Ad Amsterdam
nacque la prima
Spa in senso
moderno,
e olandese è anche
il poco invidiabile
primo crack
finanziario della
storia, provocato
dalla bolla dei
tulipani. |
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Borse che bruciano centinaia di miliardi di
euro, che sprofondano nel giro di poche ore,
che trascinano nel baratro banche e privati
cittadini… Che cosa è accaduto: un terremoto,
uno tsunami, un altro diluvio universale?
Niente di tutto questo, ma qualcosa di
altrettanto grave che ha toccato nel vivo
portafogli e finanze di molte persone più o
meno in tutti i Paesi del mondo. Per comprendere
le origini di questo gigantesco
crack dobbiamo fare qualche passo indietro,
e prima di tutto cercare di capire che cos’è la
finanza e qual è il suo ruolo nell’economia.
Secondo una definizione universalmente accettata,
la finanza è la disciplina che studia i
processi con cui individui, imprese, banche,
istituzioni pubbliche, organizzazioni e Stati
gestiscono i flussi monetari nel tempo (per
esempio mutui, prestiti, investimenti), con
l’obiettivo di ottenere dalla loro raccolta e
impiego la massima soddisfazione possibile.
Ma quando è nata la finanza? Secondo lo
storico francese Fernand Braudel, al Cairo,
nell’XI secolo, i mercanti ebrei e musulmani
conoscevano già moltissimi strumenti di pagamento
e di credito, come l’acquisto anticipato
dei raccolti, e usavano diverse forme
di accordi commerciali in molti aspetti simili
ai moderni patti societari: «Ma la culla
della finanza moderna è sicuramente l’Italia», sostiene Giuseppe De Luca, docente
all’Università di Milano. «I titoli di credito
(cioè i documenti che certificano il diritto a
riscuotere denaro da qualcuno) come la lettera
di cambio e la cambiale tratta e i titoli
di debito pubblico nacquero a Genova nel
XII secolo, e nel giro di pochissimo tempo i
mercanti iniziarono a utilizzarli come fonti
di finanziamento».
La cambiale tratta, in particolare, (un ordine
di pagamento mediante il quale un soggetto,
il traente, ordina a un altro, il trattario,
di pagare la somma di denaro indicata
a un altro soggetto, il beneficiario) svolgeva
una funzione finanziaria, perché permetteva
di ottenere un guadagno sfruttando le differenze
di cambio tra piazze diverse, aggirando
in questo modo il divieto posto dalla
Chiesa di prestare denaro a usura.
Negli stessi anni, in Francia apparvero i “courtier de change”: personaggi potenti,
che gestivano, al posto delle banche, i debiti
delle comunità agricole e ne facevano commercio:
possono essere considerati i primi
agenti di cambio della storia. Proprio in
quel periodo nella cittadina belga di Bruges i
mercanti si davano appuntamento per concludere
compravendite di titoli di credito.
Nella piazza di Bruges c’era un palazzo che
sulla facciata aveva tre borse, simbolo della
famiglia Van der Borse, che lo abitava.
I mercanti si incontravano quindi “à la Borse”,
il primo mercato mobiliare (trattava
cioè investimenti in attività diverse dai beni
immobili: case, terreni, ecc.) organizzato
dalla storia, che deve il suo nome proprio a quello della casata belga. Coloro i quali acquistavano offrivano denaro, mentre quelli
che vendevano davano in cambio una lettera,
vale a dire il titolo di credito cartaceo.
Nelle moderne contrattazioni finanziarie i
termini “denaro” e “lettera”, in inglese bid e
ask, sono ancora oggi utilizzati e indicano
rispettivamente quello che si è disposti a pagare
per comprare un titolo, e ciò che il venditore
chiede per cederlo. Domanda e offerta,
insomma, che come già aveva teorizzato
Esopo nel VI secolo prima di Cristo sono
alla base dello scambio e della formazione
dei prezzi.
L’idea della Borsa si diffuse rapidamente
nelle Fiandre, e altri luoghi di scambio simili
aprirono nel giro di poco tempo anche a
Ghent e ad Amsterdam.
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Archivio BPP |
Gli operatori della Borsa ben presto capirono
che, con qualche discreto accorgimento, o
con qualche trucco, era possibile guadagnare
cifre elevate in poco tempo: bastava trovare
un modo per influenzare le aspettative di chi
doveva vendere o comprare. Nel XIII secolo
i banchieri veneziani iniziarono a commerciare
in titoli emessi dallo Stato (quelli che
oggi sono, per esempio, i Bot), e nel 1351 il
governo della città lagunare promulgò la prima
legge anti-aggiotaggio della storia: era infatti
proibita la messa in circolazione di voci
che avessero l’obiettivo di fare scendere o salire
i prezzi dei titoli di Stato.
Il mercato dei titoli di credito assunse dimensioni
considerevoli in tempi brevi: tra il 1596
e il 1610 le Fiere dei Cambi di Bisenzone
(Piacenza), eventi stagionali organizzati dai
cambiavalute genovesi dedicati solo alla
compravendita di cambiali, avevano un giro
d’affari equivalente alle entrate annuali di
Spagna, Francia, Inghilterra e Italia insieme.
Ad Amsterdam, nel 1602, nacque la Compagnia
Olandese delle Indie Orientali. Fu la
prima Società per Azioni in senso moderno:
un gruppo di azionisti investiva denaro in
un’impresa, partecipando direttamente a
utili e perdite. La Borsa di Amsterdam fu la
prima a funzionare in modo continuativo
fin dall’inizio del XVII secolo, e gli olandesi
furono i primi a introdurre concetti finanziari
avanzati, come la vendita allo scoperto,
ossia la vendita di strumenti finanziari
non posseduti con successivo riacquisto, le
opzioni, cioè il diritto di vendere o acquistare
un titolo in un certo momento, a un prezzo
fissato in anticipo, e lo scambio di crediti,
del tutto simile ai moderni swap (accordo
tra due parti che, a date certe, si scambiano
valute o tassi di interesse calcolati con criteri
prestabiliti).
E olandese è anche il poco invidiabile primo
crack finanziario della storia, provocato
dalla “bolla dei tulipani”. A metà del XVII
secolo la domanda di questi fiori raggiunse
livelli altissimi, che fecero salire a dismisura
i prezzi dei bulbi. Un tulipano raro poteva costare 100 mila fiorini (per fare un paragone,“otto maiali grassi” erano venduti per
240 fiorini). Nelle Borse del Paese si scambiavano
non soltanto i bulbi, ma anche l’intenzione
di piantarne: in pratica, contratti futures sul tulipano (quelli in cui le parti si
impegnano a scambiarsi uno strumento
quotato a prezzo e scadenza prefissati) che
modificavano il loro valore a seconda di
quanto si pensava sarebbe cambiato in futuro
il prezzo dei fiori. I mercanti si accollavano
il rischio di acquistare, a un certo prezzo,
tulipani che sarebbero nati di lì a qualche
mese. Se il prezzo dei tulipani fosse cresciuto,
avrebbero guadagnato, ma... così non
fu, e nel 1637 la bolla scoppiò. Si diffuse il
timore che quel livello dei prezzi non sarebbe
durato e diversi operatori cominciarono
a vendere, anche per monetizzare il loro investimento.
Molti mercanti si trovarono in
mano contratti per acquistare bulbi a prezzi
molto più alti di quelli correnti, e altri si trovarono
con migliaia di piante pagate dieci
volte di più rispetto al valore di mercato. Fu
un disastro: le conseguenze si fecero sentire
anche in Inghilterra e in Francia.
Nei secoli seguenti, i commerci si sono intensificati,
sono nati nuovi strumenti finanziari,
sempre più complessi, come i famigerati “derivati”, (titoli basati sul valore di
mercato di altri beni), e nuove Borse hanno
aperto nel mondo. I mercati finanziari sono
oggi la principale fonte di finanziamento
delle imprese che vendono e comprano
azioni, obbligazioni, futures e altri strumenti
finanziari, ottenendo in cambio il denaro
per crescere. Gli andamenti dei mercati sono
divenuti così un indice significativo dello
stato di salute di una nazione, e i prezzi delle
azioni influiscono sui consumi.
Regolamentazione statale o libero mercato? Scuole a confronto
La Scuola Neoclassica - Tra il 1871 e il 1874, si pubblicano le opere dei teorici della Scuola neoclassica”: William
Stanley Jevons, Carl Menger e Léon Walras. I neoclassici minimizzano l’intervento dello Stato in economia. I
prezzi che si formano nei mercati sono i segnali che inducono i produttori a indirizzare le proprie risorse alla produzione
di un bene piuttosto che di un altro.
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Un banchiere tedesco,da Cesare Vecellio, “Degli abiti antichi e moderni di diverse parti del mondo”, 1590 |
“L’ottima allocazione delle risorse” è garantita dal meccanismo della
concorrenza: domanda e offerta si incontrano determinando il prezzo ottimale per ogni bene.
I Keynesiani - In contrasto con quella neoclassica è la visione di John Maynard Keynes (1883-1946), che nella sua
Teoria generale dell’occupazione, dell’interesse e della moneta, sostiene la necessità dell’intervento dei governi,
ad esempio con investimenti per grandi opere, nei periodi di disoccupazione, poiché il mercato, da solo, non può
garantire l’allocazione ottimale delle risorse.
La teoria del Monetarismo - Associata principalmente all’opera di Milton Friedman (1912-2006), si oppone alle
teorie keynesiane e mette di nuovo il mercato al centro dell’economia. Sostiene che l’inflazione può essere controllata
dal Governo e dalla Banca Centrale, il cui compito deve essere soltanto quello di mantenere la moneta in
circolazione al suo livello di equilibrio. La Federal Reserve (Banca Centrale Usa) e la Banca Centrale Europea basano
le proprie politiche su precetti monetaristi, dichiarando come esclusivo obiettivo la stabilità dei prezzi attraverso
la regolazione dell’offerta di denaro.
Il Liberismo - È una teoria economica e politica che prevede la libera iniziativa e il libero commercio, grazie all’abolizione
di ogni dazio. Lo Stato deve al massimo garantire le infrastrutture (ferrovie, strade, energia) necessarie
allo sviluppo. È considerato da molti l’applicazione delle idee liberali in ambito economico, sulla base dell’equivalenza:
democrazia è uguale a libertà economica, coniata da Friedrich von Hayek (1899-1992). Alcuni associano il liberismo
al monetarismo per dare alcune regole all’economia. |
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