia. Perciò «It need not happen… The great Depression was not inevitable in the ideological and institutional framework of this period». Le differenze tra l’economia del ‘29 e quella attuale sono enormi; basti pensare che il totale degli ac-quisti del Governo Americano (beni e servizi) era, all’epoca, pari soltanto all’1,2 per cento del Prodotto interno lordo. Gli strumenti d’intervento erano dunque minimi rispetto a quelli di cui disponiamo oggi. Sono strumenti fondamentali non per negare le instabilità finanziarie (parte integrante e inevitabile di un’economia di mercato) e la sua
funzione utile per l’innovazione e per la dinamica di mercato, ma per governarla.

Roma:Campo nomadi Rom Casilino - Serena Colazzo
Roma:Campo nomadi Rom Casilino - Serena Colazzo


Minsky ricordava che tutte le minori crisi finanziarie intervenute dal 1960 in poi avevano visto, in modi diversi, l’intervento della Federal Reserve come “lender of last resort”, (prestatore di ultima istanza), e ciò era stato prezioso per evitare la violenta svalutazione delle attività buttate sul mercato dalla necessità di fare cassa, perché questo è il passaggio oltre il quale c’è la depressione produttiva ed economica. Perciò il fondo proposto dal Governo Americano era corretto e ortodosso (anche se con molti aspetti criticabili e insufficienti), ma il popolo statunitense ha obbligato il Congresso a respingerlo in prima istanza, non per ragioni economiche, ma sostanzialmente morali, anche a costo di pagare un prezzo pur di non salvare questa orrenda classe di banchieri “anticapitalisti”, che la gente comune vuole vedere quanto prima in prigione.
Se a questo aggiungiamo lo sviluppo molto maggiore assunto, sia come spessore che come copertura geografica, dalle economie produttive; l’esistenza di altri poderosi centri
di accumulazione finanziaria capaci di intervenire nel sistema per approfittare delle crisi e per assumere un ruolo internazionale importante; la rapidità con cui i Governi europei sono intervenuti nei punti più acuti della crisi (mostrando una capacità di reazione molto maggiore di quella degli Stati Uniti), possiamo ripetere con una certa tranquillità: il ‘29 non c’entra. Stiamo calmi e responsabili. Chi ci salverà? Noi stessi ci salveremo, e il capitalismo, se riusciremo a restaurarlo, perché il capitalismo o è serio e morale, oppure non è.

   
   
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