Dicembre 2008

GRANDE CRISI E OCCUPAZIONE

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IL CONTO DI UNO SQUILIBRIO

Paul Anthony Samuelson

Premio Nobel per l’Economia
 
 

 

 

Sbagli.
La Fed ha sbagliato quando ha deciso che Lehman Brothers poteva essere lasciata fallire, e non ha capito che erano le sue stesse decisioni a portarci dritti nel baratro.

 

Il Governo ha buttato soldi nelle grandi banche e le Borse sono cadute. La Federal Reserve ha tagliato timidamente i tassi e le Borse sono cadute lo stesso. Che cosa è accaduto? Semplicemente che la crisi finanziaria rispecchia gli enormi squilibri globali che si sono venuti a creare negli ultimi anni: gli americani consumano molto più di quello che producono, i cinesi producono molto più di quello che consumano e ormai hanno in tasca un quarto del debito estero statunitense.
La lunga crisi porterà a un salutare riequilibrio, ma nel frattempo gli Stati Uniti avranno
una recessione pesante e l’Europa rischia di scivolare verso una sorta di sindrome giapponese. Ci vorrà del tempo per potersi rimettere in sesto. Direi da tre a cinque anni. Lo stesso Piano Paulson non comporterà una conclusione rapida degli sconvolgimenti. Le conseguenze si sono allargate velocemente da Wall Street a Main Street, vale a dire dalla finanza all’economia reale. I recenti risultati dei corsi azionari delle istituzioni non finanziarie indicano che gli stessi investitori ne sono ben consapevoli.
Non stiamo andando verso una Grande Depressione. Non vedremo cioè tassi di disoccupazione del 25 per cento, come negli anni Trenta del secolo scorso, ma con tutta
probabilità del 10 per cento sì. L’altra volta al Congresso furono necessari tre anni per capire la necessità di una ricapitalizzazione del sistema bancario e di misure di aiuto per i mutui ipotecari; allo stato attuale credo che ci vorrà la metà del tempo.

Nello Wrona
"Nello Wrona"


Ciò detto, è vero che le analogie non mancano. La Federal Reserve oggi, come la Federal Reserve del 1929, brancola nel buio. Ogni crisi finanziaria è diversa dalle precedenti, e questa non fa certo eccezione. È difficile evitare la conclusione che la Federal Reserve ha sbagliato in pieno quando ha deciso che Lehman Brothers poteva tranquillamente essere lasciata fallire, senza capire in modo adeguato le ripercussioni che il fallimento di un intermediario di primaria importanza avrebbe avuto su altre istituzioni. Non ha poi capito fino in fondo le implicazioni dello scambio crediti-insolvenze per Aig. Non ha capito che erano le sue stesse decisioni a portarci nel baratro.
Certo, il sistema finanziario contemporaneo è molto più articolato e più complesso di quello degli anni Trenta del ‘900. A quell’epoca lo shock derivò dalla caduta di un terzo dell’indice generale dei prezzi, con il conseguente crollo dell’attività economica. La soluzione era perciò chiara: si doveva stabilizzare il livello dei prezzi, come fece Franklin Delano Roosevelt aumentando l’offerta di moneta, per riequilibrare l’economia e di conseguenza per rimettere in piedi il sistema bancario americano.

Un ragazzino
apprendista minatore,in una miniera di Ashington, nell’Inghilterra settentrionale (anni Trenta del Novecento). - Archivio BPP
Un ragazzino apprendista minatore,in una miniera di Ashington, nell’Inghilterra settentrionale (anni Trenta del Novecento). - Archivio BPP


Questa volta, assorbire lo shock sarà più difficile perché è interno al sistema finanziario. Il cuore del problema sono gli eccessi di esposizione, l’opacità e i rischi assunti nel settore finanziario stesso. C’è stato, sì, un crollo del mercato immobiliare, ma, a differenza di quanto avvenne negli anni Trenta, non c’è stata una caduta generale dei prezzi e dell’attività economica. Non possiamo uscire dalla crisi attraverso crescita e inflazione, come nel 1933.
Allora, ciò che la contrazione dell’industria dei servizi finanziari toglie, l’espansione delle esportazioni può dare: negli anni Trenta non c’era niente di paragonabile alla continua crescita di Paesi come Brasile, Russia, India e Cina. Il persistente declino del dollaro sarà la leva che determinerà la riallocazione delle risorse. Ma l’economia americana, nonostante l’ammirevole flessibilità del suo mercato del lavoro, non potrà trasformare d’incanto banchieri d’investimento disoccupati in operai delle linee di montaggio. Per questo motivo, sul fronte del mercato del lavoro rischiamo di farci molto male.

 

 

 

 

   
   
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