Cielo di stelle.
Da quel versetto
gli ebrei avevano
dedotto che il
Messia sarebbe
stato annunciato
da un astro
eccezionale.
E Matteo,
puntualmente,
abbina la nascita
di Gesù Cristo
alla cometa. |
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Pare che non fossero re. Non è proprio detto
che fossero in tre. Certamente non seguirono
alcuna cometa. Che venissero dalla
Persia o dalla Mesopotamia è soltanto un’ipotesi.
Che si chiamassero Melchiorre, Gaspare
e Baldassarre è una pura leggenda.
Che uno di loro fosse di pelle nera è una
fantasiosa invenzione. Sebbene siano citati
da un solo Vangelo su quattro (quello di
Matteo), che dedica loro dodici versetti, la
vicenda che li riguarda è una delle più popolari
della storia sacra. Ma allora, i (Re)
Magi, senza i quali nessun presepe sembra
essere completo, sono esistiti, oppure no?
Se parliamo di “maghi”, con la “m” minuscola,
certamente sì. Fuori dal Vangelo, infatti,
i magi erano i sacerdoti dei Medi, antenati
degli attuali Curdi: un popolo montanaro
che nel VI secolo a.C. fu conquistato
dai Persiani. Il greco Erodoto dice che interpretavano
i sogni e studiavano gli astri.
Quale dio adorassero in origine, non è molto
chiaro; ma in tempi storici praticavano il
mazdeismo, culto che aveva il suo profeta
in Zoroastro e il simbolo nel fuoco.
Di sicuro, però, quegli astronomi-indovinisacerdoti
non furono mai re. O meglio: ci fu
un’eccezione, nel 522-521 a.C., quando uno
strano mago, donnaiolo e mutilato delle
orecchie, tale Smerdi, alias Gaumata,
scippò il trono e l’harem al re Cambise II,
che in quel momento era lontano da casa,
cercando poi consensi, abbattendo le tasse.
Narra Erotodo: «Mandò qua e là a ogni
popolo sotto il suo dominio a proclamare
che concedeva l’esenzione dal servizio militare
e dai tributi per tre anni».
Quell’unico “re e magio” della Storia non
poté mantenere la promessa, perché sopravvisse
soltanto sette mesi. Poi finì decapitato.
Non lo imitò più nessuno, anche perché
contro i magi scattarono persecuzioni. Ma
ai tempi di Gesù tutto questo era preistoria:
l’Impero persiano era finito da parecchio e i
magi avevano ripreso i loro riti e i loro studi
astronomici; avevano dunque tutti i titoli
per farla da protagonisti in un racconto“magico” come quello che li lega al presepe.
Qualcuno si è posto la domanda: è attendibile
il testo di Matteo? Alcuni storici sono
scettici. Osserva Mauro Pesce, docente di
Storia del Cristianesimo all’università di
Bologna: «Tutto lascia pensare che la vicenda
dei Magi sia solo un artificio letterariopromozionale.
Matteo scrisse intorno all’anno
80, quando la nuova religione si stava
diffondendo oltre la Palestina. Forse il
suo Vangelo volle lanciare un messaggio ai
non-ebrei, dicendo che Gesù si era rivelato
anche e soprattutto a loro: infatti, per gli
ebrei i Magi erano “gentili”, cioè pagani;
eppure, secondo questo evangelista, seppero
dell’arrivo del Messia prima del clero che
stava a Gerusalemme». E aggiunge Francesco
Sforza Barcellona, docente di Storia del
Cristianesimo a Roma-Tor Vergata: «Ci sono
messaggi in codice anche per gli ebrei. Èevidente lo sforzo di far quadrare la figura
del Cristo con le profezie bibliche. Per
esempio, nel Salmo 71 (ora 72) si prediceva
che al Messia sarebbe stato donato “oro
d’Arabia” e che “i re Arabi e di Saba” (cioè
dello Yemen) gli avrebbero “offerto tributi”.
Ed ecco l’adorazione dei Magi, che con
il loro metallo prezioso “legittimano” Gesù
in base ai parametri biblici».
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Las Palmas (Canarie):Una scultura di sabbia,
sulla spiaggiadi Las Cantelas, raffigurante i Re Magi. - Archivio BPP |
Non è tutto. Nell’Antico Testamento il Libro dei Numeri narra che ai tempi di Mosè
un indovino, tale Balaam, aveva lanciato
una truce profezia: «Una stella spunta da
Giacobbe e uno scettro sorge da Israele,
spezza le tempie di Moab e il cranio dei figli
di Set» (Nu, 24: 17). Da quel versetto gli
ebrei avevano dedotto che il Messia, destinato
a far trionfare Israele sui propri nemici,
sarebbe stato annunciato da un astro eccezionale.
Ed ecco che Matteo, puntualmente,
abbina la nascita di Gesù a quella
che, secondo l’interpretazione corrente, era
una cometa.
Se si intende considerare come intento propagandistico
quanto scritto da Matteo, il discorso
può chiudersi qui: i Magi vanno declassati
da persone reali a veri e propri simboli.
Come Gog e Magog, personificazioni
della guerra nell’Apocalisse.
Per giunta, sulla questione dei Magi gravano
almeno altri due elementi di dubbio. Il
primo: il Vangelo di Matteo è l’unico a raccontarla;
il secondo: intorno all’anno Uno
nessuna cometa visibile a occhio nudo si avvicinò
alla Terra.
In realtà, il primo dubbio è infondato, perché
la “solitarietà” di Matteo è soltanto presunta:
infatti, se si allarga lo sguardo oltre gli evangelisti
canonici, si scopre che a parlare dei
Magi sono anche altri quattro testi antichi,
definiti apocrifi dalla Chiesa (cioè esclusi dalla
Bibbia). Tre di essi (Vangelo arabo-siriaco,
Vangelo armeno dell’infanzia, Pseudo-Matteo) sono effettivamente tardi (dal V secolo
in poi). Ma uno no: si tratta del Protovangelo di Giacomo, scritto pochi decenni dopo
il testo di Matteo. Allora le fonti primarie
per la storia dei Magi sono almeno due.
L’assenza di “stelle con la coda”, invece, è
un dato certo. Secondo calcoli moderni, infatti,
la cometa di Halley, la più brillante
fra quelle che hanno un periodo di rivoluzione
breve, apparve nell’87 e nel 12 a.C.,
per tornare solo nel 66 d.C., cioè fuori dall’arco
di tempo utile. Intorno all’anno Uno
passò invece la cometa di Encke, che però
non era visibile a occhio nudo. E infatti nessuno
la notò. Si è pensato anche a una possibile
cometa irregolare, ma ricerche nei testi
laici antichi non hanno portato a trovare
citazioni di un astro del genere.
Questa inutile caccia alla cometa dura da secoli, anche perché la materia prima è abbondante: infatti, la comparsa di comete fu
diligentemente annotata sin dai tempi remoti
sia in Cina sia in Occidente. Limitando
il campo alla letteratura latina, gli autori
che trattano l’argomento furono almeno
quattro: Tacito, Svetonio, Plinio il Vecchio
e Flavio Giuseppe. Fra tutti, il “notaio” più
scrupoloso dei fenomeni celesti fu Plinio,
che nei due secoli a cavallo dell’anno Uno
registrò ben sette “stelle con la coda” (Halley
compresa), tutte però lontane dalla nascita
di Gesù.
Tre mummie preda del Barbarossa
«In quella città son seppelliti gli tre Magi in una bella sepoltura, e sonvi ancora tutti interi con
barba e co’ capegli»: così annotava Marco Polo, passando nel 1272 vicino a Saba (oggi Saveh),
città a sud-ovest di Teheran celebre per le sue melagrane.
Ma la “scoperta” di messer Marco è tutt’altro che attendibile. Della tomba oggi non c’è più
traccia; inoltre, secondo la tradizione, a quell’epoca i resti dei “Tre Re” avrebbero dovuto essere
altrove.
All’inizio del IV secolo, infatti, Santa Elena, madre dell’Imperatore Costantino, era tornata da
Gerusalemme con tre salme mummificate, accreditate come i resti dei Magi, e le aveva portate
a Costantinopoli, nella Basilica di Santa Sofia. Da lì, Sant’Eustorgio, vescovo di Milano, intorno
al 345 le aveva trasferite nel capoluogo lombardo, nella chiesa che oggi porta il suo nome.
Il sarcofago che le aveva accolte esiste ancora, ma è vuoto: nel 1164 il Barbarossa, dopo avere
occupato la città ribelle, razziò le presunte reliquie e le portò a Colonia, dove si trovano
tuttora, salvo pochi frammenti, restituiti nel 1903 alla chiesa milanese e oggi custoditi in
un’urna.
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L’ancona dei Re Magi nella Chiesa di
S. Eustorgio, a Milano. Splendida scultura del Trecento, illustra le vicende dei Re Magi e ne contiene alcuni frammenti ossei. - Ph. Roberto Nuara - Courtesy Gabriella Provenzano |
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il sacello dove erano deposti i corpi
dei Re Magi fino al 1164, anno in cui furono traslati a Colonia. - Ph. Roberto Nuara - Courtesy Gabriella Provenzano |
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È l’addio senza appello alla credibilità della
storia dei Magi? Neanche per idea, perché
la “cometa di Gesù” è un falso che prese
piede soltanto nel Medioevo. A ufficializzarlo
non fu un teologo, ma un pittore, che
in un affresco a Padova, nella celeberrima Cappella degli Scrovegni, abbinò i Magi a
un astro con la coda. Era l’eccelso Giotto,
affascinato da un’esperienza personale:
quando dipinse la stessa di Betlemme – secondo
la storica dell’arte Roberta Oslon –
la rese come una cometa, che aveva osservato
realmente anni prima. Infatti l’affresco è del 1303 circa, e Halley passò nel 1301.
Ma Giotto prendeva un abbaglio, perché
nessuno dei testi antichi ha mai abbinato i “Tre Re” a una cometa. Matteo parla genericamente
di una stella, ovviamente anomala,
visibile in due tempi distinti: dapprima
durante il viaggio dei Magi verso Gerusalemme,
poi durante il trasferimento a Betlemme.
E Giacomo riferisce di «una stella
grandissima, che brillava tra gli altri astri e
li oscurava, tanto che le stelle non si vedevano
più». Lo Pseudo-Matteo si allinea a
questa versione, parlando di «un’enorme
stella (...) la cui grandezza non si era mai vista
dall’origine del mondo».
I diciotto nomi dei Tre Re
Né il Vangelo di Matteo né quello apocrifo di Giacomo, cioé i testi più antichi che citano i Magi,
fanno mai i loro nomi, ma la tradizione si è sbizzarrita, inventandone almeno 18, quasi sempre
a gruppi di tre. I più frequenti sono Melkon, Balthasar e Gaspar, italianizzati in Melchiorre,
Baldassarre e Gaspare, coniati nell’Armenia antica e poi diffusi in mezzo mondo.
Ma fino ai tempi delle Crociate al terzetto si affiancavano altri due: Galgalat, Magalath e Sarachim
(nel mondo greco), e Appellus, Amerus e Damasius (in Palestina). Così riferisce Pietro
Comestore, teologo francese del 1100.
A Milano, una tradizione finita in disuso li aveva ribattezzati Eleuterio, Rustico e Dionigio. E
tuttora in Etiopia e in Siria i Magi vengono chiamati in modo anomalo: nel primo caso, Hor,
Basanater e Karsudan; nel secondo caso, Larvandad, Hormisdas e Gushnasaph.
Tra tutti i nomi citati, i meno improbabili sono proprio questi ultimi, che hanno un’evidente etimologia
persiana: Gushnasaph, per esempio, significa più o meno “Virile come un cavallo”.
Anche Gaspare, però, ha un’analoga etimologia, visto che può derivare dal persiano Jaspar,che significa “Signore del tesoro”. |
A quale astro alludevano i testi antichi? Il fenomeno
astronomico più probabile è una
congiunzione Giove-Saturno, che ebbe luogo
nel 7 a.C.: quell’anno i due pianeti si trovarono
nel cielo uno vicino all’altro per ben tre
volte. Questa tesi ha una certa credibilità, anche
perché sono state trovate effemeridi babilonesi
(cioè tavole col calcolo dei movimenti
degli astri) relative all’evento, segno che al fenomeno
si accordò una notevole importanza.
La teoria non è recente: la formulò l’astronomo
tedesco Johannes Kepler. Nel 1603 osservò
una congiunzione fra pianeti, che – abbinati – sembravano un’enorme stella. Colpito,
calcolò se il fenomeno poteva essersi verificato
anche nell’anno Uno: concluse di no,
ma scoprì che una congiunzione c’era stata
più volte nel 7 a.C. Scrisse perciò un trattato
(De anno natali Christi), in cui sosteneva che
la data di nascita di Gesù andava anticipata.
Può sembrare una conclusione eccessiva, ma
in realtà il nostro calendario sbaglia. L’errore
risale a un monaco del VI secolo, Dionigi
il Piccolo, che inaugurò l’uso di contare gli
anni dalla nascita di Gesù, ma partì da una
data posteriore a quella vera. Oggi si dà per
certo che Cristo, paradossalmente, nacque avanti Cristo: minimo 4, massimo 8 anni.
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Andrea Mantegna, “Adorazione dei Magi”,
1497-1500, Malibu, Paul Getty Museum. - Archivio BPP |
Stando così le cose, tre fatti appaiono certi:
che intorno all’anno della nascita di Gesù ci
fu davvero una “stella” anomala; che questo
astro apparve più volte, a intermittenza,
come sostiene Matteo; che taluni astronomi
orientali (“magi”) l’avevano notato, come
provano le effemeridi di cui abbiamo detto.
Sicché il racconto evangelico, trattato con
scetticismo dagli storici, acquista più credito
presso gli astronomi: proprio grazie all’elemento
che sembrava il più fantasioso (la
stella), i Magi escono dalla dimensione fiabesca
e diventano personaggi storicamente
possibili. Ma ad una condizione: che si resti
ai sobri racconti di Matteo e di Giacomo,
sfrondando i Tre Re da tutti gli attributi
che la tradizione ha poi attaccato loro addosso.
Niente cometa, dunque, ma anche
niente certezze su corone, nomi, numero
tre. Anche se può stupire, infatti, il Vangelo secondo Matteo non afferma mai che i Magi
fossero re, né che fossero tre: parla genericamente
di “alcuni”. Tanto che le immagini
antiche ne raffigurano a volte due, altre
quattro, altre infine addirittura dodici. Indicazioni
ancora più generiche sono quelle
sulla patria dei Magi: Matteo parla soltanto
di “Oriente”. E l’ipotesi corrente è che alluda
all’attuale Iran, dove il mazdeismo aveva
le sue radici e dove ancora oggi una città
(Yazd) è abitata da 12 mila zoroastriani,
adoratori del fuoco sacro.
Ai tempi di Gesù, tuttavia, i magi non erano
più un’esclusiva medo-persiana: gli Atti degli
Apostoli ne citano uno in Samaria e un altro
a Cipro. Quindi la parola “Oriente” potrebbe
indicare altri Paesi a portata di cammello.
Magari l’odierno Iraq, dove vennero rinvenute
le celebri effemeridi babilonesi. Oppure
la Penisola Arabica, dove sembra indirizzare
l’ “analisi merceologica” del testo di Matteo:
infatti l’unica regione che produceva tutti e
tre i doni dei Magi (oro, incenso, mirra) era
l’Arabia Felix, corrispondente agli attuali
Yemen e Oman del Sud.
Ma se Matteo è così scarno di notizie, da
dove provenivano tutti i dettagli della tradizione?
Dai Vangeli Apocrifi, ricchi di “notizie”
anche divertenti e fantasiose. Ad esempio,
il Vangelo armeno dice di conoscere la
durata del viaggio dei Magi (nove mesi) e i
loro nomi, e fa l’inventario del carico della
loro carovana, che avrebbe trasportato più
merci di un treno di molti vagoni: oltre all’oro,
all’incenso e alla mirra, avrebbero
avuto con sé anche aloe, porpora, mussolina,
nardo, cannella, cinnamomo, argento,
zaffiri, perle, lino, libri esoterici...
E non è tutto. Nello stesso testo si legge che
i Magi erano tre fratelli, re di Arabi, Indi e
Persiani; che avevano un seguito di 12 mila cavalieri: che a Betlemme furono preceduti
addirittura da Eva, risorta per l’occasione;
infine che la rabbia di Erode per la nascita
del Messia fu così violenta da causare un
terremoto. Altrettanto immaginifico è il Vangelo arabo-siriaco, secondo il quale i
Magi fecero ritorno in patria con un pannolino
di Gesù, che tentarono poi di bruciare
ritualmente sul fuoco sacro. Invano: le fiamme
si spegnevano e il panno restava intatto.È ovvio che tutto questo non ha alcun valore
storico, neanche alla lontana: prova solo
la buona volontà di giungere il messaggio
cristiano ai popoli orientali utilizzando temi
e simboli a loro familiari. Per esempio, la
storia del panno incombustibile era un’evidente
metafora, un’allegoria studiata per
dire ai Persiani zoroastriani che Gesù era
più potente del loro fuoco sacro. E l’abnorme
seguito dei 12 mila cavalieri era il tentativo
di conciliare Cristo con una profezia di
Zoroastro, secondo cui l’arrivo del Saoshyant
(il Messia mazdeista) sarebbe stato
accolto con onori regali. Così, in epoca più
tarda, i “Tre Re” sarebbero stati identificati
con le “Tre età” dell’uomo, mentre secondo
un altro Vangelo Apocrifo del V secolo i Re
Magi avrebbero avuto con sé un libro segreto,
scritto da Adamo.
I Magi nell’arte
Nei secoli, l’iconografia dei Magi ha subìto un’evoluzione che li ha resi quasi del tutto irriconoscibili.
Le immagini più antiche sono le più vicine alla realtà: negli affreschi delle catacombe di
San Callisto, a Roma, e nei mosaici di Sant’Apollinare Nuovo, a Ravenna, rispettivamente del IIIIV
e del VI secolo, Melchiorre, Baldassarre e Gaspare sono tutti di pelle chiara e indossano il tipico
berretto frigio dei sacerdoti zoroastriani. Inoltre, in cielo brilla una stella normale, priva
della caratteristica “coda”.
Tutto cambia fra il Duecento e l’inizio del Trecento: nel Duomo di Siena Duccio di Buoninsegna
sostituisce i berretti frigi con corone, mentre a Padova, nella Cappella degli Scrovegni, Giotto
trasforma per la prima volta la famosa stella in una cometa.
La mutazione continua nel Quattrocento: i “Tre Re” assumono l’atteggiamento di Signori rinascimentali,
e i cammelli vengono sostituiti da cavalli. Ad esaltare questa svolta delle cavalcature
è Benozzo Gozzoli, autore nella Cappella di Palazzo Medici-Riccardi, a Firenze, di una celebre
Processione dei Magi, che ritrae in realtà un corteo dei Medici dove Gasparre avrebbe, secondo
la tradizione, il volto di Lorenzo il Magnifico.
Ormai il racconto evangelico tende a trasformare sempre più le immagini della tradizione. Dilaga
la fantasia: a Mantova, il Mantegna dipinge un Magio di pelle nera, mentre nella Basilica bolognese
di San Petronio, Giovanni da Modena fa viaggiare i Magi per nave. Ancora più estroso,
infine, l’olandese Abraham Bloemaert, che in piena epoca barocca, nel Seicento, veste gli astronomi
zoroastriani con abiti simil-cardinalizi. |
Ma se togliamo le corone e gli attributi regali
cui siamo stati abituati dalla tradizione,
come dobbiamo immaginare gli autentici
Magi? Semplice: con pantaloni aderenti, tuniche
corte, scarpe a punta ricurva, ampi
mantelli sulle spalle, ma soprattutto con il
capo coperto dai tipici “berretti frigi”, come
l’elmo, per intenderci, in testa alla dea ritrovata
di recente nel territorio di Castro, prima
terra italiana avvistata dai troiani di
Enea in fuga da Troia distrutta. In questo
modo, almeno, li raffiguravano tutte le immagini
paleocristiane, compreso un mosaico
che una volta si trovava sulla facciata
della Basilica della Natività a Betlemme.
Natale in versi
Notte fredda e stellata di Natale
sai tu dirmi la fonte onde zampilla
improvvisa la mia speranza buona?
È forse il sogno di Gesù che brilla
nell’anima dolente ed immortale
del giovane che ama, che perdona?
Umberto Saba
I Re Magi venian dall’Oriente
e chiedevano in ogni città:
“La sapete la via, buona gente?
Da che parte al presepe si va?”
Ma nessuno la seppe dir loro,
e i Re Magi ripreser la strada,
i Re Magi seguir l’astro d’oro,
che brillava cortese lassù...
Heinrich Heine
E così, forma breve d’inafferrabile rumore,
Dio in fasce, Cristo minuscolo ed eterno,
mille volte ripetuto, morto, crocifisso,
dall’impura parola dell’uomo che suda.
Federico García Lorca
È Natale ogni volta
che sorridi a un fratello
e gli tendi la mano.
È Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro...
Madre Teresa di Calcutta
Lontano era il campo della neve e il cimitero,
i recinti, le pietre tombali,
le stanghe di carri confitte nella neve,
e il cielo sul camposanto, pieno di stelle.
E lì accanto, sconosciuta prima di allora,
più modesta di un lucignolo
nella finestrella del capanno,
tremava una stella sulla strada di Betlemme.
Boris Pasternak
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Dallo stesso deserto,
nella stessa notte,
sempre i miei occhi stanchi si destano
alla stella d’argento,
sempre,
senza che si commuovano i Re della vita,
i tre magi, cuore, anima, spirito...
Jean Nicolas Arthur Rimbaud
Vide attonita l’aria e il cielo immoto
e uccelli starsi fermi in mezzo al vuoto...
E poi Giuseppe vide in un momento
ogni cosa riprender movimento.
Tornò sopra i suoi passi, udì un vagito.
Gesù era nato, il fiore era fiorito.
Diego Valeri
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono.
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare.
Giuseppe Ungaretti
Natale. Guardo il presepe scolpito,
dove sono i pastori appena giunti
alla povera stalla di Betlemme.
Anche i Re Magi nelle lunghe vesti
salutano il potente Re del mondo...
Salvatore Quasimodo
– Noi cercavamo Quei che vive... – entrato
disse Maath. Ed ella con un pio
dubbio: – Il mio figlio vive per quel fiato...
– Quei che non muore...– Ed ella: – Il figlio mio
morrà (disse, e piangeva su l’agnello
suo tremebondo) in una croce... – Dio –
Rispose all’uomo l’Universo: È quello!
Giovanni Pascoli |
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Come mago proveniente dalla Persia, e con il berretto frigio, l'offerente Gaspare, nel mosaico del VI sec. della Chiesa di Sant'Apollinare Nuovo,a Ravenna. |
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