Dicembre 2008

L’EUROPA UTILE

Indietro

IN EUROPA, DOVE
LA SPERANZA SOPRAVVIVE

Mario Pinzauti

 

 
 

 

 

Fiducia meritata. Anche in questi mesi drammatici, l'Unione è in grado di esibire risultati ai quali neppure il più cocciuto degli antieuropeisti potrebbe negare un applauso.

 

In questo tempestoso finale del 2008 in Europa qualche chiaro segnale di speranza sopravvive: non solo a beneficio del quasi mezzo miliardo di cittadini dell’Unione, ma anche del resto del mondo.
Se si considera con quale spirito l’anno era iniziato sembra poco, pochissimo. È molto, quasi miracoloso se si mettono in conto i disastrosi momenti che abbiamo attraversato nel corso del 2008 e che ancora, oltretutto, non abbiamo completamente superato. A gennaio, come abbiamo precedentemente ricordato in questo nostro spazio, voci autorevoli – ad esempio quella del Presidente della Commissione europea, il portoghese José Manuel Barroso – ci avevano detto che il 2008 partiva con molte possibilità di guadagnarsi il titolo di anno dell’entusiasmo europeo.
Purtroppo, nei mesi immediatamente successivi, questo trionfale obiettivo era improvvisamente e irreversibilmente scomparso dagli schermi delle nostre prospettive.
E mentre una crisi forse senza precedenti prima travolgeva la maggiore e più forte economia del mondo, quella americana, poi varcava gli oceani e contagiava ogni parte del pianeta, si era arrivati a giorni in cui era sembrato difficile salvare perfino la speranza.
Meno male che negli ultimi mesi dell’anno almeno la speranza è sopravvissuta. Grazie all’Europa, alla forza economica che essa è riuscita a mettere in campo a tutela degli interessi dei suoi cittadini e producendo benefici di cui si avvertono le positive conseguenze pure in altre parti del mondo. È accaduto e accade senza che nessuno – nelle istituzioni dell’Unione, nei governi nazionali europei, tra gli stessi cittadini – si sia nascosto e si nasconda la gravità dei problemi che ha davanti, senza cioè che nessuno s’imponga di vedere rosa quello che è nero o grigio scuro, o liquidi con infastidite alzate di spalle i giudizi di chi definisce l’attuale crisi come peggiore di quella del ‘29, o addirittura – come ha fatto recentemente il ministro degli Interni tedesco, Schäeuble – vede non impossibili nefasti seguiti politici allo tsunami che fa scricchiolare o addirittura travolge alcuni dei maggiori colossi della finanza internazionale: proprio come avvenne dopo il ‘29, quando tra le conseguenze del crollo di Wall Street ci fu l’avvento al potere di Hitler.
Di tutto questo pochi, pochissimi, sempre meno anche in Europa ignorano l’esistenza e la gravità. E tuttavia non pochi, anzi molti con sollievo prendono nota del fatto che da noi, nell’Unione dei 27 Paesi, alcuni segnali di speranza in un non lontano superamento della crisi tornano ad essere visibili. Non solo. Questi segnali sembrano ben piantati: grazie alla forza dell’euro, grazie inoltre alle difese che le istituzioni europee e i governi nazionali stanno allestendo per assicurare la salvezza delle 8 mila banche sparse sul territorio dell’Unione dalle micidiali conseguenze del contagio americano; e grazie anche alla fiducia del mondo economico e degli stessi cittadini che, nonostante il momento difficile, l’Europa è in grado di mettere in cassa e cominciare a usare per favorire il successo delle iniziative già in atto o in preparazione.

La sede della Banca Centrale Europea,
a Francoforte sul Meno, nella Willy Brandt Platz. - Archivio BPP
La sede della Banca Centrale Europea, a Francoforte sul Meno, nella Willy Brandt Platz. - Archivio BPP


Tanto più perché questa fiducia, firmata soprattutto Europa utile, cioè Europa al diretto servizio dei cittadini, appare oggi più che mai ben meritata, dato che anche in questi giorni e mesi drammatici l’Unione è in grado di esibire risultati ai quali neppure il più cocciuto degli antieuropeisti potrebbe negare un applauso. Com’è il caso di quanto ha dato e dà la politica di coesione di cui – proprio nel pieno della grande crisi – si è avuta l’occasione di festeggiare i primi vent’anni. «La politica di coesione – ha detto José Manuel Barroso, presidente della Commissione europea – è stata e continua ad essere il più visibile e concreto esempio dell’utilità dell’iniziativa dell’Unione per i suoi cittadini». E a confermare la validità dell’elogio le fonti della Commissione hanno fatto seguire un ricco pacchetto di dati. Grazie ai fondi di coesione nelle regioni dell’Unione definite“della convergenza” (sono quelle in cui il PIL non supera il 75% della media comunitaria) si è avuto un netto miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini.
L’andamento del PIL pro capite ha registrato, in queste regioni, un incremento del 50 per cento più rapido di quello avutosi nelle altre parti dell’Unione. Nelle stesse zone la disoccupazione è scesa del 3 per cento. E non sono mancati casi in cui, grazie ai fondi di coesione, l’immagine economica di alcuni Paesi è stata letteralmente rivoluzionata.
In Paesi dove prevaleva la povertà o l’arretratezzaè improvvisamente comparsa la prosperità o comunque si sono create zone di benessere prima impensabili. Il caso limite,
di cui si è parlato e riparlato, soprattutto in occasione dell’esito negativo del referendum sul progetto di Costituzione europea, è stato quello dell’Irlanda dove, grazie al buon uso dei fondi di coesione, il PIL è passato dal 69 per cento al 123 per cento della media comunitaria.
Di recente il miracolo dell’opulenza irlandese ha subìto qualche scricchiolio, ma evidentemente gli interventi difensivi del governo di Dublino hanno ridotto al minimo le preoccupazioni che si stavano diffondendo tra i cittadini. E non solo tra loro. Tanto è vero che, quando la crisi americana ha raggiunto la Gran Bretagna e messo seriamente a rischio importanti banche di quel Paese,buona parte dei loro clienti ha ritirato i depositi e li ha trasferiti – o ha tentato di farlo – dove un secolo e mezzo fa una grande carestia azzerò la produzione di patate e provocò la morte per fame di milioni di contadini, cioè, appunto, l’Irlanda.

ICP - Milano
ICP - Milano


Ragguardevole anche il balzo in avanti che i fondi di coesione hanno consentito alla Grecia. In questo Paese, il PIL è balzato dal 73 all’89 per cento della media comunitaria.
Per quanto riguarda la potenza dei cambiamenti che hanno provocato i fondi di coesione nelle “regioni della convergenza” – divenute in taluni casi regioni della “ex convergenza”! – meritano grande attenzione anche le straordinarie conseguenze che tali fondi hanno provocato nei flussi migratori dai Paesi economicamente più disagiati a quelli che godono di un diffuso benessere.
Dal 2004 (anno dell’allargamento dell’Europa comunitaria da 15 a 25 membri) fino a tutto il 2005 e buona parte del 2006 affluirono nella sola Gran Bretagna un milione circa di uomini e donne provenienti dall’Europa centro-orientale, tutti in cerca di un lavoro e di condizioni di vita più decenti di quelle che potevano trovare nel loro Paese. Oggi il loro numero si è ridotto della metà. Circa 500 mila hanno fatto ritorno nei loro Paesi, mentre la quantità dei nuovi arrivi dall’Europa centro-orientale in Gran Bretagna si va riducendo del 15 per cento l’anno. Accade, a quanto si è appreso da un’inchiesta del settimanale americano Time, dopo che, ad esempio, in Polonia, dal 2004 il livello medio delle retribuzioni è salito del 7,7 per cento, il numero dei disoccupati è sceso dal 14 al 10 per cento e il cambio della valuta nazionale (lo zloty) con la sterlina inglese è notevolmente variato (7 zloty per una sterlina nel 2004, 4 zloty per una sterlina oggi). Per
effetto della crescita economica, resa possibile dai fondi di coesione, la Polonia non è più
il Paese che, per le sue condizioni di arretratezza, incoraggiava la fuga di molti, specie tra i giovani. Come altre parti dell’Europa centro-orientale, sta lavorando sodo, con determinazione e orgoglio, per avvicinarsi al benessere. Grazie soprattutto alle iniezioni di
energia ricevute dai fondi di coesione.
E non sono state solo le “regioni della convergenza” a trarre grandi benefici dai fondi di coesione. Un’ampia e dettagliata relazione pubblicata dalla Commissione europea documenta che ovunque nell’Unione questi fondi hanno favorito una potenziale crescita nel medio termine di cui sono stati particolarmente visibili i risultati nei servizi finanziari e in quelli legati alle imprese, al commercio, ai trasporti, alle comunicazioni, al settore manifatturiero ad alta e media tecnologia. José Manuel Barroso ha avuto dunque solide ragioni per dichiarare, in quella sorta di proclamazione di vittoria che è stata la cerimonia per i vent’anni della politica di coesione, che i due obiettivi fondamentali di tale politica, «la crescita e l’equità, sono stati raggiunti».
Ci sono elementi per prevedere – e anche questo consolida la speranza nel ruolo positivo
che l’Unione può avere nella difesa contro i poderosi attacchi della crisi mondiale – che tali risultati si ripetano nei prossimi anni. E per facilitare questo obiettivo gli esperti sono al lavoro per affinare la strategia della politica di coesione, per renderla più produttiva.
Nel primo ventennio di questa politica il 25 per cento dei fondi disponibili è stato destinato
alla ricerca e all’innovazione e sono state particolarmente favorite alcune attività imprenditoriali con, in prima linea, le Piccole e Medie Imprese, che vengono ritenute il settore più produttivo e dinamico del panorama industriale. L’investimento ha dato ottimi
frutti e si pensa perciò di rafforzarlo.
Nel solo periodo 2007-2013 la politica di coesione destinerà alle PMI 27 miliardi di euro, in gran parte (esattamente nella misura del 65 per cento) da spendere per gli investimenti tecnologici e in misura apprezzabile (il 14 per cento) per l’arricchimento delle attrezzature informatiche mentre si coglierà l’occasione dell’attuazione del programma di interventi in questo settore per incoraggiare nuove iniziative, soprattutto tra i giovani: offrendo tra l’altro, con il programma“PMI friendly”, crediti fino a 25 mila euro a chi vorrebbe dar vita a una nuova piccola impresa, ma non dispone dei mezzi necessari per sostenere le spese di avvio.

Particolare della “Casa de la Panaderia”,
nella Plaza Mayor di Madrid. Da questo palazzo, per secoli, i reali spagnoli hanno assistito alle corride, alle feste e alle
esecuzioni dei condannati. - Archivio BPP
Particolare della “Casa de la Panaderia”, nella Plaza Mayor di Madrid. Da questo palazzo, per secoli, i reali spagnoli hanno assistito alle corride, alle feste e alle esecuzioni dei condannati. - Archivio BPP


È interessante notare che queste nuove strategie nascono e si avviano parallelamente a indirizzi che fanno parte degli interventi anticrisi che i governi dell’Unione hanno già concordato nelle riunioni del G4, dell’Eurogruppo e del Consiglio Europeo di ottobre: tra l’altro, il megaprogetto per il salvataggio delle banche e le nuove misure per sostenere le PMI, più che mai viste come fattori decisivi di una controffensiva europea contro l’epidemia che è dilagata e continua a dilagare dagli Stati Uniti.
Nei prossimi mesi e anni dalla politica di coesione potrebbero uscire quindi altri importanti contributi al successo della battaglia che l’Europa dei Ventisette sta affrontando in un clima di buona collaborazione tra i suoi membri – per ora non messa in serie difficoltà neppure dai contrasti sull’attuazione dei programmi a tutela dell’ambiente – per liberare se stessa, e il resto del mondo, dall’incubo del disastro economico.

   
   
Indietro
     

Banca Popolare Pugliese
Tutti i diritti riservati © 2008