Dicembre 2008

NUOVE REGOLE PER LA SORVEGLIANZA INTERNAZIONALE

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GOVERNARE I RISCHI
DELL’ECONOMIA MONDIALE

Filippo Cucuccio

 

 
 

 

 

Il Governatore di Bankitalia non aveva esitato a puntare il dito accusatore verso alcune delle maggiori banche internazionali colpevoli di aver creato un sistema bancario ombra.

 

Il 2008 che volge al termine è stato foriero di una crisi finanziaria particolarmente virulenta, crisi che se ha suscitato notevole sgomento tra gli operatori e i consumatori di prodotti finanziari, nondimeno ha destato il significativo interesse degli studiosi per i suoi aspetti di originalità.Già le stime di metà anno del Fondo Monetario Internazionale riportate dalla Banca d’Italia quantificavano in circa 600 miliardi di dollari le perdite potenziali legate alla crisi del mercato delle abitazioni statunitensi, ai quali si sarebbero dovuti aggiungere ulteriori 400 miliardi nel segmento dell’edilizia non residenziale e dei crediti a consumatori
e imprese. Una cifra destinata ad essere rivista e non di poco verso l’alto, ma che paradossalmente non costituisce il tratto più rilevante di quella che se non si fosse intervenuti per tempo avrebbe assunto le caratteristiche di una crisi sistemica; con conseguenze catastrofiche per gli assetti economico-finanziari internazionali e per l’economia reale.

Il caveau di una banca giapponese. - Ph. Sou
Il caveau di una banca giapponese. - Ph. Sou


In realtà, quella che è stata definita la prima crisi dell’era della cartolarizzazione, manifestatasi con l’innesco nel segmento immobiliare USA, ha avuto ragioni che trascendevano lo specifico comparto direttamente interessato.
Da un lato, la rapida crescita del mercato dei derivati creditizi, accompagnata dalla percezione di un’offerta pressoché inesauribile di opportunità d’investimento apparentemente sicure; dall’altro lato, un grado di liquidità degli strumenti creditizi in un contesto marcatamente contrassegnato dall’innovazione finanziaria, fattore quest’ultimo che ha favorito le potenzialità del sistema di moltiplicare il credito rispetto al capitale investito.
Se questi sono i principali elementi oggettivi distintivi del quadro in cui si è sviluppata la crisi, ai fini di una sua valutazione completa non possono, poi, passare sotto silenzio alcuni elementi soggettivi: a cominciare da quanti, sottovalutando il rischio associato agli strumenti strutturati e muovendosi disinvoltamente tra le maglie sfilacciate di una regolamentazione lacunosa, hanno ingenerato un affievolimento dell’applicazione rigorosa del merito del credito.
E proprio su questo versante c’è chi, come il Governatore della Banca d’Italia, non aveva
esitato già nella scorsa primavera a puntare il dito accusatore verso alcune delle maggiori banche internazionali colpevoli di aver creato «un sistema bancario ombra» costituito da veicoli specializzati nell’investimento e nella provvista di fondi sul mercato dei derivati 1. Il comportamento di queste banche, unito a quello altrettanto poco ortodosso delle società di rating e degli investitori, si era tradotto in una sottovalutazione sia del rischio legato a questi strumenti finanziari, sia della sua concentrazione che si sarebbe inevitabilmente determinata in occasione di un generale deterioramento dei mercati.

Ispirata ai palazzi fiorentini, la sede della
Federal Reserve Bank di New York. La sua cripta, a 15 metri sotto il livello del mare, custodisce miliardi di dollari in oro. - Epicharmus
Ispirata ai palazzi fiorentini, la sede della Federal Reserve Bank di New York. La sua cripta, a 15 metri sotto il livello del mare, custodisce miliardi di dollari in oro. - Epicharmus


Definito, dunque, il reale perimetro della crisi e delle responsabilità soggettive ad essa connesse e dato atto alle Banche centrali di essere comunque intervenute con modalità quantitative, di flessibilità e di tempestività senza precedenti nella storia delle turbolenze finanziarie, c’è ora da chiedersi cosa fare, quale strada seguire per evitare il ripetersi di simili fenomeni attivando una rete di monitoraggio continuo e attento a cogliere qualsiasi minimo segnale di inceppamento nello stato di salute del sistema finanziario internazionale.
L’esigenza appare ancor più indifferibile alla luce degli ultimi eventi economico-finanziari registrati lo scorso autunno. Ma andiamo con ordine nella ricostruzione della crisi e dei rimedi prospettati, partendo dall’analisi, sia pure breve, di un documento della primavera scorsa del “Financial Stability Forum” (FSF) 2 – organismo istituito alla fine del secolo scorso, che riunisce governi, Banche centrali e autorità di supervisione competenti in materia di stabilità finanziaria, e di cui lo stesso Governatore della Banca d’Italia è presidente.
In quell’occasione furono enunciate una serie di raccomandazioni nell’ottica di un ristabilimento di regole finalizzate alla stabilità; furono, quindi, delineate correzioni a quegli elementi di vulnerabilità legati alla complessità degli strumenti di credito strutturati e ai rapporti tra banche e organismi che investono in tali prodotti attraverso misure che spaziavano dalla normativa prudenziale e dalla trasparenza degli intermediari al ruolo delle agenzie di rating, all’attività di vigilanza e alla capacità di risposta delle Banche centrali.

Il villaggio galleggiante di Aberdeen, a Hong Kong. - Archivio BPP
Il villaggio galleggiante di Aberdeen, a Hong Kong. - Archivio BPP


In concreto, il nuovo sentiero virtuoso della vigilanza prescriveva l’adozione rapida dei nuovi criteri di Basilea II, l’aumento dei requisiti di capitalizzazione e l’utilizzo di adeguati strumenti per migliorare i processi di gestione della liquidità e del rischio. Inoltre, il cambio radicale della sorveglianza internazionale veniva fatto passare per l’accrescimento della trasparenza sui rischi dei prodotti strutturati, per il miglioramento qualitativo dell’informazione fornita dalle agenzie di rating, nonché per il potenziamento dell’efficacia dell’attività di vigilanza e della cooperazione tra le autorità dei diversi Paesi nel fronteggiare le tensioni sui mercati. E, infine, come ultima misura non certo in ordine d’importanza, si auspicava una marcata accentuazione della flessibilità operativa delle Banche centrali.
Regole precise, adeguate e coerenti con lo sviluppo del sistema finanziario internazionale e in grado di governare i maggiori rischi dell’economia mondiale (tensioni inflazionistiche e rallentamenti delle “locomotive economiche”) erano dunque il primo elemento essenziale dello scenario virtuoso che scaturiva dalle raccomandazioni dell’FSF; accanto a questo primo elemento si collocavano sia un rapporto complessivo capitale/indebitamento decisamente più spostato sul primo dei due termini, sia un ruolo meglio definito per ciascuno degli attori del mercato finanziario internazionale con l’assunzione di precise responsabilità.Peraltro, queste raccomandazioni portate all’attenzione di governi e autorità monetarie nazionali e internazionali si sono tradotte solo in parte in misure operative efficaci, come ha dimostrato la fase autunnale della crisi che ha interessato in modo marcato tutti i mercati finanziari: determinando distruzioni rilevanti di ricchezza borsistica, impatti negativi sull’economia reale e ondate di panico assimilabili a quelle del 1929 e suscitando reazioni plurime. Diversi sono stati, infatti, i livelli d’intervento chiamati in causa: da quello di indirizzo squisitamente tecnico dell’FSF, ad uno di indirizzo politico generale (G7) o comunque sovranazionale (vertice dei Paesi Ue), ad uno, infine, di tipo applicativo internazionale-nazionale chiamato all’emanazione di provvedimenti concreti in ambito Ue (Bce) e nei diversi ambiti domestici.
Tra quelli recentemente prodotti si segnala ancora una volta quale uno dei documenti più significativi sul piano concettuale l’ultimo rapporto presentato dall’FSF per le implicazioni
immediate e per quelle a tendere3. Infatti, pur in una linea di continuità metodologica rispetto al precedente rapporto del 2008, davanti ad un sistema finanziario che dava di sé l’immagine desolante di un accumulo di macerie, gli esperti dell’FSF si sono posti nell’ottica di avviare la ricostruzione sulla base dei criteri guida costituiti da un più contenuto rapporto di indebitamento, da un rafforzamento della vigilanza prudenziale e da un maggiore grado di trasparenza nei comportamenti degli operatori e nei prodotti offerti sul mercato.
Vale la pena sottolineare le tre parole chiave che ricorrono in questo documento e che a ragione si possono considerare ispiratrici delle raccomandazioni e delle linee operative ivi contenute: coordinamento, prociclicità e trasparenza. Ne derivano così gli inviti a rafforzare la cooperazione internazionale e la coerenza degli accordi già esistenti; a mitigare gli effetti di prociclicità nell’ambito del sistema finanziario e a una conseguente sostanziale riconsiderazione dei contenuti di Basilea II quanto ai criteri dei livelli di capitalizzazione, degli stanziamenti ai fondi rischi e per la gestione delle interazioni tra valutazioni di titoli e indebitamento; a colmare le manchevolezze regolamentari riscrivendo
la normativa finanziaria su istituzioni, strumenti e mercati che hanno contrassegnato l’era della cartolarizzazione, sia per l’insufficienza conclamata dei modelli di valutazione del rischio, sia per il comportamento spregiudicato (se non irresponsabile) di alcuni operatori in tema di assunzione del rischio. Sono raccomandazioni (ne sono state citate solo alcune per evidenti limiti di spazio) che quando verranno accolte e messe in opera eserciteranno sicuramente un impatto dirompente su normative finora accettate quale prodotto di una civiltà finanziaria avanzata, su prassi operative ormai consolidatesi nel corso degli anni e su standard contabili ritenuti intoccabili.
Anche se è ovviamente necessario rinviare una valutazione degli effetti delle misure adottate in sede Ue e nell’ambito dei principali Paesi industrializzati è, però, possibile stabilirne la direzione verso cui tendono.
Infatti, esse appaiono orientate a: migliorare la capacità di rifinanziamento alle banche ampliando la gamma dei titoli e degli impieghi da vantare come collaterali; tutelare la sicurezza dei depositanti presso le banche fino a limiti specifici; eliminare il rischio di controparte, sbloccando il mercato interbancario dalla situazione di stallo e reciproca diffidenza in cui era precipitato.
Naturalmente il nuovo sentiero virtuoso della vigilanza internazionale comporterà sia sacrifici in termini di costi aggiuntivi e di marginalizzazione e successiva espulsione di operatori che non volessero/potessero allinearsi alle nuove regole del gioco, sia l’impegno
cospicuo ad affrontare complesse problematiche in tema di ripartizione di competenze di vigilanza e di livelli di efficienza e tutela dei mercati.

Archivio BPP
Archivio BPP


In realtà, non sembrano esserci, almeno per ora, alternative migliori praticabili; in particolare, va decisamente esclusa la doppia tentazione di imboccare una strada apparentemente più semplice e sbrigativa: sostituirsi al mercato e ai suoi meccanismi, oppure rifiutare l’innovazione finanziaria. In entrambi i casi ne conseguirebbe un impoverimento del mercato e delle sue opportunità di sviluppo ancor più ingiustificati alla luce di una lettura critica di altre due crisi finanziarie del secolo scorso: quella delle Savings and Loans Banks degli Stati Uniti alla fine degli anni Ottanta e quella successiva delle banche giapponesi, risoltasi con costi ancor più rilevanti per il sistema di quel Paese. Quale insegnamento si può trarre da queste due crisi? Sicuramente la convinzione che non sempre gli intermediari e gli strumenti finanziari tradizionali sono necessariamente sinonimo di maggiore affidabilità.
Ma c’è di più: il porsi in contrasto con gli elementi innovativi non ha altro sbocco pratico che il tradursi in uno scenario caratterizzato da oscurantismo ideologico e penosi lacci operativi: quanto di peggio per una vigilanza internazionale che si vuole rafforzare nel rinnovamento degli strumenti per assumere una fisionomia coerente con un sistema finanziario sano e in grado di assecondare la crescita reale dell’economia mondiale.

   
   
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