Sbagli.
La Fed ha
sbagliato quando
ha deciso che
Lehman Brothers
poteva essere
lasciata fallire,
e non ha capito
che erano le sue
stesse decisioni
a portarci dritti
nel baratro. |
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Il Governo ha buttato soldi nelle grandi
banche e le Borse sono cadute. La Federal
Reserve ha tagliato timidamente i tassi e le
Borse sono cadute lo stesso. Che cosa è accaduto?
Semplicemente che la crisi finanziaria
rispecchia gli enormi squilibri globali
che si sono venuti a creare negli ultimi anni:
gli americani consumano molto più di
quello che producono, i cinesi producono
molto più di quello che consumano e ormai
hanno in tasca un quarto del debito estero
statunitense.
La lunga crisi porterà a un salutare riequilibrio,
ma nel frattempo gli Stati Uniti avranno
una recessione pesante e l’Europa rischia
di scivolare verso una sorta di sindrome
giapponese. Ci vorrà del tempo per potersi
rimettere in sesto. Direi da tre a cinque anni.
Lo stesso Piano Paulson non comporterà
una conclusione rapida degli sconvolgimenti.
Le conseguenze si sono allargate velocemente
da Wall Street a Main Street, vale a
dire dalla finanza all’economia reale. I recenti
risultati dei corsi azionari delle istituzioni
non finanziarie indicano che gli stessi
investitori ne sono ben consapevoli.
Non stiamo andando verso una Grande
Depressione. Non vedremo cioè tassi di disoccupazione
del 25 per cento, come negli
anni Trenta del secolo scorso, ma con tutta
probabilità del 10 per cento sì. L’altra volta
al Congresso furono necessari tre anni per
capire la necessità di una ricapitalizzazione
del sistema bancario e di misure di aiuto per
i mutui ipotecari; allo stato attuale credo
che ci vorrà la metà del tempo.
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"Nello Wrona" |
Ciò detto, è vero che le analogie non mancano.
La Federal Reserve oggi, come la Federal
Reserve del 1929, brancola nel buio.
Ogni crisi finanziaria è diversa dalle precedenti,
e questa non fa certo eccezione. È difficile
evitare la conclusione che la Federal
Reserve ha sbagliato in pieno quando ha
deciso che Lehman Brothers poteva tranquillamente
essere lasciata fallire, senza capire
in modo adeguato le ripercussioni che
il fallimento di un intermediario di primaria
importanza avrebbe avuto su altre istituzioni.
Non ha poi capito fino in fondo le implicazioni dello scambio crediti-insolvenze per
Aig. Non ha capito che erano le sue stesse
decisioni a portarci nel baratro.
Certo, il sistema finanziario contemporaneo è molto più articolato e più complesso di
quello degli anni Trenta del ‘900. A quell’epoca
lo shock derivò dalla caduta di un terzo
dell’indice generale dei prezzi, con il conseguente
crollo dell’attività economica.
La soluzione era perciò chiara: si doveva
stabilizzare il livello dei prezzi, come fece
Franklin Delano Roosevelt aumentando
l’offerta di moneta, per riequilibrare l’economia
e di conseguenza per rimettere in piedi
il sistema bancario americano.
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Un ragazzino
apprendista minatore,in una miniera di Ashington, nell’Inghilterra settentrionale (anni Trenta del Novecento). - Archivio BPP |
Questa volta, assorbire lo shock sarà più
difficile perché è interno al sistema finanziario.
Il cuore del problema sono gli eccessi di
esposizione, l’opacità e i rischi assunti nel
settore finanziario stesso. C’è stato, sì, un crollo del mercato immobiliare, ma, a differenza
di quanto avvenne negli anni Trenta,
non c’è stata una caduta generale dei prezzi
e dell’attività economica. Non possiamo
uscire dalla crisi attraverso crescita e inflazione,
come nel 1933.
Allora, ciò che la contrazione dell’industria
dei servizi finanziari toglie, l’espansione delle
esportazioni può dare: negli anni Trenta
non c’era niente di paragonabile alla continua
crescita di Paesi come Brasile, Russia,
India e Cina. Il persistente declino del dollaro
sarà la leva che determinerà la riallocazione
delle risorse. Ma l’economia americana,
nonostante l’ammirevole flessibilità del
suo mercato del lavoro, non potrà trasformare
d’incanto banchieri d’investimento disoccupati
in operai delle linee di montaggio.
Per questo motivo, sul fronte del mercato
del lavoro rischiamo
di farci molto male.

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